Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
IL RIALZO DEI TASSI ANNULLA I BENEFICI DELLA MANOVRA
La Banca d’Italia taglia le stime di crescita, portandole al +1% per quest’anno (ma sarebbe +0,9% considerando gli ultimi dati Istat sul Pil in ribasso nel terzo trimestre) e il prossimo, quando invece il governo punta a chiudere con un +1,5%, in attesa di capire dove si chiuderà la trattativa con la Ue per la revisione degli obiettivi di finanza pubblica della Manovra.
Gli economisti di via Nazionale hanno dato il loro contributo alle previsioni che la Banca centrale europea ha aggiornato ieri, con la conferenza stampa di Mario Draghi. E i dati trasmessi da Roma a Bruxelles certificano il rallentamento in atto.
Quanto alla Manovra, le previsioni si limitano a tener conto della versione originale presentata in Parlamento, senza contare l’aumento di Iva e accise previsto dalle clausole di salvaguardia per il biennio 2020-20211.
“Sulla base di queste ipotesi, la crescita dell’economia italiana si manterrebbe attorno all’1 per cento annuo in tutto il triennio 2019-20212. Gli effetti sull’attività economica delle misure espansive contenute nella manovra di bilancio sarebbero contrastati dai più elevati tassi di interesse fin qui registrati e attesi, che conterrebbero l’espansione della domanda interna”, si legge nella nota di Bankitalia. Se si tenesse conto della revisione Istat per il terzo trimestre, dettaglia una nota del documento, l’andamento del Pil di questanno sarebbe da tagliare ancora un poco, dal +1 al +0,9 per cento.
Rispetto alle stime di luglio, Bankitalia ha così ridotto la stima di crescita per 2 decimi di punto nel 2018 e l’ha lasciata invariata per il biennio successivo.
Secondo gli economisti, “gli effetti negativi sull’attività economica derivanti dal profilo più elevato dei tassi di interesse osservati e attesi, oltre che da un’espansione più contenuta della domanda estera, compensano quelli di segno opposto riconducibili agli interventi contenuti nella manovra di bilancio e al calo delle quotazioni del greggio”.
In sostanza, il caro-spread al quale si è assistito durante il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles presenta il suo conto in termini di minor crescita.
(da agenzie)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
PER MOLTI PAESI LA PROPOSTA DELL’ITALIA VA RIVISTA SULLE PENSIONI
Un colloquio di mezz’ora stamane al primo piano dell’Hotel Amigo in centro a Bruxelles, dove alloggiano entrambi, in questi giorni di consiglio europeo ma soprattutto di trattative tra Italia e Ue sulla manovra.
Angela Merkel tende la mano a Giuseppe Conte, che con il bilaterale con la Cancelliera entra nel vivo dei negoziati sul nuovo documento di bilancio presentato al presidente della Commissione Jean Claude Juncker mercoledì scorso.
Il deficit promesso per l’anno prossimo si è abbassato al 2,04 per cento, non più il 2,4 per cento.
La tedesca apprezza gli sforzi, si dimostra ‘amica’ dell’Italia. Ma nel colloquio con il presidente del Consiglio italiano non nasconde le sue preoccupazioni.
Merkel è preoccupata soprattutto dal progetto di superamento della legge Fornero sulle pensioni, quel ‘quota cento’ su cui Matteo Salvini non molla.
In effetti il ‘siluro’ in mattinata arriva da Roma, plana sui tavoli delle trattative qui a Bruxelles, su quelli tecnici tra i dirigenti del Tesoro e i loro omologhi in Commissione.
Soprattuto sul confronto tra Merkel e Conte. In una dichiarazione all’Agi, infatti, Salvini insiste: “Quota cento non si tocca”. E ribadisce che la misura deve essere “triennale, con prima finestra utile ad aprile”, per andare in pensione.
Non è una frase beneaugurante per le trattative del governo in corso a oltranza a Bruxelles. Anche perchè il tempo stringe: un accordo deve essere trovato entro domenica per evitare la procedura di infrazione per deficit eccessivo legato al debito. Entro domenica, in modo che il governo faccia in tempo a presentare in Senato gli emendamenti che serviranno a correggere la manovra licenziata dalla Camera, evidentemente superata.
