Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
I CAPIGRUPPO M5S: “VOGLIAMO TRASPARENZA SULLE FONDAZIONI”… L’INCHIESTA DI BERGAMO CON IL TESORIERE DELLA LEGA INDAGATO FA RICORDARE AI GRILLINI CHE BISOGNEREBBE ESSERE “HONESTI”
“Siamo certi che la Lega fornirà ulteriori chiarimenti sul caso Centemero. E ci auguriamo che Salvini non minimizzi la vicenda. Una cosa è doverosa dirla: da sempre ci battiamo contro i finanziamenti illeciti ai partiti, perchè in un Paese civile non devono esserci interessi esterni a influenzare l’attività delle forze politiche presenti in Parlamento”.
Lo scrivono Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, capigruppo M5S di Camera e Senato, parlando dell’inchiesta sul tesoriere della Lega, Giulio Centemero, per finanziamento illecito.
“E per quanto riguarda le fondazioni legate ai partiti – continuano i parlamentari M5s – vogliamo quella trasparenza che per troppo tempo è mancata in Italia. Per questo motivo nello ‘spazzacorrotti’, che approveremo nelle prossime settimane, prevediamo norme che garantiranno assoluta trasparenza sui finanziamenti di cui beneficeranno partiti, movimenti e fondazioni collegate”.
Chissà se riguarderà anche i rapporti con la Casaleggio…
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
DOMANI VA A BRUXELLES PER VEDERE JUNCKER, MA DOPO TORNA A RIFERIRE A SALVINI E DI MAIO… SIAMO L’ATTRAZIONE DA CIRCO DEL MONDO
Roma-Bruxelles e ritorno, domani.
E poi di nuovo Roma-Bruxelles, dopodomani.
Dopo l’informativa di oggi in Parlamento sul Consiglio europeo di giovedì, Giuseppe Conte si prepara a fare avanti e indietro in Europa per definire gli ultimi dettagli strategici sulla manovra economica.
‘Dettagli’ per modo di dire, perchè sono quelli che decideranno se l’Ue aprirà una procedura di infrazione contro l’Italia oppure no.
Ad ogni modo, domani pomeriggio il capo del governo sarà a Bruxelles per un altro incontro con il presidente della Commissione Jean Claude Juncker e poi però tornerà a Roma a riferire ai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Giovedì ritornerà a Bruxelles per il consiglio europeo. Spostamenti che la dicono tutta su chi nel governo ha davvero lo scettro della trattativa con l’Ue sulla legge di bilancio.
Non ce l’ha il premier, è evidente. Conte arriverà da Juncker al massimo con un carnet di proposte per uscire dal tunnel dello scontro con l’Europa sulla manovra.
E poi ritornerà a Roma per discuterne con i partner di governo, Di Maio e Salvini, i due vicepremier meno inclini a fare concessioni a Bruxelles.
E’ con loro che il capo del governo prenderà una decisione finale, al massimo con un raccordo con il Quirinale, che sponsorizza però la linea dell’accordo con l’Unione. Eppure di recente il presidente del Consiglio aveva recuperato molti margini di manovra e di autonomia, effetto delle continue tensioni tra i due vicepremier.
Ora che l’accordo con l’Ue sembra più lontano, rispetto alle previsioni della settimana scorsa, Conte torna in qualche modo ‘commissariato’ da Di Maio e soprattutto da Salvini.
E infatti è lo stesso capo del governo che torna a usare toni più duri. Eccolo oggi alla Camera, nelle comunicazioni in vista del consiglio europeo: “Logorare l’azione riformatrice del governo sarebbe una strategia miope, un tentativo di reprimere istanze che resterebbero comunque vive nella nostra società e che potrebbero ripresentarsi in prossimo futuro in forme che difficilmente potremmo prevedere”.
Conte parla di fronte ad un’aula semivuota, soprattutto tra i banchi della destra. Qualche assenza persino nelle file del Movimento cinquestelle. Vittorio Sgarbi è in aula, ma a un certo punto si addormenta sul banco. Insomma, comunicazioni del premier non proprio di successo, almeno in Parlamento.
