Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
“HA VIOLATO REGOLE, MA LA SITUAZIONE ITALIANA E’ GIA’ FUORILEGGE”
Milena Gabanelli si schiera con Domenico Lucano.
Intervenuta ai microfoni di Rai Radio2 nel corso della trasmissione “I Lunatici”, la giornalista del Corriere della Sera ha detto la sua sul caso Riace: “Non conosco gli atti, da quello che ho letto e per la storia antica di Riace, questo sindaco ha organizzato il suo paese in questa maniera qui, dando le case sfitte, vuote, abbandonate, da restaurare, per dare un’occupazione gli immigrati e far diventare Riace anche un polo attrattivo”.
Un “modello esemplare” partito “ben prima di Salvini”, e che secondo Gabanelli valeva il mancato rispetto di qualche regola: “Ha violato delle regole, può essere, la legge va rispettata, ma abbiamo in Italia una situazione che è talmente fuorilegge e fuori controllo in tante realtà , dove nessun sindaco si è preso in carico il problema e ha girato la testa dall’altra parte. E questa non è una violazione della legge? Anche di una legge non scritta, morale? Lucano almeno ha fatto delle cose. È esemplare quello che ha fatto. Ora si punta il dito contro quest’uomo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma mi chiedo di nuovo quanti sindaci abbiano invece girato la testa dall’altra parte senza prestare soccorso. E loro non avrebbero commesso nessun reato? Nemmeno morale?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
LA BUFALA SOVRANISTI DEI “GIOVANI FRANCESI” CHE PER FUGGIRE DAGLI IMMIGRATI SCAPPEREBBERO IN UNGHERIA: I DATI UFFICIALI SMASCHERANO LA BALLA
Il concetto marxista di “oppio dei popoli” andrebbe applicato oggi non alla religione, bensì alle fake news.
Così come inizialmente postulato da Feuerbach, la religione porterebbe l’uomo all’alienazione tramite l’invenzione di un Dio, che allontanerebbe così l’uomo dalla realtà portandolo all’immiserimento.
Sebbene il ragionamento sia volutamente semplificato, esso può essere applicato oggi alle fake news propagate da svariati siti di tendenza complottista, sovranista e anti-globalista.
Nonostante la pletora di utenti somari che restano ammaliati da cotanta abbondanza di scempiaggini in salsa no-vax, no-Euro, no-banche, no-Bilderberg etc. sia variegata, un tema che fa sempre breccia nei leoni da tastiera di Twitter — rigorosamente con vessillo italico al fianco della loro falsa identità — è quello dell’INVASIONE.
Recentemente due fonti autorevoli in tema di pseudo-cospirazioni varie (Breitbart — Voice of Europe) hanno “informato” il popolo bue di come l’immigrazione di massa — voluta da fantasmagorici piani Kalergi finanziati da Soros e logge pluto-giudaiche-massoniche che esistono solo nelle loro teste (vuote) — stia spingendo i giovani francesi, ormai ostaggi dei criminali extra-comunitari, a insediarsi nella democratica e liberale Ungheria del ducetto Orban.
Tutto questo, ovviamente, senza citare alcun numero.
Bene, andiamo a vedere se i numeri confermano tali fantasie.
Da dati Eurostat (ultimo anno disponibile: 2016; si veda tabella sottostante) risulta che il numero totale di persone immigrate in Ungheria sia 53.618.
Di questi, solo 373 arrivano dalla Francia. Ovvero meno dello 0,7%!
Ma andiamo a scomporre tali numeri per fasce d’età , al fine di comprendere se siano i giovani a trainare tale imponente fenomeno
Beh, focalizzandoci sulla popolazione immigrata compresa tra 20 e 24 anni la percentuale sale a 1,3% per un totale di 114 persone!
E ora come farà l’Ungheria a fronteggiare questo esodo biblico?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
SE LO SPREAD VA FUORI CONTROLLO, IL GOVERNO POTREBBE DILUIRE NEL TEMPO REDDITO DI CITTADINANZA E QUOTA 100
Il governo – spiegano alcune fonti di primo livello – spera di non doverla mai utilizzare perchè significherebbe certificare un fallimento, che a sua volta implicherebbe una correzione in corsa dolorosa in termini di equilibri interni e soprattutto di consenso elettorale.
