Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
VOLEVANO ELIMINARE 20 GIUDICI PER SOSTITUIRLI CON ALTRETTANTI VICINI AL GOVERNO
Dopo la bocciatura della Corte di giustizia dell’Unione europea il governo polacco si è trovato costretto a reintegrare una ventina di giudici, mandati in pensione a 65 anni invece che a 70.
Una misura considerata un modo per controllare la Corte con la nomina di magistrati filo-governativi, che aveva causato molte proteste nel Paese.
Il governo aveva mostrato la riforma come un tentativo di innovare il sistema giudiziario rimasto inalterato dai tempi del comunismo, ma i polacchi non ci sono cascati.
Quella che vedete nelle immagini è, Malgorzata Gersdorf, Presidente della Corte suprema che ha rifiutato di lasciare l’incarico e che è diventata il simbolo della protesta.
E così la purga, come è stata soprannominata, non è passata e i giudici potranno ritornare al lavoro.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
FARSI VEDERE IN ATTEGGIAMENTI DI GRANDE FAMILIARITA’ CON PERSONAGGI POCO LIMPIDI SE NON ADDIRITTURA CONDANNATI NON E’ CERTO UN BEL BIGLIETTO DA VISITA
Per fare il ministro dell’Interno bisogna avere delle caratteristiche che Matteo Salvini non ha: essere riservato, schivo e attento alle persone a cui stringi la mano.
Per il ruolo che ricopre farsi vedere in atteggiamenti di grande familiarità con un condannato per traffico di stupefacenti non è il massimo, soprattutto dopo che lui stesso avevo denominato gli spacciatori assassini
Oggi dai quotidiani si scopre la storia dell’ultras del Milan Luca Lucci.
Ad esempio la condanna a quattro anni per l’aggressione a un tifoso dell’Inter durante il derby del 2009: Virgilio Motta, all’epoca vera anima del gruppo nerazzurro Banda Bagaj, per quel pugno perderà l’uso dell’occhio sinistro. Tre anni dopo, era il 2012, si suiciderà .
Sull’Espresso a Luglio 2018 usciva un’inchiesta che dimostrava che il volto più noto della Lega a Rosarno nascondeva un imbarazzante segreto. Vincenzo Gioffrè, 37 anni, è stato il regista del successo elettorale di Matteo Salvini nel paese della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria.
Comune simbolo dello sfruttamento dei braccianti africani, sciolto due volte per mafia, dove il potere della ‘ndrangheta è capillare.
E dove la Lega ha raggiunto uno dei risultati più sorprendenti delle ultime elezioni, ottenendo il 13 per cento dei voti dopo che cinque anni prima il pallottoliere si era fermato a un misero 0,25 per cento.
A Macerata invece strinse la mano a Luca Traini, candidato della Lega che dopo il femminicidio di Pamela Mastropietro sparò a delle persone inermi di colore. Ora è in carcere per tentato omicidio con l’aggravante del movente razziale.
Poi ci sono le frequentazioni allo stadio con Parnasi, il costruttore finito nei guai per lo stadio della Roma.
(da Globalist)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
ESILARANTE AFFERMAZIONE DEL MINISTRO DEGLI INTERNI, SULLA SCIA DI TONINELLI
Qualche giorno fa suscitò una discreta ilarità l’affermazione su Genova da parte del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: «Come governo abbiamo dato tutto quello che potevamo a Genova e penso che in pochi mesi, al massimo anni, tornerà ad essere più forte di prima».
Non sembra quindi una sorpresa che il ministro degli Interni Matteo Salvini, alleato del M5S di Toninelli, se ne esca con un’affermazione molto simile, ma stavolta con protagoniste mafia e ‘ndrangheta: “Sono ovunque, però io penso che siamo più forti noi. Ci sono operazioni in corso anche in altri paesi europei che riguardano mafia, camorra e ‘ndrangheta, riguardano sequestri e confische di beni. E devo dire che il sistema sicurezza in Italia, al di là dei ministri che vanno e che vengono, è assolutamente all’avanguardia e a un modello. Quindi ringrazio tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questa mattinata, i sindaci, gli uomini e le donne della Guardia di Finanza, gli studenti…e siamo più forti noi. Possono tener duro qualche mese o qualche anno ma siamo più forti noi: mafia, camorra e ‘ndrangheta verranno cancellati dalla storia di questo paese, ce la metteremo tutta”.
