Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI SONO IL BRACCIO POLITICO DEGLI SFRUTTATORI, I POTERI FORTI VOGLIONO MANTENERE LA MANODOPERA LOCALE SOTTOPAGATA, SE EMIGRANO SU CHI SPECULANO?
Le Nazioni Unite temono che l’espulsione di massa dei rifugiati congolesi dall’Angola potrebbe innescare una crisi umanitaria.
Sono più di mezzo milione, oltre a quelli che hanno già lasciato il Paese il mese scorso, perchè identificati come migranti irregolari dal governo angolano.
Il sogno di trovare la salvezza emigrando nella sponda angolana del fiume Congo, protetti dall’Agenzia per i rifugiati dell’Onu, sembra svanito. E la lezione europea sul controllo delle migrazioni trova seguaci anche nell’Africa australe.
L’Angola, ex colonia portoghese, ha un territorio ricco di diamanti, petrolio, oro e rame: un grande potenziale agricolo di terre fertili tuttora incolte, più del 95%, e una Banca nazionale senza pesanti vincoli neo-coloniali.
Secondo i dati del Fondo Monetario, ha un Pil pro-capite di 4.342 dollari.
A sua volta, la Repubblica del Congo — dilaniata dalla corruzione e dalla guerra civile — è un’ex colonia francese, con un Pil pro-capite di 1.831 dollari, meno della metà dei vicini, nonostante sia altrettanto ricca di petrolio, oro, fosfati e diamanti, ma con un’economia esclusivamente neo-coloniale.
Non sono tra i più poveri del continente, poichè il Pil pro-capite di vari stati africani non supera mille dollari all’anno. Ma la divergenza delle loro traiettorie pare evidente, se 40 anni fa il Pil pro-capite congolese superava quello angolano, 1.304 dollari contro 669 dollari.
L’Africa non è povera, ma ricca. Poco rimane all’Africa di questa ricchezza, però.
Se i Paesi africani hanno indubbi benefici dagli investimenti stranieri, dovrebbero poter regolamentare questi flussi finanziari tramite leggi che oggi non hanno.
Al contrario, alle multinazionali viene permesso di razziare legalmente molto di ciò che ricavano dal continente, attraverso i paradisi fiscali.
Secondo un’inchiesta di Al Jazeera, i cosiddetti “flussi finanziari illeciti” superano il 6% del Pil dell’intero continente, tre volte più di quanto l’Africa riceva in aiuti.
Senza contare i 30 miliardi di dollari che queste società rimpatriano: tutti profitti fatti in Africa ma prontamente trasferiti a casa madre, gestiti dalle piazze finanziarie europee, americane e, da poco, orientali.
Non solo, circa 29 miliardi di dollari all’anno vengono razziati all’Africa con i disboscamenti, la caccia e la pesca illegali. E il danno che la società e l’economia africana sopportano a causa della lotta ai cambiamenti climatici ammonta a 36 miliardi.
Gli africani non possono utilizzare i combustibili fossili per svilupparsi così come ha fatto storicamente l’Europa. La crisi climatica non è stata favorita nè innescata dagli africani, ma sono loro a pagarne gli esiti più dei tutti gli altri.
Aiutarli a casa loro? I governi occidentali si atteggiano a generosi benefattori che fanno il possibile per “aiutare chi non sarebbe in grado di aiutare se stesso”.
Ipocrisie spesso propagate dai media. Meglio invece se smettessero di perpetuare il danno che stanno facendo, costringendo i governi africani ad aprire la loro economia alla privatizzazione e i loro mercati alla concorrenza sleale. E non trasferire in Africa le pulsioni sovraniste che si stanno imponendo in Europa e in Usa.
