Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
PIAZZA OLTRE LE PREVISIONI… PRESSING PER LO STOP ALL’OPERA, ARRIVA IL SOSTEGNO DA GRILLO E APPENDINO… IMBARAZZI E SILENZI DEI MINISTRI
“Tirate fuori le palle”. Il messaggio della piazza torinese recapitato al Movimento 5 Stelle è chiaro e arriva direttamente dal leader dei No Tav Alberto Perino.
“Chiediamo con forza che tutto questo abbia fine, invitiamo il M5S a resistere e portare a casa quello in passato hanno scritto e detto chiaramente”, le parole di Perino dal palco di Piazza Castello.
Sotto di lui una marea di manifestanti: secondo gli organizzatori sono 70 mila, di certo c’è che il corteo partito da Piazza Statuto, due chilometri scarsi nel cuore del capoluogo piemontese, è affollatissimo.
“Abbiamo vinto”, grida il No Tav Lele Rizzo facendo il confronto con la piazza del Sì di un mese fa. Ma la vera vittoria della Valsusa ci sarà soltanto se il governo dovesse fermare definitivamente l’Alta Velocità italo-francese.
La piazza di Torino non sancisce lo strappo tra No Tav e Movimento 5 Stelle ma l’ultimatum di Perino certifica che la sintonia non sia più quella di un tempo.
Nelle stesse ore in cui Beppe Grillo, da Roma, viene contestato da un attivista e prova a rassicurarlo dicendo che l’Alta Velocità in Valsusa non si farà , il vicesindaco di Torino Guido Montanari – contestato anche lui in piazza da alcuni manifestanti – rimanda a dopo la fine dell’analisi costi-benefici ogni discorso sul prezzo che i grillini potrebbero pagare in termini di voti: “Non credo che il Movimento sia in affanno rispetto alla Lega. Spaccatura con l’elettorato? Oggi il problema non c’è, vedremo”.
A rappresentare la città , con indosso la fascia tricolore, c’è lui e non la prima cittadina Chiara Appendino che invece si limita invece a scrivere un post su Facebook in cui ribadisce “la contrarietà all’opera e la vicinanza a chi condivide queste istanze”.
Parole a cui corrispondono gli imbarazzi e i silenzi dei 5 Stelle di Governo, con Danilo Toninelli che rimanda nuovamente all’analisi costi/benefici, ma si limita a sottolineare la considerazione per la piazza con una “idea alternativa e sostenibile di futuro, di progresso”.
A sentirsi coloro che le portano avanti, queste istanze, sono però i valsusini: “Il Movimento 5 Stelle è una cosa, quello No Tav un’altra”, spiega la manifestante Luisa Avetta.
Ai pentastellati si riconosce sì il merito di aver spinto per una nuova valutazione dell’opera, ma ora serve lo stop definitivo. Un obiettivo che non sarà facile vista la differenza di vedute con il partner di governo, la Lega.
Per le strade di Torino marciano tutti: i giovani No Tav che “lottano contro una spesa inutile mentre le scuole sono fatiscenti”, le “donne montagnine” che replicano alle madamin che avevano organizzato la manifestazione del 10 novembre, e anche qualche gilet giallo arrivato direttamente dalla Francia: “Abito in un paesino dell’Isère che sarà attraversato dalla linea, non voglio che i miei figli debbano pagare i debiti di quest’opera” ci racconta Claude Mader, una signora di 70 anni arrivata con il marito e qualche altra decina di connazionali a spiegare il proprio no. Secondo loro “l’opera non serve a niente perchè già oggi si possono mettere le merci e i tir sui treni”.
E poi c’è la nutrita schiera di amministratori No Tav, compresi alcuni sindaci dei paesi del versante francese come il cinquantenne Gilles Margueron di Villarodin Bourget, a due passi da Modane dove ci sarà l’ultima discenderia del tunnel e dove per ora è accatastato lo smarino degli scavi geognostici
Come annunciato alla vigilia, il corteo è stato pacifico e i manifestanti hanno sfilato senza problemi di ordine pubblico, a parte un unico momento di tensione quando un paio di ragazzi hanno contestato il vicesindaco Montanari apostrofandolo come “assassino” e “complice di Salvini” e accusandolo di non opporsi all’opera: “Questa non è lotta, la lotta l’abbiamo fatta noi tutti i giorni al cantiere”.
