Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
L’ITALIA PUO’ ATTENDERE, IL GIUDIZIO FINALE RINVIATO A GENNAIO
Se ne parla a gennaio. Con il dialogo avviato con Bruxelles ormai da tre settimane, il governo Conte è solo riuscito a ‘sgonfiare’ la data del 19 dicembre.
Inizialmente doveva essere il giorno in cui la Commissione Europea avrebbe scritto le proprie raccomandazioni sulla manovra economica italiana e le avrebbe inviate all’Ecofin, il consiglio dei ministri dell’Economia dell’Ue.
Sarebbe toccato a loro, nella prima riunione utile il 22 gennaio, aprire formalmente la procedura di infrazione per deficit eccessivo legato al debito.
Non andrà così. Dopodomani la squadra di Juncker non tratterà il caso Italia, rimandando la decisione finale a dopo le feste di Natale.
A quanto si apprende, la riunione dei capi di gabinetto della Commissione Europea oggi pomeriggio a Bruxelles non ha inserito la manovra economica italiana all’ordine del giorno dell’incontro dei commissari dopodomani.
Certo, il presidente Jean Claude Juncker può sempre inserire il tema tra gli argomenti da trattare, può farlo anche all’ultimo minuto: è tra le sue prerogative.
Ma, seppure a strappi e con una trattativa non proprio lineare, dalla sera del 24 novembre scorso, data del primo incontro sulla manovra economica tra Giuseppe Conte e Juncker, il clima tra Bruxelles e Roma è cambiato. E la procedura di infrazione per ora sembra allontanarsi, anche se non è del tutto scongiurata.
Oggi negli uffici della Commissione è arrivata l’ultima versione della manovra, con il deficit al 2,04 per cento del pil e i cambiamenti apportati dal vertice di maggioranza ieri sera a Palazzo Chigi, discussi con Bruxelles in un lavoro continuo di raccordo tra i tecnici della Commissione e quelli del Tesoro.
Il ministro Giovanni Tria ha sentito al telefono i commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis, dopo averli incontrati per due giorni consecutivi la settimana scorsa.
Moscovici e Dombrovskis sono un po’ i terminali di due sensibilità diverse che convivono all’interno della stessa Commissione.
Il primo si è ammorbidito nell’approccio con Roma, soprattutto dopo che è scoppiato il caso francese: la rivolta dei ‘gilet gialli’ che ha indotto il presidente Emmanuel Macron ad annunciare misure che potrebbero portare il deficit oltre il tetto del 3 per cento del pil.
Il lettone Dombrovskis invece rappresenta ancora adesso la sensibilità più rigida, quella dei paesi del nord Europa, i più furiosi per le spese in deficit decise anche per quest’anno dall’Italia.
E’ per questo che la Commissione sceglie di non chiudere subito la partita, nonostante riconosca gli sforzi italiani: la marcia indietro del governo sul deficit nominale che dal 2,4 per cento è diventato quasi un 2.
Sforzi che tuttavia non seminano certezze a Bruxelles sul deficit strutturale che la Commissione vuole vedere in miglioramento, pur minimo, l’anno prossimo. Solo così riuscirà a convincere i ‘falchi’ del nord ad evitare la procedura di infrazione.
Sostanzialmente, alla luce anche delle difficoltà della trattativa con il governo italiano, mai lineare e alquanto ostica, dalla Commissione aspettano l’approvazione definitiva della manovra in Parlamento nonchè i decreti che dettaglieranno misure come il reddito di cittadinanza e ‘quota cento’.
Quest’ultima sembra essere la misura che preoccupa di più i leader europei, a cominciare da Angela Merkel che venerdì scorso ne ha parlato con Conte in un bilaterale a margine del consiglio europeo.
In quanto ‘quota cento’ va a incidere su una riforma strutturale come la Fornero, l’unica che negli ultimi anni aveva trasmesso un po’ di certezze a Bruxelles in termini di stabilità del sistema dei conti pubblici italiano.
