Destra di Popolo.net

LAVORO NERO NELLA DITTA DEL PADRE DI DI MAIO, C’E’ UN TESTIMONE: “HO LAVORATO IN NERO PER DUE ANNI”

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DELLE IENE: LA VICENDA DI SALVATORE PIZZO, EX DIPENDENTE… IL VICEPREMIER IN IMBARAZZO CERCA DI PRENDERE LE DISTANZE DAL PADRE: “CON LUI RAPPORTI DIFFICILI”

Casi di lavoro nero nella ditta del padre del ministro del Lavoro?
E’ l’interrogativo di un servizio de Le Iene che andrà  in onda durante la trasmissione di stasera. Parte tutto dalla denuncia di Salvatore Pizzo, di Pomigliano d’Arco, ex dipendente della ditta edile della famiglia di Luigi Di Maio.
Che denuncia di aver lavorato in nero per due anni, tra il 2009 e il 2010 e che a pagarlo era Antonio Di Maio. Non solo.
Pizzo racconta anche di un suo infortunio sul lavoro “coperto” dal padre del vicepremier. Che gli avrebbe consigliato di non denunciare l’accaduto per non incorrere in sanzioni.
E la trasmissione di Mediaset ha anche richiesto un commento al capo politico del Movimento 5 Stelle. Di Maio nega ogni personale coinvolgimento, si dichiara all’oscuro dei fatti e promette di verificare immediatamente la veridicità  delle affermazioni di Salvatore Pizzo.
I fatti, precisa il programma di approfondimento di Italia 1 nella puntata in onda questa sera, risalgono a un periodo antecedente di due anni a quando Luigi Di Maio è diventato proprietario al 50% dell’azienda di famiglia, impresa in cui lo stesso attuale vicepremier avrebbe lavorato per un periodo.
Nel video Di Maio racconta del difficile rapporto con il padre, di lunghi periodi di silenzio reciproco e del fatto che non era assolutamente al corrente dell’esistenza di lavoratori in nero nella ditta di famiglia.
Si dice, inoltre, dispiaciuto per Salvatore Pizzo e annuncia chiarimenti in tempi brevi

(da agenzie)

