Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
IN CASO DI VOTO: MACRON 21%, LE PEN 14%, VERDI 13%, GILET GIALLI 12%, REPUBBLICANI 11%, MELENCHON 9%
Hanno riaperto negozi, musei e monumenti. Il day after di Parigi, reduce dal quarto sabato di scontri e proteste dei giubbetti gialli, è uno scenario ancora militarizzato di rottami e di numeri.
Dal ministero degli Interni filtrano cifre più precise sul bilancio: 136mila partecipanti a cortei e blocchi dell’8 dicembre, 1.723 le persone identificate, per 1.220 di loro è scattato lo stato di fermo.
Non ci sono state vittime nè situazioni di imminente pericolo, oltre le auto bruciate e le vetrine infrante
La cronaca lascia dunque spazio alla politica che ora, dicono pressochè tutti i commentatori, dovrà trovare la mediazione con il movimento di protesta che ha fatto tremare il governo.
Emmanuel Macron, obiettivo numero uno dei manifestanti, dovrebbe prendere la parola davanti ai francesi fra domani e martedì, anche per disinnescare una nuova protesta sabato prossimo. Ieri sera il presidente si è limitato ad un tweet in cui ha ringraziato le forze dell’ordine impegnate sul territorio “per il coraggio e l’eccezionale professionalità ”.
Ma tra le mani Macron sicuramente stringe un sondaggio che fa parlare tutta Francia. Se i gilet gialli si lanciassero nelle elezioni europee con una propria lista, raccoglierebbero — a tutt’oggi — il 12% dei voti e diventerebbero il 4/o partito in Francia.
E’ quanto ha verificato una rilevazione IPSOS pubblicata oggi da Le Journal du Dimanche.
Ampiamente al primo posto alle europee c’è la lista de La Republique en Marche con i centristi del MoDem, con il 21%.
Staccato, al secondo posto, il Rassemblement National di Marine Le Pen con il 14%, quindi i Verdi di Europe Ecologie con il 13%.
Seguirebbero poi i “Gialli” appunto, quindi la destra dei Republicains con l’11 e la sinistra radicale de La France Insoumise con 9%
In pratica il tanto vituperato Macron con En Marche sarebbe sempre il primo partito preferito dai francesi, ci sarebbe una notevole affermazione dei Verdi, un buon risultato dei Gialli e una debacle per Marine Le Pen e Melenchon, ovvero estrema destra ed estrema sinistra.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
UN CASO IL MANCATO INCONTRO CON IL PRESIDENTE RIVLIN… IL QUOTIDIANO HAARETZ: “NON DOVREBBE ESSERE PERSONA GRADITA”… TRANQUILLI HA GIA’ INDOSSATO LA KIPPAH, E’ IL RE DEI TRAVESTIMENTI
Un viaggio difficile, quello di Matteo Salvini in Israele, l’11 e il 12 dicembre.
Che nasce nel segno di una polemica per il mancato incontro con il presidente Rivlin. Nei giorni scorsi, il quotidiano Haaretz in un editoriale ha affermato che “Salvini dovrebbe essere persona non gradita in Israele”.
Ieri, lo stesso giornale ha diffuso la notizia secondo cui il presidente dello stato d’Israele, Reuven Rivlin, non incontrerà il ministro dell’Interno italiano. E ha collegato la notizia a quanto detto da Rivlin alla Cnn nei giorni scorsi, cioè che un movimento neo-fascista non dovrebbe essere ben accetto in Israele.
“Tu non puoi dire ‘ammiriamo Israele e vogliamo legami stretti ma siamo neo-fascisti'”, aveva detto Rivlin al network americano parlando in generale del neofascismo in Europa e non specificamente della Lega.
“L’incontro con il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini non è possibile per problemi di agenda del presidente Reuven Rivlin”, ha detto il portavoce di Rivlin, Jonathan Cummings.
“Si prende atto della dichiarazione del portavoce del presidente israeliano, secondo il quale Reuven Rivlin non potrà incontrare il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini solo per motivi di agenda”, fanno sapere fonti del Vimininale.
