Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
DI MAIO NON PUO’ ROMPERE PERCHE’ NON HA ALTERNATIVE, SALVINI POTREBBE MA NON VUOLE TORNARE NEL CENTRODESTRA… E ORA DEVONO METTERCI LA FACCIA SULLA CAPORETTO POLITICA DELLA RESA ALL’EUROPA DOPO TANTE PROMESSE TRADITE
La manovra, politicamente parlando, non è una parentesi, chiusa la quale tutto tornerà come prima. Ed è indicativo di quanto sia cambiato il clima nel governo, la fiducia tra alleati, e il rapporto col paese, la “connessione” emotiva, che il giorno finale, ad accordo quasi raggiunto, sia stato il più teso.
È quasi surreale il “governo del cambiamento” che evita di riferire in Aula e annuncia, come neanche Monti ai tempi d’oro, che “la manovra la rivelerà l’Europa”, dopo giorni in cui le commissioni hanno girato a vuoto, discutendo di un provvedimento ancora da scrivere.
E se qualche giorno fa il caso era “il reddito di cittadinanza” che “piace all’Italia che non ci piace” e alimenta “il nero”, stavolta è il caso è l’election day.
Perchè la manovra, ancora dopo l’accordo raggiunto o quasi raggiunto, è come una tromba d’aria che lascia una scia di turbolenze. Ed è il solito Giorgetti, più di Salvini, ad interpretare l’insofferenza del corpaccione leghista, perchè un conto è difendere la stabilità di governo, altro è correre in soccorso dei Cinque Stelle.
E quell’emendamento presentato dai Cinque Stelle per accorpare regionali ed europee era un soccorso. A quanti, nel pomeriggio, iniziano compulsivamente a mandargli messaggi, il potente sottosegretario a Palazzo Chigi assicura che “quella roba sarà ritirata, perchè non esiste”.
È la storia di un blitz fallito, ennesimo capitolo di una scia, appunto, di turbolenze tra i due alleati di governo: pochi giorni fa era il nero del reddito di cittadinanza, prima ancora l’attacco a freddo sui fondi della Lega, una settimana fa la competizione a ricevere gli imprenditori.
E domani sarà il global compact, col governo che decide di non decidere, rinviando la decisione sine die, affidata a una mozione buona solo a prendere tempo, dopo che Conte si era impegnato con l’Onu sull’adesione dell’Italia e Salvini l’aveva smentito in Parlamento rinviando il tutto a una discussione in Aula.
La verità è che si vive in un clima di incertezza.
“Siamo tutti provvisori”: è bastata la frase pronunciata dal sottosegretario Vincenzo Spadafora a margine di un convegno per scatenare nei Palazzi una situazione da allarme, come se fosse un preannuncio di crisi.
Che non c’è e non ci sarà , perchè il punto di fondo è che Salvini non vuole rompere. Non perchè non ha alternative, ma perchè le alternative non gli piacciono.
E Di Maio invece non può rompere perchè di alternative non ce l’ha.
È una provvisorietà diventata acuta in tempi di manovra, che però rischia di diventare una situazione “esistenziale” del governo anche nel dopo-manovra.
Perchè semmai la parentesi è il protagonismo di Conte, chiamato a mettere la faccia su una operazione che rappresenta una Caporetto politica rispetto alle aspettative suscitate, ai programmi, alle dichiarazioni di strafottenza del sistema di regole europee.
E Salvini, dopo giorni di quasi silenzio, sarà chiamato a gestire il dopo per evitare di finire in una terra di nessuno, di una manovra che scontenta sovranisti da un lato, perchè arrendevole con l’Europa, e imprese dall’altro perchè non c’è sviluppo.
Come la soluzione trovata sul global compact è una classica furbata all’italiana, che mette il governo a riparo da una crisi, al prezzo di una doppio cedimento: Conte, sul tema, perde la faccia, Salvini perde molta purezza sovranista.
E adesso immaginate, in questo quadro, la vittoria del centrodestra in Abruzzo e magari in Sardegna a febbraio (in attesa del pronunciamento del Tar sulla Basilicata), la crisi dei Cinque Stelle, la messa in discussione di fatto della leadership di Di Maio. I soliti ben informati delle cose leghiste raccontano che Salvini, in fondo, non si sarebbe scandalizzato più di tanto dell’election day, perchè è molto poco interessato al dossier regionali. È come se la cosa non lo riguardasse.