Ad ogni modo, pur con l’intenso carteggio tra Roma e Bruxelles, pur dopo la marcia indietro sul deficit nominale, ancora non ci sono le condizioni per chiudere ora l’iter della procedura di infrazione.
Resterà all’orizzonte fino a gennaio, eventualità e avvertimento nel caso in cui a Roma facesse capolino la tentazione di rimescolare le carte ancora.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
INSUFFICIENTE A GARANTIRE IL RISPETTO MINIMO DI UNA RIDUZIONE DEL DEFICIT/PIL IN TERMINI STRUTTURALI
Tutto fermo in attesa di Bruxelles. Dopo il vertice di ieri sera a palazzo Chigi e le ultime modifiche concordate sulla manovra, il governo spera di poter evitare la procedura di infrazione da parte dell’Unione europea.
Ma il via libera ancora non c’è.
I capi di gabinetto dei commissari europei hanno deciso per il momento di non inserire il caso italiano all’ordine del giorno dell’ultima riunione dell’anno del collegio che si terrà mercoledì.
Il motivo è che è in corso ancora il negoziato con il tesoro per la legge di bilancio 2019.
La questione di fondo è che al momento un accordo tra Bruxelles e Roma per evitare l’avvio della procedura contro l’italia per violazione della regola di riduzione del debito ancora non c’è.
Dalla commissione trapela poco o nulla. La cautela continua a essere massima.
La cosa certa è che a quanto risulta il documento che il governo ha inviato a Bruxelles questa mattina, con le cifre corrette della manovra 2019 e sulla base di un obiettivo di decifit/pil nominale sempre a quota 2,04%, non viene per il momento giudicato convincente, sufficiente a garantire il rispetto anche minimo del principio di una riduzione del deficit/pil in termini strutturali.
La discussione tra i capi di gabinetto, che rappresentano i commissari europei, sul caso italia è stata come al solito molto vivace e il messaggio finale, a quanto risulta, è che l’avvio della procedura può ancora essere inserito nell’ordine del giorno della riunione di mercoledì.
Come dire che tale eventualità non è stata per il momento scongiurata.
In mattinata il portavoce della commissione Ue, Margaritis Schinas, fa sapere: “Il dialogo con l’Italia sul bilancio 2019 continua. I commissari Dombrovskis e Moscovici sono in contatto con il ministro Tria. La Commissione deciderà i prossimi passi sulla base dei risultati di questo dialogo”.
Di sicuro c’è stata una conversazione telefonica, in mattinata, tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria, e i commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis. E Tria in serata è arrivato a Palazzo Chigi per un vertice con il premier Conte.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL CERCHIO SI STRINGE, FU LUI A FIRMARE L’USCITA DI 10 MILIONI DALLE CASSE DEL CARROCCIO VERSO LA SPARKASSE E POI FINITI IN LUSSEMBURGO
Interrogatorio eccellente nell’ambito dell’inchiesta della procura di Genova per il presunto riciclaggio di una parte sostanziosa dei 49 milioni di euro che la Lega avrebbe dovuto restituire dopo la truffa dei rimborsi elettorali e la condanna del senatur Umberto Bossi
E’ stato infatti sentito in gran segreto dagli inquirenti Stefano Stefani, ex deputato e presidente federale della Lega Nord delle origini ma soprattutto tesoriere del Carroccio nella delicatissima fase della deposizione di Bossi a causa degli scandali giudiziari e dell’arrivo ai vertici del partito di Roberto Maroni segretario e Matteo Salvini suo vice e poco tempo dopo suo successore
Come anticipato nei giorni scorsi da Repubblica, Stefani è colui che firmò, in quanto tesoriere, la fuoruscita dalle casse del Carroccio dei 10 milioni di euro che, sempre secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbero poi finiti in Lussemburgo.