Nel 1980, il Pil pro-capite angolano era un ventesimo di quello statunitense. Nel 2017, il gap è sceso: per fare un americano bastano “soltanto” 14 angolani, ma non sono sufficienti 33 congolesi. Non sono argomenti di alto profilo finanziario, ma banale e forse velleitaria economia domestica, per di più soggetta all’eterna lezione di Mark Twain, giacchè “se i fatti sono testardi, le statistiche sono malleabili”. E conosciamo tutti i polli di Trilussa.
Le disuguaglianze che tormentano i Paesi guida del mondo, e innescano turbolenze politiche impensabili fino a pochi anni fa, si trasferiscono tal quali nei Paesi africani. Qui si amplificano attraverso antiche ostilità tribali e nuove rivalse che alimenteranno futuri conflitti.
E se ogni abitante della Terra consuma quasi 15 chili di pollo all’anno, il Paese che ha inventato il fried chicken lascia poco più delle ossa a chi vive nell’Africa equatoriale. Ma non dimentichiamo i 165mila africani molto ricchi, con un patrimonio complessivo di 860 miliardi di dollari — in media più di 5 milioni a testa — per più della metà custoditi al riparo dei paradisi fiscali.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
I PRECARI DELLA RICERCA CHE HANNO VOTATO CINQUESTELLE SONO DELUSI DAL MOVIMENTO? “REVOCATECI IL CONSENSO”
Se non ci fosse il MoVimento 5 Stelle bisognerebbe inventarlo.
Dopo alcuni mesi di arbitrario oscuramento il viceministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ci ha regalato un’altra delle sue perle.
Dopo averci spiegato in campagna elettorale le coperture del programma di governo da 75 miliardi di euro (che ora non si trovano..) ed aver nominato Dino Giarrusso come assistente particolare, Fioramonti ha illustrato ai precari della ricerca come risolvere i loro problemi.
Durante un incontro che si è svolto nell’Aula del Senato accademico dell’Ateneo La Sapienza il viceministro ha risposto ad una domanda di un ricercatore che rinfacciava a Fioramonti come molti dei precari della ricerca italiana abbiano votato per il MoVimento 5 Stelle alle elezioni del 4 marzo.
Le consultazioni politiche alle quali si è presentato anche Fioramonti, all’epoca con il ruolo di ministro dell’Economia di un eventuale governo Di Maio.
La risposta del viceministro è spiazzante e delirante allo stesso tempo.
Fioramonti suggerisce infatti come soluzione quella di revocare il consenso. La proposta non ha alcun senso perchè il voto non si può revocare, non esiste nell’ordinamento italiano la possibilità di un “recall” degli eletti come nel M5S (possibilità per altro mai messa in pratica).
Quello che Fioramonti intende è un’altra cosa: non votare più per il MoVimento 5 Stelle.
«Proprio perchè non sono un politico il consenso lo avete dato, il consenso lo togliete proprio perchè adesso ci stanno elezioni a breve termine, toglietelo, mandate un segnale così che qualcuno possa svegliarsi».
Ora è bene precisare alcune cose: Fioramonti non è un tecnico, è un politico come sono politici tutti coloro che si candidano alle elezioni, a maggior ragione se come il viceministro vengono eletti.
In secondo luogo il viceministro ha un incarico di governo, quindi chiedere di non votare per il M5S per mandare un segnale al governo (di cui fa parte) è una proposta assurda.
Non farebbe prima Fioramonti a farsi latore delle richieste dei precari e in un certo senso fare quello per cui è stato eletto?
No, meglio continuare a scaricare le responsabilità sugli elettori che incautamente hanno votato per il suo partito.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA RETRIBUZIONE E’ PIU’ ALTA SE L’AZIENDA E’ DI GRANDI DIMENSIONI, PIU’ BASSE NELLE PICCOLE IMPRESE… PENALIZZATE LE DONNE
Cala la retribuzione media nel settore privato da 14,01 euro l’ora nel 2015 a 13,97 nel 2016, secondo gli ultimi dati Istat.