Le regionali sono un passaggio difficile da gestire, perchè c’è mezza Lega che pressa Salvini affinchè faccia ciò che non vuole fare.
E non è un caso che nei giorni scorsi, dopo le battute del Cavaliere proprio sui “responsabili” ha fatto sapere anche ai vertici delle istituzioni che “non tornerò mai al governo con Berlusconi”.
In fondo preferisce il governo con un alleato indebolito che un cambio di schema con un alleato ingombrante.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
MOSCOVICI E LE ALTRE “COLOMBE” DOVRANNO CONVINCERE DOMBROVSKIS E GLI ALTRI “FALCHI”… MA LA DECISIONE SLITTERA’ NEL 2019
La notizia arriva da Roma a sera: accordo raggiunto con Bruxelles, fanno sapere dal Tesoro. Accordo tecnico, informale.
E’ la fine della lunga e complicata saga sulla manovra economica italiana bocciata dalla Commissione europea il 23 ottobre scorso? Non ancora.
Da Bruxelles non si sbilanciano: no comment, dicono fonti della Commissione.
Resta valido quanto deciso oggi: domani il dossier italiano sarà affrontato dal collegio dei commissari a Palazzo Berlaymont.
Le ‘colombe’ (Moscovici, Avramopoulos, lo stesso Juncker) cercheranno di convincere i falchi (Dombrovskis, Katainen, Vestager) quanto meno a rinviare la decisione finale sull’apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo basato sul debito contro l’Italia.
Fino a ieri la Commissione europea non doveva nemmeno trattare il caso della manovra economica italiana nella riunione di domani, l’ultima prima della pausa natalizia.
E invece, stamane, il colpo di scena: l’argomento sarà trattato eccome. Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis – che oggi hanno riparlato al telefono con Giuseppe Conte – esporranno lo stato dell’arte della trattativa agli altri colleghi.
Dal Tesoro confermano in effetti che l’accordo raggiunto sarà al vaglio dei commissari europei domani. La parola ‘accordo’ però ancora non viene pronunciata da Bruxelles. Niente è fatto. Niente è scontato, “tutte le opzioni sono sul tavolo”, diceva stamattina la portavoce della Commissione Mina Andreeva.
E domani la Commissione discuterà con tutti i documenti pronti: quelli dell’eventuale accordo, certo, ma anche quelli che preparano le sanzioni, nel caso si decidesse di far scattare già domani la raccomandazione al consiglio dei ministri economici dell’Ue (Ecofin) per aprire formalmente la procedura di infrazione il 22 gennaio.
Quest’ultima sembra un’ipotesi residuale. Ma ciò non toglie che domani il confronto a Palazzo Berlaymont sarà molto politico.
Da una parte Moscovici e le ‘colombe’, interessate a ‘salvare’ Roma
E tra le ‘colombe’ viene annoverato anche Dimitri Avramopoulos, greco e commissario all’Immigrazione che qualche mese fa ha anche incontrato Matteo Salvini.
Dall’altra, ci sono i ‘falchi’, che intanto hanno ottenuto che domani il collegio dei commissari affronti la questione italiana. Non solo il vicepresidente Valdis Dombrovskis, lettone, ma tutti i commissari nordici: dalla liberale Marghrete Vestager, danese, all’altro vicepresidente Jyrki Katainen, finlandese.
L’annuncio serale del Mef aiuta le ‘colombe’ a sostenere le loro tesi: negli ultimi giorni non erano nelle condizioni migliori per vincere le resistenze dei falchi, tanto che il caso Italia inizialmente escluso dalla riunione di domani, ci è ritornato prepotentemente.
Ma certo l’annuncio del Mef dovrà essere accompagnato da certezze soprattutto sul deficit strutturale, il dato che interessa di più alla Commissione.
Il calo del deficit nominale dal 2,4 per cento al 2,04 per cento, pur essendo apprezzato, non è mai stato dichiarato sufficiente.
E per ora, ufficialmente, dal governo tengono coperti i dettagli dell’accordo: verranno rivelati domani dopo il via libera di Bruxelles, dicono.
Ecco, ma quali segnali si può aspettare Roma a questo punto? Non sembra ci siano le condizioni per una chiusura formale della pratica avviata sulla procedura di infrazione.
Il massimo cui il governo Conte può aspirare è un rinvio a gennaio, l’ipotesi al momento più accreditata. E se sarà rinvio, la discussione di domani servirà anche a pesare le varie posizioni politiche in seno alla Commissione e a preparare quella che sarà la decisione finale ad anno nuovo.