Eppure Conte usa la linea dura: “Se oggi siamo qui è per soddisfare i bisogni concreti dei cittadini, per difendere chi vede cadere le sue prospettive di vita, chi ha figli abbandonati a un precariato esistenziale. Questo è il modo più efficace per recuperare la crisi di rappresentanza: se vogliamo evitare contestazioni dobbiamo agire ora per allineare obbiettivi di stabilità finanziaria a stabilità sociale”.
Naturalmente alla base della scelta del governo italiano di irrigidire di nuovo la linea con l’Ue, c’è il caos francese. C’è un presidente francese che è stato costretto a fare molte concessioni ai contestatori, roba che gli costerà certamente uno sforamento del tetto del 3 per cento nel rapporto deficit-pil. Arriverebbe al 3,5 per cento per l’anno prossimo, secondo stime francesi.
E allora l’Italia non cede a Bruxelles. Anzi Salvini – attenzione, non il premier Conte ma il vicepremier leghista che riceve le imprese al Viminale come un capo di governo o ministro dello Sviluppo economico – osa addirittura lanciare l’idea di un asse tra “Roma e Berlino”, in quanto quello tra Germania e Francia è “fallito” per i fallimenti di Macron, conclude il leader leghista.
Detta da Salvini, leader non moderato che ora vorrebbe allargare il suo consenso oltre gli steccati della politica radicale, suona come una provocazione
In tutto questo, Conte sembra più un ambasciatore tra Juncker, da un lato, e i due vicepremier, dall’altro. Non un capo del governo, ma un mediatore nemmeno di ultima istanza.
A sovranità oggettivamente limitata.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROTESTA E’ STATA PIANIFICATA A TAVOLINO… LA CONVERGENZA TRA SOVRANISTI ED ESTREMA SINISTRA PROVATA DA FB CHE HA RILEVATO “COMPORTAMENTI COORDINATI”
Da più parti ci viene raccontato come la protesta dei gilet gialli sia nata in maniera spontanea.
In realtà questo movimento ha trovato nella rete uno strumento fondamentale per darsi una struttura organizzativa. Sia Facebook che Twitter sono diventati dei formidabili strumenti per pianificare il malcontento contro Macron e dargli una forma organizzata nelle strade.
Insomma, quella che sembrava una protesta improvvisamente scoppiata nelle piazze è stata invece preparata in maniera accurata da chi ha avuto interesse a creare un sentiment di opposizione allo status quo.
Basti pensare che in poco tempo la pagina facebook dei gilet gialli, “@GiletsJaunesFrance”, è riuscita a superare di oltre 3 volte, per capacità di interagire con gli utenti, la fanpage del quotidiano Le Monde.
Che ci fosse qualcosa di pianificato a tavolino per costruire una campagna contro Macron ce lo dice lo stesso Facebook.
Circa un mese fa, il social network di Zuckerberg ha rimosso alcuni account francofoni dalla sua piattaforma per “comportamento inautentico coordinato”.
Questa rete di utenti riuniva gruppi di interesse molto diversificati, ma tutti uniti nel lanciare messaggi contro il presidente francese Emmanuel Macron.
L’analisi svolta dal DFR Lab ci racconta come queste pagine, che si definivano organizzazioni individuali con diversi interessi, erano in realtà gestite in maniera centralistica.
In totale Facebook ha segnalato per “comportamento inautentico coordinato” 99 account Instagram e 42 account Facebook. Il modus operandi di questo network era quello di creare conversazioni su temi non strettamente politici ma rilasciando anche contenuti fortemente contrari a Macron.
Uno dei network coinvolti in questa operazione si basava su gruppi di pressione a favore di tematiche femministe: “@une_camerounaise_fiere”, “@femme_combattante”, “@lafemme.libre”.
Un altro gruppo si è invece insinuato nel mondo dei tifosi di calcio, “@football_et_france”, innescando discussioni sull’ultimo mondiale vinto dalla Francia.
Un account si è invece concentrato sui problemi ambientali, “@action_verte”, pubblicando in prima battuta soltanto messaggi e fotografie su tematiche ecologiche.
In realtà tutti questi gruppi hanno ben presto smentito le loro identità di facciata mettendo in mostra una chiara ostilità nei confronti di Macron e del suo partito En Marche.
Gli account in questione hanno spesso pubblicato post utilizzando hashtag come #macrondegage (“via Macron”) o meme di scherno indirizzati contro presidente francese.