La metà dei dipendenti percepisce una retribuzione oraria pari o inferiore a 11,21 euro nel 2016. Mentre il 6,3% dei posti ha uno stipendio basso (inferiore o uguale a 7,47 euro, due terzi della mediana nazionale).
Queste posizioni a bassa retribuzione (“low pay jobs”) sono diminuite rispetto al 2014 (-6,7%).
Con riguardo alle caratteristiche dell’impresa dove il lavoratore è occupato, le retribuzioni orarie mediane crescono al crescere della dimensione aziendale, con una progressione maggiore nell’Industria rispetto ai Servizi.
Nel 2016, la retribuzione oraria mediana è pari a 10,18 euro nell’Industria e a 10,07 euro nei Servizi per le imprese con meno di 10 dipendenti; a 15,93 euro nell’Industria e 12,04 euro nei Servizi per quelle con 250 dipendenti e più.
Per le donne, la distribuzione delle retribuzioni orarie è orientata verso livelli bassi. Nel 2016 ha percepito una retribuzione oraria superiore a 15 euro il 17,8% delle donne contro il 26,2% degli uomini.
Una retribuzione oraria inferiore a 8 euro è stata invece percepita dall’11,5% delle donne e dall’8,9% degli uomini.
I nuovi rapporti di lavoro stipulati nel 2016 fanno registrare una retribuzione oraria pari a 9,99 euro, che è più bassa del 18,4% rispetto a quella dei rapporti in essere (12,25 euro).
In termini percentuali la differenza di retribuzione oraria mediana dei nuovi rapporti rispetto a quelli in essere è molto più alta per gli uomini (-21,5%) che per le donne (-14,6%).
In sede di attivazione di un nuovo rapporto di lavoro, chi ha una laurea viene retribuito in media il 9,9% in più, valore che sale al +15% nel Nord-Ovest e si riduce al +0,8% nel Mezzogiorno.
Nel 2016 il 6,3% delle posizioni lavorative ha avuto una retribuzione oraria inferiore o uguale ai due terzi della mediana nazionale, ovvero inferiore o uguale a 7,47 euro. Tali posizioni a bassa retribuzione (“low pay jobs”) sono diminuite rispetto al 2014 (-6,7%).
“La retribuzione oraria mediana è sempre maggiore per i lavoratori nati in Italia rispetto ai colleghi nati all’estero”, osserva l’Istat, una volta fissate anzianità aziendale e qualifica contrattuale.
L’istituto calcola che la differenza nella paga mediana va dal minimo per operai ed apprendisti con anzianità inferiore a 5 anni (pari a 0,46 euro), al massimo per impiegati e dirigenti con anzianità fra 5 e 20 anni (pari a 1,38 euro).
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUA LA FARSA DELL’ESAME COSTI-BENEFICI, IL GOVERNO NON HA LE PALLE PER DECIDERE IN UN SENSO O NELL’ALTRO E ASSUMERSENE LE RESPONSABILITA’… IL PENOSO TENTATIVO DI TIRARLA ALLE LUNGHE SCOCCIA ANCHE LA APPENDINO: “FARE PRESTO”
“Facciamo un referendum su Gronda, Terzo Valico e altri cantieri che tieni bloccati nella tua penna con supponenza. Ma mettiamoci la faccia: se i cittadini diranno di sì alle grandi opere, tu metti una parte dei soldi dedicati al reddito di cittadinanza nei cantieri per accelerare i lavori e ti dimetti. Al contrario, se i cittadini voteranno per fermare i lavori, mi dimetto io seduta stante. Se ci stai, organizziamo subito il voto”. Parola del governatore della Regione Liguria Giovanni Toti che così replica al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli sulla ipotesi di far scegliere tramite referendum il futuro delle grandi opere.
A lanciare il sasso era stato Matteo Salvini, dicendosi a favore di una ipotetica consultazione popolare sul Tav, ieri a margine dell’incontro con i presidenti territoriali di Confindustria Lombardia.