Ma l’auspicio è un fattore fragilissimo, che non conta, perchè se il paziente Italia avrà bisogno della valigetta del pronto intervento lo decideranno altri, i mercati più che Bruxelles.
Nella strategia di opportunismo politico messa in campo con la lettera sulla manovra inviata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, alla Commissione europea, c’è spazio anche per l’ipotesi peggiore, quella di un debito e di un deficit fuori controllo in caso di dèbà¢cle della strategia basata sulla super crescita.
“Pronti a intervenire adottando tutte le misure necessarie” per non sforare la già larga cornice del deficit al 2,4%, rassicura la missiva. Prove tecniche per il defibrillatore.
La strada principale resta quella evidenziata, con più passaggi, nella stessa lettera spedita a Bruxelles: non rigettare le regole europee, instaurare un dialogo il più lungo possibile, ribadire che l’Italia è dentro l’Europa e l’eurozona.
Linea dell’opportunismo politico, si diceva, che si sostanzia anche di un impegno importante e cioè la rivisitazione dell’impianto della manovra qualora il piano dell’esecutivo dovesse incepparsi. Matteo Salvini la chiama “ruota di scorta”, il premier Giuseppe Conte già rivela quale sarà uno degli strumenti della valigetta, cioè i tagli di spesa.
È uno scenario che il governo vuole allontanare il più possibile e infatti si punta a strappare il maggiore tempo possibile dalla trattativa con l’Europa, scavallando quantomeno la finestra temporale strategica, per Salvini e Di Maio, delle elezioni europee a maggio.
Ma è un quadro con cui si sta facendo necessariamente i conti già da oggi. Perchè c’è una convinzione nel governo e una fonte dell’esecutivo la sintetizza così a Huffpost: “A bocce ferme il governo conta di portare avanti questa manovra per tutto il 2018 senza correzioni, ma se poi sui mercati arriva il terremoto è evidente che dovremmo intervenire”.
Sono parole che spiegano bene la fragilità della rassicurazione che Tria, per conto di Conte, Di Maio e Salvini, ha dato a Bruxelles. Chi deciderà se la valigetta del pronto intervento dovrà aprirsi saranno i mercati. E il governo italiano non potrà opporsi.
Preso atto di chi ha in mano la valigetta, l’esecutivo attende alla porta per capire se e soprattutto dovrà essere utilizzata.
Gli umori dei mercati sono il primo e più importante elemento che determinerà la possibilità o meno della comparsa dello scenario meno auspicato.
Venerdì c’è il giudizio sul debito sovrano da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, forse già domani o comunque in settimana la probabile bocciatura della manovra da parte di Bruxelles.
Il ragionamento che sta prendendo piede nelle stanze del governo è capire fino a che punto si reggerà l’eventuale tsunami sui mercati.
Qui si inserisce l’auspicio che un dialogo diluito con l’Europa possa allungare i tempi almeno fino all’inizio del 2019: se Bruxelles deciderà per la procedura d’infrazione c’è la carta dell’Europa matrigna da esibire durante la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.
Un’eventuale manovra correttiva, quindi, scavallerebbe a dopo l’estate. Ma è un’ipotesi perchè appunto l’impatto di un nuovo schizzo dello spread non è attualmente quantificabile.
Se si prescinde dai mercati, il governo pensa di tirare fino alla prossima manovra, quella dell’autunno 2019, senza correzioni.
Questo, ovviamente, in un quadro in cui la trattativa con Bruxelles sul 2,4% arrivi all’estate magari con una conclusione – appunto l’apertura della procedura d’infrazione – ma senza la messa in atto della manovra correttiva. Un orientamento che il governo punta a seguire anche aprendo alla possibilità di diluire le misure chiave della manovra, cioè il reddito di cittadinanza e la quota 100 per i pensionamenti anticipati.
“Ci può essere una rimodulazione delle misure previste”, ha detto Salvini di fronte alla possibilità di una patrimoniale o di nuove tasse per riequilibrare i numeri della legge di bilancio.