Nel gennaio del 2013 Stefani in compagnia dell’avvocato Domenico Aiello, tra i più fidati consiglieri di Maroni, si presenta nella filiale milanese della Sparkasse, la Cassa di Risparmio di Bolzano presieduta ieri come oggi da Gerhard Brandstà¤tter che di Aiello fu socio in affari.
I finanzieri, durante le perquisizioni in Sparkasse del giugno scorso hanno sequestrato gli atti di apertura di quel conto. Di cui per altro parlava lo stesso Aiello — non indagato – in una telefonata intercettata nell’ambito dell’inchiesta Breakfast della procura di Reggio Calabria di cui diede notizia il Fatto Quotidiano nel 2016.
La Sparkasse era un “porto sicuro” per la Lega, sia per via delle buone entrature di Aiello, sia perchè garantiva un tasso di interesse esclusivo, del 3,5%, un vero favore di cui si resero conto gli stessi funzionari della banca quando, in un’altra telefonata anch’essa acquisita dalla procura di Genova, dicevano ad Aiello che se qualcuno “venisse a fare dei controlli nel senso che mi dicono: ‘perchè tutti gli altri clienti con patrimoni grossi hanno l’1,5 e questo ha il 3,5?”
In realtà , pare che il tasso fosse frutto di un equivoco. Il denaro avrebbe dovuto essere trasformato in strumenti finanziari, sennonchè la legge vieta ai partiti tali operazioni. Nel 2014, ricostruiscono ancora i finanzieri, i dieci milioni escono da Sparkasse in direzione di altre banche e fiduciarie ma nel 2016, secondo la procura, si materializzano di nuovo in un conto di transito Sparkasse e da qui vengono investiti in fondi del Lussemburgo che per gli inquirenti sono strettamente connessi ad alcune società e fiduciarie bergamasche. Quelle gestite da commercialisti amici di Giulio Centemero, attuale tesoriere della Lega.
Il suo predecessore, Stefano Stefani è però l’uomo su cui sembra puntare l’inchiesta genovese per risalire all’origine degli spostamenti dei milioni leghisti.
Forse, proprio preavvertendo il clima, Stefani a fine novembre rilasciò una video interista al sito The Post Internazionale in cui, spiegando di non aver avuto alcun potere decisionale, diceva quasi a giustificarsi: “Feci presente più volte a Maroni e Salvini (all’epoca vicesegretario), che si stava spendendo troppo e troppo in fretta. Nessuno, all’interno del Consiglio Federale, si oppose”.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL GARANTE PROVA A MOTIVARE I MINISTRI, PER DIBBA PRONTO UN NUOVO RUOLO
Ha chiesto lui di vederli. L’illuminato, come ormai lo chiamano, non essendo più il capo politico, e nemmeno poi tanto il garante.
Beppe Grillo si è piazzato per due giorni a Roma, al solito hotel vista Colosseo ormai sua succursale capitolina, e ha chiesto di incontrare i ministri a 5 stelle.
Per un brindisi, un augurio, ma anche per potervi conversare con un po’ più di tranquillità , per la prima volta dopo la formazione del governo.
In mezzo a chiacchiere e risate, un po’ di sostanza politica: “Stiamo faticando troppo a comunicare quel che vogliamo fare e che stiamo facendo — il senso del ragionamento — rischiamo sempre più che ci scippino le nostre parole d’ordine, le nostre battaglie”.
Il corollario è presto detto: il Movimento 5 stelle, anche se in grisaglia, deve tornare a fare il Movimento 5 stelle. Certo, l’aperitivo con coda serale è stato in parte rovinato dal vertice di governo.
Riccardo Fraccaro si è affacciato prima del redde rationem sulla manovra, Luigi Di Maio (che con il fondatore era stato anche nel weekend in Abruzzo) subito dopo, Elisabetta Trenta e Giulia Grillo si sono fermate un po’ di più.