Dopo il ministro è stato il turno del fronte a 5 stelle del governo. “Sicuramente i tecnici, la parte scientifica, dovranno dirci se quest’opera sta in piedi o no. Poi non è il governo che indice il referendum, per legge non lo possiamo fare, se invece i cittadini lo chiedono, non possiamo certo opporci o dire no”, ha commentato il vicepremier Luigi Di Maio all’AdnKronos, specificando che, in ogni caso, sulla Torino — Lione “non sarà il governo a decidere”.
Altrettanto possibilista il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. “Mi piace il ‘se’ con cui Salvini inizia la frase: aspettiamo l’analisi costi-benefici, vediamo l’analisi tecnico-legale, facciamo le somme. Siamo due forze politiche serie, ci siederemo ad un tavolo. Detto questo, ovviamente, come ci si può opporre ad un’istanza che deve arrivare dai cittadini nel caso in cui si chiedesse un referendum?”, ha affermato il pentastellato ai microfoni di Radio 24, ricordando l’impegno preso con gli italiani nel Contratto di governo, ossia quello di “aspettare l’analisi costi-benefici”. “Nel contratto c’è scritto una cosa chiara: ridiscutere integralmente l’opera. Dopodichè il referendum non lo chiede Salvini, non è previsto nella costituzione che un ministro chieda un referendum”, ha specificato poi alla trasmissione L’Aria che tira. Parole che hanno subito ricevuto l’appoggio leghista. “Ascoltare i cittadini, a cominciare dalle tematiche importanti per i territori e per il Paese, è sempre positivo. Bene ha fatto il ministro a valutare con attenzione quest’ipotesi”, hanno dichiarato i capigruppo del Carroccio di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Meno convinta che questa sia la strada adatta per porre fine al dibattito sull’alta velocità , contro la quale ancora una volta i No Tav sono scesi in piazza a Torino sabato 8 dicembre, la sindaca del capoluogo piemontese Chiara Appendino. “È prematuro parlare di referendum. C’è un dibattito in corso. Adesso l’urgenza è definire l’analisi costi-benefici che dovrebbe dirci l’utilità o meno dell’opera e l’analisi tecnico-giuridica sui costi di un’eventuale sospensione dell’opera”, ha dichiarato la prima cittadina, specificando poi che solo dopo questo quadro generale sarà possibile fare le “valutazioni politiche”.
“In questo momento è urgente che le analisi siano concluse e rese pubbliche in modo che il dibattito possa fare un passo avanti. Noi siamo un movimento che chiede e apre sempre alla partecipazione, ma un referendum deve essere fatto in un quadro informato in cui ci siano tutti gli elementi in campo e queste analisi daranno maggiori elementi di discussione — ha concluso — Quindi credo che questa scelta debba essere rinviata“.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
PARLAMENTARI AVVELENATI CON CASALEGGIO: “NON SIAMO MICA LA SUA AZIENDA”
Il piano per le restituzioni degli stipendi nel MoVimento 5 Stelle fa acqua.
E il Fatto Quotidiano in un articolo di Luca De Carolis dà conto di pensieri e parole di senatori e deputati grillini piuttosto avvelenati con Casaleggio:
In base al regolamento attuale, ogni parlamentare può tenere un’indennità massimo di 3250 euro mensili, più 3mila euro per vitto, alloggio e spostamenti, che scendono a 2mila euro per i residenti in provincia di Roma.
Poi invece ci sono 300 euro da destinare obbligatoriamente ogni mese alla piattaforma web Rousseau, quella gestita da Casaleggio.
E da qui si passa alle altre spese: dagli stipendi per i collaboratori ai soldi per gli eventi sui territori.
Tutto ciò che non viene speso va restituito (anche se con tempi larghi).
E soprattutto, le uscite vanno giustificate con gli scontrini, una per una. Con una regola di fondo: ogni mese bisogna mettere da parte per le restituzioni almeno 2mila euro (i soldi si versano ad ogni trimestre).