In quanto la tempistica di questa decisione al momento non è scontata: la Commissione farebbe comunque in tempo a dire la parola definitiva entro l’Ecofin del 22 gennaio.
Ma potrebbe anche scegliere di aspettare i dati economici reali, potrebbe valutare di lasciar passare le elezioni europee. Oppure potrebbe chiudere la procedura definitivamente.
Sono tutte ipotesi in campo: la loro realizzazione dipende da come andrà il confronto di domani. Un confronto tutto politico.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
CRITICA SUI MIGRANTI, SULLA CRIMINALIZZAZIONE DELLE ONG E IN RAPPORTI NON IDILLIACI CON I PRODUTTORI DI ARMI… ECCO PERCHE’ E’ IL MINISTRO PIU’ ODIATO DAI LEGHISTI
«Se una madre e un padre mettono il proprio figlio su un barcone sapendo che potrà morire non lo fanno perchè pensano di andare in crociera, ma perchè cercano una vita migliore. Nessuno vuole lasciare il suo Paese, nessuno vuole lasciare la sua cultura, la gente oggi fugge da guerre e carestie».
E poi: «Non so chi parla della leva obbligatoria, io che sono il ministro della Difesa non ne parlo e non sono d’accordo con l’idea di rimetterla».
E ancora: «Le Ong? Dico basta a una eccessiva demonizzazione che non mi convince e non mi piace».
Parole di Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, che si diverte sempre di più a fare il controcanto a Matteo Salvini.
E così dopo aver chiesto scusa a Ilaria Cucchi, dopo aver litigato pubblicamente con Gasparri e La Russa per via di uno spot dell’esercito, dopo aver perorato la causa della missione Sophia nel Mediterraneo (ottenendone la proroga), dopo aver cantato a Radiorock la canzone pacifista di Gianni Morandi (“C’era un ragazzo che come me…») e dopo aver infine preso le distanze dalle piromani dichiarazioni di Salvini sul conflitto in Medio Oriente, Trenta è diventata uno dei ministri più sgraditi ai leghisti.
La ministra è poco amata anche da alcuni ambienti della produzione militare, a iniziare da Leonardo Finmeccanica (ha proposto una “rimodulazione” degli investimenti con l’obiettivo di ridurre la spesa) ed è detestata dai cappellani militari, visto che ha cercato (finora inutilmente) di tagliarli.
Eppure Trenta non proviene certo dall’ala sinistra del M5S, anzi: è stata consigliere comunale dell’Udc a Velletri in appoggio a un sindaco di An, Bruno Cesaroni, noto per aver intitolato una via a Ettore Muti.
(da “L’Espresso“)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO LA MARCHETTA DELLE QUOTE LATTE, NON POTEVA MANCARE QUELLA AI TITOLARI DI STABILIMENTI BALNEARI CHE NON VOGLIONO GARE PUBBLICHE E TRASPARENTI… IL 60% DELLE SPIAGGE E’ STATO PRIVATIZZATO PAGANDO CANONI IRRISORI
Dopo la retromarcia sul 2,4% e dopo aver accantonato i propositi anti-euro quelli della Lega si devono essere accorti che il governo gialloverde non stava facendo abbastanza il duro contro l’Europa.
Proprio lei, quell’Unione Europea brutta e cattiva che ci impone continui diktat sotto forma di direttive europee.
Ecco quindi che come nella migliore delle tradizioni leghiste, quella che ci ha regalato le multe sulle quote latte, la Lega ha deciso di fare un bel regalo di Natale ai titolari di concessioni balneari, a spese dei contribuenti italiani.
Il simpatico omaggio è frutto di un accordo raggiunto durante un vertice a Palazzo Chigi tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini che prevede di inserire nella legge di Bilancio un emendamento che consentirà di escludere le concessioni balneari dall’applicazione della Direttiva Bolkestein che prevede che le le concessioni pubbliche (dei balneari ma anche dei venditori ambulanti) vengano di nuovo messe a gara.
Una gara pubblica e trasparente (qualcuno potrebbe addirittura azzardare onesta) che potrebbe costituire una possibilità di aumento per i canoni, in alcuni casi molto bassi, che i concessionari pagano agli enti per lo sfruttamento.
Come ricorda Legambiente in Italia oltre il 60% delle coste sabbiose occupato da stabilimenti balneari.