Proprio dove lo stesso Perino promette di tornare se, alla fine, il Tav dovesse ripartire: “Se proverete a farlo ci troverete tutti quanti davanti alle ruspe e contro di voi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
TROPPO COMODO PER SALVINI DIRE “CHI SBAGLIA PAGA”, NE RISPONDA CHI FA PERDERE TEMPO ALLE FORZE DELL’ORDINE IN CAZZATE A SCAPITO DEI CONTROLLI SUI PERICOLI REALI
L’unica certezza è che in quella discoteca di Corinaldo, paesino in provincia di Ancona, c’era troppa gente. Tre volte più del consentito.
Erano arrivati almeno in 1.400 per assistere al dj set di Sfera Ebbasta, ma nella sala c’era posto solo per 469.
Ma ancora prima dell’esibizione del rapper un odore acre – probabilmente spray al peperoncino – ha mandato in tilt la situazione. Il panico diventa ingestibile, scatta una fuga dal locale, si crea una ressa ingovernabile.
Molti provano a scappare per una delle tre uscite di sicurezza, che dà su un ponticello sopra un fossato. Ma una delle balaustre cede e a decine precipitano. Gli uni sopra gli altri. La calca li schiaccia e li uccide. Sei di loro non sopravvivono: sono cinque ragazzi tra i 14 e i 16 anni – e una giovane donna. Ma come loro tanti altri finiscono schiacciati, feriti e 7 di loro sono in coma farmacologico, in gravi condizioni.
Ha avuto la peggio che è scivolato per primo, schiacciato dal peso degli altri. Eleonora aveva 39 anni e quattro figli. Era nella discoteca la Lanterna Azzurra di Corinaldo perchè aveva accompagnato sua figlia di 11 anni al dj set. Asia, Benedetta, Daniele, Emma e Mattia invece erano tutti giovanissimi.
Una tragedia per Corinaldo, una tragedia nazionale, vissuta come tale anche dalle istituzioni.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è detto “impietrito” e chiede di “fare piena luce” perchè, afferma, “non si può morire così”.
Dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che si è recato subito, in mattinata, per un sopralluogo e un vertice in Prefettura, e dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che è arrivato nel pomeriggio sono arrivate parole già troppo spesso sentite: “Chi sbaglia paga”. Salvono che non sia il ministro degli Interni a sbagliare.
Gli inquirenti sono a lavoro per accertare le cause e ancora non è stato identificata la persona che avrebbe utilizzato lo spray al peperoncino.
Dalle prime ricostruzioni emerge, però, una certezza: in quella discoteca c’erano molte più persone rispetto a quante avrebbe potuto contenerne.
“Da un primo accertamento a caldo risultano venduti 1.400 biglietti. Ma anche che era aperta una sola sala sulle tre della discoteca, con una capienza di 469 persone. Con i numeri non ci siamo” dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il padre di uno dei ragazzini presenti nella discoteca conferma all’Ansa: “Uno dei miei figli aveva il biglietto numero 1350. E lo aveva acquistato in prevendita…”.
Salvini dice: “È incredibile nel 2018 morire per un mix di incoscienza, di stupidità e avidità “. Perchè non spiega se erano presenti le forze dell’ordine come per tutti gli eventi del genere, in che numero erano e perchè non hanno verificato se le entrate erano solo quelle permesse?
(da agenzie)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
I CONCERTI RAP SONO UN BERSAGLIO RICORRENTE, SENZA CONTROLLI ERA EVIDENTE CHE PRIMA O POI SAREBBE SUCCESSA UNA TRAGEDIA
Dopo lo choc di piazza San Carlo a Torino, la tragedia oggi di Corinaldo: sono gli episodi dalle conseguenze più gravi, ma spesso – troppo spesso, specie di recente – l’uso dello spray al peperoncino tra la folla ha scatenato il panico.
E guardando solo agli ultimi mesi, i concerti rap sono un bersaglio ricorrente: esibizioni di Sfera Ebbasta, lo stesso del concerto di questa notte alla Lanterna Azzurra, e dei suoi colleghi, Ghali, Guè Pequeno, Achille Lauro.
Lo spray è strumento autorizzato solo in caso di legittima difesa e non è consentita la vendita ai minori sotto i 16 anni. Eppure, come raccontano le cronache recenti, spesso scatena il panico ad eventi con una platea di giovanissimi.