Però i parlamentari sono inquieti, per norme che vivono come una gabbia. E un big lo dice dritto: “A Casaleggio era stato chiesto di rendere le cose più semplici ma non ha ascoltato…”.
Così spuntano lamentele contro il “motore”di Rousseau. “Non siamo mica la sua azienda” sibila un senatore. Anche perchè ci sono disparità .
Ad esempio, un presidente di commissione guadagna come un eletto senza cariche, nonostante le tante ore di lavoro in più. E ci sono anche i singoli, dolorosi casi.
Come quello di un senatore a cui la moglie ha chiesto un assegno di mantenimento in base a ciò che percepisce dal Senato e non a ciò che restituisce. Ergo, rischia di “rimanere con quasi nulla”, come rimarca un collega. Preoccupato, non a torto.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL DATO E’ IN FORTE CRESCITA (BEN 15 PUNTI PERCENTUALI) RISPETTO A UN ANNO FA
Un buon segnale: l’appartenenza all’Ue è vista come una cosa positiva dal 64% delle persone intervistate in Italia, secondo un sondaggio flash Eurobarometro pubblicato in anteprima.
Il dato, rilevato una settimana fa, è in forte crescita (ben 15 punti percentuali) rispetto a un sondaggio simile realizzato un anno fa, nel dicembre 2017, secondo il quale a dare questa risposta era stato solo il 49%.
Gli italiani che vedono negativamente l’appartenenza all’Ue sono diminuiti al 15% rispetto al 22% di un anno fa.
Le risposte neutrali (nè positivo, nè negativo) sono scese anch’esse, al 18% rispetto al 22% del dicembre 2017
In tutta l’Ue, a inizio dicembre, su una base di 26.071 cittadini intervistati, le risposte positive riguardo all’appartenenza del proprio paese all’Unione sono state il 68%, anche qui in aumento rispetto al 60% di aprile e al 62% di settembre di quest’anno
Irlanda (84%), Germania (81%), Lussemburgo (80%), Estonia (76%), Austria (75%), Polonia (75%), Olanda (74%), Danimarca (70%), Lituania (69%), Svezia (69%) sono sopra la media.
La Spagna è al 68%, la Francia è sotto l’Italia, al 58%.
Solo un paese fra tutti i Ventisette è sotto la maggioranza assoluta, l’Ungheria con il 49%.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
E’ STATO LOCALIZZATO E SAREBBE IN CORSO UNA SPARATORIA CON LE FORZE DELL’ORDINE
Secondo fonti di polizia il primo bilancio è di due morti e undici feriti: spari per le strade di Strasburgo nei pressi di un mercatino di Natale, poi evacuato dalla polizia dopo che erano stati segnalati degli spari.
Ancora non è chiara la matrice della sparatoria. Operazione della polizia francese in corso a Neudorf, quartiere di Strasburgo, con colpi di arma da fuoco e urla sentiti in zona, in rue d’Epinal.
Il presunto attentatore di Strasburgo sarebbe stato ferito. L’uomo ricercato per l’attentato di Strasburgo era noto come “criminale comune”, anche se poi era stato segnalato come ‘radicalizzato’, ha detto il ministro dell’Interno Christophe Castaner, citato da France Info.
La stessa emittente ha detto che l’attentatore avrebbe agito con un’arma automatica ed un coltello.
Il killer del mercatino di Natale sarebbe asserragliato in un quartiere di Strasburgo e sarebbe in corso una sparatoria con le forze dell’ordine. Lo riporta la stampa locale citando la polizia.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
DEFINISCE TERRORISTI GLI HEZBOLLAH CON UN TWEET DEGNO DELLA SUA INCONTINENZA VERBALE E CREA UN CASO INTERNAZIONALE… L’ESILARANTE DEFINIZIONE DI ISRAELE COME “BALUARDO DELLA DEMOCRAZIA”
Domani sarà ricevuto con il tappeto rosso dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Ma la visita di Matteo Salvini in Israele è già un caso . Potenza dei tweet. Salvini è in trincea.
