Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
LA CLASSIFICA DEL SOLE 24 ORE: AL SECONDO POSTO BOLZANO, AL TERZO AOSTA… VIBO VALENTIA FANALINO DI CODA
È Milano la provincia d’Italia dove si vive meglio. A stabilirlo è la tradizionale classifica redatta dal Sole 24 Ore, giunta quest’anno alla sua 29/ma edizione.
Per la prima volta la provincia meneghina si piazza sul gradino più alto del podio, piazzandosi per sette volte su 42 nei primi tre posti per le performance conseguite negli indicatori del benessere.
Al secondo posto c’è Bolzano, in risalita dalla quarta posizione del 2017, e al terzo Aosta, in discesa di un posto rispetto allo scorso anno.
Fanalino di coda, per la quarta volta in 29 edizioni, c’è Vibo Valentia, preceduta da numerose province del Sud Italia.
Roma sale di tre posizioni, passando dal 24/mo al 21/mo posto.
Tra le altre grandi città , più a sud spicca la risalita di Napoli che conquista 13 posizioni.
Migliorano anche Venezia, Torino, Catania, Bari e Bologna, in controtendenza solo Genova e Firenze che perdono rispettivamente otto e dieci posizioni.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
DIFFAMANO ANCHE I MORTI PUR DI SOSTENERE CHE E’ SEMPRE UNA MESSA IN SCENA DEI POTERI FORTI
Da anni l’Internet si è riempita dello strano fenomeno degli ispettori da tastiera: si tratta di piccoli Hercule Poirot in erba (ma di quella buona!) che, facendo lavorare le loro piccole celluline grigie, arrivano alla soluzione dei gialli che gravitano attorno agli attentati, agli incidenti e ai fatti di sangue.
La conclusione delle loro indagini però è sempre la stessa: puntualmente ogni volta per loro non è successo niente, si è trattato di una messa in scena dei Poteri Forti, in realtà era tutto un set cinematografico e così via.
Uno dei casi in cui è andato così è quello di Valeria Solesin, ma oggi c’è un altro caso che si staglia all’orizzonte degli Ispettori dell’Internet: quello di Antonio Megalizzi, il giornalista morto durante l’attentato di Strasburgo.
La pagina Italian Hoax Watch, che si pone come prestigioso obiettivo (yawn) la “demolizione controllata dei media di regime”, da qualche giorno ha appunto “scoperto” che Antonio Megalizzi è addirittura pagato per “tenere duro” che “sta arrivando il bonifico bancario”.
Per Italian Hoax Watch tutto l’attentato di Strasburgo è una messa in scena perchè il gestore non ha visto le foto dei morti e del sangue, oppure se le ha viste erano sfocate. Per lui il 13 dicembre alle 21 era già tutto chiaro: «Da tenere d’occhio il profilo di Antonio Megalizzi al quale potrebbero aver assegnato il ruolo di vittima italiana. L’unico della sua cerchia a parlare sarebbe il ristoratore trentino Danilo Moresco, il padre della fidanzata Luana».
Sul suo sito ItalianHoaxWatch.com, che appare molto opportunamente anonimizzato e non è possibile risalire al gestore italiano, scrive che Antonio Megalizzi “è stato scelto per rappresentare la vittima italiana”.
Il 15 dicembre è postato il contenuto di una chat in cui un certo Angelo Terra chiede un incontro con Massimo Mazzucco per parlare di Strasburgo, ma il tipo che magnificava le virtù del bicarbonato contro il cancro non ha voluto incontrare l’investigatore provetto.
Ma l’admin di Italian Hoax Watch non demorde e manda “un pen$iero” — scritto con il dollaro — “alla famiglia” di Antonio, sostenendo quindi che anche loro c’entrano qualcosa e aprendo le porte alla diffamazione a mezzo stampa anche nei confronti dei congiunti del giornalista morto a Strasburgo.
En plein!