L’ultimo episodio un mese fa, il 7 novembre, all’Alcatraz di Milano: poco prima dell’esibizione del rapper Achille Lauro, nelle prime file un ignoto ha spruzzato dello spray al peperoncino, causando panico e la fuga di almeno un centinaio di persone. Nessuno ha riportato danni gravi, ma solo fastidiose irritazioni. Una ragazza è stata però assistita perchè in stato di shock
L’8 settembre, a Mondovì (Cuneo), uno spray al peperoncino è stato spruzzato fra gli spettatori mentre sul palco del festival musicale ‘Wake up’, alla Mondovicino Arena, si stava esibendo proprio Sfera Ebbasta.
Allo stesso evento esattamente un anno prima, stessa scena: attimi di tensione mentre ad esibirsi era il rapper italo-tunisino Ghali. Sotto il palco si è creato il vuoto e alcuni spettatori, in prevalenza giovani, hanno accusato problemi respiratori, un dodicenne è stato trasportato in ospedale a scopo precauzionale.
E ancora, il 31 agosto 2017, alla Festa Pd di Ponte Alto (Modena), sempre un concerto di Sfera Ebbasta è stato interrotto dal fuggi-fuggi innescato dallo spray al peperoncino. Alcuni ragazzi sono finiti al pronto soccorso.
Il 5 marzo dello stesso anno, momenti di panico al Lingotto durante il ‘Reload Music’ Festival, un concerto maratona di musica elettronica che dura 18 ore.
Poco più di un mese prima, il 28 gennaio 2017, al teatro Concordia di Venaria, Torino, il concerto dei rapper Guè Pequeno e Marracash è stato interrotto da un fuggi fuggi verso l’uscita.
Molti ragazzi hanno lamentato bruciore ad occhi e gola e l’edificio è stato evacuato. E a distanza di poche ore, stessa dinamica a Roma, al centro sociale ‘La Strada’: fuori dalla struttura era stato poi trovato uno spray al peperoncino.
(da Globalist)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA LETTERINA DEGLI ALUNNI DI UNA SCUOLA ELEMENTARE DI ASTI AL “BUON PADRE DI FAMIGLIA”… I LORO PENSIERI: CHI VUOLE NASCONDERLI IN SOFFITTA E CHI FARLI FUGGIRE NEL BOSCO
Hanno preso carta e penna e, con l’incertezza di chi ha imparato a scrivere solo da qualche mese ma con tutta la determinazione di chi si aspetta una risposta e vuole far sentire la propria opinione, hanno scritto a Matteo Salvini.
Sono bambini di prima e seconda A della scuola elementare di Serravalle, una frazione a una manciata di chilometri da Asti.
Hanno scritto al ministro dell’Interno, all’ufficio migranti della prefettura di Asti e alla commissione per i rifugiati per chiedere che i migranti che fanno attività nella loro scuola e che si sono visti rifiutare la domanda d’asilo per la seconda volta, non vengano allontanati.
“Abbiamo saputo che non avete dato il permesso a Paul e Lamin di restare qui al sicuro con noi. Così loro rischiano di andare in prigione o in guerra nei loro Paesi. Vi chiediamo, per favore di farli restare qui insieme a noi perchè gli vogliamo moltissimo bene”, scrivono i bimbi
La lettera è un lavoro di gruppo, un collage di frasi che i bambini hanno messo nero su bianco durante le ore di lezione, moltissime fatte all’aria aperta, con i maestri del progetto “Bimbi Svegli” Giampiero Monaca, Maria Molino e Mariagrazia Audenino.
” Cari commissari – si legge nella lettera – Siamo le bambine e i bambini del progetto Bimbisvegli. La nostra è una scuola bellissima perchè è una scuola di amicizia in mezzo alla natura. Impariamo l’inglese, a conoscere la natura, a esprimere le nostre idee recitando, grazie agli amici profughi del centro di accoglienza Agathon di Serravalle. In estate con loro abbiamo anche ridipinto la scuola”.
“Paul, Baba, Lamin, Moussa, Balde, Ismail, Coulibaly, Hagie, Alì Bright sono qui perchè scappano dalla povertà e dalla guerra.”.
C’è tutta l’innocenza dell’infanzia nelle parole che i bambini indirizzano al ministro “ma anche la consapevolezza che è nata in loro parlandone in classe – commenta la maestra Molino – Spieghiamo ai ragazzi che è importante imparare a scrivere perchè con la scrittura si possono esprimere i propri pensieri e far sentire la propria voce”.