Salvini era oggi in municipio a Sorbolo, nel Parmense, per la consegna alla guardia di finanza di un edificio confiscato alla criminalità organizzata nell’ambito di Aemilia, il più grande processo contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta mai celebrato nel nord Italia sfociato (il 31 ottobre scorso) nella storica sentenza di 125 condanne per oltre 1200 anni di carcere.
Berlusconi nel 2010 prometteva: “Sconfiggeremo la mafia in tre anni”.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
L’EMENDAMENTO NON PASSA, MA SARA’ RIFORMULATO… MONTA IL MALCONTENTO DEI MILITARI: HANNO RAGIONE, NON BASTAVA UTILIZZARLI COME TAPPABUCHI DELLA POLIZIA, ORA ANCHE DELLE STRADE
È diventato un pasticcio l’emendamento alla manovra per intervenire sulle disastrate e pericolosissime strade di Roma, tristemente note per buche e spaccature che anche quest’anno hanno provocato incidenti mortali.
La commissione bilancio del Senato ha dichiarato inammissibile la proposta avanzata dalla maggioranza che stanziava 65 milioni di euro nel biennio 2019-2020 per riparare l’asfalto della città con l’aiuto del Genio dell’esercito.
Una novità festeggiata in mattinata dalla sindaca Virginia Raggi: “Una grande vittoria per Roma e i romani. Il governo sta mantenendo le promesse, ha stanziato i fondi per il rifacimento delle strade. Verrà impiegato l’esercito e il genio militare”.
Una frase che ha ricordato (sui social e al Pd) l’affermazione dell’ex sindaco Gianni Alemanno che nel 2012 chiese l’aiuto dei militari per fare fronte al maltempo che si era abbattuto su Roma.
In poche ore, però, è mutato l’atteggiamento dei 5 Stelle.
Prima la ministra della Difesa Elisabetta Trenta ha spiegato che “l’esercito interverrà nelle situazioni di emergenza, su quelle strade in cui c’è stata un’altissima mortalità . Perchè, come ho detto, noi andiamo a supporto delle amministrazioni dove ci siano situazioni di emergenza riconosciute e richieste di intervento. No, non tapperemo le buche ma daremo supporto alla situazione di emergenza”.
Poi è arrivata la bocciatura della commissione bilancio con la viceministra Laura Castelli costretta a precisare: “L’intervento per la manutenzione delle strade di Roma ci sarà e sarà regolarmente finanziato. Stiamo effettuando una semplice correzione formale del testo, che sarà ripresentato a breve e che finalmente aiuterà la Capitale a risolvere l’annosa questione delle buche nelle strade”.
A far cambiare approccio, anche le proteste dei militari: È una cosa gravissima – spiega Luca Marco Comellini, segretario generale del sindacato – suggerisco un’alternativa: vadano i parlamentari a coprire le buche stradali della Capitale, visto che la giudicano un’opera talmente nobile, elevata e meritoria da scomodare i soldati dell’Esercito”.
Critico anche il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa: “Ci troviamo davanti a un errato concetto delle Forze Armate e del loro impiego: certe forzature mi fanno venire subito l’orticaria”.
Al momento, insomma, nonostante le rassicurazioni della Castelli, i fondi per riparare le strade di Roma non ci sono. Secondo i 5 Stelle al governo, però, in questo momento è “inutile creare allarmi ingiustificati”.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
PROTESTA IN PIAZZA DEI NCC, I NOLEGGIATORI CON CONDUCENTE CHE MANIFESTANO CONTRO LA LIBERALIZZAZIONE
Attimi di tensione durante il presidio di Ncc a piazza della Repubblica, a Roma. Secondo quanto si è appreso da fonti della polizia locale, ci sarebbe stata una “caccia” al vigile da parte dei manifestanti.
