Dicembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
LEGA E M5S VOGLIONO ENTRAMBE SCARICARE SULL’ALLEATO LA RESPONSABILITA’ DELLA DISFATTA
Giancarlo Giorgetti deve essere un fine osservatore. Si è improvvisamente accorto ieri che il reddito di cittadinanza non gli piace e piace agli italiani che non gli piacciono. E ha minacciato il ritorno alle urne nel caso in cui non si attuasse il programma di governo, che prevede il reddito di cittadinanza.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha parlato a margine di un convegno sul sovranismo organizzato da Giorgia Meloni e l’uscita è servita a gelare ancora di più i rapporti tra gli alleati di governo dopo la “missione diplomatica” del 2,04 portata a termine da Giuseppe Conte.
E non è un caso che tutto parta da lì.
Dall’annuncio sul taglio del rapporto deficit/PIL previsto nella Manovra del Popolo che ha ammutolito i due vicepremier per più di 24 ore e causato discreti scompensi alla frangia noeuro della maggioranza di governo, e dalla constatazione che c’è ancora della strada da fare per pareggiare i conti con Juncker e Moscovici ma qualcuno non ha intenzione di smuoversi dal fabbisogno di partenza.
Ovvero proprio il MoVimento 5 Stelle, che ieri sera ha capito subito che l’obiettivo di Giorgetti sono gli stanziamenti per il reddito di cittadinanza ma si è chiuso a riccio quando gli è stato chiesto di prendere le forbici.
La situazione è quindi questa: l’UE vuole un ulteriore taglio rispetto al 2,04% sventolato da Conte con corredo di Casalino un paio di giorni fa.
Le misure che punta sono quelle strutturali e quindi ci va di mezzo soprattutto Quota 100, per la quale già da ieri si cominciavano a immaginare ostacoli e paletti per portarla a casa lo stesso, nonostante le critiche dell’esperto di pensioni della Lega Brambilla. 62 anni di pensione per l’Europa rappresentano una marcia indietro rispetto alla legge Fornero che era stata imposta proprio da Bruxelles ma la Lega proprio su quello ha puntato in questa manovra e di cedere non ha nessuna intenzione.
Ecco perchè Giorgetti & Co. indicano il reddito di cittadinanza: la Lega pensa (e comincia a dire) che se c’è da tagliare ancora non si guardasse alla loro porta perchè hanno già dato; piuttosto c’è il M5S che deve ancora fare sacrifici sulla sua misura-simbolo ed è il momento di cominciare a lavorarci.
Il M5S però fa orecchie da mercante e non ha alcuna intenzione di movimentarsi la vita con l’elettorato già piuttosto nervoso.
E allora alla Lega non resta che mandare messaggi per interposto Giorgetti, in attesa del primo vertice in cui Di Maio si presenterà con intenzioni ragionevoli.
Amedeo La Mattina sulla Stampa aggiunge un altro elemento: ora i due leader si rinfacciano la gestione della trattativa.
Salvini, al di là della faccia feroce, nelle ultime settimane è stato più propenso ad assecondare la linea morbida, a circondare di paletti Quota 100.
Di Maio invece ha tenuto duro sul reddito di cittadinanza: più vedeva i sondaggi che davano i 5 Stelle cadenti e maggiore era il suo puntiglio.
Al vicepremier leghista non restava che far finta di non cedere di un millimetro per non dare a M5S un vantaggio. Ora il rinculo delle cannonate sparate contro i «nemici» di Bruxelles si sente e Salvini teme che l’effetto si potrebbe riversare nelle urne quando a maggio si voterà per le europee.
Al centro, in posizione di mediazione tra le due forze, c’è Giuseppe Conte. Il quale rischia di rimanere con il cerino acceso in mano se i due vicepremier decidessero di mollarlo sul più bello (ed è possibile che accada) ma non può oggettivamente fare la voce grossa nè con l’uno nè con l’altro visto che rischia la poltrona.
Ma per lui intanto il tempo stringe. Il problema è accontentare la Commissione prima del 19 dicembre. E su questo punto il premier propone una forzatura nei modi e nei tempi, ormai strettissimi: «Il maxiemendamento? Forse arriveremo tardi per la Commissione e saremo costretti a portare le modifiche direttamente in Aula. Ci piacerebbe rispettare la dialettica parlamentare, ma dobbiamo chiudere». Al Senato entro il 18 dicembre, altrimenti sarà procedura.
