Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
“OCCORRE CHIEDERSI SE QUELL’OPERA CI PROIETTA IN UN FUTURO MIGLIORE O E’ UN MODELLO DI SVILUPPO GIA’ SUPERATO”
Gentile Direttore,
ormai da diverse settimane è tornato a essere vivace il dibattito pubblico sulle grandi opere, in particolare sul legame fra i grandi interventi infrastrutturali e il modello di sviluppo di un territorio e di un Paese.
C’è anzitutto una questione di metodo che credo andrebbe posta nella discussione intorno a ogni grande opera pubblica. Chiediamoci, di volta in volta, a quale visione di lungo periodo una certa opera risponde. E quindi se si adegua a quelle esigenze di sostenibilità – ambientali, economiche, sociali – irrinunciabili nel contesto mondiale attuale. Quell’opera ci proietta in un futuro migliore e sostenibile oppure, attraverso di essa, stiamo inseguendo un modello di sviluppo che è già superato? Questa è la domanda che noi tutti, laicamente, dobbiamo porci di volta in volta di fronte al progetto di una grande opera pubblica.
E chi ritiene che una certa opera non debba, per quelle ragioni, essere intrapresa, non può essere etichettato come un barbaro autarchico o come un luddista. Non possiamo accettare questo e non possiamo accettare che le opere pubbliche diventino terreno di scontro al punto da innalzare muri, recinti, fili spinati, zone rosse.
In questo periodo il dibattito è nuovamente dominato dalla questione Tav, che indubbiamente è stata centrale nel mio percorso politico. Penso che la battaglia no Tav non sia stata, e non sia tuttora, una battaglia orientata a distruggere tutto ciò che è nuovo, ma una battaglia ambientale, sociale e di visione del mondo differente. Una battaglia non del Movimento 5 Stelle ma di un’intera comunità profondamente radicata sul proprio territorio, al cui interno esistono diverse sensibilità .
Non dimentichiamo, infatti, che le grandi opere costituiscono un punto di intersezione delicatissimo, fragile, fra sentimenti e istanze delle comunità , interessi nazionali e sovranazionali, visioni e modelli di sviluppo e di futuro verso cui un Paese è proiettato. Se allarghiamo il campo oltre l’alta velocità e oltre i nostri confini, troviamo in tutte le aree mondo conflitti nati attorno alle grandi opere. E in alcuni casi questi conflitti hanno determinato costi altissimi in termini umani e ambientali.
Forse in Italia abbiamo vissuto il conflitto con toni e conseguenze meno drammatici che altrove, ma siamo dentro quello stesso filo rosso: cosa significa per un territorio trasformarsi, qual è il destino delle risorse di quel territorio, come si coinvolgono le comunità locali nelle decisioni pubbliche sulle grandi opere.
Tutto questo non significa affatto pensare a una dimensione domestica o localistica, di sviluppo e di progresso. È il contrario. Significa pensare a partire dal locale a un modello di sviluppo globale.
Siamo in un contesto in cui pericolosamente stanno prendendo fiato teorie che ci riporterebbero indietro di secoli, come quelle «negazioniste» rispetto ai cambiamenti climatici – pensiamo al dibattito intorno alle posizioni del presidente Trump – che riguardano l’intero pianeta. In questo senso, parlare di sostenibilità e di visione di una singola opera solo apparentemente locale, significa in realtà ragionare dentro un orizzonte molto più vasto.
Per questo, ogni volta, abbiamo il compito di porci la domanda che suggerivo all’inizio, e abbiamo il dovere di agire, a maggior ragione come istituzioni, guardando lontano e alle future generazioni. E di ambire a essere, anzitutto come Europa, una locomotiva culturale sui temi dell’ambiente, delle grandi opere, del rapporto fra sviluppo e tutela delle risorse di un territorio.
Roberto Fico
(da “La Stampa“)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA SBROCCATA DELLA PARLAMENTARE CHE “SE NE FREGA” DI QUELLO CHE E’ SUCCESSO A STRASBURGO E SI LAMENTA CHE LE AUTORITA’ NON L’ABBIANO ACCOMPAGNATA ALL’AUTO
«A me di tre ore fa non me ne frega adesso non siamo in sicurezza». Così ieri sera l’onorevole Alessandra Mussolini spiegava la sua situazione durante una telefonata con Sky Tg24.