In Israele, oltre a incontrare il primo ministro Netanyahu, Salvini visiterà lo Yad Vashem – il memoriale dell’Olocausto – e farà tappa alla sinagoga italiana di Gerusalemme.
Al caso Rivlin si aggiunge una lettera aperta firmata da oltre 100 ebrei italiani, tra cui Gad Lerner, Michele Sarfatti, Giorgio Gomel, Anna Foa, Luca Zevi in cui viene chiesta a Salvini la condanna degli atti di antisemitismo “in movimenti e partiti della destra etno-nazionalista in Italia e in Europa”, degli “atti aggressivi” contro le comunità Rom e Sinti e “di razzismo contro stranieri e migranti”.
Si legge: “Preoccupati per l’acuirsi di forme di intolleranza in Italia come altrove”, i firmatari auspicano che Salvini in Israele, “nazione di immigrati e rifugiati”, pronunci “una condanna ferma di atti di antisemitismo, di rimozione della memoria, di banalizzazione degli orrori degli anni ’30 e ’40 del ‘900, in movimenti e partiti della destra etno-nazionalista in Italia e in Europa” e di “atteggiamenti e atti aggressivi diretti contro le comunità Rom e Sinti”.
Infine la condanna “di atteggiamenti e atti di razzismo contro stranieri e migranti da parte di individui, movimenti organizzati e settori delle pubbliche amministrazioni”.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
ONLINE DAL 18 DICEMBRE: “VOGLIO RESTITUIRE AI GIOVANI GIORNALISTI UN PO’ DELLA MIA FORTUNA”
“Volevo dare il buon esempio, il mio è stato un atto di lealtà “. Inizia così lo speech con cui Enrico Mentana ha presentato al pubblico il suo nuovo giornale digitale, “Open”, online dal 18 dicembre prossimo, “un’idea matta”, racconta al pubblico della fiera “Più Libri Più Liberi”, organizzata da AIL (Associazione Italiana Editori) nella Nuvola di Fuksas, conclusasi oggi con oltre centomila visitatori.
“Dopo 25 anni di brillante carriera, volevo restituire ai giovani giornalisti un po’ della mia fortuna e l’ho fatto trasformandomi da giornalista a editore fondando questo giornale che non ha come obiettivo quello di creare i gilet gialli dell’informazione” racconta Enrico Mentana.
“Ho cominciato a fare il giornalista a 25 anni — spiega — e ho avuto fortuna e grandi soddisfazioni. Sempre più spesso mi è capitato nell’ultimo decennio di incontrare gruppi di giovani, entusiasti e curiosi, come ero io alla loro età . Ma con la differenza fondamentale che loro il giornalismo lo potevano vedere solo da fuori”.
Da qui, la decisione di provare a creare un giornale online in cui far lavorare solo giovani giornalisti, in un periodo per niente felice per la professione.
“Open”, ribadisce il direttore di La7, “sarà per un’informazione libera, verace, giovane, gratuita e senza steccati”.
Solo così facendo, “passando da un giornalismo novecentesco a uno digitalizzato”, si potrà garantire un bene per tutti quanti”.
Ogni giornalista della nuova redazione – sono 22 i praticanti assunti, dopo averne selezionati 15mila – avrà a disposizione un kit del cronista, zainetto con smartphone, telecamera e pc, “per poter fare dirette o scrivere pezzi in qualunque luogo essi si trovino”, aggiunge Mentana, che ha ricordato che lui, a differenza di quasi tutti i suoi colleghi della sua età non si sente “abbarbicato alla sua poltrona”.
“Appena possibile- spiega- si creerà una community, ma non per fare un partito”, una community volta a raccontare il mondo che ci circonda e a “lottare contro le bufale”. “Open sarà un’alternativa al giornale proprio perchè gratuito.
Gli occhi dei giovani saranno tutti puntati alle novità e a tutto quello che accadrà secondo i loro parametri. Il mio obiettivo – conclude – sarà quello di creare tantissimi lettori di giornali come questo, non quello di creare tantissimi giornalisti, perchè altrimenti si rovescia il cannocchiale”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
LA SOCIETA’ AD ESCLUDENDUM: VOLEMOSE BENE, MA SOLO NOI …MEGLIO LA SOLITUDINE RAPPRESENTATIVA CHE IL TROPPO AFFETTO
Il partito della Nazione…
Sarebbe questa l’idea alla base della manifestazione consumatasi ieri a Piazza del Popolo. Già , la Nazione…
Quella nella quale i “sudisti” accurano i “nordisti” di averli derubati
Quella nella quale il Nord accusa il Sud di farsi mantenere: “tutti incapaci; tutti ignoranti; tutti sfaticati”!