Entro domenica così la settimana prossima la Commissione sia nelle condizioni di frenare sulla procedura di infrazione se non proprio chiuderla formalmente, che sarebbe il massimo del risultato.
Ma la soluzione non è ancora a portata di mano. Conte ne parla con Merkel. Con lui c’è anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, attivissimo nei rapporti diplomatici con gli altri governi europei e con Bruxelles nella complicata gestione della manovra economica italiana, bocciata dalla Commissione ormai quasi due mesi fa.
A Bruxelles resta in attesa il ministro Giovanni Tria, che ieri ha incontrato i commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis e li incontrerà di nuovo nel pomeriggio. Il commissario francese è decisamente ‘colomba’ della trattativa, soprattutto ora che la Commissione si prepara a fare concessioni a Emmanuel Macron che cerca di placare i gilet gialli con misure che alzeranno il deficit della Francia forse oltre il tetto del 3 per cento.
Il lettone è più rigido, come tutti i nordici, ma a questo punto l’ampiezza dei suoi margini di manovra dipende dalle risposte di Roma.
Quota cento, per come la immagina Salvini, rimane un pugno allo stomaco per un’Europa che in questo modo vede minata la riforma Fornero, l’unica riforma apprezzata a Bruxelles come veramente strutturale in modo da mettere a posto i conti pubblici italiani.
Ammesso che le richieste della Lega non incidano sul deficit nominale dell’anno prossimo (fissato ormai al 2,04%), possono però creare problemi a quello strutturale. Cosa non da poco.
La Commissione e anche la Merkel sono convinti che andrà così. Ecco perchè insistono a chiedere garanzie prima di firmare l’accordo.
Conte continua a trattare. I canali con Roma sono sempre attivi. Era previsto anche un bilaterale con il premier olandese Mark Rutte, uno dei più duri contro l’Italia sul bilancio. Pare che problemi di agenda non lo permetteranno.
E certo se ci sono ancora nodi da sciogliere e se la prima a segnalarlo è Merkel, difficile che Rutte si sieda al tavolo per dire la sua.
La posizione è nota: l’Italia deve rientrare nelle regole del patto di stabilità per non causare scossoni alla zona euro.
(da “Huffintonpost”)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
E’ MORTO ANTONIO MEGALIZZI, IL 28ENNE GIORNALISTA RADIOFONICO COLPITO A STRASBURGO
Non ce l’ha fatta Antonio Megalizzi, il giornalista italiano ferito nell’attentato al mercatino di Natale di Strasburgo.
La notizia, diffusa da fonti francesi, è stata confermata dalla Farnesina.
Megalizzi, 28 anni, era stato raggiunto da un colpo alla testa e le sue condizioni erano apparse da subito molto gravi. Ricoverato in rianimazione presso l’ospedale di Hautepierre della città francese, le sue condizioni erano apparse da sbito gravissime. Un proiettile lo aveva raggiunto alla base del cranio, molto vicino al midollo spinale. I medici lo avevano definito non operabile.
Il ragazzo lavorava per Europhonica, un progetto radio legato al mondo universitario. Era arrivato a Strasburgo domenica scorsa per seguire l’assemblea plenaria dell’Europarlamento. Dopo l’università a Verona si era specializzato in studi internazionali all’università di Trento e stava seguendo un master sulle istituzioni europee.
Proprio oggi amici, studenti e colleghi di Antonio avevano affisso un foglio sulla porta della casa di via Centa, a Trento, dove il giornalista viveva con la famiglia.
“Per te sposteremmo le montagne” si leggava fra l’altro, oltre a messaggi lasciati da passanti e conoscenti.
(da agenzie)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
LA CONSULENZA DA 150.000 EURO AL FRATELLO DELLA BOSCHI E L’INCARICO ALL’EX PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE OPEN DA PARTE DEL COLOSSO DEL CEMENTO
Da qualche settimana la procura di Roma sta lavorando a un’indagine giudiziaria che preoccupa, e non poco, un pezzo del potere romano.
