Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
IL MINISTRO AVEVA PUBBLICATO UNA LETTERA SGRAMMATICATA PER LA SOLITA PROPAGANDA, ACCUSANDO GLI ALBANESI… LA DOCENTE: “NOI NON FACCIAMO QUEL TIPO DI ERRORI GRAMMATICALI, SALVINI LEGGA UN PO’ DI SOCIOLINGUISTICA NEL TEMPO LIBERO”
Quella pesante lettera di insulti e minacce non l’ha scritta un albanese. Enkelejda Shkreli ne è certa. Non perchè sia una detective. Ma perchè è albanese, parla perfettamente italiano ed è docente a contratto del dipartimento di Lingue dell’Università di Bologna.
Ma soprattutto perchè conosce il suo popolo e gli errori grammaticali che commette quando parla o scrive nella nostra lingua.
Così la professoressa Shkreli, attraverso il sito albanianews.it, ha inviato una lettera al ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Per dirgli che non è giusto che venga presa di mira la sua comunità . Sabato il vicepremier ha ricevuto una missiva inquietante, che ha subito pubblicato su Facebook. Tra gli insulti c’era scritto: “Ai tre albanesi puntati su di te”. Con un’acca dimenticata chissà dove.
Il protagonista ha commentato: “Letterina di minacce, soprattutto alla grammatica italiana, arrivata al Ministero…Si tira dritto, baci e abbracci!”.
Insomma, la detective (della lingua) Shkreli, che nel suo Paese è stata parlamentare per due legislature, si presenta: “Ho notato sul timbro della busta ‘Bologna’, e allora visto che sono albanese e vivo a Bologna, mi sono sentita due volte chiamata in causa. E non solo, ma siccome non c’è due senza tre, tu menzionavi la grammatica ed io sono linguista, anzi sociolinguista, allora scatta il tre e ti rispondo”.
Per dire cosa? “Un albanese quando sbaglia la grammatica dell’Italiano, sbaglia sulle doppie o sugli articoli. L’errore ‘ai’ per ‘hai’, è tipico dell’italiano popolare”.
Tipico di “un italiano incolto che ha il dialetto per madrelingua”.
Nella lettera “le doppie sono tutte regolari, così come sono regolari anche gli articoli”.
Ed è impossibile, dice la prof, anche l’utilizzo da parte di un albanese di alcune espressioni come “l’italianissima locuzione ‘puntati su di te’. No caro, non è una locuzione nostrana, è vostrana”.
E ancora, “la metafora del ‘maiale cornuto’ non è dell’albanese, e non fa parte nel nostro linguaggio di imprecazione o rabbia”.
La cortese risposta si chiude con un invito e persino con gli auguri di Natale: “Non sarà mica una lettera pubblicata in modo irresponsabile a disturbare una convivenza di duemila anni e passa tra i due popoli. No sicuramente! Ti consiglierei di leggere un po’ più di Sociolinguistica nel tempo libero. È una disciplina che rende l’uomo migliore di quanto sia”.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
UN GRANDE UOMO: ERA DI PASSAGGIO, SI E’ FERMATO PER PRESTARE AIUTO
“E’ morto perchè prima per noi vengono gli altri”, così lo ricorda un collega ancora incredulo per la tragedia.
Si chiamava Stefano Colasanti e aveva 50 anni il vigile del fuoco che ha perso la vita nell’esplosione della cisterna nell’area di rifornimento del distributore Ip di Borgo Quinzio, nel Reatino.
Andava da Rieti a Monterotondo per far revisionare un mezzo dei vigili del fuoco. Ma quando, sulla Salaria nei pressi di Fara Sabina, ha visto l’incendio si è fermato e ha fatto quello che era abituato a fare: aiutare le persone.
*Non era nella squadra dei soccorsi che sono arrivati dopo l’incendio esploso durante il rifornimento di carburante della pompa di benzina: lui ha preceduto i colleghi perchè passava di lì ma è sceso, ha cercato di dare aiuto, ha dato l’allarme. Poi è stato investito dall’onda d’urto della deflagrazione che non gli ha lasciato scampo.
Appena il giorno prima per i festeggiamenti di Santa Barbara presso la caserma di Rieti, Colasanti, pompiere da 21 anni, aveva preso parte alle esercitazioni.