Un agente sarebbe stato accerchiato da una trentina di persone rischiando il linciaggio. Sono intervenute le forze dell’ordine in tenuta antisommossa per metterlo a riparo.
Ora i manifestanti sono fermi all’altezza della Prefettura. Un cordone di forze dell’ordine con blindati impedisce l’accesso a piazza Venezia.
Il corteo dei noleggiatori con conducente è poi arrivato sotto al Senato. Sono oltre duecento, e il numero va aumentando, i rappresentanti della categoria che stanno protestando sotto l’entrata principale di Palazzo madama, bloccando corso Rinascimento.
Perlopiù vestiti di blu manifestano contro il governo al grido di: “Buffoni, buffoni” “armati” di fischietti e trombe e una bandiera dell’Italia che sventola. Bruciati anche alcuni vessili del Movimento Cinque Stelle, con tanto di cori non proprio teneri contro il ministro Toninelli.
Mentre una delegazione dei manifestanti è entrata a a Palazzo Madama in attesa di essere ricevuta, i sindacati dei tassisti che si trovano al ministero dei Trasporti contano i danni causati dai disordini: “Stiamo facendo presente qui che ci sono numerosi Ncc malintenzionati a Roma e a Milano, che salgono sui taxi con l’intenzione di danneggiare le vetture. Sulle radio girano appelli a non prendere corse da Piazza della Repubblica, a Roma, e da Piazza della Scala, a Milano. Chiediamo ai colleghi tassisti di non cedere alle provocazioni”.
Il motivo della protesta sta nell’entrata in vigore della direttiva Bolkestein, in particolare contro la norma che prevede l’obbligo di rientro in rimessa alla fine di ogni trasporto e quindi l’impossibilità di accettare eventuali corse dopo un servizio, come succede invece normalmente per i taxi.
Su questo il governo ha fatto dietrofront, dopo aver manifestato l’intenzione di rimuovere i paletti che limitano il raggio d’azione delle auto noleggiate con conducente.
Tuttavia un emendamento dei relatori alla manovra depositato in commissione Bilancio del Senato, pur confermando le disposizioni restrittive per il settore, amplia gli ambiti territoriali di operatività degli Ncc da comunali a provinciali prevedendo che, in deroga a quanto previsto, l’inizio del servizio possa avvenire senza il rientro in rimessa quando sul ‘foglio di servizio’ siano registrate, sin dalla partenza, più prenotazioni oltre la prima con partenza o destinazione all’interno della provincia o dell’area metropolitana in cui ricade il territorio del Comune che ha rilasciato le autorizzazioni.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
LA BATTAGLIA DEI SOVRANISTI CONTRO L’OLIO TUNISINO E’ UNA PATACCA, LE AZIENDE ITALIANE IN REALTA’ LO COMPRANO PER MISCELARLO CON QUELLO NAZIONALE, VISTO CHE LA PRODUZIONE E’ INFERIORE DI QUATTRO VOLTE ALLA DOMANDA
Anche quest’anno è tornato un grande classico della televisione d’inchiesta: l’olio d’oliva.
Ad occuparsi di olio extravergine d’oliva (o presunto tale) questa volta è Report con il servizio Pecunia olet. Che rivela quello che tutti sanno, ovvero che le battaglie contro “l’olio tunisino” non hanno alcun senso.
Perchè senza quell’olio e quelle olive l’Italia non sarebbe in grado di soddisfare la domanda interna. Per il semplice fatto che nel nostro Paese si produce molto meno olio di quanto ne viene consumato ed esportato.
Ed è qui che viene il bello. Basta andare in un qualsiasi supermercato per accorgersi che la maggior parte delle bottiglie in vendita, anche quelle prodotte da marchi italiani (la cui proprietà magari è in mano ad aziende straniere), riporta la dicitura “prodotto con miscela di olii dell’Unione Europea”.
Questo significa che nelle bottiglie di olio d’oliva imbottigliate in Italia non c’è il 100% di olio made in Italy.