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ADDIO FALCE E MARTELLO, MEGLIO STELLA E FOGLIA

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

LA SVOLTA DEI COMUNISTI FRANCESI, EUROSCETTICI E POPULISTI DI SINISTRA

Nel nuovo simbolo, il Partito comunista francese non più mostra falce e martello, che, nel suo caso, ha sempre guardato a Oriente, cioè rivolta verso destra, così almeno è stato sancito in questi giorni dal 36° congresso, Pierre Laurent segretario.
Come mostra il tweet di annuncio, il nuovo “simbolo-logo”, già  dal disegno animato sinottico di presentazione, mette comunque insieme molti elementi iconici e insieme programmatici del Pcf di sempre: una stella, che è insieme foglia, freccia, “Esagono” e soprattutto ciliegia.
“Le Temps des cerises”, il canto delle ciliegie, lo si sappia, per definizione, dai giorni della Comune di Parigi del 1871, è la canzone della Sinistra francese, accompagnò perfino le esequie di Mitterrand, perfino Yves Montand volle inciderla. La linea del progresso e pochi altri segni, dove il risultato ultimo perviene, appunto, alla stella, di più, una stella-frutto.
L’interrogativo sulla possibile residualità  di ciò che, sempre un tempo, si mostrava tra i più grandi partiti comunisti d’Europa (gli italiani, si sappia, parlando di se stessi così dicevano: “Pensate, siamo addirittura più grandi del Partito comunista francese!” Quasi il Pcf fosse assimilabile a un’unità  di misura dell’adesione delle masse) resta intatto, inalterato, insieme alla mole della sede parigina del suo “comitato centrale”, Place du Colonel-Fabien, quartiere di La Villette, manufatto-duomo proprio del modernismo funzionalistico, commissionato a Oscar Niemeyer, “compagno di strada”, disegnato come un’ellisse, monumento all’ottimismo architettonico del “Secolo breve”, ai cui piedi sembra perfino sia atterrato un disco volante: si tratta della cupola, gobba bianca sul prato antistante, della sala sotterranea, un luogo luminosamente spettrale: “… il soffitto custodisce un gioco di specchi riflettenti che hanno eliminato le ombre”. Esatto, sui fogli degli appunti non si vedrà  mai l’ombra della mano a coprire la scrittura.
Talvolta, ed è un dettaglio prodromico della nostra considerazione sui mutamenti, la stessa sede viene ormai perfino utilizzata per sfilate di moda o concerti metal, sia detto per affermare che, in fondo, nonostante lo stalinismo mai interamente smaltito, sublimato, negli ultimi decenni ai comunisti francesi l’ironia non è però mancata, si pensi alla “Soirèe Marx Attack!” per l’anniversario di fondazione del partito nel 2000.
Segni di doverosa discontinuità  dai giorni in cui l’ “iscritto” Pablo Picasso, per festeggiare il compleanno di Stalin, realizzava un ritratto di quest’ultimo che, pubblicato su “Les Lettres franà§aises”, fece deflagrare la rabbia dei molti “compagni” pronti a sostenere che lì non vi fosse Stalin, semmai uno sgorbio offensivo, assente ai codici del realismo iconico ufficiale. Un caso, era il 1953.
Un inciso, come dire, tecnico: posto che da anni gli arnesi del lavoro non figurano nella segnaletica del Pcf, chi dovesse stupirsi per la sopraggiunta cancellazione proprio di falce e martello, sappia che nella tradizione comunista francese l’elemento iconico e perfino coreografico, diversamente da altri partiti europei, si pensi all’italiano o anche al portoghese, non ha mai avuto nè spazio nè respiro, l’amore per la simbologia, in Francia, infatti, è assai più prossima ai massoni, e a questo va aggiunto che le schede elettorali di quel paese non mostrano contrassegni, semmai semplici sigle, dunque basta l’acronimo Pcf per esistere.
