Destra di Popolo.net

SONDAGGIO IXE’: PER LA PRIMA VOLTA LEGA SOTTO IL 30% E M5S SOTTO IL 26%

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

LEGA 29,8% (-0,9%), M5S 25,9% (-1,2%), PD 17,5% (-0,4%), FORZA ITALIA 9,4% (+ 1,3%), FDI 4,2% (+ 0,9%), +EUROPA 2,9% (+ 0,7%), LEU 2,5% (+0,3%)

A due settimane di distanza dalla nostra ultima rilevazione, il rallentamento nei consensi raccolti da M5S e da Lega si fa più sensibile.
La Lega per la prima volta dal settembre scorso scende sotto il 30% mostrando u calo costante nelle ultime settimane.
Perde oltre un punto il M5s che scende sotto il 26%, quasi 7 punti in meno rispetto alle politiche.
A beneficiare di queste sotterranee dinamiche non è il PD (in lieve decremento) ma in primo luogo Forza Italia, Fratelli d’Italia, ma anche la lista della Bonino e Leu.
Coerentemente si nota un aumento dell’astensione e un significativo aumento di potenziali astenuti fra gli elettori M5S.
A questo punto uno dei maggiori indicatori dello stato di salute delle singole forze politiche — e cioè la percentuale di riconferma del voto di marzo — mette in luce una situazione piuttosto pesante per gli elettori M5S, con un tasso di riconferma pari al 64%.
Parrebbe quindi che il ‘contratto di governo’ e il conseguente ritorno in termini di interessi o dividendi per le due forze che lo hanno siglato, funzioni da una parte sola.

Roberto Weber
presidente dell’istituto Ixè
(da “Huffingtonpost”)

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L’ATTO DI ACCUSA DI MANEL, ITALIANA DI SECONDA GENERAZIONE, A SALVINI: “IO LOTTO PER I MIEI DIRITTI. E LEI?”

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

NATA A BOLZANO DA GENITORI TUNISINI, 28 ANNI, LAUREATA IN FILOSOFIA: “LA VOSTRA PROPAGANDA NON RAPPRESENTA LA SOCIETA'”