“Un saluto da Tel Aviv, amici. In elicottero pronto a sorvolare Israele e a visitare i tunnel costruiti dagli estremisti islamici (gli Hezbollah, ndr) nella zona Nord del Paese”. Salvini è in trincea.
“Chi vuole la pace, sostiene il diritto all’esistenza ed alla sicurezza di Israele. Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione. Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità , per un rapporto sempre più stretto fra scuole, università ed imprese, per cooperare in ricerca scientifica e sanitaria, per rinsaldare collaborazione e amicizia fra popolo italiano e popolo israeliano: io ci sono. Aspettiamo che anche Onu ed Unione Europea facciano la loro parte”, afferma ancora, con un “cinguettio” il vicepremier leghista.
Ma queste dichiarazioni provano reazioni allarmate del ministero della Difesa: “Preoccupazione” e “imbarazzo” in ambienti del ministero della Difesa e del comando italiano ad Unifil a seguito del tweet del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha definito Hezbollah come dei “terroristi islamici”.
“Non vogliamo alzare nessuna polemica – si afferma – ma tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perchè il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell’area. Tra l’altro l’Onu la sua parte la sta già facendo, c’è una missione, si chiama Unifil, da oltre 12 anni, e il comando è oggi sotto la guida italiana per la quarta volta”.
Del contingente Unifil fanno parte 1125 militari italiani
Un imbarazzo, quello manifestato dal comando Onu e dalla Difesa, che arriva fino a Beirut, visto che esponenti di Hezbollah facevano parte dell’ultimo Governo libanese guidato da Saad Hariri.
Da oggi Matteo Salvini entra nel pantheon degli “amici di Bibi” (Netanyahu), assieme a Viktor Orban, a Jair Bolsonaro e, naturalmente, a Donald Trump.
“L’Unifil è una delle missioni di pace più importanti nel mondo e per noi del M5s un modello super partes. Quello che si doveva dire lo ha detto il ministero della Difesa, io mando un grande abbraccio ai nostri militari e gli dico di tenere duro e andare avanti”.
Così il vicepremier Luigi Di Maio, a margine del tavolo auto, ha commentato le dichiarazioni di Matteo Salvini da Israele sugli Hezbollah.
Ma come accadde per il primo ministro ungherese, anche la visita del vice premier leghista a Gerusalemme, divide Israele.
Da giorni Haaretz, il quotidiano progressista israeliano, ha pubblicato articoli durissimi a supporto di una richiesta, inevasa dal Governo di destra, altrettanto dura: considerare Matteo Salvini” persona non grata”.
Haaretz apre il sito con una foto di Salvini a tutta pagina ritratto dietro a un’arma (immagine tratta da una visita all’azienda italiana Beretta). E nell’edizione cartacea dedica l’apertura della pagina due al politico italiano.
“Populista, separatista, nazionalista: tutto quello che dovete sapere su Matteo Salvini”, è il titolo dell’articolo in cui si ripercorre la carriera politica del segretario della Lega. Sapiente comunicatore – sottolinea l’articolo – ha spesso strizzato l’occhio a sostenitori” di estrema destra “citando frasi di Mussolini e sostenendo che il fascismo ottenne anche molti risultati positivi”.
Haaretz cita Primo Levi che scrisse “Ogni tempo ha il suo fascismo”. ricordando il tweet di Salvini “Tanti nemici molto onore” nel giorno della nascita di Benito Mussolini e la proposta di un censimento dei rom. Il vice premier italiano, rileva il quotidiano israeliano, non fa nulla per nascondere “la sua nostalgia del fascismo”.
Secondo Sefy Hendler, autore dell’articolo, “la Gerusalemme di Netanyahu è diventata una fabbrica di certificati di perdono per i nazionalisti di tutto il mondo, che in cambio dell’appoggio all’attuale politica israeliana ricevono indulgenze per lo loro scandalose affermazioni su ogni altra questione”.