L’eurodeputata era rimasta bloccata — come altri colleghi tra cui Affronte dei Verdi e la Dem Bonafè — all’interno di un ristorante dopo l’inizio dell’attentato terroristico di ieri sera a Strasburgo.
Comprensibilmente in preda al panico (trovarsi nel “bel mezzo” di un attentato non è un’esperienza piacevole) la Mussolini si lamentava di essere stata abbandonata dalle istituzioni europee e dalle forze dell’ordine all’interno di un ristorante.
La preoccupazione principale era quella di non poter arrivare alla macchina per abbandonare la zona: «noi siamo in questo ristorante e non possiamo andare a piedi alla macchina perchè la macchina non la fanno arrivare qui quindi noi non sappiamo cosa fare».
Di nuovo: è comprensibile che la Mussolini volesse andarsene dal ristorante, che riteneva poco sicuro. C’è però da ricordare che in quelle ore tutta la città era bloccata e che gli unici a potersi spostare erano poliziotti, agenti e operatori del servizio di soccorso. Ieri notte sono morte tre persone e altre dodici sono rimaste ferite. Ma la Mussolini “se ne frega”.
Non potendo evacuare magicamente la città per coloro che si trovavano vicino al luogo dell’attentato — ma non sappiamo in quale zona precisa si trovasse l’eurodeputata — l’unica possibilità era quella di rimanere all’interno del luogo sicuro in attesa dei soccorsi.
È davvero orribile che per rendersi conto dell’effetto che provocano gli attentati terroristici, paura, senso di impotenza e di abbandono, la Mussolini abbia dovuto per forza trovarcisi in mezzo.
Chi scrive il 3 giugno 2017 si trovava cento metri dal London Bridge, alla Mussolini posso solo dire benvenuta nel club. E per fortuna siamo entrambi vivi.
Forse stamattina qualcuno ha fatto notare che quel “non me ne frega” in diretta televisiva è stato un piccolo scivolone.
In fondo si potrebbe dire: chi se ne frega se la Mussolini è dovuta rimanere tre ore dentro ad un ristorante quando diverse persone sono morte o hanno riportato delle ferite.
Quello che conta è che l’onorevole e la quasi totalità delle persone che ieri sera si trovavano a Strasburgo siano uscite incolumi. Questo evidentemente anche grazie al lavoro delle forze dell’ordine (e all’impreparazione dell’attentatore).
Ma per la Mussolini non basta. E così oggi ha pubblicato un video dove si lamenta di essere stata abbandonata e lasciata sola: si sono preoccupati solo dei deputati all’interno del Parlamento e il resto che morisse.
Secondo l’eurodeputata il Segretario Generale Klaus Welle avrebbe dato l’ordine di far evacuare i deputati all’interno del Parlamento e di non far andare a prendere deputati, assistenti e interpreti fuori dal Parlamento con le macchine dell’Europarlamento.
Il discorso è un po’ confuso: o l’Europarlamento è stato chiuso e i deputati blindati o è stato fatto evacuare (è vera la prima, non la seconda).
Logisticamente poi non si capisce come avrebbero fatto le auto di servizio ad andare a recuperare deputati e dipendenti dell’Europarlamento in giro per la città se le autorità avevano fatto bloccare tutto il traffico veicolare.
Non c’è nessun motivo per cui durante un attentato muoversi in macchina sia più sicuro che rimanere fermi, avrebbero potuto esserci ordigni esplosivi, camion bomba, qualsiasi cosa (e si è visto durante gli attentati a Bruxelles di qualche anno fa) e quindi spostare a casaccio senza alcun piano tutti coloro che si trovavano fuori dall’Europarlamento poteva essere ancora più pericoloso.
Ma anche su questo la Mussolini ha le idee chiare e si chiede come mai non ci fosse «neanche una macchina, un blindo, un blindato» che la potesse andare a prendere. Magari c’era un blindato Uber?
