Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL MINISTRO INDOSSA LE DIVISE CONTRAVVENENDO ALL’ART 498 DEL CODICE PENALE, ORA DIVENTATO ILLECITO AMMINISTRATIVO, DOV’E’ IL CAPO DELLA POLIZIA?
L’ultima sceneggiata è di ieri pomeriggio, quando indossava direttamente il giubbetto della polizia di Stato. Una cosa che è politicamente disdicevole ma che è stata a lungo un reato penale, poi diventato illecito amministrativo. Ma pur sempre un illecito. Perchè la legge vieta di indossare abusivamente divise o distintivi delle forze di polizia.
Recita l’art. 498 del codice penale: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 497 ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l’abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro”.
Articolo, come detto, che non è più un reato, perchè depenalizzato, ma che è diventato un illecito amministrativo.
Il punto è: chi rappresenta la sicurezza e ogni tre parole parla di legalità (ovviamente solo quando riguarda gli altri o gli immigrati), può impunemente commettere illeciti amministrativi a ripetizione?
Evidentemente sì, perchè da un lato Salvini “se ne frega”, dall’altro nessuno tra i tanti zelanti che fanno le pulci a chi va democraticamente a manifestare, bloccano i pullman per ore con il pretesto di accertamenti, fanno le pulci persino alle virgole e agli striscioni, ha nulla da eccepire quando c’è una violazione amministrativa che capita sotto ai loro occhi.
A questo punto, delle due l’una: o Salvini la smette di indossare divise che non può indossare, o i tanti ufficiali di polizia giudiziaria che gli stanno intorno dovrebbero applicare la legge che – com’è noto – non ammette eccezioni.
In caso contrario, qualcuno potrebbe lanciare un invito a una disobbedienza civile di massa: alla prossima manifestazione tutti in piazza con i distintivi e le divise della polizia, e vediamo se qualcuno si ricorda di applicare la legge.
(da Globalist)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
NESSUNO VA A PRELEVARLI A CASA E GLI ITALIANI DEVONO PAGARE LA SCORTA A CHI HA SOLO APPLICATO LA LEGGE
E’ sotto scorta il giudice Gerardo Boragine che ha assolto un gruppo di giovani che avevano manifestato nel 2015 contro il segretario della Lega Matteo Salvini.
E’ sotto scorta Boragine perchè così ha deciso il Comitato per l’Ordine e la sicurezza pubblica di Lucca.
Il giudice è stato “fatto oggetto di pesanti insulti e gravi minacce” nei commenti a un post su Facebook del ministro dell’Interno datato 15 dicembre.
L’Anm Toscana esprime solidarietà al giudice che ha assolto 26 giovani processati dopo una manifestazione del 2015. “Evidentemente aggredire e lanciare sassi per qualcuno non è reato. Evviva la giustizia italiana. Io tiro diritto, aveva scritto Salvini nel post, cui hanno fatto seguito tantissimi commenti alcuni dei quali minacciosi.
Chi chiede di spazzare via la “magistratura corrotta”, chi chiede una riforma, chi passa alle offese e alle minacce
Tra i diversi commenti al post del ministro dell’Interno qualcuno aveva pensato bene di inserire la foto del giudice, mentre altri parlavano di ‘magistratura rossa’ fino a chi è arrivato a scrivere: “io direi cominciamo a insultare e a tirare sassi a questi giudici…’.
I 26 giovani, accusati di adunata sediziosa, erano stati denunciati dopo una manifestazione contro Matteo Salvini durante un comizio a Viareggio nel maggio 2015.
Il giudice li ha assolti perchè “il fatto non sussiste”.
L’impianto accusatorio vedeva gli imputati accusati di manifestazione non autorizzata e adunata sediziosa. Il processo si è concluso con una assoluzione per tutti gli imputati su richiesta formulata anche dalla stessa Procura.
Nella nota l’Anm Toscana evidenzia come “le iniziative e le decisioni giudiziarie possono essere legittimamente criticate, con il rispetto del limite della continenza, che nel caso di specie indubbiamente è stato travalicato”.
Per questo l’Anm respinge “con fermezza, in quanto lesivi dei valori di terzietà , autonomia e indipendenza propri dell’intera Magistratura, gli attacchi immotivati verso i singoli magistrati che svolgono il loro mandato soggetti soltanto alla legge, senza condizionamenti e pregiudizi ideologici”.
Resta da capire una cosa.