Alcune fonti di governo spiegano che l’impatto sul deficit potrebbe diminuire – e quindi non incidere sul limite del 2,4% – proprio per il fatto che le stesse misure entreranno in azione molto probabilmente in primavera.
Questo ragionamento ha però un rovescio della medaglia poco rassicurante, che è altrettanto ben strutturato: posticipare le misure significa ridurre l’impatto positivo che il governo pensa di dare al Pil proprio dagli interventi programmati.
Sono equilibrismi tra vantaggi e svantaggi, ma che quantomeno – è il ragionamento – tengono la linea della manovra autosufficiente.
Di certo non tengono conto delle nuove stime che arrivano dai tecnici: per l’Ufficio parlamentare di bilancio e per il Centro studi di Confindustria altro che crescita all’1,5%, come previsto nella Nota di aggiornamento al Def dal governo. La crescita “si sta assottigliando” e va incontro a un “progressivo indebolimento”.
Se salta la super crescita salta la strategia dell’abbassamento del deficit e del debito. E rispunta la valigetta del pronto intervento.
Dentro, ad oggi, c’è una via impervia, di difficile attuazione e soprattutto foriera di malumori nel governo, cioè tra i ministeri, e nei bacini elettorali di riferimento: i tagli di spesa. Potrebbero non bastare. Allora sì che la medicina potrebbe essere ancora più amara da mandare giù.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
DOPO CHE IL GOVERNO ITALIANO HA CONFERMATO LA SUA FINANZIARIA. LA SQUADRA DI JUNCKER NON PUO’ FARE ALTRO
L’ora più buia per l’Italia si consumerà domattina nell’edificio intitolato allo statista britannico Winston Churchill, al Parlamento Europeo.
E’ lì che Jean Claude Juncker riunirà il collegio dei commissari che viene convocato ogni settimana. Di solito il collegio si tiene a Bruxelles negli uffici della Commissione a Palazzo Berlaymont.
Si trasferisce invece a Strasburgo quando l’Europarlamento è riunito in plenaria, come in questi giorni. Ma la riunione di domani non sarà routine: potrebbe essere quella in cui per la prima volta la Commissione europea decide di respingere al mittente un documento programmatico di bilancio di uno Stato membro. Prima volta dall’entrata in vigore delle regole del Fiscal compact nel 2012. Prima volta: ed è l’Italia a tagliare questo ‘traguardo’.
Domani il collegio dei commissari discuterà del caso Italia, dopo aver ricevuto la risposta italiana alle perplessità europee sulla manovra economica.
Tutto si è consumato in pochi giorni.
Giovedì scorso, in pieno Consiglio europeo, Palazzo Berlaymont ha deciso di recapitare a Roma la prima lettera con richiesta di chiarimenti su un deficit programmato al rialzo al 2,4 per cento del pil.
Il commissario Pierre Moscovici è andato a Roma apposta per parlare con il ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Oggi la risposta del governo, firmata da Tria, ministro ormai ‘commissariato’ dai colleghi: sabato scorso si è battuto in consiglio dei ministri per diminuire il deficit/pil al 2,1 per cento. E’ stato zittito.
Oggi ha dovuto confermare il documento italiano tal quale, nessuna variazione, nessun cedimento. Solo la promessa che è l’ultima volta che l’Italia chiede di spendere in deficit al 2,4 per cento, nessun aumento per il futuro e se deficit e debito dovessero salire oltre le stime, l’esecutivo, il governo sarà pronto a intervenire “adottando tutte le necessarie misure affinchè gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati”.
Poco per accontentare la Commissione. Da domani inizia un’altra fase.
Da quanto trapela dagli uffici di Berlaymont, a quanto risulta anche qui nell’Europarlamento, la squadra di Juncker non ha margini di manovra per evitare la bocciatura dell’Italia.
Perchè, come si è visto già a margine del consiglio europeo della scorsa settimana, gli altri Stati membri sono compatti a chiedere che questa ulteriore richiesta di flessibilità da parte di Roma venga punita dall’Ue.