Gli allievi hanno fatto mille domande: “Chiedono della storia di Paul e degli altri – spiegano gli insegnanti – e quando hanno capito che cosa poteva succedere si sono messi a cercare soluzioni”.
C’è chi si è offerto di nascondere Paul e Lamin in soffitta a casa, chi di farli scappare nel bosco per non mandarli via: idee di bambini che vogliono trovare una soluzione a problemi reali e sentono forte il senso di essere cittadini del mondo.
“Quando mi sono trasferito qui – spiega Monaca – Ho conosciuto i ragazzi di Agathon e è stato naturale coinvolgerli nella vita della scuola. Prima ci hanno aiutato a risistemare gli spazi. Oggi grazie a loro teniamo aperta la scuola anche nei giorni che non prevedono il tempo pieno perchè l’associazione Agathon ha preso in gestione gli spazi e organizza con noi il doposcuola. Paul, Lamin e gli altri ormai sono conosciuti come “gli Agathon’s”.
“Loro sono stati un regalo per noi, non vogliamo perderli. Siamo sicuri di poterci fidare di voi”, concludono nella loro lettera i bambini.
(da agenzie)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUA LA SERIE, LA VETTURA ERA IN SERVIZIO DA OLTRE 15 ANNI… I PROBLEMI DERIVANO DALLA MANCATA MANUTENZIONE
Un bus dell’Azienda trasporti di Roma (Atac), della linea 700, è andato in fiamme stamani alle 7 sulla via Pontina all’altezza della Cristoforo Colombo.
Sul mezzo non c’erano passeggeri. L’autista si è messo in salvo uscendo dal finestrino. Sul posto i vigili del fuoco, traffico in tilt. Dalla vettura, completamente avvolta dalle fiamme, si è levato un denso fumo nero.
Atac fa sapere che avvierà tutti gli accertamenti necessari per individuare le ragioni dell’accaduto. La vettura era in servizio da oltre 15 anni.
Ma, come sappiamo, dopo l’apertura di un’inchiesta da parte della procura di Roma, la perizia depositata in procura sul tavolo del pm Mario Dovinola e dell’aggiunto Nunzia D’Elia esclude che dietro alcuni dei recenti incendi di autobus che si sono verificati a Roma possa esserci la “mano” di qualcuno.
Sono sei gli autobus finiti sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati romani. Due, quando sono arrivati i consulenti, erano talmente danneggiati dalle fiamme che l’analisi è stata impossibile. Sugli altri quattro, i tecnici hanno messo in evidenza lo stato generale di scarsa manutenzione.
I bus sono vecchi e quando vengono riparati, come è accaduto per alcuni di quelli incendiati, spesso si ricorre a pezzi vecchi, magari presi da autobus non più in funzione.
Proprio perchè la causa del fuoco oscilla tra la mancata manutenzione e quella fatta sì, ma al risparmio, ora la procura dovrà valutare se possano esserci elementi di reato imputabili ai dirigenti di Atac vista, tanto più, la grave situazione di dissesto economico che ha portato l’azienda a chiedere un concordato preventivo per evitare il fallimento.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
ROBERTO PAGANI: “QUI LA GENTE E’ CREATIVA E RILASSATA. SE I GIOVANI ITALIANI VENISSERO PAGATI COME FANNO QUI, NESSUNO STAREBBE CON LE MANI IN MANO”
Roberto Pagani ha lasciato l’Italia il 23 agosto 2014, aveva in mano una laurea in lingue nordiche e in inglese, con un anno di Erasmus a Edimburgo.
“Sono andato via quando ho capito che la burocrazia mi avrebbe sempre tarpato le ali — racconta —. Non conosco molti altri Paesi in cui avrei potuto insegnare all’università già a 25 anni”.
Oggi a 28 anni Roberto è dottorando in linguistica e codicologia islandese all’università di Islanda a Reykjavàk, dove insegna anche lingua e letteratura italiana e fa il supplente del docente titolare nei corsi di antico nordico.
Tornare? “Preferisco essere messo alla prova che stare in un sistema a vantaggio dei mediocri”.
Precisiamolo. Roberto non si è mai sentito costretto ad andare via. “Mi sono trasferito all’estero per vedere cosa sarebbe successo. Devo dire che la mia si è rivelata una scelta azzeccata”.