Stendiamo un velo pietoso sulla considerazione che a Strasburgo ci sono anche cittadini normali, ma di loro la Mussolini evidentemente se ne frega.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
ANTONIO MEGALIZZI, IL GIORNALISTA ITALIANO, HA UN PROIETTILE CONFICCATO ALLA BASE DEL CRANIO
“Antonio sta lottando per sopravvivere. Ce la deve fare, deve farcela, è il ragazzo migliore che abbia mai conosciuto”. Danilo Moresco, noto ristoratore trentino, è il padre di Luana, la fidanzata di Antonio Megalizzi, il giornalista trentino ferito ieri sera a Strasburgo.
In automobile, diretto nella città sede del parlamento europeo assieme alla moglie, racconta il terrore della scorsa notte e rivela le ultime notizie date dai medici francesi dell’ospedale in cui è ricoverato Antonio.
“Un proiettile – dice Moresco, in contatto con la figlia Luana, già in ospedale a Strasburgo – lo ha raggiunto alla base del cranio ed è ancora conficcato molto vicino al midollo spinale. E’ una posizione delicatissima, Antonio è molto grave e i medici non sanno se e in quali condizioni potrà sopravvivere. Sta lottando per non morire e preghiamo tutti perchè ce la faccia”.
Luana, la fidanzata, si limita a dire di non voler parlare. Moresco ha poi spiegato che Antonio Megalizzi non è stato operato, “perchè i medici non se la sentono di operarlo a causa della posizione del proiettile”.
Il racconto si allarga poi alla scorsa notte. “Verso le otto mia figlia ha acceso la tivù e dal telegiornale ha saputo di quanto stava accadendo a Strasburgo. Ha subito telefonato ad Antonio, si sentivano ogni quattro cinque ore, ma questa volta lui non ha risposto. Luana si è agitata, non succedeva mai che non le rispondesse. Così ha chiamato Caterina Moser, una delle colleghe di Antonio, partita con lui domenica per Strasburgo. Al momento dell’attacco Caterina era con Antonio e con l’amica Clara Rita Stevanato, tutti di Europhonica: ha risposto e ha detto che erano sotto choc, barricate in un bar. Fuori dal parlamento europeo hanno sentito degli spari, si sono messi tutti a correre e quando si sono precipitate nel locale hanno scoperto che Antonio non era più assieme a loro. Caterina ha detto che l’avevano perso improvvisamente per strada e che non riuscivano più a trovarlo”.
“Luana – prosegue Moresco – si è agitata ancora di più e ha contattato alcuni parlamentari europei a Strasburgo. È stata candidata per Forza Italia alle ultime elezioni provinciali, vuole andare a lavorare per l’Europa a Bruxelles o a Strasburgo, ha implorato amici e conoscenti di cercare Antonio ma nessuno sapeva dove fosse. Verso le 23.30 la Farnesina ci ha detto che il ragazzo era in ospedale”.
I familiari del giovane sono partiti per Strasburgo non appena hanno avuto la comunicazione che Antonio era in gravi condizioni.
“Luana e tutti noi eravamo nel panico, ore di terrore fino – prosegue Moresco – Poi mia figlia si è messa in viaggio con il papà di Antonio, Domenico, dipendente delle Ferrovie dello Stato originario di Reggio Calabria, con la mamma Annamaria e con la sorella Federica. Sono arrivati questa mattina e mia figlia mi ha telefonato per dirmi che è meglio se la raggiungiamo anche mia moglie e io. Ci ha fatto capire che le condizioni di Antonio sono molto molto gravi”.
Danilo Moresco ripete di non essere un medico, di essere un ristoratore e dunque di non poter azzardare previsioni sanitarie su Antonio Megalizzi.
“Sappiamo purtroppo – conclude – che sta lottando per non morire e per tornare a vivere una vita normale, ma che le due cose al momento non sono scontate. Deve farcela: è un ragazzo d’oro, con due lauree, e con mia figlia, che di lauree ne ha tre, vogliono dedicare la vita a costruire un’Europa ancora più unita e giusta verso tutti”.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
IL 2% POTREBBE NON BASTARE, PREVISTI TAGLI A QUOTA 100 E REDDITO DI CITTADINANZA
A pochi minuti dall’incontro tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker prevale il pessimismo a Palazzo Chigi mentre si fa strada anche l’ipotesi che il capo del governo porti al tavolo del confronto con Bruxelles un abbassamento del deficit al 2%.
Uno scenario che – spiegano fonti di Palazzo Chigi a Repubblica – “non è confermato, nè smentito” e che comunque ha contribuito ad abbattere lo spread di oltre 15 punti in mattinata.