Quella che si richiama ai valori del Cristianesimo salvo “buttare la croce addosso” a chi ne vive l’essenza anche al di la del dettato propugnato “dall’Istituzione” espressione del relativo “potere Temporale”.
Quella del “volemose bene”, ma solo noi: “gli stranieri “’anna muri’”.
Ogni tanto, insomma, facciamo finta che il nord ed il sud non esistano e che sia tutto un “grande pantano”; che, se siamo in maniche di mutande, se la sicurezza nelle nostre strade vacilla, se si praticano tagli alla spesa pubblica, sempre più consumata “ad cappocchiam”, sia (soltanto) colpa dello straniero; che non ci sia bisogno di visioni ardite e di sane spinte verso la libertà , di mercato soprattutto, ma solo di “paroloni roboanti” e di hashtag all’ultimo grido.
Quella che non ha ancora capito se vuole liberarsi dall’eccessiva presenza del “Leviatano”, dove non serve (e dove, anzi, fa ovvero realmente rischia di fare ancora più danni), per chiederne una presenza massiccia laddove servirebbe, invece (scuola, sanità , amministrazione della giustizia – senza escludere “l’iniziativa privata”, però – e “welfare intelligente e veramente solidale”, ogni “pagnottismo” e voto di scambio, escluso).
Dai, “volemose bene!” Anzi, facciamo na’ cosa: “vogliatevi bene”.
E fatelo rigorosamente tra voi: in certi casi, meglio la “solitudine rappresentativa” che il “troppo affetto!”
Salvatore Castello
Right Blu – La Destra Liberale
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
UN LAVORO CAPILLARE PER PREPARARE UN GRUPPO DI “RESPONSABILI” PRONTI A SOSTENERE UN GOVERNO DI CENTRODESTRA (E MANTENERE LO STIPENDIO)
Matteo Dall’Osso potrebbe essere soltanto l’inizio.
L’addio del deputato disabile al MoVimento 5 Stelle che ha movimentato la giornata politica di venerdì scorso non mette certo a rischio i numeri di una maggioranza che alla Camera è solida; ma a quanto pare quella di Dall’Osso potrebbe non essere un’uscita isolata.
Racconta oggi Luca De Carolis sul Fatto che da tempo Forza Italia sta lavorando ai fianchi i grillini anche a Palazzo Madama con l’obiettivo di far cadere l’alleanza gialloverde e spalancare le porte al centrodestra di governo:
E nell’ultima settimana di colloqui del genere ce ne sono stati diversi. Finiti talvolta con un caffè in buvette, con contorno di frasi ambigue sul prossimo futuro politico. Ed è la conferma di uno schema, perchè a ogni forzista è stato chiesto di fare da tutor a un grillino con cui ha fatto conoscenza, preferibilmente in commissione. E di provare a blandirlo, convincendolo che questo governo durerà poco. Però la tela di Fi non si snoda solo così.
Raccontano di non meglio precisate telefonate da Milano, ad alcuni parlamentari, per invitarli a eventi o comunque per stabilire contatti.
Dirette anche a eletti nei collegi uninominali, teoricamente più permeabili perchè saliti solo all’ultimo momento sul carro del Movimento.
Ma le vie del corteggiamento forzista non finiscono qui. Perchè Fi e Berlusconi restano simboli difficilissimi da deglutire, anche per i 5Stelle più tiepidi o di nuovissimo conio.
Così oltre ai forzisti eletti sono entrati in campo anche ex parlamentari, non solo di Fi.La costruzione della nuova maggioranza passa quindi per un metodo molto simile a quello che ha funzionato nel 2006-2008:
Esponenti dell’Udc o di altre schegge del mondo simil-democristiano, richiamati in missione, sempre per conto di Silvio.