L’account di destra “@espoir_de_france” ha pubblicato regolarmente meme anti-Macron, specialmente sul tema della migrazione, ma anche su argomenti economici e politici più generali.
L’account “@france_pour_tous” (“Francia per tutti”), dichiaratosi progressista, si è invece concentrato sul tema della povertà : i suoi post suggerivano che Macron, un ex banchiere, era un sovrano lontano ed elitario che temeva il risveglio del popolo francese.
Possiamo quindi rilevare che sulla rete, proprio come sta avvenendo nelle strade parigine, c’è stato il coinvolgimento anti-Macron, sia da parte di gruppi dell’estrema destra sia della sinistra radicale.
Nei gruppi di pressione femministi è stato pubblicato un meme che mostra Macron come un autista di schiavi che schiaffeggia gli africani, all’interno di un post sulla vittoria della Francia nella Coppa del Mondo di calcio. Un modo per sfruttare un contesto popolare e allargare così la costruzione del consenso anti-Macron.
Un altro elemento importante che ha fatto parlare Facebook di “comportamenti coordinati” e centralizzati contro Macron è che nessun altro politico francese è stato menzionato da questi gruppi in un tono così sistematicamente negativo.
Ma c’è dell’altro. La protesta dei gilet gialli e i movimenti sovranisti del nostro Paese si stanno unendo in quella che pare a tutti gli effetti come una comune strategia via web.
Nella giornata di sabato 8 dicembre, associato all’hashtag per commentare la manifestazione leghista di #piazzadepopolo, abbiamo trovato come una delle parole chiave più ricorrenti sia stata proprio #GiletJaunes.
Inoltre su questo social network una lista di account usati per rilanciare h24 tweet su #noeuro, #putin, #primagliitaliani, #stopinvasione, da giorni pubblica messaggi contro Macron.
Anche su Facebook abbiamo monitorato come alcune fanpage vicine alla destra sovranista (Il Primato Nazionale, Il Populista) abbiano individuato in Macron un obiettivo su cui orientare la propria propaganda.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LO BOCCIA IL 53% DEGLI ELETTORI, DATO MAI COSI’ ALTO NEGLI ULTIMI DUE MESI… TRA I PARTITI, CONTINUA A CALARE IL M5S
“I sondaggi? Lasciano il tempo che trovano”, scriveva due giorni fa dal Centro America Alessandro Di Battista in un suo post su Facebook.
Un tentativo di rincuorare il Movimento che, da una rilevazione all’altra, vede assottigliarsi la sua quota di consensi.
E l’ultimo sondaggio Swg per La7 (per il tg di Mentana) dimostra che il trend continua.
I 5Stelle perdono ancora l’1,1 per cento scendendo al 26,2 per cento (nella settimana precedente c’era stato un timido tentativo di risalita). Il gap tra i due alleati-avversari sale così a quasi 6 punti perchè la Lega – nei giorni della manifestazione di piazza del Popolo – è attestata al 32 per cento, stabile.
Ma il segnale forse più preoccupante per il governo è la sfiducia nei confronti della manovra.
Perchè i giudizi negativi salgono al 53 per cento, mai così alti negli ultimi due mesi rispetto al 48 per cento dell’ultima rilevazione, a metà novembre, e al 46 per cento del 26 ottobre.
Segno che la preoccupazione per la procedura di infrazione e l’incertezza sui contenuti dei due provvedimenti chiave – reddito di cittadinanza e quota cento – stanno provocando più di un’apprensione.
Per quanto riguarda le altre forze politiche, il Pd – in piena bagarre congressuale, tra candidature ritirate e voci di scissioni – è in leggero calo, meno 0,1 per cento, a quota 17,5%; Forza Italia prende mezzo punto, e sale all’8,7%, e Fratelli d’Italia cresce dello 0,4% attestandosi al 3,7 per cento.
Dietro continua a crescere +Europa di Emma Bonino, al 3 per cento (+0,2).
Stabile Potere al popolo al 2,4 con Liberi e uguali (che continua a essere sondato con lo stesso nome anche se le forze politiche che lo compongono sono in rotta ) al 2,3 per cento.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
ANTONIO E’ UN COMMERCIANTE AMATO NEL QUARTIERE, SUBISCE UNA RAPINA E LO STRONCA UN INFARTO… IL RAPINATORE NON E’ UN CRIMINALE, SI PENTE E SI CONSEGNA… L’INCONTRO E L’ABBRACCIO DEI FIGLI
“Incantesimo napoletano”. Il titolo è di una bella commedia di Paolo Genovese.