E qualche collega ora ricorda quei momenti quasi come un presagio. “Lui faceva il morto durante la simulazione dei soccorsi per l’esplosione di una cisterna di Gpl”, raccontano ora i colleghi trattenendo le lacrime.
Colasanti, originario di Vazia, era molto conosciuto a Rieti. Era un sindacalista della Uil e molti lo ricordano appassionato e sempre pronto a battersi per i diritti dei colleghi.
E poi aveva una grande passione: il calcio. Lui stesso aveva giocato e ora aveva preso l’impegno di allenare la squadra di calcio a 5 femminile del Cittaducale, una squadra che nella categoria sta dando buoni risultati.
Il vigile del fuoco lascia una figlia. E nella tragedia il destino ha voluto che il fratello, in servizio presso la Questura di Rieti, abbia saputo della morte di Stefano intervenendo sul posto.
Nell’incidente, altri sette vigili sono rimasti feriti: cinque del distaccamento di Rieti Poggio Mirteto e due del distaccamento di Roma Montelibretti.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
BOCCIATO L’EMENDAMENTO IN COMMISSIONE BILANCIO…”LEGA E M5S HANNO TROVATO I SOLDI PER DETASSARE PERSINO I MASSAGGI NEGLI HOTEL, MA NON VOGLIONO STANZIARE 10 MILIONI PER LE FAMIGLIE CHE SI PRENDONO CURA DEGLI ORFANI”… E’ L’ETICA DEI “BUONI PAPA’ DI FAMIGLIA” SOVRANISTI
Mara Carfagna, vice presidente della Camera ed esponente di Forza Italia, all’attacco del governo e delle scelte in materia di legge di Bilancio dopo la bocciatura della proposta di destinare 10 milioni di euro al supporto delle famiglie che si prendono cura dei bambini che hanno perso la madre perchè uccisa dal partner.
“Movimento 5 stelle e Lega hanno trovato soldi per tutto: detassare i massaggi e i trattamenti di bellezza negli hotel, consentire ai turisti di fare shopping con 15 mila euro in contanti e far costare meno la birra prodotta nei birrifici artigianali. Promettono soldi a pioggia col reddito di cittadinanza, assumono “navigator”, ma non sono riusciti a far spuntare 10 milioni di euro per le famiglie che si prendono cura degli orfani di femminicidio, delle migliaia di bambine e bambini che hanno spesso assistito all’assassinio della madre da parte del padre. E’ una vergogna che tradisce tutti gli impegni pubblici presi dai partiti della maggioranza”, l’accusa della parlamentare Fi.
Nel mirino c’è il mancato recepimento di una modifica avanzata in commissione Bilancio. “Con la bocciatura avvenuta stanotte dell’emendamento che abbiamo presentato”, afferma ancora Carfagna, “si rompe un clima che su queste tematiche così delicate è sempre stato bipartisan, di ascolto e confronto concreto. E’ una bastardata”.
Il mancato recepimento dell’emendamento delude anche Stefania Mattioli, socia fondatrice del Rebel Network e destinataria dell’affido delle figlie, di 4 e 6 anni, della figlia Claudia, vittima di femminicidio. “La verità è che gli orfani di femminicidio e le famiglie che si occupano di loro sono lasciati soli dallo Stato. Non ci sono ancora gli strumenti burocratici per attingere ai miseri 3 milioni stanziati dal precedente governo e quello attuale sembra molto più impegnato negli slogan che su misure concrete”, il suo commento.
“Quello che so io sulla pelle mia e delle bambine di mia figlia Claudia, vittima di femminicidio, è che con le chiacchiere non si aiuta nessuno”.
Mattioli ringrazia Carfagna e si domanda “come possano guardarsi la mattina allo specchio tutti i parlamentari che hanno rifiutato l’inserimento di questo emendamento”.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
IN PIAZZA ANCHE PAPPALARDO E IL PARTITO CALABRO-SOVRANISTA DI DIEGO FUSARO: IN TUTTO TRENTA PERSONE, LA RIVOLUZIONE E’ RINVIATA
Non avete sentito? Oggi era il giorno della prima manifestazione ufficiale dei gilet gialli italiani. Non quelli del Coordinamento di cui fa parte l’ex deputato M5S Ivan Della Valle ma di quelli guidati dal cittadino sovrano Andrea Castellani dell’Ufficio Operativo Esseri Umani e supportati dal generale dei Carabinieri in pensione Antonio Pappalardo che ieri su Facebook aveva annunciato l’inizio della rivoluzione dei gilet rossi.