Narra un altro deputato a 5 Stelle, un veterano: “Un ex collega della mia regione mi ha spiegato per almeno un quarto d’ora che è tempo di creare un gruppo di responsabili in Parlamento, per cambiare maggioranza evitando però un nuovo voto. E non ha usato giri di parole, mi ha detto chiaramente perchè era seduto su quel divanetto assieme a me”.
Ed è il ritorno di un grande classico dell’era berlusconiana, i responsabili.
Una variabile del gioco, che in Senato si fa più delicato.
Perchè a Palazzo Madamala maggioranza ha solo sei voti di margine, a cui si aggiunge qualche ex M5S che solitamente vota in linea con il governo.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
L’ULTIMA PROVOCAZIONE DI TVBOY, DOPO IL BACIO SALVINI-DI MAIO
Un poliziotto, che nella fisionomia ricorda il ministro dell’Interno Matteo Salvini, porta via un Babbo Natale in manette.
E’ l’ultimo murale che Tvboy, l’artista famoso per il bacio tra Salvini e Di Maio, ha regalato a Milano, il titolo è ‘Babbo Natale Turco’.
Il senso lo spiega in una didascalia sotto l’opera e sui canali social: “Permesso di soggiorno negato per Babbo Natale, nessuno si ricordava più che San Nicola arrivava dalla Turchia”.
Intervistato da Repubblica spiega meglio: “Molti pensano che la leggenda sia nordica, invece papà Natale era San Nicola, bizantino, le sue reliquie vennero rubate in Turchia e poi portate a Bari”.
Il murale comincia ad essere notato in città , tanto che la foto del Babbo Natale migrante sta iniziando a popolare le bacheche di chi ne ha colto il messaggio politico e vuole rilanciarlo.
Ma Tvboy nella stessa notte ha realizzato anche un’altra opera, un Banksy che sul muro del Mudec (dove vengono esposte le sue opere) aggiunge un ‘UN’ alla scritta ‘Officially’: “Da un lato – spiega Tvboy – c’è Banksy che dipinge illegalmente, così si dice, dall’altro un museo che illegalmente crea una mostra autorizzata che espone opere non autorizzate. Un bel paradosso”.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
PER LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI LA SITUAZIONE ECONOMICA E’ PEGGIORATA, IL 17% COSTRETTO A RIDURRE LE SPESE GIA’ DURANTE L’ANNO
La Stampa racconta oggi i risultati di un sondaggio di Confesercenti e SWG sul Natale e sugli acquisti in programma per le famiglie italiane.
Quest’anno l’avvicinarsi dei giorni di feste è unito a una maggior prudenza e dunque si restringe la spesa per i doni da mettere sotto l’albero.
Secondo lo studio, il budget sarà di 285 euro a persona, con una flessione del 7% rispetto allo scorso anno.
Quali sono in concreto le paure degli italiani? La ricerca mette in luce che oltre un terzo (il 38%) ritiene che l’anno si chiuda con un’Italia peggiorata dal punto di vista socioeconomico (lo scorso anno era una quota del 33%).
Il 18% rileva invece che c’è stato un miglioramento.
Tra i problemi che preoccupano maggiormente c’è la situazione dell’economia, segnalata dal 32% degli intervistati: una percentuale in deciso aumento rispetto allo scorso anno, quando solo il 19% aveva espresso timori sul tema.
Ma c’è anche un 19% che si dice preoccupato soprattutto per lo spread e la tenuta dei conti pubblici.
Il portafoglio degli italiani si era già ristretto. Il 17% delle famiglie ha, infatti, indicato di aver ridotto i consumi durante l’anno. La diminuzione, però, sembra dovuta più all’incertezza che ad un peggioramento oggettivo delle condizioni economiche delle famiglie.
Che comunque rimangono non brillanti: solo il 41% degli italiani, infatti, ritiene che il proprio reddito familiare permetta di vivere agiatamente (il 2%) o con tranquillità (il 39%).