Il M5S intanto ha incassato l’addio di Roberto Garofoli al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che arriverà nei prossimi giorni.
Dopo le polemiche sulla manina e, soprattutto, quelle sul dipendente in nero il capo di gabinetto di Tria ha gettato la spugna e si prepara ad essere sostituito .
Per la successione il nome più accreditato è quello di Fortunato Lambiase, attuale capo della segreteria tecnica di Tria e considerato vicino al ministro.
Dal 2012 e fino al giugno di quest’anno Lambiase aveva prestato servizio come consigliere parlamentare presso il Senato.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
L’ADDIZIONALE SUI DIRITTI DI IMBARCO DIVENTA PERMANENTE PER FINANZIARE LA PENSIONE A 60 ANNI DEI PRIVILEGIATI DEL VOLO
È sempre stato il Fondo della discordia. Oggetto di critiche per il ricorso alla fiscalità generale, sotto forma di tassa d’imbarco obbligatoria e inserita in biglietto, per sostenere le difficoltà di un’azienda ora in amministrazione straordinaria e all’epoca di bandiera come Alitalia.
La novità è che l’addizionale comunale sui diritti di imbarco (cinque euro complessivi a biglietto) stavolta diventa permanente per finanziare il Fondo volo e in particolare la pensione anticipata per il personale navigante (piloti e assistenti) ed i tecnici.
Il governo gialloverde avrebbe inserito questa misura nella bozza sulla previdenza che sta introducendo una riformulazione della riforma Fornero con l’adozione di quota 100, seppur per tre anni, anche se ciò è oggetto di trattativa con l’Unione europea.
Il Fondo Speciale per il Trasporto Aereo (FSTA) è stato istituito da una legge del 2004. Preleva circa 220 milioni all’anno dai contribuenti.
Ha il fine di intervenire, rileva l’Inps, in casi di crisi di aziende del settore del trasporto aereo, per erogare specifici trattamenti a favore di lavoratori interessati da riduzioni dell’orario di lavoro, da sospensioni temporanee dell’attività lavorativa o da processi di mobilità ; finanziare programmi formativi di riconversione o riqualificazione.
È servito anche per la transizione aziendale che ha vissuto e sta vivendo Meridiana, ora diventata Air Italy, a seguito dell’ingresso di Qatar Airways al 49%.
Il Fondo eroga un’integrazione dei trattamenti di mobilità , cassa integrazione e guadagni straordinaria, cassa integrazione in deroga e solidarietà .
I lavoratori destinatari della prestazione integrativa sono sia il personale di volo (piloti e assistenti di volo), sia il personale di terra, per un totale di circa 150.000 potenziali beneficiari (mediamente 1 su 10 ne usufruisce ogni anno).
Tale integrazione garantisce il raggiungimento dell’80% della retribuzione comunicata dall’azienda all’Inps al momento della richiesta del trattamento integrativo, fino ad un massimo di 7 anni.
Pertanto i lavoratori possono percepire una prestazione che supera di gran lunga il massimale di 1167,911 euro previsto per la prestazione di CIGS e di mobilità .
La prestazione integrativa supera spesso, soprattutto nel caso dei piloti, i 10 mila euro mensili lordi, con casi limite in cui la prestazione si avvicina ai 30 mila euro lordi al mese. La durata massima della cassa integrazione straordinaria è in genere di quattro anni (2 più eventuali proroghe), mentre la durata della mobilità è variabile (da 1 a 3 anni), a seconda dell’età del lavoratore e dell’ubicazione dell’azienda.
Pertanto, un lavoratore può beneficiare dei trattamenti fino a 7 anni.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 15th, 2018 Riccardo Fucile
SONO GIA’ 15 LE PERSONE COLPITE DAL SISMA CHE SI SONO TOLTE LA VITA… CONDIZIONI SEMPRE PIU’ PRECARIE
Sembra un gioco. Quali sono le dieci cose che porteresti con te se tu dovessi andare su un’isola deserta?
Sui social partecipano in tanti: c’è chi terrebbe soltanto i libri e chi non si priverebbe mai di una catenina, una pietra, un oggetto del passato.
Anche a Antonella Pasqualini posero una domanda simile due anni fa: che cosa porti con te e che cosa lasci? Era ottobre del 2016 quando il terremoto seppellì buona parte della sua vecchia vita. Prese quello che poteva e si trasferì sulla costa con un figlio di cinque anni e un marito.