Al momento non ci sono indagati, ma durante i cocktail e le cene prenatalizie di questi giorni imprenditori, banchieri, dirigenti d’azienda e politici fanno capannelli per tentare di recuperare un retroscena, o uno straccio di informazione attendibile.
Anche il Giglio magico, il gruppo di politici fedelissimi vicini a Matteo Renzi, segue con attenzione gli sviluppi. Perchè, se i dettagli in circolazione sono pochissimi, tutti sanno che il crac di Condotte per l’Acqua spa, una delle più grandi aziende di costruzioni del paese a un passo dal fallimento, nasconde segreti e scandali che potrebbero fare molto rumore.
Se i pm capitolini e la polizia giudiziaria, in primis il nucleo di polizia tributaria della Guarda di Finanza di Roma, non fiatano, l’Espresso ha lavorato a un’inchiesta autonoma. Attraverso testimonianze ed interviste, la consultazione di alcune relazioni dei commissari straordinari di Condotte spedite in procura, decine di documenti interni della società e delle sue controllate, contratti di consulenza, dossier dell’Anac e carte di altre procure della Repubblica, è in grado di ricostruire — al netto dei possibili e futuri rilievi penali – la storia di uno dei più grandi fallimenti del nuovo secolo.
Che si intreccia, come vedremo, ad alcuni affari d’oro di esponenti di primo piano del cerchio magico dell’ex premier. Come quelli del fratello di Maria Elena Boschi, il giovane Emanuele, e di Alberto Bianchi, consigliere e avvocato di Renzi e per anni numero uno della Fondazione Open.
Un buco da 2 miliardi: lo storico colosso delle costruzioni sull’orlo del fallimento. E dalle carte spuntano contratti di centinaia di migliaia di euro fatti dalle aziende controllate a esponenti di primo piano del cerchio magico dell’ex premier.
Come quelli del fratello di Maria Elena Boschi, il giovane Emanuele, e di Alberto Bianchi, consigliere ed avvocato di Renzi e per anni numero uno della Fondazione Ope
Entrambi hanno infatti ottenuto contratti di consulenza da due controllate di Condotte, la Inso (che ha firmato il contratto con Boschi attraverso lo studio legale BL, tra i cui partner c’è anche il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi) e la Nodavia spa.
Cioè le due società che stanno lavorando alla realizzazione della nuova Tav di Firenze e che, secondo i nuovi commissari, hanno contribuito «in maniera significativa» al crac dell’impero. Committente dell’opera è Rfi, controllata da Ferrovie dello Stato.
Per la cronaca spulciando l’agenda elettronica della proprietaria di Condotte e delle sue controllate, Isabella Bruno Tolomei Frigerio, l’Espresso ha scoperto che ministri ed esponenti del governo Renzi e del governo Gentiloni hanno avuto alcuni appuntamenti con la donna, l’amministratore delegato del gruppo (il marito Duccio Astaldi, arrestato lo scorso marzo per corruzione in un’inchiesta della procura di Messina) e Franco Bassanini.
Al tempo presidente del consiglio di sorveglianza di Condotte e pure “consigliere speciale” a Palazzo Chigi prima di Renzi e poi di Gentiloni.
Nodavia firma un contratto a Bianchi, al tempo capo della Fondazione Open, nel 2016. La Inso, controllata da Condotte, decide invece di prendere a bordo Emanuele Boschi, il 35enne fratello di Maria Elena, nel 2018
Come mai la società che lavora alla Tav di Firenze vuole assumere il giovane professionista? È il 9 maggio quando si riunisce il collegio sindacale della società . La crisi del gruppo è drammatica. Nelle settimane precedenti gli operai del cantiere della Stazione Foster avevano protestato duramente, anche scioperando, perchè non gli venivano pagati gli stipendi.
Per il giovane Boschi, invece, la Inso è pronta a staccare un assegno a cinque zeri. E da pagare pronta cassa.