Perchè gli autori delle minacce non sono stati identificati dalla Polizia postale, prelevati al loro domicilio, arrestati e processati per direttissima.
Evidentemente nell’Italia sovranista la legalità è un optional e un giudice che applica la legge ( lo stesso Pm aveva chiesto l’assoluzione in quanto era stato accertato dai filmati che nulla di violento era stato commesso) deve vivere sotto scorta e quattro leoni da tastiera sono legittimati a minacciare di morte un magistrato e possono continuare a circolare per strada.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL NON AUMENTO DELL’IVA E’ STATO AGGRAVATO E SPOSTATO DI UN ANNO, LA MARCHETTA AI BALNEARI CI COSTERA 1,5 MILIARDI DI AMMENDA, ASSUNZIONI PUBBLICHE BOCCIATE, PERSI 4 MILIARDI CON LO SPREAD, MUTUI ALZATI, TAGLIO DI 600 MILIONI ALLE FERROVIE, BLOCCO DELLA INDICIZZAZIONE DELLE PENSIONI, AFFIDAMENTO DIRETTO DEI LAVORI SENZA APPALTO AI COMUNI
Luigi Di Maio ha presentato agli italiani la lista delle tante cose buone che sono entrate nella legge di bilancio (sbagliando, visto che è la legge di bilancio 2019 e non 2018) invitando i suoi sostenitori a farla vedere “a chi ancora è scettico su questo Governo”.
Segue una lunga lista di cose “fatte” tra cui ad esempio il non aumento dell’Iva — per il 2019, perchè per il 2020 e il 2021 il discorso è leggermente diverso — oppure l’esclusione dei balneari dalla Direttiva Bolkestein, che per essere “fatta” prevede quantomeno un accordo (che non c’è) con l’Unione Europea, visto che è una palese violazione delle norme comunitarie.
Ma questo è in governo che si è dato da fare, e nella lista di Di Maio mancano molte cose.
Cose fatte ma che — in nome dell’onestà e della trasparenza — non dette.
Innanzitutto bisogna ricordare a Di Maio una cosa.
Nessuna delle cose “fatte” di quella lista è fatta perchè al momento non c’è un voto che certifichi che tutto quello che il vicepremier dice essere stato fatto sia stato approvato.
Mancano undici giorni alla fine dell’anno e la legge di Bilancio modificata secondo le richieste di Bruxelles deve ancora essere approvata al Senato (e dovrà tornare alla Camera, che ha lavorato per niente su una legge che non vedrà la luce).
Tra le tante conquiste del governo del cambiamento c’è ad esempio l’aumento dei fondi alla ricerca. Uno stanziamento di 40 milioni di euro che fa passare la spesa dallo 0,16% del Pil allo 0,16% del Pil.
Ma al tempo stesso, e Di Maio non lo dice, nel maxiemendamento presentato al Sento viene introdotto il blocco delle assunzioni nelle Università fino a novembre 2019 che fa il paio con il blocco del turnover dei dipendenti pubblici.
Nella lista di Di Maio non sono entrati, sicuramente per motivi di spazio e non di propaganda, provvedimenti come l’aumento dell’Ires per enti no profit che ha fatto infuriare la CEI oppure la norma che i Verdi hanno definito “sfascia centri storici” che consentirà di vendere alla speculazione edilizia il patrimonio dei centri storici italiani. Di Maio nella sua lista non parla molto di tasse, ad esempio dell’istituzione di un’imposta al 3% sui servizi digitali — una Web Tax — a carico di soggetti che nell’esercizio di attività di impresa prestino servizi digitali e che superino determinate soglie di ricavi.
La parte del leone la fanno però i costi nascosti nei giochini e nelle strategie adottate dal governo quando si dichiarava “irremovibile” sulla linea del Piave del 2,4% del rapporto deficit/Pil.
Costi che il Paese sta già iniziando a pagare. Ad esempio mentre l’esecutivo giocava a fare il duro con la Commissione Europea presentando e votando alla Camera una legge di bilancio che poi si è dovuto rimangiare gli italiani hanno scoperto che — grazie allo spread e al rating del nostro paese — finanziare il debito pubblico è diventato più costoso. Cento punti di spread in più valgono all’incirca 2 o 3 miliardi di interesse da pagare.
Questo significa che la brillante conduzione della trattativa con l’Europa è costata all’incirca 700 milioni di euro solo di interessi.