Se dovessimo dare un titolo a quel che è accaduto a Napoli, dovremmo chiedergli di darcelo in prestito.
Per raccontare un miracolo, un incantesimo. La vita è così, alzi gli occhi al cielo per guardare se continua a suggerirti tempesta, e all’improvviso il nero del cielo si apre tagliato dalla lama del sole.
E’ quel che è accaduto a Napoli, nel popolare quartiere di Montesanto. Il sole ha attraversato le vetrate della chiesa di Santa Maria, ma tutto è cominciato con un tentativo di rapina.
Uno come tanti altri, sul margine pericoloso della vita quando la vita è un secchio per i rifiuti.
Antonio Ferrara è un commerciante amato e conosciuto nel quartiere, subisce una rapina, si sente male, lo stronca un infarto.
Il rapinatore non è un criminale, come sbrigativamente il nostro tempo passerebbe ad etichettare. Si pente, è distrutto per la morte che ha causato, si consegna. Ha sbagliato e vuol pagare, ricostruire, provare a ricostruire una vita sempre difficile.
Arriva il giorno dei funerali, c’è tutto il quartiere, la gente piange Antonio.
All’altare don Michele, il prete del quartiere, ricorda Antonio, e racconta del pentimento e di un giovane che è venuto in chiesa, il figlio del rapinatore pentito.
Ha chiesto a don Michele Madonna di poter incontrare Pietro, uno dei figli della vittima della rapina.
Don Michele parla col figlio del commerciante, Pietro accetta. I due si incontreranno. Si incontrano, si abbracciano, le lacrime dell’uno e dell’altro. Tutto nel riserbo che un incontro così drammatico, intimo, intenso e bello richiede.
Dall’altare don Michele racconta l’incontro e l’abbraccio, lo indica a tutti come esempio, come modello di una umanità diversa, non incattivita come quella che sta dominando i nostri giorni.
“Un piccolo miracolo”, dice don Michele. “Un frutto di Antonio, suo figlio Pietro – racconta – si è incontrato con il figlio di questa persona che ha chiesto perdono… Parlatene a casa, nelle scuole… Noi, popolo napoletano abbiamo scelto la vita, la speranza, la pace”. Tra i banchi della chiesa sono lacrime e applausi
Un miracolo che meriterebbe la prima pagina, un miracolo che ci suggerisce che c’è ancora spazio per sperare:
Un miracolo che ci racconta anche di una città , Napoli, difficile ma straordinariamente capace di incantare.
Ci racconta, aggiungiamo, di una Chiesa, la migliore, quella che condivide le pieghe e le piaghe della vita dei poveri Cristi.
E sa indicare il bene e il male.
(da Globalist)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
“INCENDIO ANNUNCIATO, NON PUO’ ESISTERE UN IMPIANTO DEL GENERE A 50 METRI DALLE CASE E A 80 METRI DA UN ASILO”… “IL PIANO RIFIUTI DELLA RAGGI E’ UN LIBRO DEI SOGNI DIVENTATO UN LIBRO DEGLI INCUBI”
Per Christian Raimo l’incendio del tmb sulla Salaria, l’impianto di rifiuti andato a fuoco stamattina, era “più che annunciato”.
Da almeno cinque anni – da giugno anche come assessore del III Municipio – il giornalista e scrittore segue la lotta dei residenti per chiedere la chiusura della struttura dalla quale si è levata una nube tossica che si è poi allungata su Roma.
“La verità è che questo impianto non doveva proprio essere aperto qui”, ripete ad HuffPost, che lo ha raggiunto al telefono.
“L’incendio è stato domato – spiega Raimo – ma la questione resta inalterata”.
Qual è la questione?
“La chiusura non doveva scattare in seguito all’incendio. Non doveva essere rilasciata l’autorizzazione, quello non è un posto dove collocare un impianto di questo genere. In linea d’aria le case sorgono a circa 50 metri, a 80 metri c’è un asilo”.
Qualche giorno fa, in un post su Facebook, ha rilanciato la battaglia, facendo riferimento tra le altre cose a “un muro di gomma”. Cosa intende?