Per il 40% è invece insoddisfacente, un 14% della platea segnala difficoltà ad arrivare a fine mese e un 5%, invece, non riesce mai ad arrivarci.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
LO SCONTRO CON IL CONTESTATORE … E SI E’ DIMENTICATO DI DIRE CHE HA USATO LA PRESCRIZIONE COME BERLUSCONI PER EVITARE LA CONDANNA
Beppe Grillo dice che la TAV non si farà e queste parole vanno scolpite nella pietra perchè bisognerà metterle a confronto con quello che realmente accadrà a proposito dell’Alta Velocità in un governo in cui Danilo Toninelli dice di non essere No Tav. Ieri Grillo ha parlato con un ragazzo che milita con Potere al Popolo:
Niccolò si affaccia dal muro di braccia che alla fiera Più libri più liberi di Roma tengono alti gli smartphone per rubare ogni sospiro del comico e gli urla contro: «Come mai non sei a Torino alla manifestazione No Tav? Adesso che siete al governo non ve ne importa più niente?». L’indifferenza di Grillo dura pochi secondi, poi lo affronta: «Mi sono beccato 4 mesi di condanna io per la Tav, tu?».
Ma è subito dopo, quando il comico invita il giovane contestatore da parte per un chiarimento, che arriva la confessione di colui che è ancora il garante del M5S, anche se la sua voce nel trambusto politico del governo gialloverde sembra sempre più flebile: «La Tav non si farà . Te lo garantisco io. Dobbiamo finire questa analisi costi-benefici, ma sono certo che non si farà »
È ovviamente falso che Beppe Grillo si sia preso quattro mesi di carcere per la TAV. In realtà , come Berlusconi e a dispetto del fatto che il M5S voglia abolirla, Grillo è stato prescritto dall’accusa e non ha rinunciato alla prescrizione perchè il giudice ha spiegato che altrimenti sarebbe stato condannato.
Ma queste sono quisquilie.
Ciò che importa è che ieri Grillo abbia preso un impegno preciso che cozza con il piano B del M5S per fare la TAV all’insaputa dei No TAV, che prevede la sforbiciatura del progetto con la caduta della stazione in Val di Susa e la costruzione comunque della ferrovia e di altre stazioni.
Per questo le parole di Grillo vanno ricordate a futura memoria. Per chiedergliene conto quando le cose andranno diversamente.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 9th, 2018 Riccardo Fucile
RISCHIO DI UNA STRETTA FINALE, L’ITALIA FUORI DAL RADAR DEGLI INVESTITORI… ROMA VISTA DALLA CITY
Un tentativo di sfida all’Europa, finito male e con costi per il Paese ancora tutti da valutare.
Così viene letto – tra gli uomini della finanza londinese – il braccio di ferro sulla Manovra italiana con Bruxelles e il momento di incertezza economica (oltre che politica) nel quale è tornata l’Italia.
Nel distretto finanziario della capitale britannica la preoccupazione internazionale intorno al destino di Roma resta alta.
Citi, la più globale delle grandi banche internazionale, ha ospitato nei giorni scorsi economisti, strategist e giornalisti da tutta Europa per fare il punto della situazione sui mercati finanziari. E il “rischio Italia” è stato uno degli argomenti più gettonati, giocandosi con la Brexit, di casa a Londra, il podio delle preoccupazioni globali alle spalle della guerra commerciale tra Cina e Usa.
La Manovra e lo spazio di deficit bruciato
Giada Giani, economista della banca focalizzata sull’Europa, ha attirato le domande sul tema. “La recente propensione al dialogo mostrata dal governo testimonia che ci sono soglie di sofferenza, con lo spread sui 320-330 punti, oltre le quali l’esecutivo italiano non ha voluto spingersi.
Ma anche se verrà fatta marcia indietro sul budget, rischia di esser tardi”, ha spiegato durante il suo intervento.
A margine dell’evento, Giani dettaglia i termini del problema: “A inizio ottobre, il deficit tendenziale – dando già per scontata la disattivazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva – era stimato intorno al 2%. Ora che la crescita ha invertito il segno e il caro-spread ha stabilizzato la spesa per interessi a livelli più alti del previsto, il deficit/Pil è da solo arrivato al 2,4% ‘programmatico’ indicato dal governo, senza considerare gli altri interventi previsti dalla Manovra”.