Tutti assicurano che Grillo non abbia un disegno politico organizzato, un piano per i prossimi mesi. “Beppe è Beppe — racconta chi l’ha visto domenica sera — istrione, si è parlato di tutto a ruota libera, senza schemi precisi”.
Ma è indubbio che la combinazione di un ex comico più presente e del ritorno di Alessandro Di Battista dal suo tour sudamericano abbia gettato una ventata d’aria frizzantina nelle logiche interne del M5s.
Trova conferma l’indiscrezione data dall’Adnkronos di una sorta di summit post natalizio tra i gemelli diversi del Movimento. Di Battista atterrerà in Italia intorno al 23, e dopo un Natale in famiglia è pronto a una tre giorni, così la raccontano, faccia a faccia con il capo politico, compagno di tante battaglie.
Per il frontman M5s si pensa a un ruolo ritagliato ad hoc: una sorta di testa d’ariete comunicativa in vista delle Europee, ufficiale di collegamento tra una base che, sondaggi alla mano, poco alla volta si sta disamorando del grillismo di governo.
Un vestito, quello che si pensa di cucire addosso all’ex parlamentare, prezioso, soprattutto in una fase in cui Di Maio fatica a imporre la propria agenda sulla Lega, ritrovandosi spesso a inseguire le fughe in avanti dell’alleato.
Perchè Di Battista potrà dire quel che il collega ministro non può dire, con un ruolo diverso e in una forma diversa. Una sorta di poliziotto buono e poliziotto cattivo funzionale al tentativo di recuperare il terreno perso in questi mesi.
Qualche giorno fa, dopo le iniziative prese da Matteo Salvini con le associazioni degli imprenditori, una girandola di telefonate e incontri nell’entourage di Di Maio aveva portato a una decisione: dismettere i panni del low profile, e iniziare a combattere una battaglia senza esclusione di colpi sul versante comunicativo per arginare il Carroccio. La cui prima sortita è stata quella del ministro del Lavoro fortemente critica sui 49 milioni che la Lega dovrebbe restituire. Uno schema in cui il collega di ritorno dal Sudamerica sarebbe molto funzionale.
Certo è che nel Movimento serpeggia una domanda, che è la domanda: per quanto questa dinamica avrà effetti positivi?
In altri termini, fino a quando i due procederanno uniti nelle diversità , e il carisma del primo non entrerà in rotta di collisione con le strategie dell’altro?
Al punto che c’è già chi vede una sorta di uno-due organizzato tra Grillo e Di Battista (smentito seccamente) per correre in soccorso al momento di difficoltà del capo politico, e per metterlo sotto (benevola per ora) tutela.
“Perfetto, aggiungiamo confusione a confusione”, spiega chi ha lavorato in questi mesi nella macchina di governo dando voce a un malumore che si sta pian piano diffondendo in settori 5 stelle.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
ATMOSFERA SURREALE A PALAZZO MADAMA, TRA POLPI CON PATATE E BRINDISI NATALIZI
All’ora di pranzo la buvette del Senato è insolitamente deserta. Sbuca il senatore Dario Stefano, Partito democratico. “Che ci fa qui?”. Allarga le braccia, sconsolato: “Eravamo convocati per la commissione Bilancio”.
La manovra, sempre la manovra. Che oggi doveva entrare nel vivo, ore e ore di voti sugli emendamenti, quelli decisivi. E invece di buon mattina la comunicazione: niente da fare, se ne parla domani.
Così i pochi senatori rientrati in tutta fretta a Roma e a Palazzo Madama già di buon mattino gironzolano con l’aria persa per uffici e corridoi.
Si aspettano notizie da Bruxelles. Una fonte del ministero dell’Economia spiega ad Huffpost: “Finchè non ci arriva il via libera alla nostra proposta ed eventuali osservazioni tecniche non sappiamo materialmente come scrivere gli emendamenti”. Così la Camera alta della Repubblica si svuota, i tempi si stiracchiano. Devono arrivare i testi del Governo, entrare nella bagarre della Commissione, che deve licenziare il testo da mandare in Aula pronto per il maxi emendamento che lo riscriverà e su cui apporre la fiducia.