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
LE LEGGE 441 PREVEDE CHE ENTRO 4 MESI DALLA NOMINA SIANO RESE VISIBILI SUL SITO DEL PARLAMENTO: DOV’E’ FINITA LA TRASPARENZA?… ECCO CHI SONO
La legge 441 del 1982 sancisce che entro tre mesi dalla proclamazione i membri del Parlamento sono tenuti a presentare presso gli uffici di presidenza della Camera di appartenenza la documentazione patrimoniale comprensiva della dichiarazione dei redditi.
Il tutto va poi pubblicato sulla pagina di ogni singolo parlamentare entro un mese dalla scadenza del termine utile per la sua presentazione.
Insomma in nome della trasparenza entro quattro mesi dalla convalida dell’elezioni tutti i deputati e tutti i senatori devono avere pubblicato la propria rispettiva documentazione patrimoniale.
Ma non è così. Non è così per il senatore Matteo Renzi e non è così per l’onorevole Maria Elena Boschi del Partito Democratico che ad oggi non hanno ancora presentato i documenti visto che sulla loro pagina le dichiarazioni non sono accessibili ai cittadini.
Si tratta di un malcostume diffuso, e del resto la legge non prevede alcuna sanzione per gli eventuali trasgressori.
Stupisce però che 50 deputati (su 222) e 12 senatori (su 109) del MoVimento 5 Stelle non abbiano ancora presentato la dichiarazione patrimoniale.
Tra loro ci sono sia parlamentari di prima nomina — come ad esempio il deputato Emilio Carelli — che alla seconda legislatura, come Federica Daga o i senatori Nunzia Catalfo e Giovanni Endrizzi.
Anche il presidente della Camera Roberto Fico non risulta aver pubblicato la documentazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi.
Ma l’ufficio di Fico ha spiegato che si tratta di un semplice errore tecnico, perchè il reddito del 2017 (a questo fanno riferimento le dichiarazioni del 2018) è uguale a quello da deputato del 2016.
Ciò non toglie che dal MoVimento 5 Stelle i cittadini siano legittimati ad aspettarsi maggiore trasparenza rispetto ai vecchi partiti.
Eppure la nuova legislatura non è partita sotto i migliori auspici da questo punto di vista.
Non solo il sito TiRendiconto??? è fermo alle restituzioni relative a dicembre 2017 (per i portavoce della scorsa legislatura) ma i parlamentari del M5S eletti a marzo 2018 non avrebbero nemmeno iniziato a rendicontare (e quindi a effettuare le tanto sbandierate restituzioni).
Fatto salvo infatti per un forfait corrisposto dai neoletti per “coprire” il periodo da marzo a giugno stando a quanto denunciava qualche tempo fa la senatrice Elena Fattori il sistema è ancora fermo per delle questioni tecniche.
Il M5S dovrebbe essere l’alfiere della trasparenza ma oggi ben pochi si immaginano i deputati e i senatori pentastellati aggirarsi per Montecitorio o Palazzo Madama con un apriscatole in mano.
Siccome siamo garantisti non vogliamo sostenere che dietro la mancata pubblicazione dei documenti ci sia una qualche forma di malizia.
Magari un deputato o un senatore di prima nomina potrebbe avuto qualche difficoltà a presentare la documentazione richiesta in tempo, con tutte le cose che ci sono da fare per avviare l’ufficio parlamentare.
Come è noto poi i pentastellati lavorano moltissimo, al punto che hanno avuto bisogno di una pausa in discoteca per festeggiare i primi sei mesi di legislatura, e quindi può anche darsi che non abbiano avuto il tempo.
Per i 5 Stelle con incarico di governo invece — come ad esempio i sottosegretari Carlo Sibilia e Alessio Villarosa — la dichiarazione dei redditi è pubblicata regolarmente sul sito istituzionale dei rispettivi ministeri anche se è assente da quella della Camera. Alcuni parlamentari al secondo mandato risultano aver presentato la documentazione lo scorso anno ma non quest’anno, si potrebbe pensare che sono la “stessa cosa” ma non è così, e lo conferma il fatto che Stefano Vignaroli ne abbia presentate regolarmente due distinte.