Leggendo il verbale della riunione, è chiaro che i membri del collegio sindacale non sono convinti della decisione «dei vertici aziendali» di conferire a Boschi, «che già conosce la società » (aveva dunque avuto altri incarichi in passato?), un expertise legale. Così i sindaci chiedono al cda di selezionare l’esperto «tra una rosa» più ampia «di possibili candidati». Anche allo scopo di risparmiare: i suggerimenti di Romagnoli e Lisi costavano già un sacco di soldi.
Non sappiamo quali sono stati i contendenti di Emanuele per la ricca consulenza, ma è certo che tre settimane dopo, il 31 maggio (ultimo giorno in cui la sorella è a Palazzo Chigi come sottosegretario della presidenza del Consiglio) sarà proprio lui a conquistare l’incarico e la relativa parcella.
L’Espresso ha visionato il contratto, una scrittura privata su carta intestata dello studio BL, i cui tre soci sono lo stesso Boschi, Federico Lovadina e Francesco Bonifazi, altro petalo del Giglio magico e tesoriere del Pd.
Vengono elencate le prestazioni, il compenso finale (150 mila euro, a cui aggiungere l’Iva, la cassa di previdenza e spese varie), e la modalità di pagamento. I manager di Inso scrivono che «gli importi fatturati» da Boschi «saranno da pagarsi “a vista fattura”».Boschi è fortunato: quando va bene, e anche in tempi di vacche grasse, i professionisti vengono in genere pagati a 60 giorni.
Ancor più curiosa, la decisione di Inso, visto il momento drammatico, con operai senza stipendio e il posto a rischio. Forse anche per questo l’ultimo articolo del contratto evidenzia una severa clausola di riservatezza: «Inso si obbliga a non divulgare a terze parti il contenuto del presente conferimento d’incarico, che riveste carattere di riservatezza per espressa pattuizione delle parti».
(da “L’Espresso”)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
FACCIA FEROCE CON I DEBOLI, PER I TEPPISTI PORTE APERTE E ZERO CONTROLLI
Un’invasione di ultras facinorosi e pericolosi annunciata e nessuno che abbia mosso un dito.Una capitale alla mercè dei violenti, teppisti, che per tutto il giorno hanno provocato, insultato, sfasciato, sporcato e che sono stati lasciati liberi anche di provocare e fare casino dentro e fuori lo stadio Olimpico.
Uno stadio nel quale perfino i bambini vengono perquisiti prima di entrare, nel quale un’innocente bottiglietta (di plastica) d’acqua è bandita perchè potrebbe essere un corpo contundente mentre agli ultras tedeschi è stato consentito di entrare con fumogeni, bombe carte.
Altro che controlli. Zero controlli e porte spalancate, E meno male che erano ‘solo’ ubriachi e violenti e che non c’era un terrorista dell’Isis, altrimenti tanche chiacchiere sulle misure di sicurezza alla stadio, i tornelli, i divieti e quant’altro sarebbero andati a farsi benedire in un attimo.
Perchè i controlli sono severi con bambini, famiglie, anziani. Agli ultras e ai facinorosi porte spalancate. Era successo in passato, è successo all’Olimpico.
E mentre la capitale era alla mercè dei violenti il ministro dell’Interno, quello che non fa sbarcare quattro disperati, non ha mosso un dito per evitare questo scempio e, anzi, se n’è andato in Grecia a fare il tifoso del Milan.
Chi va a manifestare contro Salvini viene fermato, trattenuto, perquisito con la storia dei ‘normali controlli’, chi va a sfasciare viene lasciato libero.
(da Globalist)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
CACCIATI IN POMPA MAGNA DA PIAZZALE MASLAX SENZA PROVVEDERE CONTESTUALMENTE A UNA LORO SISTEMAZIONE DI EMERGENZA
La Raggi dopo l’assoluzione cerca di rifarsi il trucco e mettere in secondo piano l’incapacità di un’amministrazione disastrosa e che in tema di accoglienza ha fatto meno del minimo sindacale.
Mentre Salvini, dopo aver lasciato la Capitale, alla mercè di ultras tedeschi se n’è andato tranquillo a vedere il Milan ad Atene, intanto a lui interessa solo la ‘caccia al negro’.
Ma, purtroppo, c’è chi soffre e chi paga sulla propria pelle la propaganda xenofoba.