E non è un problema dovuto unicamente al fatto che l’olio e le olive prodotte all’estero costano meno ma che riguarda soprattutto la scarsità della produzione italiana.
Nella stagione 2016/2017 il nostro Paese ha prodotto 182 mila tonnellate di olio d’oliva. Gli italiani ne hanno però consumate 560 mila tonnellate e ne sono state esportate 190 mila.
Ecco quindi che in bottiglia ci finiscono oli prodotti in Portogallo, Grecia e soprattutto Spagna che è il principale paese produttore di olio d’oliva.
Lì si utilizza il metodo di produzione intensivo, che anche grazie alla meccanizzazione della raccolta consente una resa maggiore per ettaro e rende molto economico l’olio spagnolo.
Il modello spagnolo funziona anche perchè i frantoi sono molto grandi (hanno molti soci) e recuperano i costi utilizzando gli scarti per la produzione di energia elettrica.
L’olio vergine spagnolo viene poi acquistato dalle multinazionali dell’olio e — se imbottigliato nel nostro Paese — venduto come olio italiano.
Questo non accade solo in nei nostri supermercati. Anche all’estero l’olio prodotto con miscele di oli italiani, portoghesi, spagnoli e greci viene pubblicizzato come olio made in Italy.
C’è poi la truffa dell’olio extravergine taroccato, ovvero quando l’etichetta dice che il prodotto è extravergine ma le analisi dimostrano il contrario.
A giugno del 2016 è arrivata la sanzione dell’Antitrust nei confronti di LIDL, costretta a pagare una multa da 550 mila euro per aver venduto come extravergine un olio (il Primadonna) che in realtà era solo vergine.
Stessa motivazione anche per la multa da 300 mila euro inflitta a Deoleo (proprietaria di Bertolli, Sasso e Carapelli) per i prodotti Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantolio: che sono semplici oli vergini e non extravergini.
Carapelli è stata inoltre accusata di aver venduto all’estero come extravergine 100% made in Italy un prodotto che in realtà era stato semplicemente imbottigliato in Italia e confezionato con oli provenienti da Tunisia, Spagna o Grecia.
Per essere extravergine un olio deve essere frutto della lavorazione di olive raccolte sulla pianta e lavorate prima che comincino a fermentare.
La truffa dell’olio extravergine scoperta da Report funziona così: gli importatori italiani comprano olio spagnolo che sulla carta risulta essere extravergine ma che in realtà non lo è affatto.
Può essere olio vergine ma non solo. Ad esempio viene venduto olio lampante, l’olio che si ottiene spremendo olive marce o mal conservate, che non ha un buon sapore, tant’è che veniva utilizzato per l’illuminazione.
Ad inizio dello scorso anno è arrivata la condanna in primo grado a carico di sei dirigenti di un’azienda senese per contraffazione dell’extravergine d’oliva che commercializzavano olio d’oliva «ottenuto da illecita miscelazione con materie prime di categoria inferiore o con altra provenienza geografica».
In particolare veniva presentato come olio extravergine 100% italiano una miscela di olio vergine e olio lampante deodorato, ovvero trattato chimicamente.
Il fatto che un olio (vergine o extravergine) non venga prodotto in Italia o che sia frutto della miscelazione di più oli non significa che non sia buono.
Il problema nasce ovviamente quando un prodotto viene venduto per quello che non è e quindi si commette una frode.
Il vantaggio di poter vendere come “italiano” un olio che non lo è al 100% è evidente: comprando all’estero (nei paesi UE ma anche in Tunisia) l’imbottigliatore risparmia sui costi e può vendere l’olio ad un prezzo maggiore, per il fatto che è “italiano”.
Ma la colpa non è degli stranieri, come lasciano intendere certi politici che a parole difendono la produzione italiana.
Le responsabilità sono dei produttori italiani che quando vanno all’estero acquistano un certo tipo di prodotto.
Il presidente del Frantoio S.C.A. di San Juan a Jaen in Andalusia ha dichiarato a Report che gli italiani comprano da lui olio lampante o al massimo vergine e quasi mai extravergine.