I Senatori M5S dei quali non è ancora pubblicata la documentazione patrimoniale sono Rosa Silvana Abate, Cristiano Anastasi, Antonella Campagna, Nunzia Catalfo, Lello Ciampolillo, Mauro Coltorti, Giovanni Endrizzi, Virginia La Mura, Alessandra Maiorino, Francesco Mollame e Simona Nunzia Nocerino. I deputati pentastellati sono invece: Davide Aiello, Piera Aiello, Giovanni Aresta, Stefania Ascari, Marco Bella, Fabio Berardini, Francesco Berti, Andrea Caso, Andrea Colletti, Federica Daga, Giuseppe D’Ambrosio, Santi Cappellani, Emilio Carelli, Paola Carinelli, Carlo De Girolamo, Daniele Del Grosso, Diego De Lorenzis, Rina De Lorenzo, Carmen Di Lauro, Gianfranco Di Sarno, Iolanda Di Stasio, Yana Ehm, Paolo Parentela, Emanuela Corda, Sara Cunial, Conny Giordano, Luca Frusone, Francesca Flati, Anna Macina, Generoso Maraia, Felice Mariani, Vita Martinciglio, Raphael Raduzzi, Marco Rizzone, Leonardo Penna, Paolo Romano, Francesca Ruggiero, Giovanni Russo, Angela Salfia, Francesco Silvestri, Michele Sodano, Maria Elena Spadoni, Rosa Alba Testamento, Raffaele Trano, Davide Tripiedi, Riccardo Tucci, Manuel Tuzi, Gianluca Vacca, Simone Valente e Leda Volpi.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUA IL VERGOGNOSO MONOPOLIO DI CHI PAGA UNA MISERIA IL SUOLO AL DEMANIO E NON VUOLE CONCORRENZA… IL 50% NON VERSA NEPPURE LA TASSA… EVVIVA IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO E DELLA LEGALITA’ CON I SOVRANISTI CHE REGGONO IL MOCCOLO AGLI SPECULATORI
La Lega spunta anche un altro provvedimento – annunciato dai capigruppo capigruppo al Senato ed alla Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari – che prevede quindici anni di esclusione dei balneari dalla direttiva Bolkestein, che sostanzialmente prevede la messa a bando delle concessioni pubbliche.
Un accordo salutato con entusiasmo dal ministro dell’agricoltura, Gian Marco Centinaio, che ne aveva fatta una sua bandiera.
Anche dalla Cna balneatori hanno accolto la notizia con “forte soddisfazione”, una “risposta positiva a 30mila imprese che per troppo tempo si sono trovate in situazione di incertezza e malessere”.
Ma la vicenda ha fatto saltare le opposizioni.
“Non siamo ancora fuori dal rischio procedura di infrazione sulla manovra, che già il governo ce ne regala una sicura sulle concessioni balneari”, ha attaccato Andrea Mazziotti di +Europa: “Stiamo parlando della più vecchia delle scelte anticoncorrenziali, clientelari e illegittime che scaricherà nuove multe su milioni di contribuenti per fare un favore a pochi”.
Toni duri anche da Angelo Bonelli dell’esecutivo dei Verdi, secondo il quale così facendo “si prorogano le concessioni demaniali senza adeguane i canoni che vengono pagati allo Stato, che sono ridicoli: attualmente si pagano solo 1,27 euro metro quadro/anno per la parte non ricoperta da strutture. Ricordo, ad esempio, che il Twiga della Santanche’ paga 16 mila euro all’anno a fronte di una sola pagoda che viene affittata a ben 1000 euro al giorno”.