Ancora una volta la denuncia è arrivata da Baobab, una delle poche realtà che cerca di aiutare gli ultimi.
Ieri è passato un mese esatto dallo sgombero del presidio umanitario di Piazzale Maslax dove per oltre 18 mesi Baobab Experience in rete con altre associazioni ha prestato assistenza ad oltre 2000 migranti.
Uno sgombero che nelle intenzioni di chi lo ha preteso doveva inibire l’arrivo di altri migranti nell’area mettendo la parola fine ad un flusso di transito sulla Stazione Tiburtina
Nonostante le pressioni e i continui sgomberi, ma soprattutto per la tutela di chi durante e dopo lo sgombero non è stato accolto, abbiamo proseguito a mantenere alta e vigile la presenza dei volontari a Piazzale Spadolini anche monitorando la situazione nei giorni successivi. Ora che un mese esatto è passato vogliamo tracciare un bilancio di quanto accade nello snodo ferroviario di Roma est
Ribadiamo che dallo sgombero del 13 novembre rimangono non accolti ancora 41 migranti, dei quali purtroppo 7 non risultano a noi più reperibili. Ricordiamo che tra le ormai restanti 34 persone orfane di accoglienza che proseguono nel dormire per strada dopo la chiusura di Piazzale Maslax ci sono 20 richiedenti la protezione internazionale e 12 tra titolari di protezione internazionale e speciale.
Abbiamo anche un ragazzo con titolo per lavoro e un ultimo dalla condizione legale non regolarizzata. Tutte persone che come vediamo continuano a dormire all’addiaccio nonostante nella maggior parte dei casi sia accoglibile dalle istituzioni
A questa condizione drammatica si aggiungono i dati del nostro monitoraggio alla stazione Tiburtina, dove durante la giornata continuiamo a fornire i servizi di prima necessità e un orientamento socio-sanitario grazie anche alla collaborazione di volontari e attivisti presenti sul piazzale per molte ore al giorno.
In un mese esatto abbiamo registrato l’arrivo di 48 migranti che in una buona parte dei casi erano stati dimessi da pochissimo dai centri nei quali erano stati accolti a seguito dello sbarco.
Il dato che ci ha più allarmato è che circa uno su due era appena maggiorenne. Quattro ragazzi tra loro non avevano raggiunto addirittura la maggiore età .
Per tutti abbiamo immediatamente attivato le associazioni con le quali collaboriamo fornendo insieme un orientamento e un’assistenza nei limiti del possibile finalizzata prioritariamente alla accoglienza nelle strutture dedicate.
In 12 casi, sul totale dei nuovi arrivi, siamo riusciti a finalizzare un ingresso in un centro di accoglienza di bassa soglia. Purtroppo invece per 19 ragazzi abbiamo perso i contatti e altri 18 invece proseguono a dormire per strada.
Ci sembra dunque di avere tracciato un bilancio che non è per nulla positivo e che non evidenzia alcuna soluzione al problema.
Tra gli sgomberati di piazzale Malslax e i nuovi arrivi, stanotte hanno dormito per strada 52 persone, per le quali abbiamo più volte segnalato la necessità di accoglienza. Come un mantra, proseguiremo nel denunciare tutte le sere quanti saranno all’addiaccio, sperando che entro Natale le Istituzioni FS e Comune di Roma rispondano alla nostra petizione change.org/Accogliamo, facendo nascere un info migranti stabile un hub di primissima accoglienza, affinchè nessuno, a Roma nel 2018 sia più costretto a passare la notte al gelo.
(da Globalist)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
QUESTI SAREBBERO I “VALORI” TRADIZIONALI DA DIFENDERE “DALL’INVASIONE”
I carabinieri hanno denunciato il titolare di un’impresa boschiva per i reati di omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e frode processuale.
La denuncia è relativa ad un infortunio mortale cui era rimasto vittima un mese fa un operaio moldavo di 28 anni il cui corpo era stato trovato nei boschi di Sagron Mis, nel Primiero.