Anche la grafica, cominciando dai semplici manifesti destinati alla comunicazione spicciola, alle mobilitazioni e perfino della propaganda elettorale, già  negli anni ’70 faceva propria una veste “laica”, che faceva talvolta il verso ai segni distintivi della posta aerea, implicito omaggio al tricolore nazionale, da sempre innalzato ancor prima della bandiera rossa, in quanto simbolo rivoluzionario sebbene borghese, oppure si ricoprivano di toni acuminati, fluorescenti, altro che livree rosse.
Assai pochi tabernacoli, in breve. Sebbene, per culto doveroso della personalità , il ritratto di Maurice Thorez, il Togliatti di Francia, quello sì, ricorreva, immagine apologetica di ciò che, non senza sommessa retorica, veniva detto “Il partito dei fucilati”, così pensando ai suoi militanti caduti nella Resistenza contro i “boches”, gli occupanti nazisti, sotto le insegne dei FTPF, “Francs-tireurs et partisans franà§ais”.
Il partito francese, con la sua immobile e sottile falce e martello, forse talvolta pronto a sentire il peso del senso di inferiorità  intellettuale verso quello italiano, partito di pensatori e non solo di semplici operai.
Eppure, a dirla tutta, la quieta cancellazione del simbolo ha comunque valore relativo, assodato che il Pcf, comprese le sue organizzazioni e i suoi cartelli politico-elettorali paralleli o comunque a lui afferenti – Front de Gauche e La France Insoumise, risiede a pieno titolo e voce nel segmento del populismo, sebbene di sinistra; non è casuale che nel suo programma figuri espressamente l’euroscetticismo.
Se è così, quel logo-simbolo appena apparso, sebbene nato da fredda ingegneria grafica, non è detto che non non possa dare i suoi frutti, meglio, non è escluso che non faccia presto tornare il tempo delle (perfino evocate) ciliegie accanto ai “gilet gialli”.
Certo, più non esiste la “cintura rossa”, le feste de “l’Humanitè”, il giornale, al parco di La Courneuve, non sono più oceaniche, nonostante il nome di Juliette Grèco appaia sempre sul cartellone degli ospiti speciali, e tuttavia, in questo apparente ammazzacaffè amaro di una epopea popolare già  “eroica” di massa, c’è da aggiungere che i comunisti di Francia non sembra abbiano mai seriamente ipotizzato di vendere la direzione centrale di Parigi, qui già  descritta come un “duomo” liberato dalle ombre, per ripianare, metti, i debiti, diversamente dai socialisti di Hollande che, sebbene abbiano un palmarès assai più colmo di vittorie, sono in procinto di abbandonare la loro sede di Rue de Solfèrino.
In che modo davvero elaborerà  quest’abbandono, cioè la falce e martello definitivamente accantonata, il militante che ha ancora memoria, se non del partito di Thorez e di Jacques Duclos, di sicuro di Georges Marchais, lo stesso che Berlinguer volle accanto per l’esperimento improbabile dell’Eurocomunismo, dove il terzo era lo spagnolo Santiago Carrillo?
Lui che già  manifestava in piazza durante la guerra d’Algeria, e che Wolinski, proprio sui giornali del partito, disegnava baschetto nero, baffi e smorfia fra certezze e disincanto al pensiero dei grandi cortei del “Front populaire” del 1936, quando un altro “compagno di strada” ancora, il regista Jean Renoir, girava un film di propaganda, “La vie est à  nous”, la vita è nostra, ci appartiene.
C’è uno scatto del 1977, dove un vecchio Louis Aragon, poeta “ufficiale” del partito, davanti a un manifesto proprio del Pcf, lì sul muro sotto casa a Parigi, un manifesto che mostra “la ragazza con l’orecchino di Vermeer accompagnata dall’augurio “Bonne annèe”, solleva il cappello e china un po’ il capo in segno di saluto. Idealmente, in quel suo gesto sommesso, risiede quasi il tempo dell’addio al simbolo che, prima o poi, sarebbe certamente venuto.