Si sperava di chiudere al massimo mercoledì, serviranno almeno un paio di giorni in più, con conseguente terrore dei deputati di dover tornare tra Natale e Capodanno a Roma per il terzo, definitivo, ok da parte della Camera.
Incrociamo un funzionario del gruppo 5 stelle: “Io? No non so nulla, quando arriveranno gli emendamenti è del tutto imprevedibile. Sto qui solo di presidio, ordinaria amministrazione”.
Un paio di lobbisti scelgono il polpo con patate, studiano come e quando poter seguire i lavori, un senatore ordina un tè, “bello caldo”.
Per arrivare alla commissione ci si deve infilare nella labirintica planimetria di Palazzo Madama.
È al cosiddetto “piano ammezzato”, incassato tra il piano terra che sul lato interno è in parte interrato e quello che ospita l’aula. Il soffitto è basso, la pianta circolare, un lieve senso di claustrofobia quando brulica di senatori, oggi è vuoto.
Passa come una scheggia Alberto Bagnai, leghista no euro a capo della Finanze, saluta e scappa via. Da qualche ufficio arrivano le voci di funzionari forzosamente con le mani in mano, le stampanti che solitamente fascicolano a tutto spiano gli emendamenti tacciono.
È la quiete prima della tempesta. O forse meglio è l’occhio del ciclone, dopo che domenica Giuseppe Conte è arrivato ad avvertire a brutto muso i vicepremier, riottosi a sacrificare gli ultimi denari sull’altare di Bruxelles.
Le fonti qui divergono, la cortina fumogena diventa fitta, ma tutti sono concordi su un punto: il premier ha spiegato a chiare lettere che infilarsi scientemente nella strada verso la procedura d’infrazione avrebbe significato andare verso il baratro di una crisi al buio.
E ha tenuto il punto fino all’ultimo, assicurandosi di infilarsi nel vertice serale solo dopo aver incassato il sì all’orizzonte verso cui tendere, dovendo solo capire il come. “L’aver avvisato i giornali ventiquattr’ore prima — spiega una fonte di governo — rientra in questa strategia di forzare la mano su quella linea”.
Una forzatura che ha colpito nel segno, e ha portato in cassa (anche se al momento sul come rimane il mistero) altri tre miliardi di coperture, su per giù quelli chiesti dalla Commissione.
E che ha svuotato Palazzo Madama. Verso le due arriva una pletora di camerieri in livrea. Monta una serie di tavoli in Transatlantico. Un’immagine surreale. Stefano si avvicina a uno dei responsabili: “Che succede?”. “È il brindisi di auguri ai dipendenti del Senato della presidente, ora mi sfugge il nome…”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
E NUOVE FIDUCIE POTREBBERO FIOCCARE ENTRO LA FINE DELL’ANNO
Sarà un percorso convulso, quello della manovra, che entro la fine dell’anno dovrà avere il suo via libera alla Camera e al Senato. Probabile il ricorso al voto di fiducia. Ma intanto – sulle fiducie – il governo Conte già può vantare un risultato forse non auspicato.
In tutto, dall’inizio della legislatura, è stata chiesta 6 volte. Oltre il 31 per cento delle leggi è stato approvato con la fiducia, secondo una ricerca di Openpolis.
Dal 2008 ad oggi, avevano fatto peggio solo un governo tecnico – quello di Monti (45 per cento) – e quello di Gentiloni (35,9 per cento).
L’esecutivo gialloverde ha dunque superato il governo Letta (27,7 per cento delle leggi approvate con la fiducia) e quello di Renzi (26,7). Per l’ultimo governo Berlusconi la percentuale era invece appena del 16 per cento
Eppure uno dei partner della coalizione – il Movimento 5Stelle – si era scagliato molte volte in passato contro la fiducia. Memorabile una performance in video di Paola Taverna, che attaccava: “Fiducia di che? Siamo in dittatura, in un film muto”.