“In almeno cinque anni, insieme ai residenti, che subiscono questa situazione dal 2011, ho partecipato ad assemblee, manifestazioni, presidi, cortei, ho scritto decine di articoli, documenti e realizzato report e video. La petizione lanciata su Change.org ha raccolto 70mila firme. Abbiamo discusso con dirigenti generali di Ama, assessori comunali e regionali, due ministri dell’ambiente, decine di parlamentari. Ecco, ho imparato cosa vuol dire lottare contro un muro di gomma di minimizzazione, fatalismo, antipolitica, indifferenza, incompetenza, interesse privato, corruzione”.
Cosa chiedevate?
“Sempre e solo un piano b. Ci siamo rivolti al Comune, alla Regione, all’Ama, che è proprietaria dell’impianto. Ma niente
Nessuna risposta?
“No. Ecco, se oggi fossi un dirigente Ama mi farei un esame di coscienza molto lungo. Abbiamo una ricerca dell’Arpa dalla quale risulta che questo impianto lavora malissimo, che il rifiuto che ne esce non è trattato, che il tmb è di fatto una discarica. Abbiamo portato tutte le carte ai magistrati. Quella che stiamo vivendo è una situazione impossibile”.
In che senso?
“È impossibile che si verifichi una situazione come questa, oggi, in una capitale europea come Roma. Poteva accadere nell’Ottocento, forse, ma oggi non è proprio possibile”.
Intanto, la sindaca Raggi ha lanciato un appello ai Comuni del Lazio e alle altre Regioni perchè supportino Ama nel risolvere questa situazione. Si rischia di ritrovarsi a Natale in emergenza rifiuti.
“Da sette anni e mezzo si sta dicendo che questa situazione è insostenibile. Se si guarda il piano rifiuti varato dall’amministrazione Raggi ci si rende conto che è un libro dei sogni rivelatosi un libro degli incubi. Non è che ci accorgiamo ora che a Natale potremmo essere in emergenza rifiuti. Poi, per carità , noi vogliamo essere responsabili, ma non è possibile che i cittadini facciano le Istituzioni e le Istituzioni i comitati impresentabili”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
“NON AVETE FATTO NULLA” URLANO I CITTADINI…E COSTA NON TROVA DI MEGLIO CHE LA STRATEGIA DEL SOSPETTO
‘Vergognatevi’, ‘Non avete fatto nulla’. Queste le parole che i cittadini hanno rivolto al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e alla sindaca di Roma Virginia Raggi durante una conferenza stampa al Tmb di via Salaria.
Oltre a loro, allo stabilimento dove stamattina è divampato un incendio che ha ridotto in cenere quintali di rifiuti, è presente anche il prefetto Paola Basilone.
“Dimissioni, incapaci, vergognatevi”, hanno gridato alcuni. “Questo Tmb – hanno aggiunto – è obsoleto, va chiuso, non spendete più soldi”.
Proprio Costa, durante la conferenza stampa, ha avanzato alcuni sospetti sul ‘tempismo’ del disastro: “Guarda caso quando qualcuno prova a sistemare qualcosa parte un incendio: non faccio sillogismi, lasciamo lavorare la Procura, ma ho il dovere di essere ‘scocciato’, anche perchè dobbiamo dare una risposta ai cittadini”.
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LE PESANTI RESPONSABILITA’ DELLA GIUNTA RAGGI NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI
E alla fine i romani hanno avuto il loro inceneritore. Non un termovalorizzatore, perchè c’è il rischio di infiltrazioni mafiose, ma un vero e proprio bruciatore di rifiuti a Km 0 (così non si inquina!).
Questa mattina infatti un incendio esploso all’interno del TMB Nuovo Salario.
Il rogo ha sprigionato una nube nera su tutta la città e ha messo a nudo tutte le criticità del sistema della raccolta dei rifiuti di Roma. Un sistema che dal 2016 viene gestito dalla giunta pentastellata guidata da Virginia Raggi.
Il Campidoglio ha chiesto una cabina di regia sull’incendio. All’incontro che si è svolto questa mattina alle nove erano presenti la Protezione Civile, la Regione Lazio e il dipartimento comunale Tutela ambientale che si occupa di qualità dell’aria.