“Pericolosa, molto pericolosa”. Manel Ben Ameur ripensa spesso a quelle parole.
L’ha definita così il consigliere comunale di Bologna, Umberto Bosco, della Lega, quando si è avvicinata al banchetto allestito dal Carroccio in piazza per raccogliere le firme contro la costruzione di una moschea.
“Pericolosa perchè dai l’immagine di una ragazza che riesce a conciliare la fede nell’Islam e i valori più diffusi in Occidente. Non è impossibile, ma è molto improbabile”, ha detto Bosco.
Parole inaccettabili per Manel, secondo lei “anche espressione di un clima alimentato da Matteo Salvini”.
Proprio al ministro dell’Interno e segretario della Lega si rivolge attraverso HuffPost, puntando l’indice contro “la sua politica propagandistica che sta danneggiando l’assetto sociale che stavamo iniziando a costruire noi della seconda generazione, mediatori culturali in natura, e il resto della società  civile italiana”.
Ventotto anni, Manel è nata a Bolzano da genitori tunisini, ma vive a Bologna, dove si è trasferita per l’università .
Cittadina italiana, ma anche immigrata di seconda generazione, è laureata in filosofia, sta ultimando la specialistica in cooperazione internazionale e collabora con diverse associazioni impegnate per l’integrazione e la tutela dei diritti degli immigrati.
Sul piano religioso “la mia fede di riferimento è quella islamica – spiega – ma vado anche in chiesa e in sinagoga”.
Manel si era già  rivolta a Salvini con un video su Facebook chiedendo le sue scuse quando il ministro fece dichiarazioni contro la Tunisia – “mi sembra che spesso e volentieri esporti galeotti” – e oggi torna a farlo, partendo dal confronto avuto tempo fa con il consigliere leghista, che l’ha definita “pericolosa”.
Aggiungendo, poi che “l’Islam è un’ideologia pericolosa al pari se non più del fascismo e del nazismo, un’ideologia che considero liberticida”.
Manel non ci sta e sui motivi di questa che definisce “una crociata contro l’Islam”, visto che in diverse città  “la Lega ha organizzato raccolte di firme contro la costruzione di moschee”, chiede risposte al ministro che – scandisce – “in passato stando a quanto riportato dai giornali è andato in moschea a chiedere voti. La nostra Costituzione, mia e sua, signor ministro, sancisce agli articoli 2, 19 e 8 – che al comma 3 prevede per le confessioni diverse dalla cattolica la stipula di intese per regolare i rapporti con lo Stato – i diritti inviolabili dell’uomo e quello di professare liberamente la propria fede religiosa e io, da italiana, vorrei fosse rispettata. A chi devo rivolgermi? Come si fa a considerare pericolose persone come me, cioè la stragrande parte degli immigrati in Italia, che ogni giorno si impegnano per realizzare l’integrazione?”.
Impedire la costruzione di luoghi di preghiera per i fedeli dell’Islam non la aiuta di certo, l’integrazione, fa notare Manel.
“E poi – va avanti – io preferirei sempre avere moschee autorizzate e controllate dallo Stato piuttosto che spingere le persone a riunirsi in luoghi non autorizzati, che possono trasformarsi in covi del rancore. La segregazione non è mai la soluzione. Invece dello scontro, signor Salvini, la Lega dovrebbe favorire il dialogo. Come si fa ad associare l’Islam, religione pacifica, la seconda più diffusa al mondo al nazismo? Mi sembra di vivere in un mondo capovolto. La vostra propaganda non rappresenta la società  a cui ci ha preparato la scuola italiana. I libri, gli insegnanti, educano alla tolleranza, al rispetto dei diritti di tutti, e poi il ministro dell’Interno annuncia un censimento su base etnica dei rom in Italia. Com’è che proprio chi ci governa dimentica questi insegnamenti? A volte di fronte a certe dichiarazioni, ho il timore che possano vacillare le fondamenta su cui si erge il nostro Stato di diritto”.
Ancora a Salvini, Manel si rivolge per stigmatizzare le ricadute negative sulla vita di tanti immigrati di seconda generazione del decreto legge su immigrazione e sicurezza – ribattezzato decreto Salvini – che allunga da due a quattro anni i tempi per ottenere la cittadinanza italiana, “il diritto principale per accedere ad altri diritti – spiega la ventottenne italo-tunisina – Questo decreto ha gettato nel terrore tanti immigrati di seconda generazione che pensavano di essere ormai vicini all’obiettivo. Ho amici che all’università  avevano voti pazzeschi, sognavano la carriera diplomatica e avevano le capacità  per intraprenderla, ma hanno dovuto rinunciarvi perchè privi della cittadinanza italiana e magari sono arrivati qui a pochi mesi. La nostra generazione è una categoria ombra, esiste ma nessuno ne parla. Per Salvini siamo i migranti “amici e brava gente” ma questo tipo di locuzione non significa niente e non garantisce nulla nè sul piano sociale nè su quello legale. Per i conoscenti italiani non siamo noi, che rappresentiamo la “buona integrazione”, ad essere problematici, ma sono gli altri, che comunque restano indeterminati quanto noi. Molti stanno andando via, ma è una scelta dolorosa perchè questo è il loro Paese”.
Manel non ha intenzione di arrendersi, “e con me tanti della seconda generazione. Continuiamo a lottare per un mondo che rappresenti anche noi che dalla diversità  culturale siamo stati originati e anche per questo non riusciamo a concepire un mondo monocolore. A Salvini e a quanti vogliono limitare i nostri spazi – conclude Manel – dico che non tutelando i nostri diritti non tutelano nemmeno loro stessi perchè, a loro piaccia o meno, siamo stati plasmati dalla stessa italianità “.

(da “Huffingtonpost”)

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CHI SONO LE PUTTANE? QUELLE UFFICIALI ALMENO FANNO UN LAVORO, NON PONTIFICANO DAL GUATEMALA

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

PUTTANE SONO ANCHE QUEI POLITICI CHE HANNO FATTO CARRIERA DICENDO SEMPRE SI’ AL GRANDE CAPO, QUELLI CHE TACCIONO DI FRONTE ALLE DICHIARAZIONI RAZZISTE DI UN ALLEATO, QUELLI CHE SCRIVONO PER CASE EDITRICI DI UN POLITICO CHE HANNO CRITICATO