Lo stesso presidente della Camera, Roberto Fico, ha dovuto ammettere: “Parliamo di un problema vecchio che nasce nelle legislature precedenti, quello del rapporto tra Governo e Parlamento. Nel mio discorso di insediamento ho detto che avevo intenzione di far tornare il Parlamento centrale. Decreti o fiducie non dipendono dal sottoscritto, anche se io cerco che siano il minor numero possibile”.
La particolarità è che il ricorso alla fiducia, per il governo Conte, ha subìto un’impennata nel corso dei mesi.
E che per lo più è stata utilizzata non per accelerare i tempi, ma per superare contrasti politici all’interno della maggioranza.
La prima volta fu a settembre sul decreto milleproroghe, che conteneva le contestate norme sul taglio ai fondi alle periferie e quelle sulla autocertificazione per i vaccini.
Il record è stato sul decreto sicurezza, provvedimento bandiera di Salvini, su cui c’era un’ampia fronda dei 5Stelle. In quel caso la fiducia è stata posta sia alla Camera che al Senato.
Poi c’è stato un altro provvedimento oggetto di scontro tra Lega e 5Stelle, il disegno di legge anticorruzione, con la fiducia posta al Senato per correggere l’emendamento Vitiello sul peculato.
Sempre con la fiducia, è arrivato il primo via libera – quello alla Camera – sulla legge di bilancio. E lo stesso meccanismo potrebbe presto ripetersi in entrambi i rami del Parlamento per le modifiche apportate dall’esecutivo.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
NEI GIORNI SCORSI 26 RAGAZZI, DENUNCIATI PER AVER CONTESTATO A VIAREGGIO IL SEGRETARIO DELLA LEGA, SONO STATI ASSOLTI
Ancora una volta la morsa della repressione scatta zelante quando si tratta di Salvini, il ministro che tra una stretta di mano a uno spacciatore di droga e compagni di partito parenti di mafiosi, dovrebbe garantire la sicurezza degli italiani
Così è stato sequestrato dalle forze dell’ordine, al palasport di Viareggio, uno striscione con la scritta ‘Contestare Salvini non è reato’ esibito dai tifosi sulle gradinate
L’episodio risale a prima della partita del campionato di A/1 di hockey su pista tra Viareggio e Sarzana, disputata sabato sera e reso noto su Fb dai tifosi del Viareggio.
Appena nei giorni scorsi c’è stata l’assoluzione da parte del tribunale di Lucca dei 26 soggetti che furono denunciati dopo che nel maggio 2015 contestarono Matteo Salvini proprio a Viareggio durante un comizio per le elezioni comunali a cui intervenne il segretario della Lega a sostegno del proprio candidato sindaco.
Nell’occasione ci furono disordini, con lancio di uova e oggetti e contatti tra manifestanti di area antagonista e forze dell’ordine.
(da Globalist)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
ESPERIMENTO SATIRICO DI UN’AGENZIA DI COMUNICAZIONE, IN MEZZO MILIONE CI HANNO CREDUTO
Il reddito di cittadinanza è uno degli argomenti politico-economici più discussi degli ultimi mesi, anzitutto negli ultimi giorni con la manovra finanziaria in approvazione in Parlamento e governo gialloverde in fibrillazione.
Proprio nelle ultime ore è giunta notizia della creazione e del successo di un sito-fake, con design simile a quello dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e un invito ben preciso: “Prenota il tuo reddito di cittadinanza 2018-2019”.
Il portale, denominato IMPS – Istituto Mondiale Provvidenza Solare, è stato realizzato da Ars Digitalia, agenzia di comunicazione di comunicazione che ha voluto usare la satira per condurre una sorta di esperimento sociale.