Per molte ore però il Comune non ha dato alcuna disposizione ai cittadini residenti nelle zone adiacenti all’impianto su come comportarsi e su quali precauzioni adottare. Nè la sindaca Virginia Raggi nè l’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari hanno dato comunicazioni su eventuali rischi per la salute.
Un video con le istruzioni su come comportarsi è stato diffuso sull’account Twitter di Roma Capitale solo alle ore 10:57, l’incendio è divampato alle 4:20 di questa notte. Uscendo dall’impianto, alle 11:40 l’Assessora Montanari ha consigliato «in via precauzionale invitiamo a chiudere le finestre dove si sente l’odore».
Curiosamente la Montanari è famosa per aver sostenuto in passato che il TMB non puzza. Differenti le disposizioni del presidente del Municipio Giovanni Caudo che ha annunciato la chiusura dell’asilo a ridosso dell’impianto (pensate, c’è un asilo) e ha invitato a le scuole a non far uscire i ragazzi in cortile.
La sindaca questa mattina era ad Ostia dove ha presenziato allo spettacolino di ruspa et lumière della demolizione di uno stabilimento balneare abusivo.
Non tutti i cittadini romani hanno gradito e avrebbero preferito che la sindaca annullasse l’impegno per dedicarsi alla gestione dell’emergenza.
Allontanandosi dal luogo della demolizione per andare a verificare personalmente la situazione al TMB la Sto andando a verificare di persona la situazione la Raggi ha anche lanciato un appello disperato: «Voglio lanciare un appello a tutte le città del Lazio e alle altre Regioni per collaborare in questo momento, soprattutto alla vigilia di Natale, per supportare Ama nel risolvere temporaneamente e nel minor tempo possibile questa situazione».
Il problema principale su cui l’Amministrazione comunale si sta arrovellando è la gestione della raccolta dei rifiuti.
L’incendio del TMB di AMA (la partecipata del Comune che si occupa della raccolta dei rifiuti) rischia infatti di mettere in crisi il sistema della raccolta dei rifiuti ed il rischio è che la monnezza resti per strada perchè AMA — grazie anche alla lungimiranza dimostrata in questi due anni di amministrazione pentastellata — è a corto di soluzioni.
Dove finiranno quelli che fino ad oggi venivano conferiti nell’impianto TMB Salario dove AMA tratta mediamente 600 tonnellate di rifiuti al giorno.
Una quantità pari a circa un quinto della produzione giornaliera di rifiuti in città , che si attesta mediamente sulle 4.500 tonnellate.
Il presidente del Municipio III di Roma Giovanni Caudo ha dichiarato che «l’impianto andava chiuso prima, ora ovviamente non potrà arrivarci più nulla e bisognerà affrontare seriamente e tutti insieme la questione rifiuti di Roma, affinchè l’immondizia che non riesce più ad arrivare qui non finisca per strada. Si tratta quasi del 25% dell’indifferenziata di Roma. È impossibile rimettere in funzione il Tmb perchè tutti i macchinari sono compromessi e per spegnere completamente, come ci hanno spiegato i vigili del fuoco, ci vorranno un paio di giorni».
Il segretario segretario della Fp Cgil Roma e Lazio Natale Di Cola ha ricordato su Facebook che «da anni denunciamo i rischi per la sicurezza e in particolare in caso di incendio, chiedendo di far entrare nelle vasche solo il rifiuto trattabile, senza stoccarlo in quel modo. Tutte quelle tonnellate stipate nei Tmb potevano solo aumentare i rischi. È evidente che in un secondo momento andranno accertate le responsabilità . Adesso le istituzioni spieghino ai cittadini i rischi ed escano dal silenzio».
Quello di oggi è un disastro annunciato, ed è da diverso tempo che il TMB Nuovo Salario è oggetto delle denunce dei sindacati e dei cittadini, ammorbati dalla puzza che proviene dall’impianto dove i rifiuti a quanto pare non vengono trattati nel modo corretto.
Adriano Travaglia, presidente del comitato Villa Spada è uno di quei romani che da anni combatte contro l’impianto: «fin dal 2011 combattiamo questa battaglia nessuno ci ha mai creduto lo abbiamo detto a tutti i tavoli e ultimamente anche alla Camera e al Senato. L’assessore all’Ambiente del Comune, Montanari, uscendo da qui ha detto che adesso aprirà un tavolo di crisi, ma quando glielo abbiamo chiesto noi di mettersi attorno al tavolo non ci hanno voluto dare retta. Siamo preoccupatissimi per la salute di tutti i cittadini. Questo danno ambientale causato da loro, avrà conseguenze su di noi per anni». Il TMB è stato anche uno dei fattori che hanno portato alla crisi della maggioranza M5S al III Municipio e inaugurato la guerra tra l’allora presidente Capoccioni e la consigliera “ribelle” Burri.