Ovvero, laddove ci avrebbero dovuto portare le spese per reddito di cittadinanza e quota 100, siamo arrivati da soli con il rallentamento del Pil e il costo più alto del nostro debito, alimentato dalle incertezze politiche.
“Nei fatti, correggere ora la Manovra verso il 2% di deficit/Pil vuol dire con ogni probabilità darle una intonazione fiscale restrittiva, con quel che comporta in termini di rallentamento di una economia già alle corde”.
Proprio il recente campanello d’allarme suonato dall’Istat, che ha diffuso il dato di un Pil a -0,1% nel terzo trimestre, è indicativo.
La stima di Citi è che l’Italia cresca dello 0,5% il prossimo anno, contro il +1,5% indicato dal governo ed evidentemente da rivedere.
“Nella frenata del terzo trimestre colpisce il calo dei consumi, dai quali ci si poteva invece aspettare un supporto visto che il reddito da lavoro sta salendo, seppur lentamente, e il trend generale dell’occupazione rimane in fase positiva”.
Per Giani, insomma, molti riflessi della tensione accumulata negli ultimi mesi si devono ancora palesare: “Nel quarto trimestre vedremo il riflesso dei timori del settore produttivo per le scelte politiche: gli indicatori di fiducia, così come i Pmi, sono negativi e porteranno a un calo dell’attività ”. Per l’economista è vero che nell’attuale livello dello spread tra Btp e Bund (intorno a 300 punti, anche se in calo nelle ultime giornate per la nuova disponibilità a trattare italiana) “è già incorporata l’apertura di una ormai altamente probabile procedura per deficit eccessivo nell’ambito della regola del debito”. Ma siccome “non credo che il differenziale di rendimento tra Btp e Bund scenderà ancora di molto, prima o poi questa tensione si vedrà anche sul fronte del credito bancario”.
Il ritorno dell’m&a, ma non sotto le Alpi
Il caso-Italia si inserisce in un contesto dominato dai “rischi geopolitici, in primis quello di una escalation nella tensione commerciale tra Usa e Cina che potrebbe generare un rallentamento economico”, come ha avuto modo di sottolineare Phil Drury a capo dell’area Emea di banking, capital markets e advisory.
Ma se a livello globale ci sono anche spunti positivi, per gli addetti ai mercati finanziari, il Belpaese rischia di rimanere tagliato fuori da questi ambiti.
Citi stima che la crescita globale resterà sostenuta (dal 3,3 del 2018 al 3,2 per cento l’anno prossimo) e con indicatori di fiducia che nelle grandi economie fuori dall’Europa non si sono scostati poi di molto dai recenti massimi.
Dopo le recenti vendite, le valutazioni delle azioni europee restano a livelli elevati ma offrono spunti di possibile crescita maggiori rispetto a quelle americane.
Luigi de Vecchi, che presiede la divisione banking, capital markets e advisory in Europa, Middle East e Africa, ha spiegato come l’attività di fusioni e acquisizioni (m&a) sia proiettata verso il terzo miglior anno di sempre.
Secondo le stime di Citi, infatti, il 2018 si dovrebbe chiudere sopra i 4.300 miliardi di dollari di transazioni annunciate, in crescita di un terzo rispetto all’anno scorso e non molto distante dai picchi del 2007 e, a seguire, del 2015.
Anche in Europa i dati parlano di un netto rialzo. “Dal mondo globale e unificato che abbiamo visto fino all’anno scorso, il ritorno del protezionismo sta spingendo i deal di nuovo in una dimensione regionale, più che globale”, ha annotato de Vecchi.
Altro fattore centrale, “l’attività dei regolatori sta impattando sul tempo necessario a chiudere le operazioni, creando qualche incertezza sul quadro globale”.
Il problema è che di questo dinamismo non si ha traccia sotto le Alpi, tanto che l’attività di m&a in Italia — al netto del caso Essilor-Luxottica — è rimasta a livelli dimezzati.
La sensazione diffusa è che il Paese sia ora fuori dai radar degli investitori. Senza i colossi che possono vantare altri sistemi e con un volto minaccioso per l’Europa, la scommessa diventa su quanto possa durare questo isolazionismo prima di inceppare del tutto il motore economico.
(da “La Repubblica”)
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