C’è soprattutto disprezzo in quella parola, “puttane”, usata da Di Battista. Per i giornalisti, ma anche per le prostitute. Per le persone in generale. Un modo di esprimersi misero e inadeguato. Prima ancora che grave.
Non voglio difendere i giornalisti. Abbiamo le nostre colpe. Tanti sono stati servili in questi anni, invece che vigili. Hanno preferito la dipendenza alla libertà .
Come gli italiani, del resto, che hanno osannato prima Berlusconi, poi Monti, poi Renzi e ora Salvini e Di Maio.
Come la nostra classe politica peraltro. E qui verrebbe da fare qualche domanda al duo di statisti Di Maio-Di Battista.
Sono puttane solo i giornalisti o anche quelli che per anni hanno soltanto detto “sì”, piegando il capo agli ordini del grande capo?
Sono puttane solo i giornalisti oppure anche i politici che per tenersi una poltrona sotto le chiappe tacciono di fronte alle dichiarazioni razziste del loro alleato?
Sono puttane soltanto i giornalisti oppure anche chi dopo aver difeso a parole l’ambiente propone condoni per prendersi quattro voti?
Sono puttane solo i giornalisti oppure anche quelli che approfittano perfino delle tragedie come il ponte di Genova per cercare voti e consenso?
Sono puttane solo i giornalisti oppure anche quelli che dopo aver criticato per anni un politico vanno a scrivere libri per le sue case editrici?
Povere puttane, in fondo, usate per esprimere disprezzo. Almeno loro si sporcano le mani. Fanno un lavoro. Non stanno a pontificare dal Guatemala.
Non governano un Paese con un curriculum che alla gente comune magari non basta per fare il corriere.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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#GIULEMANIDALL’INFORMAZIONE

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

I GIORNALISTI SI MOBILITANO PER LA LIBERTA’ DI STAMPA CONTRO LA CAMPAGNA DI ODIO DI CHI CAVALCA BUFALE E VUOLE METTERE IL BAVAGLIO ALLE VOCI LIBERE

Mai come negli ultimi anni i giornalisti e il giornalismo sono diventati l’alibi per i governanti che hanno male governato l’Italia e, mentre la crisi avanzava, hanno fatto aumentare le differenze tra ricchi e poveri e preferito la via delle menzogne e delle fake news fatte circolare sui social alla libera informazione, considerata un ostacolo
Erdogan in Turchia incarcera e imbavaglia i giornalisti. Trump dice almeno 30 bugie al giorno, mente a giudici e Fbi ma incolpa la stampa di spargere fake news e insulta perfino i corrispondenti della Casa Bianca
Da noi i penta-leghisti ogni giorno tuonano contro la stampa, minacciano bavagli e leggi per limitarne la libertà  e preferiscono a giornali fatti da professionisti (per quanto criticabili) la fabbrica delle menzogne.
Ma adesso non se ne può più: “Basta attacchi ai giornalisti. Gli insulti e le minacce di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista non sono soltanto l’assalto ad una categoria di professionisti, ma rappresentano anche e soprattutto il tentativo di scardinare l’articolo 21 della Costituzione e i valori fondamentali della democrazia italiana. Una prima risposta pubblica agli attacchi del vicepremier e di quanti pensano di poter ridurre al silenzio l’informazione italiana è fissata per martedì 13 novembre”.
La Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi), il sindacato dei giornalisti, chiama alla mobilitazione e indice il flashmob #giùlemanidall’informazione per la libertà  di stampa
La manifestazione è aperta non solo ai giornalisti, ma anche a cittadini e associazioni che considerano l’informazione un bene essenziale per la democrazia. All’iniziativa ha già  aderito il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Il flashmob si terrà  in contemporanea, dalle 12 alle 13, nelle piazze dei capoluoghi di regione. Le piazze saranno rese note nelle prossime ore
“Ritrovarsi in piazza contemporaneamente – spiega Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi – significa respingere tutti insieme attacchi volgari e inaccettabili contro l’informazione e i giornalisti. Ormai non si tratta più di episodi isolati, ma di azioni mirate a screditare una categoria di professionisti con lo scopo di disorientare l’opinione pubblica. Una forza politica, il M5s, che teorizza il superamento del Parlamento e della democrazia liberale ha messo nel mirino i giornalisti e gli editori perchè per realizzare questo progetto bisogna togliere di mezzo tutti gli organismi intermedi e impedire ai cittadini di conoscere. Soltanto un’informazione debole, docile o assente può consentire alla disinformazione di massa, veicolata attraverso gli algoritmi e le piattaforme digitali, di prendere il sopravvento e di manipolare il consenso e le coscienze dei cittadini. E’ un disegno al quale bisogna opporsi con forza”.