Dei campioni di olio extravergine analizzati dal laboratorio IRCQF di Perugia durante il servizio di Report due sono risultati irregolari, ovvero si trattata di olio vergine e non extravergine.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
NEL 2020 GLI IRREGOLARI SARANNO 700.000, PER RIMPATRIARLI CI VORRANNO 101 ANNI… SALVINI HA SOLO PROVOCATO 80.000 IRREGOLARI IN PIU’
Fino a 700.000 migranti irregolari nel 2020, per rimpatriarli tutti ( nel caso in cui dovessero essere fatti gli accordi con i paesi d’origine) ci vorrebbero ben 101 anni.
La legge Salvini, come era stato ampiamente previsto, si sta rivelando un moltiplicatore di immigrati irregolari che, secondo l’ultimo studio dell’Ispi, in soli due anni toccheranno il secondo valore più alto di sempre in Italia, sfiorando i 700.000.
E questo ipotizzando che in Italia non arrivi più neanche un migrante, cosa assai improbabile visto che anche quest’anno, con i porti chiusi, sono riusciti a sbarcare in Italia 23.126 persone, solo la metà delle quali provenienti dalla Libia.
Paradossale ma inevitabile effetto delle nuove norme volute da Salvini teoricamente per alleggerire la presenza di immigrati sul territorio nazionale ma prive di alcuna efficacia in mancanza di accordi per i rimpatri che, in sei mesi di governo, il ministro dell’Interno non è riuscito ad incrementare rispetto a quelli già preesistenti e che continuano a funzionare a singhiozzo.
Il Viminale allora frena sulle espulsioni di massa dal circuito dell’accoglienza delle decine di migliaia di migranti regolari titolare di protezione umanitaria che, per effetto della nuova legge, non avendo più diritto ad un posto negli Sprar adesso vengono estromessi anche dai Cas e dai Cara.
Per oggi è attesa la circolare ai prefetti con la quale verranno dati dei criteri univoci di interpretazione e applicazione della legge e una sorta di regime transitorio delle nuove norme per ammorbidire l’effetto sulle situazioni più vulnerabili, sulle famiglie con bambini, anziani e disabili per i quali si cercherà di trovare soluzioni alternative alla strada.
Intanto il Viminale ha diffuso una sorta di opuscolo vademecum sulla nuova legge con toni assai diversi da quelli usati quotidianamente da Salvini e con l’evidente obiettivo di affievolire l’impatto negativo della legge ormai evidente nelle strade.
Così il Viminale sottolinea che “restano invariate le tutele per chi fugge perchè perseguitato o discriminato o chi versa in una condizione di particolare esigenza umanitaria”.
E precisa che il sistema Sprar, che cambierà nome in Siproimi ( Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), continuerà ad esistere con 877 progetti finanziati per 35.881 posti con 1825 comuni interessati e con più di 27.000 persone accolte. Secondo il ministero dell’Interno si tratta solo di una ottimizzazione del sistema dell’accoglienza che ad oggi accoglie circa 140.000 persone mentre sono in trattazione 110.000 domande d’asilo.
Precisazioni e numeri che non cambiano la realtà dei fatti.
E cioè che negli ultimi sei mesi sono già 26.000 le persone, in buona parte titolari di protezione umanitaria e dunque regolari in Italia, che sono state espulse dal circuito dell’accoglienza, che la stretta sulle domande di asilo ha ridotto dal 26 al 5 per cento i permessi umanitari e aumentato all’80 per cento i dinieghi totali, aumentando già di decine di migliaia negli ultimi tre mesi il numero delle persone diventate irregolari ma che non si possono rimandare nei paesi d’origine in assenza di accordi e che dunque restano in Italia senza alcuna assistenza nè controllo vivendo ai margini delle città e aumentando il rischio di finire preda della criminalità organizzata.