Uno su tutti, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presidente di turno dell’Unione. L’Europa deve dimostrare di aver imparato dalla crisi della Grecia, è stato il suo ragionamento stamattina, “la Commissione europea deve respingere la manovra” italiana.
Moscovici gioca un po’ con le parole per cercare di mantenere un filo di dialogo con Roma. “Non mi piace l’espressione bocciare. Le parole contano. Il massimo che possiamo fare, è una possibilità e ne dibatteremo, è di chiedere all’Italia di ri-sottomettere un altro documento di bilancio che tenga conto delle osservazioni, delle questioni e delle regole europee”, dice il commissario agli Affari economici.
Ma il senso è questo: bocciatura, l’Italia deve presentare un nuovo documento. Visto che Roma ha confermato quello iniziale, la Commissione non può che riaffermare le sue critiche.
Da domani partono tre settimane di trattative tra Roma e Bruxelles. Tre settimane in cui il governo Conte deve decidere se riconfermare tutto o se sedersi al negoziato con la Commissione.
Il presidente del Consiglio oggi non si è sbilanciato, parlando alla stampa estera a Roma: “Se arriverà una bocciatura, ci siederemo intorno a un tavolo e valuteremo insieme”.
Non è escluso che torni a Bruxelles per incontrare Juncker, anche se per ora nulla è fissato in agenda. Matteo Salvini apre ad uno slittamento dei tempi per l’entrata in vigore del superamento della legge Fornero che manderà un po’ di gente in pensione, “ma i capisaldi della manovra non si toccano”, sottolinea.
Ancora più rigido Luigi Di Maio, preoccupato che tutta questa incertezza porti a sacrificare la bandiera dei cinquestelle: il reddito di cittadinanza.
Non sfugge la cornice: di sostanza. Domani la scelta della Commissione si consumerà in un Europarlamento affollato per la plenaria e non nel chiuso delle stanze di Berlaymont. Caso Italia sotto i riflettori, dunque, come è successo anche la scorsa settimana quando si è saputo della lettera europea per Roma proprio mentre a Bruxelles Conte provava a spiegare la sua manovra ai suoi partner europei.
Insomma, anche la Commissione cerca l’effetto mediatico sull’Italia, tessera importante nella battaglia di campagna elettorale tra europeisti e populisti in vista delle europee di maggio.
Certo, nessun populista europeo tra sostenendo Salvini e il governo italiano nella richiesta di flessibilità . I sovranisti non italiani sono tutti filo-austerity.
Ma per ora la loro alleanza si regge sulla comune rivendicazione di una Europa fatta di Stati sovrani: ognuno si sceglie la sua economia, ognuno si controlla le proprie frontiere. Di fatto, la fine dell’Unione Europea, anche se questo obiettivo per ora non viene dichiarato per non agitare ulteriormente i mercati.
E’ il loro giudizio quello più temuto dal governo Conte: oggi la borsa di Milano ha chiuso in calo dello 0,6 per cento dopo il declassamento del rating italiano deciso da Moody’s venerdì scorso.
Per venerdì prossimo è atteso il giudizio di Standard & Poor’s. Un ulteriore declassamento chiuderebbe il cerchio, per ora: cartellino giallo di Moody’s, bocciatura della Commissione europea, giudizio di Standard & Poor’s.
La battaglia è solo iniziata.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
SERVONO PIU’ INVESTIMENTI E MENO SPESA CORRENTE, PIU’ CRESCITA, RICERCA, TURISMO E CULTURA, SERVE UNO STATO PROTAGONISTA, NON IL PICCOLO CABOTAGGIO
Faccio una scommessa: tra qualche mese chi ha votato Lega e Cinque Stelle urlerà tutta la propria delusione. Chi oggi applaude a ogni batter di ciglia il governo Salvimaio si schianterà contro il fallimento di chi si è spacciato troppo presto come rivoluzionario.
Capisco la speranza. Perchè davvero della politica italiana c’era poco o niente da difendere. E quindi, alla fin dei conti, la rivolta è cosa buona e giusta.
Capisco molto meno l’illusione. Perchè la strategia economica di questa diarchia leghista-grillina è oggettivamente in perfetta sintonia con quella di troppi decenni precedenti.