(da Globalist)

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BERLUSCONI SI E’ ACCORTO CHE STIAMO ANDANDO VERSO UN REGIME, GRAZIE ANCHE A LUI CHE HA REGALATO SPAZI TV E POSTI AGLI XENOFOBI

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

“CLIMA ILLIBERALE, ANTICAMERA DELLA DITTATURA”… FACCIA MEA CULPA PRIMA DI PARLARE: LE LISTE INSIEME ALLA LEGA LE HA FATTE LUI… NON E’ CREDIBILE CHI PARLA DI DESTRA LIBERALE E STA ANCORA A RIPROPORRE ALLEANZE CON I RAZZISTI

Il centrodestra si sgretola sotto i colpi a distanza tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Se i due storici alleati fino a questo momento avevano cercato di salvare le apparenze del dialogo per governare insieme almeno sul territorio, oggi sono arrivati allo scontro frontale.
La prima provocazione è stata dell’ex Cavaliere: “C’è un’aria di illibertà , siamo in una democrazia illiberale, anticamera della dittatura, se continua così”.
Il clima è quello della rottura definitiva tra i due, anche se ancora a livello locale Lega e Forza Italia si presentano come alleati e l’accordo prevede che così continuino a fare anche nei prossimi appuntamenti elettorali.
In realtà  la tensione non è cosa nuova da quelle parti: l’ultimo caso a fine ottobre quando Salvini ha fatto “ripartire il centrodestra” convocando Giorgia Meloni e ignorando per il momento proprio il leader Fi.
Berlusconi attacca il governo Lega-M5s ad ogni occasione. “Di Maio e Salvini”, ha detto anche oggi tra gli applausi dei giovani Fi a Roma, “non dureranno molto insieme e, quando si aprirà  la crisi, ci saranno solo due possibilità . La prima: il Capo dello Stato valuterà  la situazione e darà  un mandato a un governo di centrodestra, espressione della maggioranza che ha vinto le ultime elezioni politiche, che trovi i voti necessari mancanti in parlamento”.
“L’altra strada possibile è quella del voto dove il centrodestra otterrebbe una maggioranza solida e sufficiente a governare”.

(da agenzie)

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CONFERENZA DI PALERMO TRA SEDIE VUOTE E VIAGGI FANTASMA: CONTE SAREBBE ANDATO A BENGASI IN GRAN SEGRETO PER CONVINCERE HAFTAR A ESSERE PRESENTE

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

MA IL GENERALE DISERTERA’ IL VERTICE VOLUTO DAL GOVERNO ITALIANO CHE RIMEDIA UNA FIGURA BARBINA E RESTA CON IL CERINO IN MANO