E se il vademecum del Viminale sottolinea che per i titolari di protezione umanitaria, alla scadenza del permesso, resta la possibilità di tramutarlo in permesso di lavoro “per chi avrà saputo coglierne l’opportunità ”, è evidente che la contestuale negazione a questo tipo di migranti di ogni diritto all’accoglienza, a lezioni di italiano e a corsi di formazione come prevede la legge, rende praticamente impossibile che possano trovare un regolare contratto di lavoro.
Da qui anche la previsione di Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, secondo la quale la scadenza dei permessi umanitaria produrrà 80.000 nuovi migranti irregolari
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
CORRUZIONE E RAZZISMO “VERGOGNA DELLA POLITICA”
Un messaggio breve, quattro cartelle. Ma molto dense. In 7 punti. Con un titolo che dice già tutto: “La buona politica è al servizio della pace”.
Il tradizionale discorso del Papa per la Giornata del 1 gennaio – ricorrenza istituita da Paolo VI e celebrata per la prima volta nel 1968 – cala nel concreto della vita dei popoli e delle nazioni, perchè parla di politica, di politici e di scelte politiche.
Con un occhio anche alle prossime scadenze elettorali, che per gli europei saranno quelle del prossimo maggio, con il rinnovo dell’Europarlamento di Strasburgo.
Quasi un “Manifesto antisovranista”, un documento “antidivisivo”, che fa appello alla speranza del bene comune e all’immagine della “casa” e che nel libretto preparato dalla Libreria Editrice Vaticana è illustrato dalla figura della Giustizia, con in mano una spada e una bilancia.
Il messaggio costituirà certamente uno strumento di riflessione anche per i laici cattolici italiani, chiamati di recente dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, a uscire dall’irrilevanza pubblica in cui sono precipitati.
“Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica – si legge nel Messaggio di Francesco – costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinchè tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”.
Ma della politica Francesco esamina, nel punto 4, anche i “vizi”: dalla corruzione alla xenofobia.
“Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale, sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione — nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone —, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ragion di Stato, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio”.
Al punto 5 Bergoglio aggiunge: “In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”. E ancora, il Papa stigmatizza chi addossa ai più vulnerabili, ai migranti l’origine di tutti i mali.
Qualcuno griderà all’ingerenza politica di Francesco. Ma il Papa è molto attento a richiamare il magistero dei suoi predecessori: Giovanni XXIII, Paolo VI e Benedetto XVI (a cui è dedicato l’intero capitolo 3), insieme alle parole del cardinale vietnamita Nguyen Van Thuan che trascorse ben 13 anni in prigione nel suo Paese, di cui 9 in isolamento, e fu definito da Giovanni Paolo II testimone eroico della sua fede, di cui Francesco enuncia nel suo Messaggio le otto “Beatitudini del politico”.
Nessuno insomma potrà etichettare il documento per la giornata della Pace come “comunista”, o divisivo.
“Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo” spiega il Papa.” Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi” (Lc 10,5-6).
Ed è questo l’augurio di Francesco all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”. “E questa offerta – continua – è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana.
La “casa” di cui parla Gesù – continua – è ogni famiglia, ogni comunità , ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni nè discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine”.
La pace, secondo Francesco, è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Pèguy; è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.
“Se uno vuol essere il primo — dice Gesù — sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: “Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli — locale, regionale, nazionale e mondiale — significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città , della nazione, dell’umanità “.
In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità .
Papa Benedetto XVI ricordava – continua il Messaggio – che “ogni cristiano è chiamato a questa carità , nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla Terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità , contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana”.
È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità , il rispetto reciproco, la sincerità , l’onestà , la fedeltà .
Il Messaggio continua con uno sguardo rivolto ai giovani, al futuro. “Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perchè condannati a restare ai margini della società , senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona.
“Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo”.
Per Papa Francesco, ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. “La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sè una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali”.
A cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, “mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità . È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate. Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinchè le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità “.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2018 Riccardo Fucile
“NON PAGHI I DIPENDENTI E TI INCAZZI PURE”… MA NON DICE NULLA SUI 60.000 EURO DI TRIBUTI NON PAGATI (CHE ASPETTI LA PACE FISCALE?)