(da “Huffingtonpost”)

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RAZZISMO NEL BASKET, LA DENUNCIA: “L’ARBITRO HA DETTO A UN NOSTRO GIOCATORE: METTI GIU’ QUELLE MANI DI MERDA, NEGRO

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DEL FORLIMPOPOLI: “UNA VERGOGNA, IL NOSTRO GIOCATORE HA CONTINUATO A PIANGERE PER TUTTA LA PARTITA”… ALTRI TESTIMONI CONFERMANO

“L’arbitro ha detto ‘Metti giù quelle mani di merda, negro’ a un nostro giocatore di colore”. È la denuncia del presidente dei Baskèrs Forlimpopoli, squadra che gioca nella Serie D di pallacanestro in Emilia-Romagna.
“Nessuno in campo ha voluto credere a quanto successo o forse la responsabilità  dell’azione era troppo grande per poter fare qualcosa”, aggiunge il numero uno della squadra romagnola nella quale gioca anche l’ex azzurro Rodolfo Rombaldoni.
L’episodio di razzismo — stando alla denuncia del presidente Cristhofer Gardelli — è avvenuto venerdì sera durante la partita contro Scuola Basket Ferrara, vinta dagli estensi per 74-70.
“Al termine di un azione, Orobosa Monday si avvicinava all’arbitro per chiedere spiegazioni di quanto fischiato, in maniera totalmente inoffensiva gli tocca il braccio, e qui il fatto”, spiega il comunicato dei Baskèrs Forlimpopoli, primi in classifica nel proprio girone. Il fischietto, quindi, avrebbe detto al giocatore: “Metti giù quelle mani di merda, negro…”.
“Oro (così lo chiamiamo noi) è un ragazzo di colore, buono come un pezzo di pane, ufficiale di campo e arbitro nelle categorie giovanili, all’udire di quella frase è scoppiato in lacrime andando verso il tavolo dov’era presente l’ufficiale di campo per riportare quanto successo — racconta Gardelli — Nessuno in campo ha voluto credere a quanto successo o forse la responsabilità  dell’azione era troppo grande per poter far qualcosa. Crediamo che il responsabile arbitri al tavolo dovesse far qualcosa, non restare con le mani incrociate attonito”.
E sulla mancata sospensione del match, il dirigente spiega che “non è stato possibile fare alcuna azione, perchè la partita è stata fatta proseguire come se nulla fosse, nonostante continuassimo a chiedere informazioni”.
Il racconto è stato sostanzialmente confermato da Rombaldoni, ex giocatore della Nazionale e argento olimpico ad Atene 2004, che da quest’anno gioca a Forlimpopoli: “Non avrei mai pensato di assistere ad una scena del genere su un campo da basket, tantomeno detta dall’arbitro. Complimenti”, scrive l’ex azzurro sul proprio profilo Facebook.
“Il razzismo è una brutta bestia e lo sport dovrebbe essere un punto di unione, dove la differenza di pelle non deve esistere — aggiunge Gardelli — Da presidente (nero),resto ferito ed allibito per quanto successo, perchè sembra il caso di “è la tua parola contro la mia”… con Oro che ha continuato a piangere per tutta la partita”.
“Qualcuno deve fare qualcosa per tutelare anche i giocatori dagli arbitri e non solo il contrario, perchè quando i giocatori sbagliano, pagano e spesso di più di quel che meritano. Non dico che gli arbitri abbiano troppo potere o tutela, dico che anche per società  e giocatori debba esserci una tutela e un modo di difendersi che non sia solo pagare un ricorso salatissimo che a volte proprio perchè troppo costoso non si affronta”, si lamenta il numero uno di Forlimpopoli chiedendosi “perchè non abbiamo avuto possibilità  nella partita di ieri di scrivere anche noi nel referto? Ora chi ci ascolterà ?”.
Quanto accaduto contro Ferrara, conclude, “è la peggior sconfitta della nostra società : essere vittima di un caso di razzismo”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DELIRIO SOVRANISTA: IL LEGHISTA CHE A TRENTO VUOLE METTERE GUARDIE ARMATE PER “SCORTARE” I FEDELI A MESSA

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

E SPENDE 50.000 EURO PER IMPEDIRE CHE QUALCHE DISPERATO POSSA CHIEDERE L’ELEMOSINA FUORI SUL SAGRATO, LA POVERTA’ E’ INDECOROSA

Il presidente della Provincia autonoma, il leghista Maurizio Fugatti, ha deciso di ricorrere alle guardie giurate armate per proteggere i fedeli che vanno alla messa. Provvedimento insolito, anche perchè prevede lo stanziamento di 50mila euro.
La decisione è stata presa dalla giunta che provvederà  a emanare un bando per “la tutela e il presidio dei luoghi di culto”.
Soltanto allora si saprà  quali sono le condizioni di sicurezza che Fugatti intende garantire. Ma è probabile che coincidano con la celebrazione delle messe, una al mattino nei giorni feriali, due nei giorni festivi.
L’annuncio è stato dato dallo stesso governatore: l’idea leghista avrebbe lo scopo di scortare i fedeli, in modo di impedire ai mendicanti di chiedere loro l’elemosina.
La decisione ha colto di sorpresa anche il parroco, che, intervistato dall’Adige, ha detto di non essere stato nemmeno avvertito.
Negli ultimi mesi la parrocchia aveva deciso di limitare l’apertura della chiesa a poche ore al giorno, non potendo garantire una vigilanza costante all’interno.
All’ingresso della basilica qindi si potranno trovare le guardie giurate, come avviene per le banche, per le gioiellerie o per i grandi magazzini.
Consacrata nel 1524, la basilica ha una grande importanza storica. Nel 1545 fu meta della prima processione solenne del Concilio di Trento, ospitando successivamente alcune cerimonie minori. Ma nella terza e finale fase dell’assise dei vescovi, nel 1562-63, ospitò le congregazioni generali.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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I PROFUGHI SBARCATI A POZZALLO SONO STATI TORTURATI E ABUSATI IN LIBIA: PER LORO ORA LA PACCHIA E’ FINITA