In teoria la manifestazione di popolo per dimostrare il proprio dissenso e negare il consenso a scie chimiche, vaccini, banche commerciali, corruzione si sarebbe dovuta tenere oggi davanti a Montecitorio (erano bene accette in ogni caso anche manifestazioni locali sparse su tutto il territorio).
Mentre in Francia i gilet jaunes mettono a ferro e fuoco Parigi e costringono il governo a sedersi al tavolo delle trattative in Italia la rivoluzione deve ancora ingranare.
Sarà colpa del freddo, sarà che oggi era mercoledì o forse è colpa delle dannate scie chimiche ma oggi in piazza Montecitorio c’erano a farla grande una decina di persone.
C’era ovviamente Castellani, presente, come annuncia su Facebook fin dalle sei e trenta del mattino.
Un orario in cui evidentemente le operazioni di geoingegneria clandestina devono ancora iniziare.
Nella foto il “direttore” dell’Ufficio Operativo Esseri Umani è da solo. Segno che forse i sovrani individuali non sono riusciti a trovare i numeri (e i soldi) per affittare il pullman da 56 posti che era pronto per partire dal piazzale dell’Ufficio ieri sera.
Servivano 1.300 euro più IVA, circa 30 o 50 euro a testa per ogni partecipante alla rivoluzione del consenso.
Le foto della manifestazione però mostrano che cinquanta persone in piazza non c’erano affatto.. In piazza Montecitorio ci sono solo quattro gatti
Un’ora dopo la prima foto Castellani ne pubblica un’altra, questa volta con il gilet arancione. Alle sue spalle la piazza è ancora desolatamente vuota e di manifestanti non se ne vede nessuno. E nei gruppi Facebook si mette alla ricerca degli altri gilettisti, con scarsi risultati visto che di gilet fosforescenti se ne vedono ben pochi.
Il malumore e la delusione sono palesi. Uno dei gilet colorati che era in piazza si lamenta dell’Italia rivoluzionaria vista oggi davanti alla Camera a Roma.
Poche persone, per nulla organizzate che ciondolano sotto l’obelisco. Altre foto che arrivano dalla piazza dove si nega il consenso alle scie chimiche sono altrettanto impietose. Sarà per questo che oggi le irrorazioni dei cieli andavano a gonfie vele?
In piazza oltre ai gilet arancioni del Movimento Liberazione Italia del generale Pappalardo c’erano anche quelli di Calabresi in Movimento il partito di cui è Presidente onorario il turbofilosofo Diego Fusaro (che però sembra non fosse in piazza).
Ma il video più rivoluzionario è quello in cui Pappalardo (che è anche compositore di opere liriche) rimpiange i bei tempi in cui Mozart “veniva a studiare la musica in Italia”.
Tra le richieste del popolo dei gilet arancioni italiani ci sono: l’abolizione di tutte le accise sui carburanti entro Natale; il pagamento dei pedaggi autostradali con una tessera annuale “i cui importi debbono essere concordati con il Popolo italiano” (sic) e che a partire dal 2019 all’euro sia affiancata la moneta denominata “Nuova Lira” che dovrà essere stampata dal Ministero dell’Economia e riportare la scritta “Repubblica Italiana”.
Queste sono le richieste al governo ma ce ne sono anche agli italiani.
Il Movimento Liberazione Italia e il partito di Fusaro chiedono al Popolo di sospendere tutte le attività lavorative per 24 ore “per combattere la disoccupazione”; di non acquistare generi alimentari per un giorno, di disertare le lezioni e di bloccare l’Italia per 24 ore “per il disinquinamento e l’eliminazione delle scie chimiche“.