Da ricercatore è finito a studiare i manoscritti delle saghe medievali, “i loro tesori nazionali, come per noi certe opere d’arte”, spiega.
La differenza principale è che gli islandesi provano molto orgoglio per il loro passato letterario: “In Italia non avevo mai visto nessuno di più importante del presidente della provincia di Cremona, qui mi sono trovato a ricevimenti a cui partecipavano la prima ministra o il presidente”.
Mi sono trasferito all’estero per vedere cosa sarebbe successo. Devo dire che la mia si è rivelata una scelta azzeccata
A parte l’agilità della burocrazia (“10 minuti per aprire un conto in banca, 15 per comprare una macchina”), l’Islanda si distingue dall’Italia per l’atteggiamento molto rilassato nei riguardi della vita.
La giornata di Roberto varia in base alla stagione: “Di solito arrivo all’università intorno alle 9, ma in inverno quando il buio continua fino alle 11 del mattino è più difficile alzarsi presto”, sorride.
Roberto lavora nell’istituto àrni Magnàºsson per gli studi islandesi, all’interno del campus universitario. “Sulla mia scrivania ho sempre una catasta di libri aperti tappezzati di note e post-it. Lavoro sui miei manoscritti e inserisco dati su excel a scopo statistico”.
Alle 9:50 c’è una sessione di yoga, alle 10 pausa con caffè e tè, per poi proseguire con ricerche e ore di lezione. “A volte resto in istituto a lavorare fino a tardi, ma è comunque a mia discrezione”.
Vivere gli inverni a ridosso del circolo polare artico non è di per sè semplicissimo: “Il buio e il vento costante possono essere davvero pesanti psicologicamente”, spiega Roberto. Eppure gli islandesi sono “molto meno organizzati degli italiani. Non arrivano mai in orario, non pianificano mai se possono evitarlo e improvvisano impazzendo all’ultimo”.
La gente in Islanda però è anche molto creativa, “maestra nell’arrangiarsi”, e tutti fanno più di un lavoro. “Io stesso — continua il ricercatore — negli anni ho fatto l’insegnante, il maestro di asilo nido, il traduttore e la guida turistica”.
Questa capacità di adattamento rende gli islandesi molto abili nel superare periodi di crisi. Roberto insiste sul punto: “Qui sono molto informali: se dovessi incontrare il presidente in persona mi rivolgerei a lui usandone il nome di battesimo e dandogli del tu. In Italia bisogna sempre divincolarsi nella selva di convenzioni che contemplano forme di cortesia, titoli e quant’altro”.
E in Islanda ci sono dei vantaggi anche dal punto di vista economico. “Sento spesso dire dagli italiani che i giovani non hanno voglia di lavorare. In Islanda dai 16 anni in su lavorano tutti: alle casse dei supermercati ci sono soprattutto ragazzini, così come nei bar e nei ristoranti. Se i giovani italiani venissero pagati come li pagano qui, con le ferie e le tutele che ci sono qui, e con la facilità di assunzione (e licenziamento) che abbiamo qui, nessun ragazzo italiano starebbe con le mani in mano”.
Per Roberto il mercato del lavoro italiano è “sbilanciato, gli stipendi sono bassi, c’è troppa differenza salariale tra lavoratori e dirigenti”. Questo crea “invidia sociale e mina la coesione”.
In Islanda, nonostante non manchino gli scandali di lavoratori stranieri sfruttati e sottopagati, “non si teme di perdere il portafogli, dimenticare la porta di casa o dell’auto aperta, perchè il tasso di criminalità è molto basso. In più qualsiasi lavoro, nella maggior parte dei casi — spiega Roberto — permette di farsi i weekend a Tenerife o a Londra e comprarsi un iPhone”.
L’ipotesi del ritorno in Italia al momento c’è, ma solo per le vacanze. “Mi sono trasferito in Islanda perchè mi sono innamorato del Paese, ma tanti vogliono muoversi solo perchè in Italia non vedono nessun futuro. Se devono trovarsi un lavoro umile di ripiego, tanto vale farlo in un Paese come questo, che permette di farsi una vita dignitosa”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
COSA CI STANNO A FARE GLI AGENTI SE NESSUNO CONTROLLA E VIGILA SUL RISPETTO DELLA LEGGE? TROPPO IMPEGNATI A CACCIARE I POVERI DALLE STRADE?