Sono 52.619 le concessioni demaniali marittime, di cui di cui 27.335, sono per uso “turistico ricreativo per un totale di 19,2 milioni di metri quadri di lidi sottratti alla libera fruizione.
Spiagge che sono di tutti ma che di fatto sono di proprietà privata.
E come hanno mostrato numerose inchieste sui lidi di Ostia spesso i balneari si “allargano” senza averne titolo costruendo dove non potrebbero.
Il ministro Gian Marco Centinaio è raggiante: «oggi posso finalmente dire che per il mondo balneare siamo riusciti a muovere qualcosa e portare a casa la prima vittoria. È stata raggiunta oggi in Senato l’intesa che consente per i prossimi 15 anni di prorogare l’esclusione della direttiva Bolkestein al comparto balneare» e CNA esulta con lui.
Ma l’esclusione del comparto balneare non è l’unico progetto del ministro che annuncia che il suo impegno sarà quello «di proseguire il tavolo tecnico con le Associazioni di categoria per prevedere l’uscita totale dalla Bolkestein».
Per il governo è un modo per affermare la nostra sovranità «la Commissione europea dovrà necessariamente capire le nostre istanze» conclude Centinaio.
E si capisce quindi che l’accordo raggiunto non vale nulla perchè senza un’intesa con la Commissione Europea quello che l’Italia si appresta a fare non è altro che una violazione delle regole europee.
In breve il governo intende prorogare fino al 2034 le concessioni balneari già in essere (in un emendamento presentato dalla Lega in commissione Finanze al Senato si chiedeva l’estensione fino al 2045).
§Non è certo la prima proroga, tra il 2009 e il 2012 i precedenti governi avevano concesso proroghe fino al 2020.
Sulla questione però è già intervenuta più volte la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha ricordato al nostro Paese che il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un’adeguata pubblicità ).
La proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una siffatta procedura di selezione.
Non è quindi possibile, spiegava la Corte, procedere in un regime di proroga automatica.
Il governo per mantenere una promessa che garantisce i guadagni di pochi a discapito della collettività (in termini di mancata fruizione delle spiagge e mancati introiti dovuti ai canoni troppo bassi, appena 1,27 euro a metro quadro, che non sono stati aggiornati) sembra deciso ad aprire un nuovo fronte di scontro con la Commissione. Ma in mancanza di un accordo con la UE il rischio è l’apertura di una nuova procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese per la violazione delle norme comunitarie.
Come già avvenuto per le quote latte o per i problemi relativi al ciclo dei rifiuti in Campania tutto questo si tradurrà in una multa che gli italiani dovranno pagare alla UE per consentire al governo di fare il suo regalo ai balneari.
Violare il diritto comunitario ha un prezzo il cui costo il governo del cambiamento e i balneari sono ben contenti di scaricarlo sui cittadini.
Questo Centinaio lo sa bene visto che un paio di settimane fa aveva dichiarato che «la strada è stretta: al 99% andremo in infrazione comunitaria».
La Bolkestein — che venne ratificata nel 2010 dall’ultimo governo Berlusconi di cui faceva parte la Lega Nord — però non vuole “sottrarre” le spiagge ai balneari italiani o rubarle all’Italia.
La direttiva prescrive che l’assegnazione debba essere fatta in maniera trasparente con una gara e senza proroghe automatiche. In questo modo a guadagnarci saranno anche i veri proprietari delle spiagge: ovvero i cittadini.
La Lega però non intende fermarsi qui e già pensa di “uscire completamente” dalla Bolkestein in modo di mantenere anche la promessa fatta ai venditori ambulanti.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
SOTTRATTI 110 MILIONI PER I PROGETTI DI FORMAZIONE IN MATERIA DI SICUREZZA E SALUTE AL LAVORO
Tra le altre proposte, trova conferma la riduzione dei premi Inail a carico delle imprese che vale 410 milioni per il 2019, 525 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021.
Emerge, però, che una parte consistente delle coperture della risorsa (110 milioni per il solo 2019) arriveranno dalla riduzione delle risorse strutturali destinate dall’Inail per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza al lavoro, in particolare destinati alle Pmi.
Altri 50 milioni, nel 2020 e 2021, sono poi da recuperare dalle risorse destinate allo “sconto per prevenzione”.
Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che il governo del cambiamento opera per cambiare in peggio le condizioni di lavoro, invece che affrontare seriamente il problema della disoccupazione.