Senza contare l’aumento del costo dei prestiti bancari. Ci sono poi le perdite registrate dall’andamento della Borsa che dal 4 marzo ha visto diminuire di 198 miliardi di euro il valore di mercato delle obbligazioni e delle azioni quotate a Piazza Affari.
Secondo la Fondazione Hume dal giorno(31 maggio) del debutto del governo giallo-verde al 7 dicembre la perdita di ricchezza finanziaria del Paese ammonta a 89 miliardi. Se assumiamo però la partenza del 4 marzo, giorno delle elezioni, allora la perdita schizza a 244 miliardi. Anche la guerra all’Europa sulla Bolkestein inaugurata nei giorni scorsi potrebbe costare caro, si parla di 1,5 miliardi di euro. Bazzecole
La Manovra del Popolo la pagheranno gli italiani.
Di Maio non lo scrive ma la legge di bilancio prevede la la revisione delle ‘clausole di salvaguardia Iva’ per gli anni 2020-2021.
Nel 2019 l’Iva non aumenterà , ma per evitare l’aumento nei successivi due anni serviranno 24 miliardi di euro. E non sembra che il governo sappia dove cercare. C’è poi il curioso caso, e qui Salvini dovrebbe dare una spiegazione, dell’aumento delle accise. La manovra prevede un ulteriore gettito di 400 milioni di euro l’anno a partire dal 2020.
I seimila euro di incentivi per l’acquisto di auto elettriche che si legge nella lista di Di Maio hanno come “contropartita” una simpatica Ecotassa che penalizzerà soprattutto le auto di media cilindrata, ovvero quelle acquistate da chi di soldi non ne ha già molti.
Gli amanti della mobilità sostenibile saranno senza dubbio contenti di sapere che la manovra prevede una rimodulazione delle risorse finanziarie per le Ferrovie dello Stato per 600 milioni di euro.
I sostenitori della necessità di riequilibrare la situazione economica all’interno del Paese faranno salti di gioia quando scopriranno che è in programma una rimodulazione delle disponibilità di cassa del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale destinato a misure per il superamento degli squilibri socio-economici territoriali, per 800 milioni di euro per l’anno 2019.
Ma non è tutto: oggi Gianluigi Paragone ha dichiarato che il raddoppio della deducibilità IMU sui capannoni è un aiuto alle imprese.
Peccato che allo stesso tempo la manovra abbia abrogato la deduzione fiscale per investimenti in beni strumentali nuovi.
Il che significa che chi ha un capannone — magari sfitto — non ci pagherà l’IMU mentre chi invece vuole rinnovare il parco computer per migliorare la produttività ne pagherà di più. Geniale vero?
Ce n’è anche per gli amanti della trasparenza e dell’onestà , che sicuramente non mancano tra i sostenitori del governo.
Per loro c’è la possibilità per sindaci e Pubblica Amministrazione di procedere con l’affidamento diretto (ovvero senza gara d’appalto) di lavori fino a 150mila euro (attualmente è 40mila euro). Non serve molta fantasia per immaginare chi potrà avvantaggiarsene.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL FOGLIETTO A RIGHE CON LE MISURE IN MANOVRA, UN PATETICO TENTATIVO DI DARE PER “FATTO” QUELLO CHE FATTO NON E’
Il vicepremier Luigi Di Maio (M5S), ministro dello Sviluppo economico, ha postato su Facebook un elenco manoscritto con 20 punti della legge di Bilancio 2018 contrassegnati da un “fatto” evidenziato in giallo.
Va precisato che nulla è ancora “fatto” in quanto tutto deve essere ancora approvato dal Parlamento.
Premesso ciò, ecco cosa c’è di vero e di falso, e i pro e i contro di alcuni dei provvedimenti annunciati a cominciare dal mancato aumento dell’Iva.
Nessun aumento dell’Iva
La Manovra ha disattivato le clausole che sarebbero scattate nel 2019, eredità dei precedenti governi, stanziando alla voce 12,5 miliardi. Se nella Nota di aggiornamento al Def si prospettava una parziale disattivazione per quelle degli anni successivi, con i correttivi contrattati da Bruxelles in quadro è cambiato. Il governo ha cioè aggiunto un suo peso, all’eredità degli anni passati, per il 2020 e il 2021.