Secondo l’accusa l’operaio lavorava «in nero». Dai primi rilievi, gli investigatori avevano notato alcune incongruenze relative all’incompatibilità delle lesioni riportate dal boscaiolo rispetto alla zona in cui era stato trovato il corpo.
L’ipotesi che l’infortunio mortale si fosse verificato in un luogo diverso da quello del rinvenimento della salma è stato avvalorata da una serie di testimonianze.
Dalle indagini dei carabinieri è quindi emerso che il giovane era stato colpito da un cavo in acciaio durante l’installazione di una teleferica.
Giunto sul posto, il titolare della ditta avrebbe caricato il corpo sull’auto della vittima e l’avrebbe quindi lasciato ad una distanza di alcune centinaia di metri nei pressi di un dirupo appoggiando sulla salma alcuni tronchi.
(da agenzie)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
E PORTA PURE SFIGA, MILAN ELIMINATO: SALVINI E’ RIUSCITO A FAR USCIRE DALL’EUROPA SOLO I ROSSONERI
La nuova strategia del governo del cambiamento, reduce dalla poderosa retromarcia di Conte a Bruxelles sul deficit, è quella di fingere indifferenza e ostentare una sicurezza inesistente.
Luigi Di Maio ieri ha monopolizzato le discussioni su Facebook con i suoi ricordi giovanili del Nokia 3310.
Mercoledì sera i parlamentari del MoVimento 5 Stelle, evidentemente soddisfatti per l’approvazione alla Camera della Manovra del Popolo (che però a questo punto è completamente da rifare), si sono concessi una doverosa pausa dai lavori parlamentari con una bella festa in discoteca in occasione di primi sei mesi di governo. E all’appello non poteva mancare Matteo Salvini.
Il ministro dell’Interno ha passato mesi a dire che dal 2,4% non si torna indietro. Ma Babbo Natale/Giuseppe Conte è tornato dal vertice con la Commissione con un fantastico 2,04%.
Cifra che suona simile ma che nei fatti significa una decisa riduzione delle risorse disponibili per la Manovra del Popolo. Occorre cambiare strategia. Non si può più continuare a giocare a fare i duri con l’Europa, un giochino che è costato caro agli italiani ma non a Salvini che così facendo ha continuato a guadagnare consensi.
Ieri il vicepremier si è concesso una pausa dalla sua intensa attività di governo per andare a guardarsi il suo Milan. Ad Atene.
Non è la prima volta che Salvini “molla tutto” per seguire la sua passione per i rossoneri. L’anno scorso — quando il Segretario della Lega era “solo” eurodeputato e consigliere comunale a Milano -venne fuori che Salvini, pur partecipando molto raramente alle sedute del consiglio comunale era molto puntuale quando si trattava di ritirare i biglietti gratis per le partite a San Siro messi a disposizione dei consiglieri meneghini.
E così ieri mattina Salvini si è imbarcato assieme ai ragazzi della Curva Sud per andare a vedere il match di Europa League contro l’Olympiacos.
La partita si è conclusa con un rotondo 3 a 1 per i padroni di casa decretando l’uscita del Milan dall’Europa. Ma il ministro non ha voluto sprecare l’occasione per un’ultima twittata dallo stadio dove ha lodato gli eroici tifosi rossoneri.
«Su tutto il resto, meglio non fare commenti, li lascio fare a voi». E i commenti sono arrivati.
Molti infatti non hanno gradito che Salvini abbia deciso di andarsene a vedere il Milan quando l’Italia è nella situazione che sappiamo e soprattutto all’indomani dell’attentato di Strasburgo.
Secondo i tifosi del Milan Salvini porta sfiga. Anzi: una sfiga pazzesca. Poco male, chiosa un utente: questa sarà l’unica uscita dall’Europa per il capo dei sovranisti nostrani.
Il ministro dell’Interno forse avrebbe fatto meglio a godersi la partita dal divano di casa, magari avrebbe potuto postare la foto della frittatona di cipolle e della peroni ghiacciata ottenendo migliaia di like.
A peggiorare — politicamente — le cose c’è quanto raccontano Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa oggi su Repubblica.