Secondo le stesse fonti poi, come riportato da molte agenzie di stampa, i saldi sono stati messi “nero su bianco”, ma tutti sono consapevoli che “sarà durissima evitare la procedura d’infrazione dell’Europa nei confronti dell’Italia”.
A Palazzo Chigi, riferisce invece l’Adnkronos, ci sarebbe “grande preoccupazione” sull’esito della trattativa.
I saldi sono cambiati, ma “non al punto di accontentare le richieste dell’Europa, che vorrebbero scendessimo sull’1,8%”. Per il governo gialloverde si tratterebbe di una richiesta “impossibile” da accettare. Preoccupazione anche da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, nel corso della colazione al Quirinale con il premier Conte e diversi ministri, parlando della trattativa del governo con la Commissione europea, ha auspicato – si è appreso – che si possa trovare un accordo, perchè la procedura d’infrazione rischia di creare problemi pesanti all’economia del Paese. L’auspicio di Mattarella è stato condiviso dai presenti. Si è anche parlato di bilancio Ue con un allarme su alcune proposte di riforma dei meccanismi che potrebbero danneggiare in futuro l’Italia.
Quel che ormai pare certo è che Conte si presenterà a Juncker con una proposta che prevede una riduzione della dote per le due misure cardine della Maggioranza gialloverde, quota 100 e reddito di cittadinanza.
Anche se La Legge di Bilancio approvata alla Camera non include le norme in quanto tali, ha però previsto i fondi necessari alla loro attuazione. Ora l’esecutivo pensa di ridurre questi “bacini” alleggerendo il peso della Manovra e portando così il deficit dal 2,4% stimato dl governo, a un livello più gradito a Bruxelles.
L’incontro con Juncker è previsto alle ore 16 al Palais Berlaymont, sede della Commissione europea.
(da agenzie)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
I BULLI SI SONO CALATI LE BRAGHE, MA LA TRATTATIVA E’ ANCORA DIFFICILE, L’EUROPA CI CHIEDE L’1,8%
Balla lo 0,2%. Nella borsa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte c’è una proposta: la manovra verrà cambiata, il rapporto deficit-Pil dell’Italia scenderà al 2%. Ma da Bruxelles i segnali non sono positivi: serve l’1,8%.
La differenza è minima: lo scostamento è di circa 3,6 miliardi.
Il premier si infila in aereo con Giovanni Tria, direzione Jean Claude Juncker, con il ministro dell’Economia affinano la linea per convincere i vertici della Commissione a dare il via libera all’asciugatura della legge di bilancio, per evitare l’infrazione.
Un’opera di convincimento che sembra aver fatto breccia nei due vicepremier. Perchè per scendere dal 2,4% previsto servirebbe lo stralcio di appena 3,5 miliardi dal fondo per l’attuazione del programma di governo che ne contiene attualmente 16,7.
Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro della Lega, ha già messo nero su bianco in un’intervista al Corriere il risparmio previsto sul versante quota 100: 2 miliardi.
1,5 arriverebbero dai 10 in cassa per il reddito di cittadinanza (9 più 1 per i centri per l’impiego). Il restante 0,2% si racimolerebbe tra flessibilità sulle emergenze, dismissioni e maggiori tagli di spesa, senza intaccare ulteriormente le misure cardine del testo.
Una configurazione che era già stata messa in cantiere ieri sera da Conte e Tria, ma non aveva ancora il via libera dei due vicepremier, che anzi volevano puntare sul fattore gilet gialli e quindi su un deficit intorno al 2,2 per cento.
Così premier e titolare del Tesoro si sono diretti a Bruxelles con un sostanziale disco verde per trattare. E le voci di una trattativa innestata su questi binari ha già impattato sullo spread, che all’ora di pranzo è sceso sotto la soglia psicologica dei 280 punti base.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA TRAVOLGE IL PARTITO DELLA MELONI: INDAGATO ANCHE ANCHE L’ASSESSORE DI FDI INVERNIZZI
Sono accusati di concorso in estorsione aggravata, consumata e tentata, l’imprenditore Pierpaolo Pizzimbone, ex deputato, e il consulente Mario La Porta arrestati ieri dalla squadra mobile della polizia di Stato di Savona e Genova su disposizione della procura savonese nell’ambito di un’inchiesta su ambiente e rifiuti.