Mentre Israele, in quanto fondata da sopravvissuti dell’Olocausto, dovrebbe essere “una voce speciale nella famiglia delle nazioni”. “Dal punto di vista delle idee professate non vedo differenze tra Salvini e Marine Le Pen, se non per un fatto sostanziale agli occhi di Netanyahu: Salvini è al Governo, e nel Governo italiano ha assunto posizioni che si sposano con quelle della destra israeliana, a cominciare dal pugno di ferro contro i migranti per proseguire con la chiusura totale da parte del vicepremier italiano a uno Stato palestinese. Quanto all’abiura dell’antisemitismo, a chi governa oggi Israele, importa poco o nulla. L’importante è il sostegno alla loro politica che divide il mondo in Amici e Nemici, e per Netanyahu, Salvini appartiene alla prima schiera”, dice ad HuffPost, il più autorevole storico israeliano, il professor Zeev Sternhell.
Riflessioni, quelle di Sternhell, che non trovano consensi solo nel campo progressista israeliano. Sempre Haaretz ha sollevato, nei giorni scorsi, la polemica in merito al mancato incontro con il capo dello Stato israeliano Reuven Rivlin, dovuto, stando alle interpretazione di quotidiano di Tel Aviv, alle recenti dichiarazioni del capo di Stato israeliano alla Cnn (“Tu non puoi dire ammiriamo Israele e vogliamo legami stretti ma siamo neo fascisti”).
Sul tema è dovuto intervenire il portavoce di Rivlin il quale ha chiarito che l’incontro non si è potuto organizzare per motivi di agenda. Ma la maggioranza degli analisti politici a Tel Aviv considerano questa una “giustificazione di comodo”.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
SPARI IN CENTRO, LA POLIZIA : “STATE A CASA”, OPERAZIONI IN CORSO
Secondo fonti del comune di Strasburgo, citate dal quotidiano L’Alsace, la sparatoria di questa sera ha causato 5 vittime.
Un mercatino di Natale a Strasburgo, nell’est della Francia, è stato evacuato dalla polizia dopo che erano stati segnalati degli spari.
Secondo il sindaco di Strasburgo, Roland Ries, l’autore della sparatoria in centro è ancora in fuga. Il sindaco ribadisce l’invito alla popolazione a barricarsi in casa.
Il ministro dell’Interno francese Christophe Castaner ha lasciato in fretta il palazzo presidenziale dell’Eliseo, dove si trovava per un ricevimento insieme al presidente Emmanuel Macron, dopo avere appreso la notizia della sparatoria avvenuta a Strasburgo.
Un uomo avrebbe aperto il fuoco verso le 20 al centro di Strasburgo, riferisce il sito Dna (Derniers notices d’Alsace), per il quale ci sarebbero almeno due feriti.
I colpi sarebbero stati esplosi in rue des Grandes-Arcades. Il centro città è stato bloccato per un raggio di 200 metri attorno alla piazza Gutenberg.
Una fonte della polizia, dice Dna, ha ipotizzato che si tratti di un attentato terroristico.
“Evento grave di sicurezza pubblica in corso a Strasburgo. Gli abitanti sono invitati a restare a casa. Maggiori informazioni saranno diffuse in seguito”. Lo scrive il ministero dell’Interno francese in un alert diffuso su Twitter.
L’eurodeputato del Movimento cinque stelle, Dario Tamburrano, ha riferito in un tweet di “spari sulla folla ai mercatini” e che ci sarebbero dei “morti e feriti”.
“Ho visto due donne a terra. Ora sono riparato con altre persone in un cortile. Ci hanno fatto entrare perchè la polizia bloccava ogni spostamento sia a piedi che in auto”, scrive il parlamentare Ue Marco Affronte su twitter.
(da “Huffingtonpost”)
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