La faccio semplice: servono più investimenti e meno spesa corrente, più crescita economica, più infrastrutture, più ricerca, più cultura, più turismo. E lo Stato deve essere il protagonista di questa rinascita.
Lo dicono in tanti ma poco di tutto questo è stato fatto dalla politica italiana, pochissimo di tutto questo verrà fatto da questo governo. Non lo dico io, lo dicono loro
È una questione purtroppo culturalmente strategica.
Sia la Lega sia i Cinque Stelle hanno in modo diverso il vizio antico del piccolo cabotaggio, degli obiettivi terra terra, del minimo sindacale.
Una grande nazione che si limita a combattere l’immigrazione e a istituire una parvenza di reddito di cittadinanza non è più una grande nazione. E non vuole nemmeno diventarlo.
Per esserlo bisognerebbe fare tutt’altro, bisognerebbe innanzitutto apportare correttivi alla manovra dando all’Italia la speranza di un obiettivo comune di crescita, che ci allontani da un altrimenti certo declino.
Bisognerebbe avere la forza di lanciare la sfida, anche litigando con l’Europa se necessario, ma in nome di una grandezza da ritrovare con il coraggio dell’azzardo. Non certo di una piccolezza di prospettive che porterà l’Italia dove sta da decenni: sempre più ai margini della storia.
E non potrà che essere così finchè la politica racconterà una storia troppo ridicola per diventare davvero grande.
Filippo Rossi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
“PROGRESSIVO INDEBOLIMENTO DELLA RIPRESA”
Sono sempre loro, i tecnici, a farsi sentire.
Nel giorno in cui l’Italia mette la firma sulla lettera di risposta all’Europa in cui conferma la bontà delle proprie previsioni sui conti pubblici, arrivano due pareri concordi, dall’Ufficio parlamentare di Bilancio e dal Centro studi di Confindustria, che confermano che la strada per raggiungere i target – a cominciare dal +1,5% di Pil nel 2019 – sarà una salita di montagna.
“In Italia si avvertono segnali di rallentamento ciclico e si profila un progressivo indebolimento della ripresa” afferma l’Upb. “Una ripresa sul futuro della quale pesa una crescente incertezza e incombono i forti rischi di peggioramento del quadro economico internazionale”.
L’Ufficio parlamentare di bilancio nella Nota sulla congiuntura di ottobre stima per il terzo trimestre una crescita dello 0,1% (dal +0,2% calcolato dall’Istat nel secondo trimestre).
Il Pil nei conti annuali potrebbe attestarsi, secondo l’Upb, a +1,1%, leggermente al di sotto della stima del governo (+1,2%). Le attese di bassa crescita nella seconda metà del 2018 incidono anche sul trascinamento statistico per il prossimo anno, che sulla base delle previsioni per l’anno in corso risulterebbe molto contenuto. Sulle previsioni a breve e medio termine incombono tuttavia – avverte l’Upb – significativi e crescenti fattori di rischio collegati ai timori che possano realizzarsi scenari sfavorevoli.
A livello internazionale vi è incertezza sugli sviluppi degli interventi protezionistici e sulle tendenze dei mercati delle materie prime energetiche. Resta inoltre forte l’incognita di repentini incrementi dell’avversione al rischio degli operatori dei mercati finanziari, che si ripercuoterebbero rapidamente sul quadro macroeconomico dell’economia italiana.
Si sono “indebolite le condizioni per la crescita del Paese”. Così il Centro studi di Confindustria ricordando che a inizio ottobre ha tagliato la stima del Pil a +0,9% nel 2019, in rallentamento dal +1,1% nel 2018: “Questo scenario di debole crescita potrebbe anche rivelarsi ottimista se si materializzassero i rischi presenti all’orizzonte” e si avesse “un’accresciuta sfiducia degli investitori finanziari internazionali, legandosi anche al giudizio negativo delle agenzie di rating”.
Dunque, “sembra molto difficile” la crescita programmata dal governo all’1,5% nel 2019. La crescita economica in Italia “si sta assottigliando”, per le condizioni “interne ed esterne”, afferma il Csc, sottolineando che la previsione in rallentamento del Pil è “condivisa da altri centri di ricerca e istituzioni nazionali e internazionali”.