“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Così s’interrogava, amleticamente, Nanni Moretti in Ecce Bombo”.
Trasportato dal cinema alla diplomazia, a porsi questa domanda e a darsi una risposta, opposta a quella a cui giunse il protagonista del film, è Khalifa Haftar.
Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, l’uomo forte della Cirenaica diserterà  la Conferenza per la Libia, che inizierà  domani sera in una Palermo super blindata.
A riferirlo sono fonti del Lna, l”Esercito nazionale libico, vicine al maresciallo.
Le stesse fonti precisano che la rinuncia legata fra l’altro alla “presenza di rappresentanti del Qatar e di un gruppo legato ad Al Qaeda, parti non gradite al maresciallo”.
Le notizie sulla possibile assenza di Haftar si rincorrono da diversi giorni, tra conferme e smentite. E in questa continua alternarsi di speranza e pessimismo, s’inserisce un giallo nel giallo: quello del “viaggio fantasma”.
Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, è arrivato a Bengasi per convincere il maresciallo Khalifa Haftar a partecipare alla Conferenza di Palermo per la Libia”.
È quanto scrive il sito libico Al Marsad, che cita una fonte del Comando dell’Esercito nazionale libico secondo cui il premier italiano è atterrato a Bengasi dopo la notizia del forfait di Haftar alla conferenza.
Fonti di Palazzo Chigi smentiscono però la missione del premier in Libia. Al Marsad è lo stesso sito che aveva dato la notizia della rinuncia di Haftar a Palermo.
Ma da Bengasi s’insiste: un alto responsabile del Lna dichiara all’agenzia France Presse che il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte è stato oggi a Bengasi per incontrare il generale.
Conte, ha spiegato questo responsabile alla France Presse, è arrivato a Bengasi per discutere con Haftar “gli ultimi sviluppi della conferenza” del capoluogo siciliano.
La fonte, che ha richiesto l’anonimato, non ha voluto fornire ulteriori dettagli. Interpellato, sempre dall’Afp, l’entourage del generale non ha voluto nè confermare nè smentire questa notizia. Il che lascia ancora aperto uno spiraglio per la nostra diplomazia, impegnata h24 per evitare una defezione che peserebbe come un macigno sulla due giorni palermitana.
Un macigno ancor più possente di quello rappresentato dalla mancata presenza dei “pesi massimi” dello scenario internazionale (Trump, Putin, Macron, Merkel…).
La scommessa del governo gialloverde era quella di portare a Palermo i più importanti attori interni libici.
E tra questi, Khalifa Haftar è davvero un “peso massimo”. Includere: è la parola chiave che spiega la strategia adottata dal titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, e sostenuta con convinzione dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una strategia che l’assenza di Haftar minerebbe fortemente, perchè vanificherebbe l’obiettivo finale su cui Moavero e i suoi più stretti collaboratori hanno lavorato alacremente, soprattutto negli ultimi due mesi: giungere ad una dichiarazione congiunta delle parti libiche a sostegno della “road map” di pace delineata dall’inviato delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamè.
Per portare il Paese nordafricano fuori da una crisi che dura dal 2011 — è la convinzione di Salamè, – serve una discussione aperta e solo dopo si deve votare.
“Bisogna dare ai principali gruppi libici l’opportunità  di incontrarsi sul suolo libico, senza interferenze esterne, al fine di determinare un chiaro percorso per rompere l’attuale impasse, e rinforzato da un calendario chiaro. Molti vogliono andare avanti con questa Conferenza nazionale e sono d’accordo. La soluzione alla crisi libica “dovrebbe arrivare dai libici, per questo ho indetto una Conferenza nazionale per la fine di gennaio in cui siano rappresentate tutte le parti libiche”, ha insistito ieri l’inviato speciale dell’Onu, durante la sua visita nella città  di Zintan, circa 160 chilometri a Sud-Ovest di Tripoli.
Salamè ha proposto di tenere una Conferenza nazionale libica riferendo due giorni fa al Consiglio di sicurezza Onu sulla situazione nel Paese del Nord Africa, aggiungendo che il processo elettorale dovrebbe poi partire nella primavera del 2019.
“Se le parti libiche trovano un accordo su un piano di azione dentro la Libia e senza alcuna presenza straniera io sono certo che il Consiglio di sicurezza adotterà  queste proposte e le seguirà  — ha aggiunto Salamè, citato dal Libyan Address Journal — è arrivato il momento che i libici si ritrovino e decidano cosa vogliono, e troveranno le Nazioni Unite al loro fianco”.
Questa, per la nostra diplomazia, è la strada da seguire. Quella dell’inclusione. Una strada che l’Italia vorrebbe consolidare con la Conferenza di Palermo. Una strada comunque impervia e che la defezione di Haftar renderebbe di fatto impraticabile. Ed è subito polemica a Roma.
“Se fossero vere queste indiscrezioni sarebbe molto grave – commenta il senatore Alessandro Alfieri, capogruppo del Pd in commissione Esteri a Palazzo Madama -. Come ho già  chiesto nei giorni scorsi sarebbe bene che il governo chiarisca con urgenza la notizia: la mancata presenza di Haftar a Palermo sarebbe molto grave dal momento che verrebbe meno la partecipazione di uno dei principali protagonisti e renderebbe il summit inutile”.
“Siamo davvero curiosi di sapere chi sono nostri interlocutori in Libia”, incalza Erasmo Palazzotto di Liberi e Uguali sollecitando un chiarimento da parte del governo italiano.
Il vero ostacolo alla riuscita della conferenza di Palermo si conferma la frattura, apparentemente cronica, tra le varie anime della Libia: Tripoli, Tobruk, le milizie, le tribù.
Il premier Serraj guiderà  la delegazione del Consiglio presidenziale, Aguila Saleh quella del parlamento di Tobruk. Khaled al Meshri sarà  a capo del team dell’Alto Consiglio di Stato.
La città  Stato di Misurata sarà  rappresentata da Ahmed Maitig, che non ha ricevuto un invito personale ma seguirà  i lavori come vice primo ministro del governo di Tripoli. Una presenza eterogenea che presuppone, esigenze, istanze e richieste diverse, a volte opposte se non inconciliabili, sul piano economico, della sicurezza e politico. E che richiede risposte convincenti.
Tanto più che, stando ai “boatos” della vigilia, la partecipazione delle delegazioni libiche sarebbe legata più alla possibilità  di partecipare alla spartizione dei fondi promessi dall’Onu che a un reale riconoscimento della leadership italiana.
Un rischio avvertito da Moavero, che ha spinto il capo della diplomazia italiana a incontrare in due riprese, una a Bengasi l’altra a Roma, Haftar
Ma l’ottimismo del titolare della Farnesina rischia di essere clamorosamente smentito se Haftar diserterà  Palermo. E allora sì che si dovrebbe parlare di fallimento. E non solo di una conferenza.