Bonelli chiosa: “In tutto lo Stato incassa dalle concessione demaniali solo 103 milioni di euro a fronte di un’evasione, secondo l’agenzia del demanio del 50%. Questa proroga inoltre avviene mentre le spiagge italiane sono state cementificate e in molti casi sono stati commessi abusi edilizi come ad Ostia. È proprio su Ostia assisteremmo ad un vero e proprio colpo di spugna”.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
PARLAMENTO MORTIFICATO…IL GOVERNO HA MANDATO A BRUXELLES IL “NUOVO SCHEMA” DELLA MANOVRA MA NON E’ DETTO CHE LA UE LO ACCETTI
Slitta l’esame in commissione Bilancio, slitta il voto del Senato. I tempi per dare il via libera definitivo alla manovra entro Natale diventano strettissimi: i lavori a a Palazzo Madama, come stabilito dalla riunione dei capigruppo dopo il vertice di maggioranza di domenica sera a Palazzo Chigi, ripartiranno il 18 alle 9.30.
Protestano le opposizioni che vedono ridursi ulteriormente il tempo per analizzare le modifiche al testo: “Siamo di fronte a una mortificazione senza precedenti del Parlamento”, hanno dichiarato Pd, Forza Italia, Fdi e Leu.
L’ipotesi più probabile a questo punto è che il testo arrivi in Aula a Palazzo Madama venerdì 21 dicembre: in tal caso il voto finale, in terza lettura alla Camera, dovrebbe arrivare alla vigilia di Natale, oppure tra il 27 e il 28 dicembre.
Proprio in queste ore poi si aspettano notizie da Bruxelles. Il governo italiano in mattinata ha inviato alla Commissione “uno schema” con il nuovo quadro macroeconomico con il deficit al 2,04% e le misure della manovra.
Fonti del Mef hanno fatto sapere che ora si aspetta una valutazione e che in mattinata ci sono stati contatti telefonici tra il ministro dell’economia Giovanni Tria, il commissario Ue Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis.
L’obiettivo è quello di finalizzare quanto prima l’accordo. Poco prima il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas aveva ribadito che “il dialogo con Roma continua” e “decideremo i prossimi passi sulla base del risultato di questo dialogo, che è in corso”.
È “ragionevole” che la manovra arrivi in Aula venerdì, ha detto invece oggi il viceministro dell’economia, Massimo Garavaglia. “Ci auguriamo di essere pronti per domani — ha aggiunto — e presentare tutto quello che serve in modo che da domani si possa procedere e arrivare a chiudere tutto in commissione in maniera ordinata”.
I tempi per l’approdo in Aula “dipendono dai lavori della commissione, non vogliamo mettere tagliole, è una discussione particolarmente rilevante e ci prendiamo il tempo che serve“. Garavaglia ha quindi precisato che il pacchetto di emendamenti del governo di cui si è parlato finora, fatto di circa una trentina di proposte, potrebbe essere meno corposo. “Mi auguro che siano meno, 30 sono effettivamente tanti, quello che è pronto — ha aggiunto — può essere presentato anche oggi”.
Le opposizioni
“Le divisioni della maggioranza, che hanno protratto oltre ogni limite il confronto con la Commissione Europea, stanno causando una mortificazione senza precedenti del Parlamento”, scrivono in una nota i capigruppo dell’opposizione in commissione Bilancio, Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia), Antonio Misiani (Pd), Andrea de Bertoldi (Fratelli d’Italia), Dieter Steger (Gruppo per le Autonomie) e Vasco Errani (LeU).
“Esprimiamo forte preoccupazione per il Paese, rimarcando con forza le gravi responsabilità del governo per la situazione senza precedenti che si è venuta a creare. È quindi indispensabile che si dia seguito a questa nostra richiesta”, concludono le opposizioni, riferendosi al rinvio dell’approdo in aula della manovra non prima di venerdì, a condizione che il governo presenti la nuova manovra alla ripresa dei lavori della commissione
Renzi: “Una cosa mai vista”
“Mancano 14 giorni al Capodanno e nessuno conosce quale sia davvero la legge di bilancio. È una cosa mai vista”, scrive Matteo Renzi nella sua enews. “Faccio un appello ai parlamentari della maggioranza — aggiunge — A quei parlamentari che ci guardano imbarazzati perchè si rendono conto di quello che sta accadendo ma cercano di minimizzare. Vi hanno fatto scendere in piazza per applaudire il leader dal balcone di Palazzo Chigi. Poi vi hanno fatto votare alla Camera una manovra dicendo che non era quella. Smettete di farvi trattare da spettatori e passacarte. Voi non siete le majorette di Salvini e Di Maio. Avete una dignità . Mostratela, se vi riesce”, attacca Renzi.