“Dopo una campagna elettorale come quella passata, pensiamo che sia compito della satira, anche molto spinta come quella che abbiamo creato (quasi Luttazziana), far riflettere gli elettori. I partiti ci potranno accusare di star giocando con la miseria delle persone, ma dovranno ammettere di averlo fatto loro in primis giocando su quella miseria per ottenere posti in parlamento con promesse alquanto discutibili”, dichiara l’agenzia stessa.
Dunque, nonostante ad un internauta mediamente accorto, bastino pochi minuti per capire che si tratta di uno scherzo e di un portale fake, fino ad oggi (da marzo 2018, data della creazione del sito) sono state più di 500mila le persone che hanno inserito i propri dati sul sito in attesa di ricevere il Reddito di Cittadinanza.
A convincere gli utenti hanno contribuito la “struttura istituzionale” del sito e un’infografica allettante: 780 euro per i single e fino a 1.638 euro per le famiglie in difficoltà .
“Se per qualche motivo vi abbiamo offeso ci scusiamo sinceramente, prendete questa solo come un’occasione per imparare ancora una volta a distinguere il vero dal falso. E sappiate che non salviamo nessuno dei vostri dati personali senza autorizzazione. La sicurezza passa prima da noi”, spiega Ars Digitalia sul suo sito ufficiale.
Insomma, una satira che colpisce e che dimostra ancora una volta il potere dei contenuti “fake” su internet.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO TANTI SPOT DEGLI SCERIFFI LEGHISTI, EMERGE CHE GENOVA E’ LA PEGGIORE PER LA SICUREZZA: TRA DROGA, SCIPPI E BORSEGGI… PEGGIORA PER NATALITA’, RISCHIO IDROGEOLOGICO E GAP RETRIBUTIVO
La tradizionale classifica redatta dal Sole 24 Ore, giunta quest’anno alla sua 29/ma edizione, evidenzia il risultato negativo per Genova, che nel 2017 si trovava alla quarantottesima posizione, e secondo i dati di quest’anno perde altre 8 “caselle”, finendo al cinquantaseiesimo posto su 110 province.
Tra le altre grandi città , più a sud spicca la risalita di Napoli che conquista 13 posizioni. Migliorano anche Venezia, Torino, Catania, Bari e Bologna, in controtendenza solo Genova e Firenze.
Genova è in particolare la peggiore in graduatoria per delitti legati alla droga, ma segna il passo anche in altre aree relative alla sicurezza (quelle tanto decantate da Salvini è dall’assessore leghista alla sicurezza )
Scorrendo i valori presi in considerazione, emerge come Genova sia ultima in classifica (107esima) quanto ai delitti di stupefacenti (numero ogni 100mila abitanti nel 2017, in base a una elaborazione del Sole 24 Ore su dati di Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno).
Ed è 100esima per scippi e borseggi, e 93esima per rapine.
Brilla invece per il buon clima (è quinta nell’indice climatico di escursione termica tra minima e massima in gradi, tra dicembre 2016 e settembre 2017) e alcuni indicatori di ricchezza come il pil pro capite (12esimo posto), i prezzi medi di vendita delle case (13esimo), e i depositi pro capite (16esimo).
Anche se più in generale nella voce “ricchezza e consumi” si attesta al 41esimo posto.
Va bene nella classifica cultura e tempo libero sugli spettacoli, dov’è al 14esimo posto (spesa al botteghino per abitante nel 2017) e per indice di sportività , con un ottavo posto (2018).
Il territorio resta tema “dolente”, con la città al 92esimo posto quanto a rischio idrogeologico, considerando la percentuale di superficie a pericolosità da frana e idraulica.
Quanto poi ad altri dati tutto sommato attesi, è 98esima in classifica quanto a tasso di natalità , 104esima per indice di vecchiaia e 103esima per tasso di mortalità .
Appare meno prevedibile, invece, il brutto risultato del gap retributivo di genere, con Genova al 90esimo posto (in percentuale tra le retribuzioni medie nette di uomini e donne nel 2017).
(da agenzie)
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