Sconti alle imprese non collegate all’impegno di assumere giovani, correlate alla sottrazione di risorse idonee a tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro, fenomeno drammaticamente in aumento negli ultimi mesi, come la cronaca riporta ogni giorno.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
INSIEME AL BLOCCO DELL’ADEGUAMENTO ALL’INFLAZIONE, PERMETTEREBBERO DI TAGLIARE UN ALTRO MILIARDO… UN’ALTRA PROMESSA SCRITTA SULLA SABBIA
Le pensioni di cittadinanza erano state il primo provvedimento annunciato addirittura per il primo gennaio 2019 dalla viceministra più senza deleghe della storia Laura Castelli.
E proprio le pensioni di cittadinanza sono oggi candidate allo slittamento o al rinvio al 2020 per ridurre la dotazione a deficit della Manovra del Popolo e mettere a posto i conti.
Il Messaggero spiega oggi che tutto parte dal contributo di solidarietà per le pensioni più alte: si parla di portarlo a 100 mila dai 90 mila originariamente previsti, sempre con un prelievo a scaglioni che arriverebbe al 40% per la quota al di sopra dei 500 mila euro.
In contemporanea l’istituzione del reddito di cittadinanza sarebbe dovuto salire a 780 euro mensili anche l’importo dei trattamenti erogati dall’Inps che hanno una componente assistenziale parziale o totale, dalle pensioni integrate al minimo agli assegni sociali: una giungla di prestazioni nella quale occorrerebbe razionalizzare e mettere ordine, con il rischio concreto di ridurre i benefici per una parte della platea a fronte degli aumenti per altri.
Basta pensare che era già stato preso in considerazione il ricorso all’Isee, mentre oggi la gran parte di questi trattamenti sono erogati sulla base del reddito personale o familiare.
La via della delega permetterebbe di procedere con più cautela ed allo stesso tempo può assicurare una minore spesa di oltre 1 miliardo.
Le risorse messe insieme con i tagli alle pensioni alte e il nuovo blocco dell’adeguamento all’inflazione andrebbero invece a migliorare i saldi.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
LA CONDANNA A 4 ANNI PER L’AGGRESSIONE A UN TIFOSO DELL’INTER CHE PERSE L’USO DI UN OCCHIO, QUELLA PER TRAFFICO DI DROGA, I LEGAMI CON UOMINI DELLA ‘NDRANGHETA
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini dovrebbe sapere che per il ruolo che ricopre farsi vedere in atteggiamenti di grande familiarità con un condannato per traffico di stupefacenti non è il massimo dell’opportunità .
Ma scavando nella storia dell’ultras del Milan Luca Lucci si trova anche altro.
Ad esempio e la condanna a quattro anni per l’aggressione a un tifoso dell’Inter durante il derby del 2009: Virgilio Motta, all’epoca vera anima del gruppo nerazzurro Banda Bagaj, per quel pugno perderà l’uso dell’occhio sinistro.
Tre anni dopo, era il 2012, si suiciderà .
Ma non c’è solo questo, racconta oggi il Fatto in un articolo a firma di Davide Milosa: tutto parte da uno striscione della curva sud rossonera che sconfina nello spazio riservato ai tifosi nerazzurri, che lo strappano.
E parte la rissa:
A parlare in aula è lo stesso Virgilio. In quel momento sta proteggendo lo striscione. Spiega: “Arrivano ancora una serie di pugni, finchè compare una mano. Il tizio proprietario della mano non era davanti a me. Il pugno era anomalo, un dolore fortissimo. Dolore tremendo, tolgo la mano e guardo, trovo sangue, trovo molte lacrime, sostanza gelatinosa e una lenticchia gelatino sa”.
Spiegherà il dottor Maurizio Buscemi: “La lesione all’occhio è tragica, l’occhio potrebbe cedere, riaprirsi laddove è stato suturato, e riportare conseguenze ancora più gravi ”.
Nei giorni successivi un altro regolamento di conti ai danni di un noto personaggio della curva dell’Inter fa vacillare la pax che dura da anni tra le due tifoserie.
Questo accade nel 2009. Sia chiaro per quei fatti Lucci ha scontato la sua pena.
Pochi mesi dopo il suicidio di Motta, il 23 ottobre 2012 compare su internet uno scritto dal titolo: “L’indimenticabile storia dimenticata di Virgilio Motta”.