In pieno stile pappalardiano il verbale della rivoluzione si conclude con la messa in stato d’arresto in flagranza di reato di tutti i soggetti politici.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
E ASSOLAVORO AGGIUNGE: “DA GENNAIO 53.000 LAVORATORI A CASA”
“Con riferimento al Decreto Dignità , il 30% delle imprese” del settore metalmeccanico “non rinnoverà , alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere”.
Lo afferma Federmeccanica nel comunicato relativo alla sua Indagine congiunturale sull’Industria Metalmeccanica.
Federmeccanica aggiunge: “Il 37% intende trasformarli in contratti a tempo indeterminato mentre un altro 33% si riserva di decidere, valutando la situazione alla scadenza”.
Come spiega il direttore generale Stefano Franchi, l’associazione “monitorerà il trend, anche in relazione alla decisione delle imprese che non si sono pronunciate”. In tema di occupazione, Franchi rileva in primo luogo che “per avere una occupazione stabile serve una crescita stabile”.
Il direttore generale di Federmeccanica rileva inoltre che “le norme non creano occupazione, possono agevolare o meno un percorso di assunzione. Noi riteniamo che la flessibilità possa agevolare. Una flessibilità – sottolinea ancora – che non significa precarietà visto che nel nostro settore il 40% dei contratti a tempo indeterminato sono trasformazioni di contratti flessibili e il 98% dei contratti sono a tempo indeterminato”.
In una nota di Assolavoro, che parla di “stima prudenziale, si afferma poi che sono circa 53.000 le persone che dal 1°gennaio 2019 non potranno essere riavviate al lavoro dalle Agenzie per il Lavoro perchè raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato. È l’effetto della circolare del Ministero del 31 ottobre che ha considerato compresi nelle nuove misure anche i lavoratori con contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Dignità .
Il primo commento arriva dal candidato alla segretaria del Pd, Maurizio Martina: “Il decreto Di Maio produce disoccupazione, altro che dignità . Secondo Federmeccanica il 30 per cento delle imprese non rinnoverà i contratti a tempo determinato ai propri dipendenti #ladridifuturo”.
Secondo l’indagine di Federmeccanica, “circa il 50% delle aziende del settore metalmeccanico non trova profili richiesti e i neodiplomati e neolaureati assunti sono ritenuti dal 22% delle imprese non in possesso di una adeguata preparazione sia tecnologica/avanzata sia tecnica di base/tradizionale”.
“Quello dell’Istruzione e della Formazione è un tema cruciale. I dati ci dicono che siamo in grave ritardo. È evidente lo scollamento tra scuola e impresa, che rende poi necessari interventi formativi riparatori, non solo sulle nuove tecnologie ma anche per le competenze di base”, afferma il Direttore Generale di Federmeccanica, Stefano Franchi.
“Per questo Federmeccanica ha lanciato nei giorni scorsi la Petizione ‘Più Alternanza. Più Formazione’ a sostegno dell’alternanza scuola lavoro e della formazione di qualità “, ha sottolineato.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
IMPAZZA LA SATIRA SUI MURI DELLA CAPITALE E SUI SOCIAL
A Roma sono comparsi una serie di manifesti che attaccano la manifestazione della Lega in programma per l’8 dicembre a Piazza del Popolo.
Alcuni con i ritratti di Giordano Bruno, Giulio Cesare e la Sora Lella che contestano l’arrivo del Carroccio in piazza: “Stavorta me do foco da solo”, dice Giordano Bruno, “E’ n’artra cortellata”, esclama Giulio Cesare, “E’ come ‘a carbonara co ‘a panna”, conclude la Sora Lella.
Altri manifesti sono stati riprodotti su Twitter: ritraggono rispettivamente Giove Pluvio, Tomas Milian nella prestigiosa interpretazione di Er Monnezza, Anna Magnani e un gabbiano:
Sarà contento Salvini? O verranno arruolati nella campagna “Lui non ci sarà ” di Luca Morisi?