Lo scorso inverno ottenne una Sae, una casetta di emergenza che di emergenza non è. Antonella e gli altri 3638 nuclei familiari entrati nelle casette (o che lo entreranno) ne sono consapevoli: sanno quando sono entrati, non quando andranno via.
L’ingresso è certo, l’uscita no, si direbbe ricordando un antico detto. Ognuno di loro ha accettato la difficile condizione di vivere in un’emergenza permanente e ha provato a dare alla casetta quell’impronta di stabilità necessaria quando si deve rimanere in un luogo per anni: fiori, decorazioni, mobili e tutto quello che lo spazio permette.
Ad agosto Antonella ha scoperto delle macchie tra il pavimento e un battiscopa. Ha provato a segnalare.
«Mi hanno trattata come una che fa i capricci. Dopo settimane finalmente è arrivato un tecnico. “Per farmi contenta”, ha detto». Per farla contenta hanno levato un’asse del pavimento, poi un altro. Nell’imbarazzo generale hanno trovato funghi, vermi, umidità diffuse.
Lo stesso nelle Sae di altre 31 famiglie su 42 collocate nell’area di Muccia. Trentuno nuclei capricciosi costretti di nuovo a lasciare il luogo dove vivevano e a giocare alle dieci cose. Quali porteresti con te? E quali lasceresti?
Impacchetta ancora la vita. Trasportala via. Lascia quello che non entra nella sistemazione di fortuna che sostituisce la precedente sistemazione di fortuna. Ammassa tutto nell’ennesimo prefabbricato destinato a immagazzinare la tua esistenza.
Apri la porta di lamiera, riesci a far entrare un tavolo, un armadio, delle sedie, un frullatore, un tavolo da stiro, una torre di scatole di scarpe, una tv. Basta, non c’è più posto.
Se hai altro è compito tuo trovare dove lasciare questa vita suddivisa in strati di necessità . Il primo strato ti segue ovunque: sono i generi indispensabili, la borsa, il portafoglio, il cuscino, il letto, le lenzuola e poco altro. Dal secondo strato in poi è lo spazio a disposizione a dettare legge.
Se è lo spazio che comanda è il futuro a scomparire. E un popolo senza futuro può anche decidere di non avere più motivo di andare avanti.
Dopo un anno e mezzo otto persone colpite dal sisma avevano scelto di togliersi la vita. Dopo due anni la cifra è schizzata a quindici.
Tutte persone sradicate dalla casa, dalle terre dove erano nati. Tutti privati della ragione della loro vita precedente, vittime di una sindrome depressiva nuova, mai conosciuta finora nonostante i numerosi terremoti subiti in particolare da chi è anziano.
Massimo Mari, psichiatra, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’area Vasta 2 dell’Asur Marche sta coordinando l’assistenza nei confronti di 40mila persone, di cui 25 mila sulla costa.
In questo momento opera con quattro associazioni di volontariato e nemmeno un euro di fondi regionali.
Volontariato allo stato puro, preziosissimo. «La richiesta di aiuto è molto alta. Il tasso di suicidi è molto più elevato di quello del ’97 quando la popolazione non subì deportazioni.
Stavolta è stato imprescindibile allontanarli ma le conseguenze sono state serie. Durante i primi mesi abbiano assistito a un aumento di malattie psicosomatiche, quindi gli infarti. Dopo un anno ci siamo trovati di fronte a un’esplosione delle depressioni. Vedere le macerie immobili dopo tutto questo tempo è un colpo psicologico difficile da assorbire».
Giovanna Bianco, psicologa, operatrice del Progetto Sisma di Emergency attivo nelle Marche: «Questo sisma è diverso: è esteso e quindi complesso nella gestione. E’ tuttora in corso: questo non consente alla popolazione di chiudere una fase e aprirne un’altra. E’ tuttora alla fase delle macerie: le persone si sentono private di ogni prospettiva e dover abbandonare di nuovo le sistemazioni nelle Sae per la muffa e i vari problemi che stanno emergendo rappresenta un problema che rimette in discussione tutto il lavoro di ripresa psicologica fatto finora». Come conclude Massimo Mari: «Ci troviamo di fronte a un’intera comunità che si sta suicidando».
(da “La Stampa”)
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