Siriassume l’accaduto con passaggi critici anche nei confronti delle istituzioni. A commento un post firmato con nome e cognome della figlia di Motta. Che lo abbia scritto lei non è dato saperlo.
Si legge: “Ho quasi 13 anni, e quando mio padre morì ne avevo 9. Ero ancora piccola per la verità , non che mia madre non me l’avesse raccontata, ma faticavo a capire davvero il senso di tutto ciò (…). Mio papà non se n’è andato invano, ma se n’è andato per dimostrare a tutti che questo paese può essere bello quanto volete ma quando ne hai davvero bisogno non è quasi mai presente. Ci sarò sempre per ricordarlo”. Secondo i giudici di Milano, non il suicidio, ma l’aggressione fu colpa esclusiva di Luca Lucci.
E poi c’è lo spaccio:
Tra gli arrestati anche il Toro, che, si legge nelle carte, utilizza gli spazi del Clan (sede storica della Curva a Sesto San Giovanni)per chiudere i suoi affari criminali. Gli investigatori filmano tutto. Immortalano così anche la presenza di Daniele Cataldo (non indagato), altra anima nera della Curva, finito in galera perchè trovato con armi pesanti e droga nel suo box sempre a Sesto San Giovanni. Compare alla festa, in prima fila sul palco, Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, regista delle dinamiche curvaiole, già in contatto con Loris Grancini, capo dei Viking della Juve oggi in carcere con pena definitiva a 13 anni per tentato omicidio.
Lombardi è il grande burattinaio che nel 2006, dopo lo scioglimento della Fossa dei leoni si è preso la Curva, il secondo anello e poi il primo, scalzando personaggi storici collegati ad ambienti criminali di peso.
Con Lucci oggi condivide interessi extra stadio legati alla movida. Lombardi, già condannato per una tentata estorsione al Milan, finirà in un’inchiesta per riciclaggio collegata al clan siciliano di Fidanzati.
Insomma, proprio un bell’amico per il ministro dell’Interno.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
M5S E LEGA FAVOREVOLI… SOLO MELONI E GASPARRI CONTRARI, UN MOTIVO IN PIU’ PER ESSERE A FAVORE
L’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato oggi a larga maggioranza il Global Compact per i rifugiati.
Solo Stati Uniti e Ungheria hanno votato contro il documento che pone una serie di obiettivi, fra cui miglior accesso ad assistenza sanitaria e istruzione per i rifugiati. Solo tre paesi si sono astenuti, mentre altri non hanno partecipato al voto.
L’Italia ha votato a favore.
Ma la storica decisione che trasformerà il modo in cui il mondo risponde agli esodi e alle crisi dei rifugiati, a vantaggio sia degli stessi rifugiati che delle comunità che li ospitano, ha suscitato polemiche in Italia. In particolare, a chiedere conto del voto favorevole italiano è Fratelli d’Italia.
“Apprendo che le Nazioni Unite hanno approvato il Global Compact sui rifugiati, preludio di quello sui migranti. Apprendo anche che il governo italiano ha votato a favore. Scusate, ma chi e dove ha deciso il voto italiano?”, – è l’interrogativo postato su Facebook da Giorgia Meloni.
Se FdI esprime un dubbioso interrogativo, è nettamente contraria Forza Italia.
“Il Global Compact – dichiara il senatore forzista Maurizio Gasparri – non solo non va firmato ma va contrastato e buttato in un cestino. Con buona pace dei suoi grandi sponsor che parlano, interferendo sulla gestione delle politiche dell’immigrazione e della sicurezza. L’Onu auspica movimenti ancora più forti di clandestini nel pianeta. Contrastare questo documento è un dovere e il Parlamento italiano deve fare una scelta chiara e forte”.
“È una buona notizia il sì dell’Italia”, afferma Giuseppe Brescia (5S), presidente della commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, che nei giorni scorsi ha inviato a tutti i deputati, inclusa Meloni, la traduzione in italiano del Global Compact sulla Migrazione.
“Finalmente – ha aggiunto – il nostro Paese non rimarrà isolato nel rispondere a un fenomeno globale e altri Stati condivideranno con noi la responsabilità di aiutare chi scappa da guerre e persecuzioni. Hanno votato insieme a noi 180 Paesi, più di quanti erano a Marrakech per aderire al Global Compact sulla Migrazione. Un bel segnale, tutti dalla parte giusta”.