“È in corso un affronto senza precedenti al Parlamento”, gli fa eco il presidente del Gruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci. “Dopo 4 giorni di attesa, sconvocate le commissioni, non c’è ancora traccia della legge di bilancio. Siamo al caos istituzionale, M5S e Lega stanno scardinando tutte le regole. La presidente
Le prossime tappe
La manovra finanziaria del governo Conte deve ottenere il via libera dal Parlamento italiano, ma anche quello della Commissione Ue. Per quanto riguarda il fronte interno, alla luce dei rinvii odierni, il via libera definitivo alla manovra potrebbe arrivare al più presto alla vigilia di Natale. Ma è probabile che il voto finale, in terza lettura della Camera, potrebbe tenersi tra Natale e Capodanno. Negli stessi giorni dovrebbe essere convocato, negli auspici di Luigi Di Maio, il Consiglio dei ministri per approvare il decreto sul reddito di cittadinanza.
(da agenzie)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
QUOTA 100 SCENDE DA 6,7 A 4 MILIARDI, IL REDDITO DI CITTADINANZA DA 9 A 6,1, LA STIMA DI CRESCITA DEL PIL DA 1,5 A 1… ISOLATI IN EUROPA, CON CONTE CHE MINACCIA LE DIMISSIONI, I DUE POLTRONISTI SI SONO CALATI LE BRAGHE
Le tante supercazzole raccontate ai noeuro leghisti per spiegare la raffinata strategia del Capitano, che negherebbe di voler uscire dall’Europa per essere più pronto a farlo, adesso però si trovano davanti alla realtà dei fatti.
Ovvero ai cinque miliardi di euro che alleggeriranno il peso delle due misure-simbolo della Manovra del Popolo: il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni.
Ieri Di Maio in tv con un coraggio da leone ha sostenuto che quei soldi erano “in più” e sono stati tolti per decisione del governo visto che non servivano.
La realtà è diversa: il 2,4% del rapporto deficit/Pil, sbandierato da Di Maio dal balcone di Palazzo Chigi,è ormai un ricordo da ritaglio di giornale.
La battaglia della vita si è giocata sulla soglia psicologica del 2% e non sarà facile per Di Maio e Salvini convincere i rispettivi elettorati che il salto all’indietro al 2,04% è solo una questione di «zero virgola».
Ma di una vera e propria Manovra-Bis, come spiega Roberto Petrini su Repubblica:
Il primo cambiamento rilevante, vero nodo del negoziato, è stato quello delle tre variabili macroeconomiche cruciali.
La prima è il rapporto tra deficit e Pil che la vecchia legge di Bilancio e il Documento programmatico di bilancio avevano fissato al 2,4 per cento e che ora scende al 2,04 per cento.
In realtà se si va a guardare l’ultima versione del Dpb consegnato dall’Italia a Bruxelles le tabelle cifrano un deficit-Pil superiore, arrotondato per eccesso al 2,5 per cento: dunque lo sforzo di riduzione del disavanzo — come è stato sottolineato dai negoziatori italiani — arriva di fatto quasi a mezzo punto.
L’altro elemento fondamentale è l’intervento sul debito: già annunciato da Tria nei giorni scorsi il piano di privatizzazioni sale da 0,3 ad 1 punto di Pil rimodulando il profilo del rapporto debito-Pil che fin dal prossimo anno scenderà dal previsto 130, pre-negoziato, al 129,2 per cento.
Il terzo aspetto è la stima di crescita del Pil: fissata all’1,5 per cento la previsione è ormai obsoleta per via della guerra dei dazi e del rallentamento dell’economia europea, Germania compresa.
Con ogni probabilità la previsione sarà fissata all’1 per cento: in questo modo la componente congiunturale delle coperture dovuta sostanzialmente alle nuove entrate viene meno a favore della componente strutturale venendo incontro alle richieste di Bruxelles.