Una crescita debole e “a rischio”, sostiene quindi il Centro studi di Confindustria nell’analisi mensile. In particolare, spiega, “un’accresciuta sfiducia da parte degli investitori finanziari internazionali, legandosi anche al giudizio negativo delle agenzie di rating, determinerebbe il proseguire dell’aumento dei rendimenti sovrani già in corso, pesando sui conti pubblici italiani e facendo crescere significativamente il costo del credito, riducendone la disponibilità per famiglie e imprese, ciò frenerebbe ancor più i consumi e gli investimenti”.
Dunque, “sembra molto difficile l’espansione programmatica del Pil all’1,5% nel 2019, come risultato della manovra di bilancio delineata dal Governo. La manovra è composta per lo più di misure di sostegno al reddito, che potrebbero tradursi solo parzialmente in più consumo; c’è poco di investimenti pubblici e di interventi di stimolo per quelli privati, dei quali ci sarebbe bisogno per colmare il gap accumulato negli anni di crisi.
Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di crescita dell’1,5%, l’economia italiana, che sta rallentando, dovrebbe improvvisamente invertire rotta. Accelerando al ritmo dell’Eurozona, già da inizio 2019”, conclude il Csc.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2018 Riccardo Fucile
SI PROPONE COME IL PUPARO DEI SOVRANISTI, MANIPOLATORE DELLE CAMPAGNE ELETTORALI
L’ex ideologo di Donald Trump, Steve Bannon, che è stato il regista della vittoria presidenziale americana rimettendo in auge la vecchia parola d’ordine America First, si aggira per l’Europa tentando di ripetere il successo con i neo-populisti del Vecchio continente.
Il suo obiettivo, oggi, è di divenire il puparo di Matteo Salvini e dei suoi alleati europei, da Viktor Orbà n a Marine Le Pen, collegandoli nella comune strategia dell'”internazionale nera” denominata “The Movement” (paradossalmente, lo stesso termine usato dalle nuove sinistre americane negli anni Sessanta).
Dopo essere stato allontanato dalla Casa Bianca perchè due narcisisti megalomani non potevano convivere sotto lo stesso tetto, l’ideologo nativista enuncia ora i cardini intorno a cui dovrebbero raggrupparsi i movimenti analoghi in giro per l’Europa.
Il suo obiettivo è conquistare la fiducia dei potenziali soci. Perciò ha spiegato in un’intervista apparsa ieri sulla grande stampa italiana quali sono le ricette per il futuro d’Europa che dovrebbero essere fatte proprie dai “suoi” movimenti.
Ha osservato che i 5 Stelle e Matteo Salvini rappresentano “l’intensità , il dinamismo, l’energia, l’entusiasmo, i giovani con la capacità di mettere insieme Nord e Sud, sinistra e destra, una forza più populista e una più nazionalista allo stesso modo di “Trump che lavora insieme a Bernie Sanders”.
Ha approvato il progetto dei due movimenti italiani al governo che tende a riformare l’Unione Europea per costituire “un’Unione di nazioni sovrane in cui ciascuna nazione dovrebbe avere la sua propria moneta”.
Quindi lo stratega è giunto alla conclusione di offrire a tutti i populisti d’Europa i suoi servizi: “Posso produrre analisi dei dati che individuano dove si trovano gli elettori per farli andare al voto. E posso fornire una war room a risposta rapida”.
Ecco che l’ideologo si rivela per quello per cui è effettivamente pronto: manipolare le campagne elettorali con l’uso dei Big Data, e agitare parole d’ordine in grado di evocare paure e guerre (war room) che poco hanno a che fare con idee e programmi politici.
I cinque stelle hanno il loro burattinaio nella Casaleggio Associati pronta a spiegare che cos’è la “democrazia informatica”. Salvini è bene che si metta sotto la protezione di un altro puparo che viene dall’America.
Più che un grande ideologo del populismo, ci sembra che Steve Bannon stia cercando un posto al sole importando in Europa il Grande Bluff dei Big Data che governano la sovranità popolare.
(da “Huffingtonpost”)
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