“Questa maggioranza e questo governo – ha poi detto, rispondendo così ai dubbi della leader di FdI – non hanno mai messo in discussione l’adesione a questo documento fondamentale per rafforzare la cooperazione tra Paesi. Ringrazio l’Unhcr per il ruolo guida in questi due anni di lavoro sul documento”.
Il Centro studi “conservatore” Machiavelli, seguito da vicino in particolare dal sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi (Lega), si era espresso a favore del Global Compact sui rifugiati.
Il rapporto era stato presentato alla Camera alla presenza del senatore leghista Manuel Vescovi. Lo studio sostenuto dai parlamentari del Carroccio, intitolato “I global compact su migrazioni e rifugiati, sono compatibili con le politiche del governo italiano?” (autore Carlo Sacino), si era concluso con un parere positivo.
“La conclusione della nostra analisi è che il Governo italiano dovrebbe firmare il global compact sui rifugiati in quanto in linea con le proprie preferenze. Ma unirsi a Usa, Australia, Austria e Ungheria nel rifiuto dell’orientamento espresso dal global compact sulle migrazioni”.
Come il Global Compact sui migranti, firmato la settimana scorsa a Marrakech, il documento approvato dall’Assemblea Generale non è legalmente vincolante ma offre una cornice per la gestione dell’accoglienza dei rifugiati.
Non sono previste quote di accoglienza per i singoli Paesi. L’accordo sui rifugiati ha attirato minore attenzione di quello sui migranti, con diversi Paesi che hanno deciso di non firmarlo o di attendere, come l’Italia, un voto del parlamento.
Il Global compact sui migranti sarà sottoposto domani al voto dell’Assemblea generale.
“Nessun Paese dovrebbe essere lasciato da solo di fronte a massicci arrivi di rifugiati”, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. “Le crisi dei rifugiati – ha proseguito – richiedono una condivisione globale delle responsabilità , e il patto è una potente espressione di come possiamo lavorare insieme nel frammentato mondo di oggi”.
Il Patto Globale sui Rifugiati è stato approvato come parte della risoluzione annuale di quest’anno sull’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Ha le sue fondamenta nell’attuale sistema normativo internazionale sui rifugiati, sui diritti umani e il diritto umanitario, in particolare la Convenzione sui rifugiati del 1951. E’ uno strumento operativo non vincolante con lo scopo di rafforzare la cooperazione.
Questo accordo giunge in un momento in cui è urgente affrontare esodi che hanno raggiunto cifre record – oltre 68,5 milioni di persone sono state costrette a fuggire in tutto il mondo, tra cui oltre 25,4 milioni persone hanno attraversato confini internazionali per diventare rifugiati.
L’adozione del Patto sui rifugiati da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite arriva pochi giorni dopo l’adozione da parte di una conferenza intergovernativa a Marrakech del ‘Patto Globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare’, che verrà presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla fine di questa settimana.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
PICCHIATI DUE DEPUTATI DELL’OPPOSIZIONE, SEMPRE PIU’ ARIA DI REGIME… 400 ORE DI STRAORDINARIO L’ANNO, PAGATO PURE IN TRE ANNI
Non si fermano le proteste, in Ungheria, contro il premier Viktor Orban.
Le mobilitazioni sono state innescate dalla cosiddetta “legge schiavitù”, il provvedimento che autorizza i datori di lavoro a chiedere fino a 400 ore di straordinario l’anno pagato però in tre anni.
La norma è stata voluta per far fronte alla mancanza di manodopera nelle impreseLe m
anifestazioni contro la legge sugli straordinari hanno assunto col passare dei giorni un significato più ampio, portando in piazza un diffuso malcontento contro il regime instaurato dal premier Orban
I parlamentari, Akos Hadhazy e Bernadett Szell, erano entrati nello studio della tv di Stato Mtva per leggere una petizione, con alcune delle principali rivendicazioni dei manifestanti. I due esponenti dell’opposizione hanno denunciato di essere stati picchiati e buttati fuori dall’edificio.
Fra le rivendicazioni, portate dai dissidenti alla tv di Stato, c’era la revoca della legge che autorizza i datori di lavoro a chiedere fino a 400 ore di straordinario l’anno (ribattezzata “legge schiavistica”), la fine del controllo totale del governo sull’informazione, l’assicurazione della libertà accademica, e una sanità pubblica uguale per tutti, nonchè la fine della corruzione generalizzata e l’adesione dell’Ungheria alla procura europea.
(da agenzie)
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