E così dai 16 miliardi del balcone di Palazzo Chigi il fondo dedicato a finanziare le due “bandiere” gialloverdi diminuirà di oltre 5 miliardi grazie a rinvio dell’attivazione delle misure e all’effetto-rinuncia.
Quota 100, leghista, perderà 2,7 miliardi, scendendo dai 6,7 miliardi previsti a 4 miliardi grazie a vari paletti (mancato guadagno, cumulo, finestre di uscita dilazionate con partenza ad aprile) che provocheranno un effetto-rinuncia di circa il 15 per cento. Il reddito di cittadinanza, grillino — questa è la novità di ieri — scende sostanzialmente nel 2019 da 9 a 6,1 miliardi, più del miliardo e mezzo di cui si era parlato: in pratica 2,9 miliardi in meno come conseguenza dell’avvio a marzo (9 mesi invece di 12) e, anche in questo caso, dell’effetto-rinuncia che viene valutato al 10 per cento.
Ieri quindi è arrivato l’accordo nel vertice con Giuseppe Conte che ora dovrà andare a Bruxelles per farsi dire di sì ed evitare la procedura d’infrazione, ammesso che ci riesca
Sulla quale, e non è una sorpresa, concordavano tutti i paesi, anche quei leader che avevano dimostrato (a parole) grande amicizia e vicinanza con Salvini (vedi Orban).
I gialloverdi si sono resi conto di essere isolati e la procedura d’infrazione sarebbe arrivata in ogni caso molto prima delle elezioni europee e senza che un rimpasto possa togliere gli attuali Dombrovskis e Moscovici dai posti che attualmente occupano, visto che la Commissione “scade” a novembre 2019.
L’Italia era sola contro tutta l’Europa e questo gli strateghi del nuovo vittimismo politico non mancheranno di farlo notare per spiegare le loro scelte.
Il problema è che fino a ieri avevano sostenuto che non avrebbero ceduto ai ricatti: ora dovranno spiegare perchè lo hanno fatto.
Ma la tendenza alla supercazzola non manca in seno alla maggioranza. Il punto è fino a quando gli elettori crederanno alle barzellette invece che alla verità .
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
53.000 EURO DI DEBITI VERSO I DIPENDENTI, 151.000 EURO DI DEBITI VERSO LE BANCHE, 135.000 DI DEBITI VERSO I FORNITORI, 60.000 DI DEBITI TRIBUTARI
Il Giornale oggi va all’attacco di Vittorio Di Battista e Alessandro Di Battista parlando della Di.Bi.Tech, ovvero dell’azienda di ceramiche e sanitari di proprietà della famiglia, che, secondo la visura camerale, ha 53mila e 370 euro di debiti verso i dipendenti, 151.578 euro di debiti verso le banche; 135.373 euro di debiti verso i fornitori; 60.177 euro di debiti tributari.
Costituita il 20 settembre 2001 da Vittorio Di Battista (che è presidente del consiglio di amministrazione), la Di.Bi Tec ha sede a Roma, in via Latina numero 20, e ha come oggetto sociale «la produzione industriale, la lavorazione di manufatti in ceramica e affini, di apparecchi igienico sanitari».
I soci sono Alessandro Di Battista (30%), Maria Teresa Di Battista (30%), Vittorio Di Battista (20%), Leonardo Salvini (15%), Carmela Traversari (5%).
La società ha presentato l’ultimo bilancio nel 2016 e i debiti verso i dipendenti ammontano infatti, nell’ultimo esercizio, a 53.370 (ma potrebbe essere il TFR?). Ma non ci sono solo quelli:
La Di.Bi Tec S.r.l. è debitrice anche nei confronti dello Stato. A pesare ci sono infatti i mancati versamenti tributari. Si tratta di 60.177 euro (in cui la parte del leone lo fa il debito Iva) e anche questi si sono innalzati rispetto all’esercizio precedente, quando a bilancio erano iscritti 40.550 euro.