Ieri USB AMA Roma aveva pubblicato l’ennesima denuncia. Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta (quella di proprieta del Co.La.Ri. di Manlio Cerroni) tutti gli impianti AMA sono stati adibiti a siti di stoccaggio per i rifiuti che poi vengono trasferiti in impianti fuori Roma.
Un’attività che ha creato vere e proprie discariche dentro la città riducendo le capacità di trattamento dei rifiuti da parte dei TMB. Tant’è che ARPA Lazio bocciando la gestione dei rifiuti da parte della Capitale ha dichiarato che “gli impianti producono rifiuti”.
Proprio quella relazione di ARPA, datata 16 novembre 2018, è stata è stata acquisita nei giorni scorsi dalla procura di Roma che indaga sugli odori malsani sprigionati dall’impianto.
Secondo i tecnici il sito produce rifiuti che hanno caratteristiche di putrescibilità e quindi non possono essere classificati come FOS, come a quanto pare avviene. L’impianto dovrebbe realizzare dalla spazzatura il 36% di combustibile ma finora ha generato soltanto il 22,4% nel 2016 e il 19,6% nel 2017. Anche lo stoccaggio dei rifiuti è problematico.
Nella relazione si legge che le attività di controllo hanno evidenziato la saturazione dell’area di stoccaggio iniziale dei rifiuti e dell’ulteriore area funzionale all’alimentazione del trattamento, con formazione di cumuli di rifiuti con altezze in parte superiori alla quota del piano di scarico. Questo comporta la formazione di file di mezzi in attesa di poter scaricare, la limitazione degli spazi di manovra e l’aumento del tempo di soggiacenza dei rifiuti posti sugli strati inferiori (ovvero i rifiuti si accumulano e quelli sotto, i più vecchi, iniziano a marcire).
Il TMB — come più volte promesso dal M5S — — avrebbe dovuto chiudere nel 2019 ma poi la sindaca di Roma ha cambiato idea e ha annunciato di voler aumentare il quantitativo di rifiuti smaltiti negli impianti di proprietà di AMA.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA TRASMISSIONE REPORT HA FATTO LA RADIOGRAFIA DEGLI ESPONENTI MERIDIONALI DEL CARROCCIO… IL DEPUTATO CALABRESE FURGIUELE E IL SUOCERO CONDANNATO PER ESTORSIONE MAFIOSA
Report ieri sera su Rai3 ha passato ai raggi X la Lega di Salvini nel Sud Italia.
Lo racconta su La Stampa Andrea Carugati:
Cucendo in un lungo racconto vicende note e meno note, la trasmissione ha messo in luce alcuni casi imbarazzanti nella selezione della classe dirigente del meridione. L’inchiesta di Claudia Di Pasquale è partita dal coordinatore della “Lega per Salvini premier” in Calabria, Domenico Furgiuele, al cui suocero Salvatore Mazzei (condannato in via definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso) è stata confiscata una cava a Lamezia Terme.
Furgiuele risulta, secondo Report, domiciliato in un immobile della moglie confiscato. Il coordinatore e deputato leghista nello scorso maggio ha venduto la sua quota di una società con sede nella cava confiscata al cognato Armando Mazzei.
Report ha sentito anche altri esponenti leghisti calabresi, come Michele Marcianò, intercettato nel 2006 a casa del boss Cosimo Alvaro a cui avrebbe offerto “disponibilità ” e l’avvocato Enzo Caccavari, amico e legale dell’ex Forza Italia Antonio Matacena, ora latitante a Dubai.
In Puglia c’è il senatore Roberto Marti, anche lui come tanti nuovi leghisti con un passato prima nel Msi e poi in Forza Italia, finito in una inchiesta della procura di Lecce sull’assegnazione delle case popolari.
Secondo gli inquirenti si sarebbe prodigato per far assegnare una abitazione al fratello di un boss.