Sei morti accertati. Sette giovani in pericolo di vita. Ancora nessun colpevole.
Si stanno dirigendo in varie direzioni le indagini su quanto accaduto nella discoteca di Corinaldo, in provincia di Ancona, dove si ipotizza che uno spray al peperoncino abbia provocato un fuggi fuggi generale fra i ragazzi accorsi per assistere a un concerto di Sfera Ebbasta. Ma non solo.
Mentre la discoteca è stata posta sotto sequestro dagli inquirenti che stanno indagando per omicidio colposo plurimo, si sta procedendo per due ipotesi di reato.
Da un lato, secondo quanto si apprende in ambienti giudiziari, si indaga su chi ha spruzzato lo spray al peperoncino; dall’altro sul sovraffollamento e sulle misure di sicurezza della discoteca.
I reati al vaglio sono, nel caso della persona che ha usato lo spray – sembra una ragazza – quelle di morte come conseguenza di altro reato o l’omicidio preterintenzionale. Nel caso dei gestori della discoteca, l’omicidio colposo.
Parallelamente a questo aspetto si indaga sulla discoteca, con particolare riferimento al sovraffollamento e al rispetto delle misure di sicurezza.
I magistrati stanno formalizzando in questi momenti le ipotesi di reato. Non risultano ancora iscritti nel registro degli indagati.
Secondo fonti vicine pare fossero stati venduti circa 1400 biglietti, a fronte di una capienza della discoteca che si ferma invece a 800 posti.
“Da un primo accertamento a caldo, nel vertice” in prefettura “è emerso che erano stati venduti 1400 biglietti circa. Pare che sia stata utilizzata solo una sala su tre. Una sala destinata ad accogliere 469 persone. Evidentemente con i numeri non ci siamo”.
Lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al termine del vertice in prefettura ad Ancona. Ma queste “sono verifiche che spettano alla magistratura” ha sottolineato il premier.
Ma un altra domanda emerge: che ci stanno a fare le forze dell’ordine, sempre presenti in caso di eventi che richiamano centinaia di giovani? Che servizio d’ordine era stato predisposto? Perchè si è permesso che entrassero 1400 giovani in una sala che ne puo’ accogliere solo 469?
Dov’e’ la sicurezza di cui Salvini si riempie a sproposito la bocca?
(da agenzie)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
IL VICE SINDACO GRILLINO CONTESTATO: “SIETE COMPLICI DI SALVINI”
E’ partito da piazza Statuto, a Torino, il corteo indetto dal movimento No Tav contro la ferrovia ad alta velocità Torino-Lione.
Sono oltre 40mila i manifestanti che hanno cominciato a sfilare da Porta Susa verso piazza Castello. In testa, dietro lo striscione “C’eravamo, ci siamo, ci saremo! Ora e sempre No Tav” i sindaci dei Comuni valsusini, il vicesindaco di Torino Guido Montanari e i gonfaloni di molte amministrazioni. il corteo arriverà sotto il palco di piazza Castello dove sarà inevitabile il confronto con la piazza del 10 novembre scorso, quando fu la Torino Sì Tav a ritrovarsi con 40mila persone per protestare contro la sindaca Chiara Appendino e la sua maggioranza.
“Siamo in settantamila, una marea, e faremo i conti finali in piazza Castello.” afferma il movimento No Tav in una nota.
Numerose le bandiere con il logo “No Tav”, dei sindacati di base, dei partiti di estrema sinistra Potere al Popolo e Sinistra anticapitalista. In piazza anche esponenti dei centri sociali antagonisti torinesi. Un migliaio di persone è atteso da altre regioni italiane. “Oggi è la giornata dell’orgoglio no Tav, di un grande popolo che non si è mai fatto intimidire”, dice uno speaker.
“Essere qui significa rappresentare una città e una maggioranza che ha votato un programma. La sindaca Appendino la pensa come me e io qui la rappresento”. Così il vicesindaco Montanari, dietro lo striscione “Amministratori No Tav”, mentre sfila con la fascia tricolore assieme a consiglieri comunali e di Circoscrizione. Proprio Montanari, all’inizio del corteo, è stato contestato da un gruppetto di giovani: “Questa non è lotta, la lotta l’abbiamo fatta tutti i giorni al cantiere, fate schifo”, gli ha urlato un ragazzo, che lo ha accusato di essere “complice di Salvini”.