Oltre ai debiti tributari, la società della famiglia Di Battista ha debiti anche verso «gli istituti di previdenza e sicurezza sociale». I debiti verso l’Inps sono di 7.715 euro e questi — a conferma della buona fede con cui si estrapolano i dati — sono leggermente diminuiti: nell’esercizio precedente erano di 8.244 euro.
I revisori dei conti, visionati i dati, registrano che la società ha ridotte dimensioni (non ha dirigenti). Un debito di 53.370 euro verso i dipendenti è spia di ritardi notevoli nei pagamenti, dice il quotidiano, anche se ad occhio potrebbero essere anche i soldi necessari per l’accantonamento del trattamento di fine rapporto.
Nonostante numeri così compromessi, in realtà la Di.bi Tec srl possiede dei titoli bancari «Carivit» pari a 116.227 euro: sono titoli della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo.
Il padre di Alessandro Di Battista è intervenuto spesso nell’attualità politica in questi anni, non mancando di farsi notare: come quando ha minacciato Mattarella rimediando un’indagine a cui ha dato l’ok il ministero della Giustizia guidato dal M5S Alfonso Bonafede.
Lo show di Vittorio Di Battista a Italia 5 Stelle è stato molto apprezzato mentre nulla sappiamo delle critiche successive nei confronti di Di Maio e del governo con la metafora del tonno rimasto nella scatoletta.
Alessandro Di Battista in questi mesi si è ripetutamente scagliato contro i genitori di Renzi all’epoca in cui scoppiavano le inchieste giornalistiche sul padre di Di Maio, Antonio.
Ieri si parlava anche di un possibile vertice tra Beppe Grillo, lo stesso Di Maio e Di Battista a Natale per preparare il rilancio del MoVimento 5 Stelle che oggi è un po’ in crisi nei sondaggi, “mangiato” dalla Lega di Salvini.
Ma lo stesso Alessandro Di Battista, che sarebbe la carta nascosta che il M5S è pronto a giocarsi alle Europee, potrebbe continuare il suo giro del mondo, come si evince dai contatti per un altro contratto con la tv del Fatto Loft dopo quelli che lo hanno portato in America.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
LIBERO PERDEREBBE TRE MILIONI
Con la bontà d’animo che ha sempre caratterizzato le sue azioni ogni volta disinteressate e sempre volte al Bene Comune piuttosto che all’interesse particulare machiavelliano, il nobile di spirito Vittorio Feltri oggi su Libero si scaglia contro quei cattivoni di MoVimento 5 Stelle e Lega che vogliono tagliare i fondi all’editoria. Feltri ha un diavolo per capello e non ha alcuna intenzione di nasconderlo:
In termini brutali, Lega e 5 Stelle, in buona o cattiva fede, preferiscono risparmiare riducendo le gocce spettanti ai piccoli fogli indipendenti anzichè arginare le cascate di quattrini che si bevono le reti televisive e radiofoniche sotto il segno della Rai, grande mignotta che campa alle spalle dei connazionali. Perchè il baraccone romano è esentato dal competere sul mercato, e viene foraggiato dalla politica, mentre noi pennaioli siamo costretti a tirare la lingua per terra?
È questo il vostro cambiamento? Vergognatevi. Erano più corretti, e ci vuol tutta, i vecchi democristiani e il cosiddetto pentapartito, i quali almeno coprivano di soldi il monopolio culturale italiano radiotelevisivo, ma a noi reietti riservavano almeno qualche briciola che ci consentiva di andare avanti partecipando al dibattito sulle vicende del Paese. Voi invece, gialloverdi del menga, uccidete i piccoli per leccare il culo ai fortunelli del club miliardario di cui siete protettori inverecondi. Vi sembra corretto?