In Campania Report ha puntato i riflettori sulla cittadina di Afragola e sul ruolo di Vincenzo Nespoli (ex parlamentare di An e Pdl), condannato in secondo grado per bancarotta fraudolenta.
Suo nipote Camillo Gracco ora è assessore comunale per la Lega e sostiene nell’intervista che suo zio «ha dato una mano» a fare le liste della Lega.
Sul nipote assessore è in corso un’indagine con l’ipotesi di riciclaggio.
C’è poi il caso di Avellino, dove è stato eletto in Comune con la lista leghista (prima dello scioglimento) Damiano Genovese, figlio di Amedeo, condannato per omicidio e ritenuto a capo di un clan.
Nell’intervista il figlio non prende le distanze dal padre, «per noi niente era vero di quelle accuse». Il coordinatore campano della Lega, il deputato Gianluca Cantalamessa (ex An) spiega che «non lo avremmo candidato se avessimo saputo».
In Sicilia ha messo le prime radici il movimento “Noi con Salvini” che è stato il contenitore nel Mezzogiorno prima della nascita ufficiale della Lega per Salvini premier.
Il primo segretario di NCS è stato Angelo Attaguile, catanese, ex diccì ed ex Mpa di Raffaele Lombardo, che nella scorsa legislatura alla Camera aiutò la Lega a formare il gruppo parlamentare.
Report racconta la storia di Antonio Mazzeo, uno dei primi leghisti a ottenere consensi nella sua Meletto (provincia di Catania) e di suo zio acquisito Mario Montagno Bozzone su cui pende una condanna in primo grado per concorso in omicidio.
Report segnala la presenza dello zio al comizio del nipote per la corsa a sindaco a Meletto. Lui replica: «I parenti non si scelgono, io ho sempre condannato la mafia». C’è poi il caso di Carmelo Lo Monte, ora leghista dopo essere stato assessore in Sicilia con Totò Cuffaro (con un passato anche nell’Mpa, nel Centro democratico di Tabacci e nei socialisti), su cui pende una condanna della Corte dei Conti per presunte assunzioni illegittime al 118.
La puntata racconta anche alcune vicende dei salviniani di Palermo, con il caso dei due fratelli Salvino e Mario Caputo: dopo la condanna del primo per tentato abuso d’ufficio, il secondo si è candidato alle regionali.
Secondo i magistrati ci sarebbe stato un inganno nei confronti degli elettori chiamati a scrivere semplicemente “Caputo” sulla scheda. Per questa ragione i due fratelli sono stati agli arresti domiciliari.
Alessandro Pagano, coordinatore dei salviniani nella Sicilia occidentale (e vicepresidente del gruppo Lega alla Camera), ha pagato politicamente per questa operazione. Da Milano è stato mandato come commissario in Sicilia il senatore e sottosegretario agli Interni Stefano Candiani.
E si è trovato alle prese con il caso di Tony Rizzotto, unico deputato leghista all’Assemblea regionale siciliana, ex presidente dell’Ente di formazione Isfordd, denunciato da alcuni dipendenti per la presunta sottrazione di fondi dello stesso ente. Lui si dichiara del tutto estraneo alle accuse, «non so dove sono finiti quei soldi, di certo io non li ho presi».
Candiani, interpellato sull’elevato numero di transfughi confluiti nella Lega da altri partiti (ad Agrigento il referente è Angelo Collura, ex alfaniano, a Enna Edoardo Leanza, ex Fi, a Messina Matteo Francilia, ex Udc), ha spiegato: «Si vede che sono stati folgorati sulla via di Damasco, non si tratta di trasformismo, a volte cambiare opinione è sintomo di intelligenza».
Quanto ai bilanci di “Noi con Salvini”, Attaguile non li ha forniti a Report. E neppure il tesoriere della Lega Nord Giulio Centemero.
Spunta anche un codice etico per i leghisti in Sicilia: c’è scritto che chi ha condanne anche non definitive per reati contro la Pa non può far parte del partito di Salvini. Peccato, fa notare Claudia Di Pasquale, che una condanna per i rimborsi in Regione sia stata comminata in Piemonte a Riccardo Molinari, capo dei deputati leghisti.
I due pesi li spiega Candiani: «In Sicilia ci siamo voluti tutelare maggiormente per evitare che esponenti mafiosi si avvicinassero al partito».
(da Globalist)
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