Con Montanari sfilano anche i sindaci 5 Stelle di Venaria Reale, Pinerolo e San Mauro, in provincia di Torino, e di Molare, nell’Alessandrino.
Al corteo partecipa anche un gruppetto di una quindicina di “gilet jaune” dalla valle francese della Maurienne. “Questo progetto – dice Jeanluc di Montricher Albanne – è uno spreco di soldi che potrebbero essere spesi diversamente. E la vecchia Torino-Lione potrebbe benissimo essere adattata se solo si volessero investire delle risorse. Intanto a Villarodin, dove si stanno scavando i 9 chilometri dell’ultima galleria preparatoria, gli abitanti non hanno più l’acqua”.
“Siamo in tanti, allegri, colorati e convinti, perchè se si chiede a chiunque qui cosa è il Tav, ognuno di loro sa rispondere. Se le madamin avessero chiesto alla loro piazza, nessuno avrebbe saputo rispondere”.
Ad affermarlo, in piazza, è il leader storico del movimento No-Tav della Valle di Susa, Alberto Perino. “Non è la prima volta che siamo più di chi è sceso in piazza a favore del Tav – aggiunge – Noi siamo No Tav e facciamo i No Tav, come bloccare il progetto è un problema loro. Noi giudichiamo i fatti. Quelli della Lega non sono per cambiare il sistema. Sui 5 Stelle staremo a vedere. Vogliamo la sospensione dell’opera. Non ci interessano modifiche perchè il Tav è un’opera devastante”.
“Il confronto fra le piazze ci interessa poco. Tutti gli anni l’8 dicembre si fa una manifestazione, oggi si voleva dare un segnale più forte, quindi la valle è scesa a Torino”.
A dirlo, a pochi minuti dall’inizio della manifestazione No Tav a Torino, l’assessore comunale all’Ambiente Alberto Unia. “Siamo scesi in piazza perchè siamo assolutamente No Tav – sostiene Unia – come è scritto anche nel nostro programma elettorale, quindi era giusto farlo”.
Quanto all’analisi costi benefici sull’opera, Unia ritiene che “non darà esito positivo per la realizzazione. In questo momento – aggiunge – nel nostro Paese c’è bisogno di usare le risorse dello Stato per altro. Le ricadute dell’opera si riversano solo su un certo gruppo di poche persone, per i cittadini non portano sviluppo. È ora di pensare più al presente e meno al futuro, a cui si potrà pensare quando i cittadini staranno meglio”.
In corteo c’è anche un sindaco francese con la fascia tricolore, Gilles Margueron, a capo del comune francese di Villarodin Bourget: “Siamo qui per dimostrare – dice – che anche in Francia e non solo in Italia si protesta contro il Tav. In Francia poche persone sanno quello che può succedere, non c’è informazione. Per ora ci sono solo i soldi dell’Europa per le discenderie, non per l’opera. Un’opera inutile: quei soldi potrebbero essere spesi per cose più utili”.
Concetto ribadito anche dal vicesindaco di Napoli, Enrico Panini, arrivato fino a Torino per sfilare con la fascia tricolore: “Siamo qui perchè condividiamo le preoccupazioni e le posizioni dei sindaci della valle e dei cittadini: è un’opera devastante e inutile che favorirà solo corruzione e malavita organizzata. Non c’è bisogno di grandi opere – conclude – ma che quelle che ci sono vengano messe in sicurezza, che scuole e ospedali funzionino e che il trasporto regionale possa essere degno di questo nome”.
È ricomparsa intanto questa mattina, sulle pendici del monte Musinè, all’imbocco della Valle di Susa, la scritta “Tav=mafia” che, nella notte tra il 4 e il 5 dicembre, qualcuno, probabilmente riconducibile al movimento ‘Sì Tav’, aveva parzialmente rimosso.
Lo slogan, visibile a chilometri di distanza da chi attraversa la bassa valle, era stato realizzato con grandi teli bianchi. “Era già capitato in passato che qualcuno la rimuovesse – avevano commentato, negli scorsi giorni, alcuni attivisti No Tav – Questa volta si tratta evidentemente di una provocazione in vista del corteo dell’8 dicembre”.