(da “Huffingtonpost”)

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CONFERENZA LIBIA FLOP, HAFTAR NON SARA’ A PALERMO: “AL TAVOLO PARTI NON GRADITE AL MARESCIALLO”

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

FONTI DELL’ESERCITO NAZIONALE LIBICO: “PRESENZA DI RAPPRESENTANTI DEL QATAR E DI UN GRUPPO LEGATO AD AL QAIDA”

Khalifa Haftar non parteciperà  alla conferenza di Palermo sulla Libia: lo riferiscono fonti del Lna, l”Esercito nazionale libico, vicine al maresciallo.
Le stesse fonti precisano che la rinuncia è legata fra l’altro alla “presenza di rappresentanti del Qatar e di un gruppo legato ad Al Qaida, parti non gradite al maresciallo”.
Le notizie sulle possibile assenza di Haftar si rincorrono da diversi giorni, tra conferme e smentite.
Il portavoce del comandante, Ahmed al Mismari, non ha voluto commentare le ultime notizie. Intanto a Palermo sono già  arrivati alcuni degli esponenti delle diversi istituzioni del Paese
.
(da agenzie)

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ROMA, REFERENDUM ATAC, URNE CHIUSE: QUORUM LONTANO, PROTESTE AI SEGGI: “CI HANNO IMPEDITO DI VOTARE”

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

CITTADINI PRIVI DI TESSERA ELETTORALE RIMANDATI INDIETRO, MA UNA CIRCOLARE DEL COMUNE AVEVA SPIEGATO CHE NON ERA NECESSARIA