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

264 PERSONE SALVE PER MIRACOLO, 37 SONO   MINORENNI

I migranti sbarcati la notte scorsa a #Pozzallo sono 264 (184 uomini, 43 donne e 37 minorenni) persone partite da Misurata Libia il 22/11, compresa “una bimba di 15 giorni nata in un hangar senza assistenza medica” e anche “233 eritrei” che “per 1-2 anni” sono stati tenuti “nelle prigioni dei trafficanti” sono “sopravvissuti a torture, abusi, malnutrizione” con un “riscatto pagato più volte”.
Lo scrive Unchr Italia sul proprio profilo Twitter.
Sono stati, ricostruisce l’agenzia Onu per i rifugiati, su “barchino traballante” in “mare per 3 giorni, senza cibo e acqua”.
“Loro sono miracolosamente vivi a #Pozzallo – sottolinea Unchr Italia – Altri invece, scomparsi in queste stesse ore. Il soccorso in mare è fondamentale, assieme a un meccanismo sicuro e prevedibile di approdo”.

(da agenzie)

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LA CONSIGLIERA M5S DI POMIGLIANO D’ARCO CON VILLA DA CONDONARE SI DIMETTE

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

MARIA BUSIELLO LASCIA DOPO AVER TENTATO DI NEGARE L’EVIDENZA

Maria Busiello si dimette da consigliera comunale del MoVimento 5 Stelle a Pomigliano D’Arco dopo la scoperta, da parte di Repubblica, di una villa su cui ha chiesto il condono e il tentativo — divertentissimo — di negarne l’esistenza.
L’annuncio delle dimissioni risale al 22 novembre su Facebook, con tanto di foto della lettera protocollata:
Questa mattina ho protocollato la lettera con le mie dimissioni da consigliere comunale del M5S Una decisione ponderata a lungo e purtroppo inevitabile. Ringrazio tutti coloro che hanno creduto in me, sostenendomi ed esortandomi a non mollare.Ma era la decisione più giusta in questo momento!
Dopo la storia dell’abuso edilizio condonato dal padre di Di Maio, Antonio, il Comune di Pomigliano ha inviato gli atti in Procura per una querelle che riguarda il marito della consigliera M5s di quel comune, stimata commercialista e consulente del lavoro: Maria Busiello.
Tutto nasce quando, in anni antecedenti al 2010 — secondo la ricostruzione ufficiale — il padre della consigliera, Tommaso, chiede ed ottiene la realizzazione, ex novo, di un immobile. Progetto rubricato come “casa colonica”. Ci sono i requisiti, tutto fila liscio. Fino a quando, però, il signor Tommaso passa la residenza al marito di sua figlia, il commercialista stimato, con incarichi in Comune e vicino al centrosinistra, Luigi Ricci.
Intanto la palazzina non è più casa colonica: abitabilità  e pertinenze non corrispondono all’iniziale placet. La famiglia chiede di sanare, Busiello forse teme imbarazzi: è spesso sulle barricate in Consiglio, lo stesso dove siede il fedelissimo del leader Di Maio, quel Dario De Falco (già  amico di liceo per la pelle di Luigi) chiamato al ministero accanto al vicepremier per 100mila euro.
Il marito di Busiello insiste con le richieste, ma il Comune — per tutta risposta — individua profili di difformità :
Partono gli atti in Procura. Possibile? Repubblica lo chiede all’attuale sindaco Fi, per nulla amico dei 5S, Raffaele Russo. Che conferma: «Abbiamo esercitato il nostro doveroso controllo. In quella pratica ci sono cose che non vanno. Punto»

(da “NextQuotidiano”)

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DI BATTISTA, LA CARTA DELLA DISPERAZIONE DEL M5S PER RISALIRE NEI SONDAGGI