Feltri, insomma, è alquanto arrabbiato, oseremmo dire incazzato. E ha tre milioni di buone ragioni per esserlo: Libero Quotidiano incassa attualmente 3,7 milioni di euro di fondi per l’editoria. E come mai li incassa? Grazie a un interessante metodo spiegato da Datamediahub
Nel 2003 Libero ha chiesto ai proprietari del bollettino “Opinioni nuove” di prendere in affitto la testata. Il quotidiano è diventato ufficialmente il supplemento dell’organo ufficiale del Movimento Monarchico Italiano. In questo modo ha potuto beneficiare del finanziamento pubblico agli organi di partito [18], secondo quanto previsto dalla Legge 7 marzo 2001, n. 62 [19].
Il d.P.R. 7 novembre 2001, n. 460 ha favorito la trasformazione in cooperative per tutte le imprese che intendono chiedere finanziamenti pubblici. Nel 2004 Libero ha acquistato la testata Opinioni nuove e si è poi trasformato in cooperativa di giornalisti, pur rimanendo a tutti gli effetti di proprietà del gruppo Angelucci ancora oggi.
Per soprannumero, va ricordato che il proprietario Angelucci a novembre 2017 è stato condannato ad un anno e quattro mesi per falso e tentata truffa nell’ambito di un processo legato ai contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani Libero e il Riformista.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 17th, 2018 Riccardo Fucile
AGGREDITA O NO?… UNA DONNA LA SMENTISCE: “A UN CERTO PUNTO HA DETTO “LEI NON SA CHI SONO IO”
Ci sarebbe una testimone oculare che avrebbe visto tutta la scena della presunta aggressione alla deputata di M5S Mara Lapia, che riferisce di aver assistito all’episodio al supermercato Lidl di Nuoro.
Il battibecco tra la deputata e un uomo, accompagnato dall’anziana madre, sarebbe iniziato alla barriera delle casse. Secondo quanto apprende l’Adnkronos sarebbero cadute due lattine mentre il cassiere faceva il conto e tra i due sarebbe nata una discussione.
La deputata quindi gli avrebbe detto “lasci i documenti, lei non sa chi sono io” e avrebbe iniziato a filmare la scena con il cellulare mentre l’uomo con l’anziana madre si avviavano verso l’auto parcheggiata per deporre la spesa.
La parlamentare invece, riferisce la testimone oculare, una crocerossina che lavora all’ospedale di Nuoro sentita dalla Squadra Mobile, che la Lapia continuava a filmare e a litigare con l’uomo nel parcheggio.
A quel punto l’anziana donna si sarebbe avvicinata alla deputata grillina e “le ha toccato la spalla”, come per calmarla e chiederle di smetterla.
“Lei si è buttata a terra, così, d’improvviso”. Tutto è a verbale della Squadra Mobile. “A quel punto mi sono avvicinata e ho chiesto alla signora (che non sapevo chi fosse) se avesse bisogno d’aiuto perchè pensavo fosse svenuta”.
Prosegue il racconto: “Non ha visto che sono stata aggredita, che mi hanno spinto?”, le ha replicato la Lapia.
“Io – dice la testimone – sono rimasta shoccata da quell’affermazione; e le ho detto ‘Signora ma di cosa sta parlando? Aggredita? Guardi che ho visto tutto e non l’ha aggredita nessuno”.
“In quel momento è arrivata la Polizia che ovviamente sapeva chi avrebbe trovato, ma io – prosegue la testimone oculare – non sapevo minimamente chi fosse. Quindi la Lapia (che ho scoperto dopo fosse lei) ha raccontato la sua versione ai poliziotti”.
Sentendo cosa riferiva Lapia, la testimone si è avvicinata alla Polizia per riferire la sua versione agli agenti della Volante: “Non è vero nulla di quello che sta dicendo, non so perchè sta facendo questa scenata. Non è vero, non è stata aggredita”, ha messo a verbale. “Era solo un diverbio fra queste persone”.
La testimone conclude: “Io ho passato la mattinata coi poliziotti che mi chiamavano di continuo per il verbale”.
La deputata di M5S Lapia comunque ha riportato la frattura di una costola, refertata dall’ospedale di Nuoro con 30 giorni di prognosi. E’ in corso l’indagine della Mobile che sta visionando le immagini dell’impianto di videosorveglianza della Lidl nuorese.
(da agenzie)
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