A quanto pare per tutta la giornata di ieri Salvini aveva il telefono staccato: «Da Bruxelles lo cercano al telefono per tutto il pomeriggio. Matteo Salvini è “irreperibile”, non risponde, non si fa trovare. Volato ad Atene a seguire con il figlio la trasferta in Europa League del suo Milan».
Forse aveva finito i giga per le telefonate dall’estero? Se davvero fosse così la situazione sarebbe davvero grave, staccare il telefono proprio quando il governo ha bisogno di una linea compatta e unitaria.
Ed è strano che Salvini, di solito così attento a pubblicare i messaggi che riceve, abbia dimenticato di rispondere al telefono.
Da Bruxelles ieri è arrivata un’altra doccia fredda per i sovranisti amici di Putin: il Consiglio Europeo ha votato all’unanimità la proroga delle sanzioni contro la Russia «visto che non ci sono progressi nell’implementazione degli accordi di Minsk» ha spiegato il Presidente Tusk. Non è la prima volta che le sanzioni vengono prorogate da quando si è insediato il governo gialloverde che aveva promesso (agli italiani e ai russi) di far levare le sanzioni.
Rimane un dubbio: che Salvini sia andato ad Atene per toccare con mano cosa comporta l’intervento della Troika?
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 14th, 2018 Riccardo Fucile
INCOERENTI LE SCELTE AMBIENTALI DEL GOVERNO RISPETTO ALLE BATTAGLIE DEL M5S
Giuseppe Salvaggiulo sulla Stampa oggi racconta in un retroscena che Beppe Grillo è piuttosto arrabbiato con Luigi Di Maio per la piega che sta prendendo il governo Lega-M5S, soprattutto in relazione alle scelte ambientali del governo.
Dai condoni edilizi per Ischia agli allentamenti dei vincoli per i fanghi alla diossina fino al voltafaccia su ILVAe TAP:
Su Taranto, Grillo si era espresso con un video intitolato «Che il cielo sopra l’Ilva diventi sempre più blu» e pubblicato il 7 giugno, all’indomani del voto di fiducia al governo Conte. Proponeva una «riconversione ecologica» dell’Ilva sul modello della Ruhr tedesca. Di Maio ha invece concluso la cessione dell’acciaieria ad ArcelorMittal. Quanto al gasdotto che finisce sulla costa pugliese, Grillo nel settembre 2014 aveva partecipato alla marcia No Tap da San Foca a Melendugno e davanti a 600 persone aveva proclamato: «Restiamo uniti in questa battaglia. La Tap non la faranno mai. Se qualcuno metterà l’esercito, noi metteremo il nostro».
Il governo giallo-verde ha dato l’ok al gasdotto e schiera le forze dell’ordine a difesa del cantiere contro i manifestanti No Tap.
Anche la gestione della questione rifiuti ha contribuito a irritare Grillo.
Dall’inerzia del ministero nel contrasto ai roghi degli impianti (uno ogni due giorni in tutta Italia, un’emergenza criminale senza precedenti) al blando impegno sul caso Roma. Su cui Grillo è costantemente informato data la sua consuetudine telefonica con Virginia Raggi, non inferiore a quella della sindaca con i ministri pentastellati.
La situazione nella Capitale (precaria ben prima dell’incendio dell’altro giorno all’impianto sulla Salaria) viene affrontata da mesi con inconcludenti tavoli ministeriali. E in previsione del picco natalizio di produzione di immondizia, finora ci si sta limitando alla moral suasion. Come curare un paziente in fin di vita con una tisana alle erbe
Beppe è arrabbiato anche per la scelta di Costa come ministro dell’Ambiente:
Dal capo di gabinetto Petrillo al capo segreteria Mamone Capria. Tutti, come Costa e Spadafora, ex collaboratori di Alfonso Pecoraro Scanio, quando l’ex leader dei Verdi era ministro. Dell’Agricoltura nel 2000 e dell’Ambiente nel 2007, all’epoca dell’infausta emergenza rifiuti in Campania.
Ecco, il fondatore si chiede se sia accettabile per il Movimento la delega della politica ambientale a una «filiera campana» che con il suo Dna ha poco a che fare.
(da “NextQuotidiano”)
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