Secondo gli inquirenti Pizzimbone avrebbe fatto pressioni sulla società che gestisce il servizio di igiene urbana per il Comune di Alassio, una associazione temporanea di imprese tra EcoSeib, Icos e Ecoin, chiedendo che venisse sottoscritto un contratto di consulenza fittizio con La Porta, per un importo complessivo di 96 mila euro, minacciando in caso contrario di poter pesantemente influenzare le scelte dell’amministrazione comunale causando gravi danni all’impresa.
Nell’indagine è coinvolto anche l’ex assessore all’Ambiente di Alassio, Rocco Invernizzi (dimessosi il giorno dopo le perquisizioni in Comune e nella sua abitazione), che da quando aveva assunto la delega aveva sanzionato più volte l’azienda per mancato rispetto del contratto di servizio.
Rocco Invernizzi è esponente di Fratelli d’Italia (di cui Pizzimbone era commissario provinciale fino a pochi giorni fa, si è dimesso in seguito all’inchiesta) e membro del gruppo Politica per Passione (di cui Pizzimbone è vice presidente, mentre il presidente è il sindaco di Alassio Marco Melgrati).
Secondo gli investigatori dei 96 mila euro pattuiti ne sarebbero stati consegnati effettivamente 16 mila, in un incontro monitorato dagli investigatori.
Pizzimbone, 49 anni, è stato cofondatore con il fratello Giovanni Battista di Biancamano spa, azienda quotata in borsa e attiva proprio nel settore della raccolta e dello smaltimento di rifiuti, e ha ricoperto fino al 2016 l’incarico di vice presidente.
È stato inoltre deputato per tre mesi (dal 7 dicembre 2012 al 14 marzo 2013) nella XVI legislatura.
(da “Il Secolo XIX”)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
PIOVONO LE CRITICHE TRA GLI ISCRITTI: “SIAMO A TORQUEMADA, UNA VOLTA C’ERANO I TRIBUNALI”… IL PRIMO CHE DOVREBBE ESSERE SEGNALATO E’ DI MAIO CHE HA PORTATO IL MOVIMENTO A REGGERE LA CODA AI RAZZISTI
Sarà la sindrome dell’accerchiamento, il timore di nuove defezioni, dopo il caso Dall’Osso.
Saranno i mal di pancia interni e i voti in dissenso sempre più difficili da arginare. Certo è che il blog delle Stelle lancia una stretta contro i comportamenti “devianti” o presunti tali rispetto alle rigide regole dello statuto.
E così in bella evidenza sul blog debutta una nuova iniziativa, sobriamente battezzata “nuovo strumento per gli iscritti”. Con cui si chiede di “segnalare in maniera puntuale e tempestiva iscritti, candidati e portavoce eletti che non rispettano i principi che stanno alla base del MoVimento 5 Stelle”.
Subito dopo, una descrizione accurata della procedura da seguire. “Per avanzare la tua segnalazione, dopo aver fatto login su Rousseau, è necessario compilare nel dettaglio l’apposito form inserendo i dati della persona che vuoi segnalare, il ruolo che ricopre (iscritto, candidato o portavoce) e la regola che è stata violata. Ogni segnalazione per essere sottoposta a valutazione deve contenere necessariamente una documentazione completa ed esauriente che dimostri l’effettiva violazione di comportamenti, azioni o condotte segnalati”.
Con un unico avvertimento per chi fosse tentato dalla delazione arbitraria: “Le segnalazioni non supportate da adeguati riscontri oggettivi, assimilabili a “intento persecutorio” nei confronti del segnalato, possono portare all’apertura di una procedura disciplinare a carico del segnalatore”.
In ogni caso, ad adottare eventuali provvedimenti sarà sempre lo stesso organismo espressione dei vertici del Movimento, il Collegio dei probiviri.
Tra i commenti però ci sono molte critiche. “Da Rousseau a Torquemada… andiamo sempre meglio. Sempre più chiusi a testuggine verso l’omologazione”, scrive Alberto R.
Sulla stessa linea m.c.: “Un tempo c’erano i tribunali per giudicare… ora sia tornati alla santa inquisizione”.