Referendum Atac, urne chiuse. Alle 8 si sono fermate le operazioni di voto per il referendum “Mobilitiamo Roma” lanciato e promosso dai radicali italiani e + Europa per “mettere a gara il servizio di trasporto pubblico a una o più aziende sotto il diretto controllo del comune di Roma che continuerà , ad esempio, a stabilire il prezzo del biglietto e le tratte necessarie per ogni quartiere”.
Secondo gli ultimi dati resi noti dal Campidoglio, alle 16 c’è stata un’affluenza del 8,95%, pari a 211.817 persone. Dopo 8 ore di votazioni dunque appare lontano il raggiungimento del quorum, fissato al 33,3% dei voti.
Le zone con maggiore affluenza sono i Municipi II (14,23%) ed I (11,93%), ovvero le zone Parioli, San Lorenzo e Centro Storico, bassissima invece a partecipazione in Municipio VI, Tor Bella Monaca-Torre Angela con il 5%.
Ma sono tanti i cittadini che hanno segnalato di non aver potuto votare: “Sono stato impedito dal presidente di seggio perchè non avevo con me la tessera elettorale” racconta Giorgio del Municipio I.
Eppure una circolare del Comune parla chiaro: “Si avvisano i signori presidenti di seggio che, per i referendum consultivi di domenica 11 novembre 2018, gli elettori iscritti nelle liste della sezione sono ammessi a votare anche se sprovvisti di tessera elettorale e che la tessera elettorale, eventualmente esibita, non deve essere timbrata come attestazione di voto”.
“Non poter esercitare regolarmente il loro diritto di voto è un fatto gravissimo” sostiene Riccardo Magi, tra i promotori del referendum. “Oltre ai presidenti che impediscono di votare a chi è sprovvisto di tessera elettorale, mentre il regolamento afferma con inequivocabile chiarezza che per accedere alle urne è sufficiente il documento di identità , c’è anche da segnalare che alcuni seggi non risultano accessibili ai disabili, altri sono stati spostati, in pressochè tutti manca un presidio delle forze dell’ordine e si riscontrano problemi anche in alcuni ospedali. Posto che documenteremo tutte le violazioni di cui avremo notizia, per utilizzarle già  da domani in ogni sede opportuna, invitiamo l’Amministrazione a intervenire subito, già  dai prossimi minuti, per evitare che si compia uno scempio senza precedenti dei diritti fondamentali dei cittadini. Ne va, letteralmente, della democrazia”.
Dopo averlo sostanzialmente ignorato, anche la sindaca Raggi, nella tarda mattinata si è recata a votare per il referendum nel suo seggio presso l’istituto comprensivo Octavia, mentre il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha votato in mattinata alla scuola Belli, in Prati.
L’appuntamento di oggi ha diviso l’opinione pubblica cittadina: Pd, FI, industriali di Unindustria ad esempio si sono schierati per la liberalizzazione; M5S, Lega, LeU-SI e sindacati per il no.
L’Atac è una delle aziende di trasporto pubbliche più grandi d’Europa, ma anche tra quelle che possiede gli autobus più anziani e un debito “monstre” stimato in circa 1,4 miliardi di euro. La municipalizzata dei trasporti di Roma, è un malato che si sta sottoponendo ad una complessa cura per la guarigione. Si tratta del concordato preventivo in continuità , una strada difficile e ricca di ostacoli, che consiste in una sorta di accordo con i creditori sotto l’egida del tribunale. A dicembre l’assemblea dei creditori dovrà  dare l’ok definitivo al concordato sul quale si è espresso già  positivamente il tribunale.
L’azienda del trasporto pubblico locale ha oltre 11 mila dipendenti, e un parco bus di quasi 2000 autobus, ma in media – secondo stime del Campidoglio – sono 1.300 quelli che riescono ad uscire ogni giorno, gli altri o sono troppo anziani, o vengono fermati dai guasti.
Sui bus, spesso vetusti, si registrano non di rado incendi – come quello divampato a bordo di un mezzo di 15 anni a maggio nella centralissima via del Tritone – o, più spesso, principi di incendio.
Tanto che su twitter spopola l’hashtag #FlamBus che conteggia, con tanto di numero di linea e lungo dell’incidente, tutti i «bus flambe’ alla romana». Un capitolo a parte anche la manutenzione non sempre facile, visti i fondi, e che riguarda anche le strutture delle fermate metro, come ascensori e scale mobili, non da ultimo la scala mobile della metro Repubblica dove sono rimasti feriti alcuni tifosi russi.
Iter concordatario a parte l’appuntamento di oggi col referendum, seppure consultivo, sulla messa a gara del trasporto pubblico di Roma è un test politico importante per il Campidoglio: si saprà  se i cittadini, primi fruitori del servizio martoriato, sono per la strada scelta dai pentastellati o guardano alla liberalizzazione come ad una soluzione possibile.

(da agenzie)

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TIZIANA FERRARIO RIDICOLIZZA DI BATTISTA: “PUTTANE LO DICI ALLE PERSONE A TE CARE, CRESCI E IMPARA UN LAVORO VERO”

Novembre 11th, 2018 Riccardo Fucile

LA GIORNALISTA: “DI MAIO VA ESPULSO DALL’ORDINE, VERGOGNOSO CHE I VERTICI DEL POTERE MINACCINO I GIORNALISTI”

Tiziana Ferrario, giornalista e storico volto del tg1, ha parole di fuoco per gli insulti di Di Maio e Di Battista ai giornalisti, avvenuti ieri dopo l’assoluzione di Virginia Raggi. A Di Battista la giornalista ha riservato un breve ma conciso post, in cui scrive: “Di Battista “giornalisti puttane” te lo rispedisco al mittente e fanne buon uso tra le persone a te più care” e continua: “ti sei fatto pagare da il Fatto Quotidiano per i tuoi ridicoli reportage tra gli indios del Guatemala e per fare le tue lunghe vacanze in America Latina come fossi un giovane studente in gap year ( anno di viaggio alla scoperta del mondo che si fa di solito a 18 anni) Cresci! e impara un vero lavoro.”
Per Di Maio, la Ferrario scrive un post più preoccupato: “Attaccare i giornalisti non è mai un buon segnale per lo stato della democrazia di un paese. Se poi l’attacco arriva da chi occupa posti al vertice delle istituzioni non promette nulla di buono. È la storia a testimoniarlo e quella del nostro paese purtroppo ha precedenti drammatici”.

(da “NextQuotidiano”)

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