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

SERVE UN COLLANTE TRA GOVERNO E PARLAMENTARI E QUALCUNO CHE CONTRASTI SALVINI SUI MEDIA

Il calo continuo nei sondaggi il MoVimento 5 Stelle comincia ad accusarlo. E Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano ci spiega che Luigi Di Maio è pronto a giocare una carta a sorpresa per cambiare la partita:
Però il vicepremier picchia. E promette, come ha fatto giovedì raccontando delle tessere elettroniche in preparazione per il reddito di cittadinanza: il totem su cui scommette quasi tutto, per recuperare in vista delle Europee.
Però prima bisognerebbe anche rimettere in assetto la macchina del M5S. Perchè i parlamentari non riescono neppure a parlare con il governo: “I sottosegretari non rispondono mai al telefono”.
Uno scollamento palpabile anche tra gli staff dei ministeri e dei gruppi in Parlamento. E poi c’è la linea politica, su cui gli oltre 300 eletti vorrebbero dire talvolta la loro.
Da qui nasce la lettera dei 18 malpancisti della Camera, che invocavano “coordinamento e collegialità ”.
La carta è il ritorno di Di Battista, che potrebbe fare la guerra mediatica per il governo e contro la Lega:
E unendo i vari puntini del disagio, si torna al Di Maio che si occupa di tutto. “Ma solo i dossier su Alitalia e Tim toglierebbero il sonno a chiunque” ricorda un big. Così, ecco la squadra di supporto. Nella quale ci sarebbe certamente Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento e dimaiano doc. E in cui potrebbe rientrare anche Max Bugani, vicecapo della segreteria di Di Maio a Chigi, e membro dell’associazione Rousseau.
Ma la carta coperta è sempre lui, Di Battista. Per cui l’ipotesi di un’entrata al governo si è fatta difficile, nel gioco dei veti incrociati. E allora l’ex deputato potrebbe tornare prezioso altrove.
Come regista e volto della comunicazione, e come mastice con gli eletti. Utile, eccome, anche per controbilanciare il peso mediatico del contraente Salvini. Insomma, l’ingrediente che serve, al Di Maio che è abituato a stare solo. Ma che ha bisogno di compagnia, lassù.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PADRE DI DI MAIO E L’IMMOBILE FANTASMA

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

L’IPOTECA DI EQUITALIA SUI TERRENI PER UN DEBITO DI 176.724 EURO, MA L’IMMOBILE ALLORA NON C’ERA … IL SILENZIO DI DI MAIO

Il Giornale torna all’attacco del padre di Di Maio per l’immobile fantasma raccontando che   nel settembre del 2010 Equitalia, l’ex ente di riscossione tributi, passato oggi sotto il controllo dell’Agenzia delle Entrate, ha iscritto un’ipoteca legale sulle due particelle di terreno (n.811 e 1309) nel Comune di Mariglianella, di proprietà  di Di Maio senior: terreni su cui i rilievi satellitari hanno fotografato un immobile non censito dall’Agenzia del Territorio (ex Catasto).
L’ipoteca è stata accesa per un debito pari a 176 mila e 724,59 euro: non è chiarita la natura dei tributi eventualmente non versati al Fisco.
Dunque, se i terreni di proprietà  non sono stati ancora venduti all’asta, la procedura si ferma. Mal’atto ipotecario aggiunge un altro tassello al giallo sull’immobile fantasma: nel 2010, Equitalia ha messo l’ipoteca solo sui due terreni.
Qualora fosse esistito un immobile, censito all’Agenzia del Territorio, l’ipoteca sarebbe stata accesa anche sul manufatto.
Si parte dunque,da questa certezza, l’assenza di un manufatto dichiarato nell’anno 2010, per provare a svelare il mistero.
Ma soprattutto per dare una risposta agli interrogativi posti da il Giornale. Al momento del passaggio di proprietà  (anno 2000) e nel giorno dell’iscrizione dell’ipoteca (settembre 2010) non risulterebbero immobili sui due terreni.
Le domande che pone il Giornale sono semplici: nei documenti presenti nel database dell’ex catasto, Di Maio padre è titolare solo delle due particelle di terreno: la n.1309 e n.811. Ma visionando gli estratti satellitari salterebbe fuori l’immobile sulla particella 1309. La struttura non risulterebbe censita al catasto e nemmeno nell’elenco dei fabbricati intestati a Di Maio senior.
Quell’immobile è stato costruito sulla base di un’autorizzazione edilizia? C’è una pratica di condono in corso? Ma quale?
Basterebbe l’esibizione di un documento per chiarire i tanti dubbi che stanno sorgendo. Ma il ministro del Lavoro Di Maio anche ieri ha optato per la strada del silenzio. Preferendo non rispondere ai quesiti posti dal Giornale.