Torquato Cardilli chiede delucidazioni: “Cosa vuol dire che non rispettano i principi che stanno alla base del movimento? Si intende il regolamento?Lo Statuto? La Carta di Firenze? L’impegno assunto con la candidatura?”.
C’è invece chi, come Giuseppe, denuncia segnalazioni ignorate in passato. E infine il fronte oltranzista. Paolo b. si lamenta perchè non è ancora stata fatta pagare la penale a Matteo Dall’Osso, il deputato passato a Forza Italia dopo la bocciatura dei suoi emendamenti alla manovra a favore dei disabili.
Per quanto sembri inquietante l’istituzionalizzazione della delazione non è una novità per il M5S. Già nello Statuto è previsto che un procedimento disciplinare per l’irrogazione delle sanzioni possa essere aperto a fronte della denuncia di qualunque iscritto. Ed in passato molti attivisti sono stati “sanzionati” senza nemmeno aver potuto difendersi.
Il “processo” poi viene gestito secondo lo spirito tipicamente ispirato al Terrore di Robespierre. Lo Statuto inoltre prevede che solo se il procedimento viene avviato ci sia l’obbligo di comunicarne notizia al soggetto passivo della denuncia. In caso contrario è lecito supporre che la documentazione rimanga nelle disponibilità di Rousseau, vale a dire di Casaleggio.
Si dirà che questo succede in tutti i partiti: non è vero. A rischiare di più naturalmente sono i portavoce e gli iscritti che hanno un incarico elettivo.
Cosa succederebbe se qualcuno all’interno del M5S decidesse di servirsi di iscritti compiacenti per inoltrare segnalazioni “mirate” per screditare l’operato di un portavoce? Il mandante di queste operazioni di killeraggio politico rimarrebbe tranquillamente nell’ombra.
Cosa succederebbe se alcune di quelle segnalazioni diventassero di dominio pubblico prima dell’avvio di un procedimento disciplinare (magari grazie ad un simpatico leak)? Il M5S ha già dimostrato di saper usare bene la macchina del fango e di produrre “dossier” senza uno straccio di prova.
Sarà l’inizio di guerre per bande nel M5S? Ai delatori l’ardua sentenza.
(da agenzie)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
I CONTI DELLA MANOVRA DEL POPOLO NON TORNANO, PRIMA CHE GLI ITALIANI SI ACCORGANO DI ESSERE STATI PRESI PER IL CULO DA LEGA E M5S, MEGLIO ELEZIONI CON LA SOLITA FAVOLETTA DELL’EUROPA CANAGLIA
La trattativa di Giuseppe Conte con l’Unione Europea sta andando come da previsioni: mentre il premier e il ministro dell’Economia Giovanni Tria paventano i rischi dietro la procedura d’infrazione che la Commissione vuole aprire nei confronti dell’Italia i due leader della maggioranza, Salvini e Di Maio, non ritengono di poter scendere sotto il 2,1% del rapporto Deficit/PIL, aprendo così alle sanzioni.
Salvini e Di Maio sono convinti che le mosse della Francia di Macron, che potrebbe aumentare il rapporto Deficit/PIL per le richieste dei Gilet Gialli, favoriranno la trattativa con l’Europa.
Non si rendono conto che la procedura d’infrazione non è sul deficit ma sul debito. E questo potrebbe convincere l’Unione a perseguire proprio la strada delle concessioni a Parigi e della procedura per Roma, secondo uno schema che ha una sua logica interna e che potrebbe scardinare le basi della trattativa con l’Italia.
Proprio per questo comincia a serpeggiare nei dintorni della Lega, unico partito che ne avrebbe la convenienza, l’idea di andare a elezioni politiche il prima possibile per capitalizzare il consenso ottenuto da Salvini in questi mesi al ministero dell’Interno e saltare così tutti i problemi che la Manovra del Popolo continua a portarsi dietro. Come quello dei conti che non tornano: secondo gli ultimi calcoli, è possibile risparmiare quasi un miliardo dal reddito e qualcosa in più dalla Fornero, visto che partiranno il primo aprile. Ma è anche vero che quota 100 costerà più del previsto nel biennio successivo.