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
ACCERTATI I FATTI: NON SALTAVA NESSUNO TRA I TIFOSI DEL CSKA…
LA TRAGEDIA CON 25 FERITI DOVUTA A MANCATA MANUTENZIONE, TRE DIRIGENTI ATAC INDAGATI
Alla fine non saltava nessuno. Il crollo della scala mobile della metropolitana nella fermata di Repubblica non è stato causato dalle intemperanze dei tifosi del CSKA Mosca, come era evidente già dal video postato da loro in cui si vedevano gli attimi del disastro: Virginia Raggi e Matteo Salvini, che li hanno accusati da subito, ma la responsabilità è da ascrivere alla mancata manutenzione e per questo tre dirigenti ATAC e un responsabile della Metroroma SCARL, ditta incaricata della gestione dell’impianto stanno per essere iscritti sul registro degli indagati per disastro colposo. L’azienda napoletana ha vinto l’appalto per la manutenzione con un ribasso d’asta vicino al 50% del prezzo totale.
Il crollo ha causato venticinque feriti, uno dei quali, un tifoso moscovita ricoverato in prognosi riservata. Il più grave, un 33 enne sottoposto a intervento chirurgico di rivascolarizzazione della gamba destra.
Secondo le prime ricostruzioni, ad essere andato in tilt sarebbe stato il sistema che fa mulinare le lastre di metallo che avrebbe ceduto di colpo, senza l’entrata in funzione il freno di emergenza in grado di arrestare la caduta libera.
Le scale, infatti, da quanto si vede nei filmati agli atti dell’inchiesta, hanno prima rallentato bruscamente per poi accelerare d’improvviso, inghiottendo decine di passeggeri nel tappo che nel frattempo si era creato per via dei gradini affastellati e distrutti.
C’è chi ipotizza che possa essersi staccato il gancio di uno scalino, ma solo la perizia (a cui gli indagati potranno partecipare nominando un loro consulente) potrà fare piena luce sull’incidente.
ATAC in una nota diramata a poche ore dall’incidente, aveva difeso il proprio operato. «Sulla scala mobile in questione — si legge nel comunicato diffuso dall’azienda lo scorso ottobre — sono stati effettuati regolarmente gli interventi di manutenzione, le verifiche e le prove dei dispositivi di sicurezza, secondo quanto previsto dal piano di manutenzione e dalla normativa».
E ora?
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
PRIMA GLI ITALIANI: DOVEVANO VIGILARE E SI METTEVANO IN TASCA FINO A 500 EURO A TESTA AL GIORNO
La Guardia di finanza ha arrestato 11 guardie giurate addette al trasporto e alla vigilanza dei biglietti e del denaro di parcometri e biglietterie bus e metro di proprietà di Atac
Gli undici indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di peculato e simulazione di reato.
Altre due persone sono state destinatarie dell’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagine, chiamata Banda Bassotti, è stata condotta dalla Gdf del Gruppo Frascati, coordinate dalla Procura di Roma.
Gli appostamenti fatti presso l’azienda municipalizzata e le analisi delle stesse macchine distributrici di biglietti, hanno permesso di delineare un collaudato sistema criminale, tanto semplice quanto dannoso, fonte di danni costanti per Atac.
Gli indagati attraverso alcuni stratagemmi e approfittando dell’obsolescenza delle macchine dei biglietti, asportavano dalle casse banconote e monete, spesso anche non rendicontate dal contatore elettronico.
La media del guadagno illecito per ciascuno degli indagati si è aggirato tra i 250 e i 500 euro a testa al giorno.
Il profitto veniva utilizzato per l’acquisto di beni di consumo di varia natura e per il pagamento di vacanze.
Tutti gli indagati erano ampiamente a conoscenza del sistema, ma alcuni di loro preferivano agire individualmente o, comunque, senza dividere con il collega di turno il provento dell’attività illecita.
Per giustificare gli ammanchi le guardie ricorrevano a espedienti di ogni tipo, arrivando anche a simulare tentativi di furto.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile
IPOTESI DI REATO: SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA DI PATRIMONIO AL PAGAMENTO DELLE IMPOSTE, LAVORATORI IN NERO, FALSO IN BILANCIO, INTESTAZIONE FITTIZIA, DICHIARAZIONI FISCALI INFEDELI
Il deputato del Partito Democratico Carmelo Miceli ha presentato un esposto alla Procura di Napoli per fare luce sulle ormai note vicende che riguardano l’Ardima, l’azienda di famiglia di Luigi Di Maio.