(da “NextQuotidiano”)

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DOVE E A CHI ANDRA’ IL REDDITO DI CITTADINANZA: META’ FINIRA’ AL SUD

Novembre 25th, 2018 Riccardo Fucile

MA GLI EURO DIMINUISCONO A VISTA D’OCCHIO: 780 EURO MENO AFFITTO, SOLO 312 PER IL CONIUGE E APPENA 156 PER I FIGLI

Il reddito di cittadinanza partirà  a marzo e verrà  percepito a partire da aprile, e le imprese che assumeranno persone che lo incassavano fino a quel momento prenderanno per qualche mese una cifra equivalente a quello che veniva percepito dal beneficiario.
Una sorta di sgravio contributivo una tantum che dovrebbe, nelle intenzioni dei gialloverdi, mettere un freno alle accuse di assistenzialismo ricevute in questi mesi per il provvedimento.
Il Messaggero oggi pronostica anche che saranno 156 gli euro per ciascun figlio, aggiuntivi rispetto alla somma di 780 euro (da cui si potrebbero detrarre 300 euro per la casa di proprietà ): per calcolare quanto spetta sarà  utilizzato l’indice di equivalenza Isee utilizzato dall’Ocse, ma con alcune modifiche.
Nel dettaglio, il coniuge a carico incasserà  il 40% dell’assegno base di 780 euro (312 euro), mentre ciascun figlio varrà  il 20% (pari a 156 euro).
In pratica, due coniugi con un figlio godranno di un beneficio mensile di 1.248 euro, mentre una famiglia con quattro componenti si sale a quota 1.404 euro.
Su questo schema, migliorativo nei confronti di quello legato alla scala di equivalenza base, si sta ancora ragionando nella maggioranza.
Tutti i numeri, spiega Michele Di Branco, confermano l’orientamento meridionalista della misura:
Secondo le elaborazioni della Svimez (che accorpa le regioni del Nord e del Centro), ad esempio, la Campania (la Regione che ne beneficerebbe maggiormente) prevede una richiesta potenziale superiore al 30% del totale e assorbirebbe risorse per 3,1 miliardi di euro, da destinare a 391 mila famiglie.
E c’è da ricordare che in precedenza l’associazione aveva sostenuto che a livello nazionale il costo complessivo per l’attuazione della misura sarebbe di circa 15-16 miliardi di euro.
Il Sud, con un terzo del territorio avrebbe la metà  dei beneficiari.
Tornando alle Regioni, dopo la Campania, nella classifica elaborata dalla Svimez si piazza la Sicilia, per la quale sarebbero necessari oltre 2,7 miliardi (per quasi 343 mila nuclei familiari); seguita dalla Puglia (1,6 miliardi per 214 mila famiglie) e dalla Calabria (1,1 miliardi per 144mila famiglie). E poi dalla Sardegna (830 milioni per 107 mila famiglie), Abruzzo (326 milioni per quasi 44 mila) e infine le più piccole Basilicata (206 milioni per 28 mila) e Molise, che ultima ne avrebbe beneficio con 88 milioni per 11 mila nuclei familiari.

(da “NextQuotidiano”)

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