I conti che non tornano potrebbero sollecitare Salvini a una nuova mossa dopo la negazione della strategia noeuro che il leader del Carroccio, ascoltando Giorgetti e relegando ai margini del partito chi la pensa diversamente, ha deciso in pochi giorni fottendosene delle tante magliette “Basta Euro” che ha indossato negli anni scorsi. Scrive oggi Carmelo Lopapa su Repubblica:
Da giorni nel Carroccio si rincorre una voce: Salvini è pronto a tornare alle urne prima delle Europee, cavalcando lo scontro con l’Unione. Circola già una data possibile per nuove elezioni politiche, il week end del 10-11 marzo. Tra i fautori del ritorno al voto ci sarebbe praticamente l’intera pattuglia di governo del Carroccio. «Per noi andrebbe bene votare subito — confidava qualche giorno fa il ministro leghista Lorenzo Fontana — Se Matteo avesse la certezza di ottenere le elezioni, le avrebbe già chieste».
L’occasione, adesso, sembra presentarsi proprio con l’eventuale procedura. Non a caso, i toni di Salvini contro l’Europa subiscono una nuova impennata: «Sarebbe incredibile se ci imponessero una procedura nel momento in cui Macron, il presidente pro tempore dei francesi, porta Parigi oltre il 3%». La tentazione del leader, insomma, sarebbe quella di far precipitare tutto dopo il 19 dicembre.
Quel giorno, in assenza di modifiche sostanziali alla manovra, la Commissione farà scattare le famigerate raccomandazioni, anticamera della stangata all’Italia.
E aprirà appunto la strada a una punizione che deriva dalla procedura per debito e non per extradeficit. Il che porterebbe a una nuova esplosione della crisi dello spread con tutto ciò che ne consegue per la tenuta delle banche e dell’intero Sistema Italia, che oltre alla recessione in arrivo dovrebbe anche affrontare l’impennata della spesa per interesse e dedicarsi a salvare (con i soldi dei cittadini!) qualche istituto di credito. Uno scenario che salterebbe se saltasse la Manovra del Popolo con tutto il governo e si andasse a elezioni, dove Salvini chiederebbe un mandato pieno per trattare con l’Europa.
E se ci dicono di no? Si può sempre tornare a minacciare l’uscita dall’euro. Non gli mancherebbe di certo la faccia.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 12th, 2018 Riccardo Fucile
INCREMENTO DEI PREZZI DAL 7% AL 48% … I PRODUTTORI SONO QUASI TUTTE AZIENDE CINESI
Il Giornale oggi racconta che in Francia è nato un business particolare da qualche tempo: quello della vendita di gilet gialli su Amazon.
E a giovarsene, con probabile scorno dei manifestanti Oltralpe, sono molti negozi cinesi
L’emittente francese BfmTv ha calcolato che il prezzo medio dei gilet su Amazon è cresciuto del 22 per cento tra il 1° e il 30 novembre.
Lo spartiacque è il 17 novembre, il primo giorno di mobilitazione dei cittadini furiosi con il presidente Emmanuel Macron e con il suo (naufragato) rincaro dei carburanti. BfmTv ha preso in considerazione i cinque modelli più venduti sul sito di e-commerce (di cui uno, nel frattempo, è già esaurito).
L’incremento dei prezzi va dal 7 al 48 per cento, a seconda del marchio. Ce n’è per tutte le tasche: alcuni costano meno di un euro (0,73 centesimi), altri più di 8.
Tra i commenti ai modelli più cliccati c’è chi tenta una contrattazione: «Se te ne compro 100 o di più tutti insieme che prezzo mi fate?», «Vi facciamo uno sconto, saremo felici di servirvi». (Altri la buttano sull’ironia: «Posso bruciare impunemente un edificio pubblico indossando questo giubbotto?», scrive un utente).
L’aumento dei prezzi su Amazon è automatico: è il meccanismo della tariffazione dinamica, per cui più un articolo è ricercato, più l’algoritmo ne fa salire il costo.
A produrre gli indumenti sono quasi sempre ditte cinesi: Lumiere holic, Femor, Fesoar, Aykmr sono tutti brand made in China, con sede a Shenzen, Jinhua, Luoyang. Tra i primi articoli che compaiono sulla piattaforma se si tenta di acquistare un gilet jaune, solo un modello è riconducibile a un produttore francese, dell’hinterland parigino.
(da “NextQuotidiano”)
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