(da agenzie)
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Dicembre 8th, 2018 Riccardo Fucile
LE VERITA’ SCOMODE: HA ESPULSO MENO IRREGOLARI DEL PD, HA BLOCCATO IL RITORNO VOLONTARIO DEGLI IMMIGRATI CHE VOGLIONO ANDARSENE, HA CAUSATO 19.000 SENZATETTO IN PIU’ E 18.000 GIOVANI DISOCCUPATI
Matteo Salvini porta in piazza la strategia della paura: la paura che scatena rabbia contro gli immigrati, i diversi e chiunque non la pensi come il governo.
«L’Italia rialza la testa» gridava lo slogan che oggi ha portato le truppe cammellate in Piazza del Popolo (40.000 presenti in una piazza che non puo’ contenerne appiccicate più di 50.000)
L’Italia leghista si è tappata le orecchie, ha chiuso gli occhi e serrato la bocca: come nell’immagine della famosa scimmietta.
C’è infatti una storia che Salvini non vuole raccontare e che il suo popolo si guarda bene dal chiedergli. E non ci riferiamo soltanto ai 49 milioni che la Lega ha rubato allo Stato italiano e che grazie a un accordo scandaloso restituirà in ottant’anni.
C’è molto altro di cui il ministro Salvini non vuole parlare.
Non ci dice che la sua promessa elettorale di rimpatriare cinquecentomila irregolari è pura fantasia.
E che nei primi tre mesi del suo mandato, da giugno a settembre 2018, ha fatto perfino peggio del suo predecessore del Pd: 1.296 persone rimpatriate da Salvini contro i 1.506 rimpatri forzati eseguiti, secondo i dati comunicati dal Viminale, nello stesso periodo del 2017 da Marco Minniti.
Non ci dice che il suo decreto sicurezza nel giro di pochi mesi provocherà almeno diciannovemila senzatetto, disseminando insicurezza nelle città italiane: insicurezza soprattutto per chi finirà a dormire sui marciapiedi, comprese famiglie con mamme e bambini.
A tanto ammontano, secondo uno studio della Corte dei Conti pubblicato a marzo 2018, i permessi umanitari che scadranno a breve. Permessi che su proposta di Matteo Salvini la maggioranza gialloverde in Parlamento ha cancellato.
Migliaia di nuovi fuorilegge e di senzatetto. Chi vuole tornare in Africa non può farlo. E scaduti i permessi non potranno più lavorare, affittare una casa e neppure andare dal medico
Non ci dice che i rimpatri forzati costano oltre 7.000 euro a persona: perchè, oltre alle spese di viaggio, richiedono la scorta di due o tre agenti di polizia per ciascun irregolare, che una volta arrivato in patria si ritrova nelle stesse condizioni che l’avevano spinto a emigrare.
Non ci dice che i ritorni volontari assistiti costano invece 4.500 euro a persona perchè non hanno bisogno di scorte di polizia.
E che la stessa cifra comprende 2.000 euro di investimento perchè l’interessato, una volta arrivato in patria, possa avviare attività commerciali o artigianali per sè e pagare la scuola ai figli. Eliminando o alleviando così le condizioni che altrimenti spingerebbero chiunque a emigrare di nuovo.
Non ci dice che però i ritorni volontari assistiti, che costano quasi la metà di quelli forzati che piacciono alla Lega, sono bloccati da sei mesi: perchè da quando è arrivato Matteo Salvini al ministero dell’Interno soltanto a fine ottobre è stato pubblicato il bando per il ritorno volontario assistito dei prossimi tre anni.
Così 684 persone che hanno fatto domanda, delle quali 337 avevano già ottenuto dalle questure l’autorizzazione a partire, rimarranno in Italia con i documenti in scadenza o scaduti.
Non ci dice nemmeno che il nuovo bando per il ritorno volontario assistito, pubblicato a fine ottobre dal suo ministero per il periodo 2019-2021 e finanziato con soldi dell’Unione Europea, stabilisce un massimo di 2.000 beneficiari in tre anni.
Appena 666 rimpatri all’anno, soltanto il 2,2 per cento di quanto ha fatto la Germania nel 2017: cioè il ritorno volontario finanziato dall’Ue di 29.522 immigrati.
Non ci dice che da ministro non è mai stato in Niger, Mali, Senegal, Gambia, Ghana, Pakistan, Bangladesh, Nigeria, Algeria o Costa d’Avorio.
E che senza buone relazioni e accordi bilaterali con i Paesi d’origine dell’emigrazione, Matteo Salvini è soltanto un arruffapopolo.
(da “L’Espresso”)
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