Vittorio Di Battista e la sua Di.Bi.Tec. S.R.L. finiscono sulla graticola per il secondo giorno consecutivo dopo la notizia del Giornale a cui l’ex deputato Alessandro e suo padre hanno risposto ieri.
Dopo Di Maio anche Di Battista finisce nel mirino per i guai aziendali del padre, mentre tra il popolo, ricorda oggi Repubblica, c’è chi gli scrive: «Non paghi i dipendenti e t’incazzi pure».
Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Lorenzo Vendemiale riepiloga i termini della questione:
L’accusa è di non pagare i lavoratori. Sarebbe bastata una telefona per scoprire che i dipendenti non pagati sono la figlia di Di Battista e un’altra socia, come spiega lo stesso Vittorio: “Non ci sono dipendenti non pagati, solo persone che hanno rinunciato al proprio emolumento in una fase difficile”. Per trovarlo bisogna andare a Fabrica dove ha sede la Di.Bi.Tec. Un vecchio magazzino, cancello arrugginito, computer stile Ibm Anni 90, pile di scartoffie e scatoloni ammassati all’ingresso.
I vicini non se la passano meglio: la zona di Civita era il regno della ceramica sanitaria ma nell’ultimo decennio è stata travolta dalla crisi. Dietro un cartello di benvenuto che evoca il muro di Berlino, Di Battista padre lavora con Carmela Traversari, socia al 5 per cento e simpatizzante M5s: è una dei due dipendenti a cui la Di. Bi. Tec deve 53 mila euro; l’altra è Maria Teresa Di Battista, sorella di Alessandro. In un’azienda a conduzione familiare, i titolari sono anche impiegati: se le cose vanno male niente stipendio. L’impressione non mente: la ditta tra il 2015 e il 2016 ha visto calare il suo fatturato dell’8% (da 476 a 439 mila euro) e praticamente non ha prodotto utili. “Siamo un’azienda normale, non riceviamo favori dallo Stato e dai potenti”, dice il titolare.
Se però i dipendenti avessero rinunciato allo stipendio già nel 2016, come dice Di Battista, questo apparirebbe nei conti dell’azienda. E poi c’è anche altro:
Certo, oltre ai debiti verso i dipendenti ci sono pure 135 mila euro nei confronti dei fornitori. C’è il bilancio 2017 ancora non depositato, in violazione delle norme.
Ci sono 60 mila euro di mancati versamenti tributari (per lo più Iva),per cui la Di.bi.tec potrebbe magari avvalersi della “pace fiscale” approvata dal governo gialloverde.
Ma queste sono domande a cui Di Battista padre preferisce non rispondere.
Di Battista senior, famoso per le minacce sulla presa della Bastiglia (e della pastiglia), con Fabrizio Caccia del Corriere della Sera si sfoga: «Io non ce li ho più i dipendenti. Siamo rimasti in tre, io, mia figlia Titti (Maria Teresa, ndr) e la signora Carmela Traversari che in questo momento è in ufficio con me. Siamo tutti soci e lavoratori e da tempo abbiamo rinunciato all’emolumento. La nostra è solo una delle centinaia di migliaia di aziende italiane che non hanno favori…».
Sulla porta d’ingresso al piano strada c’è un cartello che riporta agli anni del Muro di Berlino e riproduce la famosa scritta, in inglese, tedesco, russo e francese, del Checkpoint Charlie: «State per lasciare il settore americano». Il signor Vittorio decritta: fuori da quell’ufficio, secondo lui, regna sovrano l’imperialismo.
Poi si congeda («Vado avanti sereno…») e rivolge al «parà Sallusti» solo una battuta scherzosa: «Lui ha da farsi perdonare la Santanchè…».
Il resto, lo affida a Facebook: «Tra le rose e le viole… Oggi sono in vena di filastrocche e rammentando, come diceva Renato Rascel, che è arrivata la bufera ed è arrivato il temporale, esorto gli amici, i conoscenti ed i segugi al soldo, di leggere, se ne sono capaci, i bilanci».
(da “NextQuotidiano”)
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