Ieri a Porta a Porta il vicepremier ha annunciato che la società di cui è socio al 50% assieme alla sorella sarà messa in liquidazione dal momento che nell’ultimo anno non ha più ricevuto commesse.
L’esposto si concentra su alcune ipotesi di reato: sottrazione fraudolenta di patrimonio al pagamento delle imposte, lavoratori in nero, dichiarazioni fiscali infedeli, falso in bilancio, intestazione fittizia.
Sarà la Procura di Napoli a dover verificare la fondatezza dell’esposto.
Secondo Miceli, avvocato e membro della Commissione Antimafia, «è la conseguenza di una serie di dichiarazioni che hanno il sapore della confessione, prima di Luigi Di Maio e poi da Antonio, il padre. Sono loro ad aver detto che il dominus di tutte le aziende è sempre stato il padre. Ci suona strano comprendere come si sia possibile dire che l’attività di famiglia e l’esercizio della ditta individuale sia stata condotta nel tempo dal padre, quando la ditta era stata prima intestata alla madre e poi ai figli».
La vicenda è quella rivelata dalle Iene secondo cui Di Maio avrebbe fatto da prestanome per salvare la ditta di famiglia da Equitalia e riguardo la quale era intervenuto proprio il padre del Capo Politico del M5S.
Continua Miceli: «Se è vero come è vero che la ditta individuale del padre, ovvero quella che a monte ha generato la dinastia di imprenditori edili, è stata chiusa per debiti nei confronti dello Statoci chiediamo se quei debiti non sono stati onorati, perchè quel patrimonio, anche di conoscenze e know how, non è stato valorizzato, quantificato e poi pagato alla ditta, per poi pagare lo Stato».
Secondo Miceli il patrimonio è stato «trasferito palesemente e illegalmente alla ditta» aperta da Luigi Di Maio e dalla sorella Rosalba nel 2012 e divenuta operativa (stando alle dichiarazioni del vicepremier) nel 2014.
Per il deputato PD guardando i bilanci delle due società c’è un’evidente continuità tra le due operazioni (la chiusura della Ardima di Paolina Esposito e l’apertura dell’azienda dei due fratelli): «se una ditta chiude per debiti e trasferisce il proprio patrimonio ad un’altra ditta è un reato molto grave punito dall’articolo 648 del codice penale. C’è una evidente continuità tra le due operazioni».
Secondo Miceli «quando la ditta individuale di Antonio Di Maio chiude, ha un patrimonio di 80 mila 258 euro. Quando apre la Ardima rimane inattiva per due anni eppure, nonostante questo periodo di inattività , l’anno seguente risultano 16 mila euro che non siamo riusciti ad attribuire ad alcuna attività , forse una progettazione? L’anno successivo, però, risulta un aumento di capitale che porta il patrimonio complessivo, da 20mila euro, a 102mila euro. Sembrerebbe che gli 80 mila euro della ditta individuale si siano trasferiti così alla nuova Ardima e quindi poi a quella di Di Maio in continuità con le precedenti. Tutto questo costituisce operazione di ricettazione e intestazione fittizia»
La tesi dell’esposto sembra essere confermata anche da un post su Facebook del 2015 dove Di Maio spiegava che i 100.200 euro di capitale sociale della Ardima Srl «è frutto del conferimento (chiamiamola pure banalmente “fusione aziendale”) della vecchia società di famiglia — abbiamo una tradizione trentennale — nell’Ardima Srl, costituita da me e mia sorella nel 2012, quando neanche immaginavo che mi sarei candidato alla Camera dei Deputati. I 100.200 euro incriminati non sono frutto di un versamento monetario, bensì rappresentano il cosiddetto “valore di avviamento della società ”».
L’allora vicepresidente della Camera spiegava che «siccome la vecchia azienda che è confluita in Ardima Srl aveva mezzi, macchinari e un fatturato costante nei tre anni precedenti, il valore che le è stato riconosciuto è di 80.200 euro. L’azienda che io e mia sorella avevamo fondato nel 2012, non menzionata prima perchè non operante, aveva un capitale sociale di 20.000 euro che sommati agli 80.200 raggiungono proprio il valore di 100.200€».
Spetterà ora alla Procura di Napoli fare luce sulla vicenda.
(da “NextQuotidiano”)
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