I nuovi incrementi dell’aliquota Iva ordinaria e ridotta (3,2 punti nel 2020 e 4,5 nel 2021 per la prima; 3 punti nel 2020 per la seconda) generano 9,4 e 13 miliardi di maggiore impatto rispetto alle ‘vecchie’ clausole. Sommando il vecchio e il nuovo, già oggi sappiamo che la Manovra che dovrà esser scritta a fine 2019 (per il 2020) dovrà reperire 23 miliardi per non far salire l’imposta sui consumi. Un impegno che salirà a 28,7 miliardi l’anno dopo. Nel conteggio rientrano anche 400 milioni di accise sui carburanti in più pronte a scattare (l’obiettivo dichiarato del primo Cdm era tagliarle).
Assunzione personale per le pulizie della scuola
La legge di Bilancio dovrebbe prevedere l’assunzione di 12, alcuni dicono 18 mila, addetti esterni che lavorano nelle pulizie delle scuole pubbliche. Ma le assunzioni dovrebbero scattare il 1 gennaio 2020.
Reddito di cittadinanza
La Manovra dispone che ci siano i fondi, ma è ancora tutto da costruire il decreto che disciplinerà la misura. Inizialmente lo stanziamento previsto era di 9 miliardi, finanziato per 6,7 miliardi in deficit e per il resto reindirizzando i fondi del REI che andrà a sparire. Nel documento inviato a Bruxelles, il governo gialloverde stima ora di spendere 1,9 miliardi in meno. Secondo Palazzo Chigi, ciò è dovuto al fatto che – scrivendo la norma – ci si è accorti che si spenderà meno perchè partirà dopo (a marzo, dice Di Maio) e non la richiederanno tutti gli aventi diritto.
Negli stanziamenti rientrano anche i fondi per riformare i Centri per l’impiego. Ripartendo questi fondi, dice l’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, tra i 6 milioni di tessere elettroniche che Di Maio ha promesso di stampare, il contributo effettivo potrebbe esser vicino ai famosi (e criticati) 80 euro di Matteo Renzi.
Quota 100 per superare Fornero
Partita per “scardinare” la riforma della più nominata ministra della storia, la riforma ha via via perso fondi per il forte scetticismo europeo, che la teme più del Reddito di Cittadinanza come pericolosa nel lungo termine per la tenuta dei conti pubblici (oltre che di dubbia utilità sul ricambio generazionale al lavoro). Agli oltre 10 miliardi reperiti per evitare l’infrazione, la bandiera di Salvini contribuisce con una sforbiciata da 2,7 miliardi: il contributo maggiore. Anche in questo caso, si attende la struttura definitiva della norma che dovrebbe concedere di andare in pensione con 62 anni + 38 di contributi.
Paradossalmente, per ridurre il conto il governo ha cercato escamotage per rendere meno attraente la norma. Che, innanzitutto, non si pone come strutturale ma ha vita (per ora) di tre anni. Per disincentivare l’esodo si sono introdotti il divieto di cumulo con redditi sopra 5mila euro e il meccanismo delle finestre: l’assegno previdenziale arriverà tre mesi dopo l’effettiva maturazione dei requisiti, che salgono a sei mesi per i dipendenti pubblici. La platea prevista dovrebbe esser intorno a 350mila persone.
Pensioni d’oro
L’intervento c’è e non è strutturale, per non incappare in problemi di costituzionalità , ma un “prelievo di solidarietà ” della durata di cinque anni e limitato alle pensioni “calcolate con metodo retributivo”. I termini del taglio (le % sono le aliquote marginali applicate alla parte eccedente le soglie): 100-130mila euro 15%; fino a 200mila 25%; fino a 350mila 30%; fino a 500mila 35%; oltre 500mila 40%. Al netto degli effetti fiscali, il risparmio previsto si aggira tra i 76 e i 90 milioni di euro l’anno.
Ben più cospicuo – per le casse dello Stato – il risparmio promesso a Bruxelles grazie al parziale congelamento dell’indicizzazione degli assegni (a partire da quelli sopra 3 volte il minimo) all’inflazione: si va da 253 milioni previsti nel 2019 a 1.228 nel 2021.
Aumento pensioni minime
Il governo intende portare il livello delle pensioni minime e di invalidità a 780 euro. Nello stesso tempo blocca l’adeguamento all’inflazione di tutte le pensioni superiori ai 1500 euro netti.
Inail
Un emendamento al Senato prevede il taglio delle tariffe di contribuzione da parte delle aziende all’Istituto degli infortuni sul lavoro. I minori costi a carico delle imprese sono stimati in 410 milioni per l’anno 2019, 525 milioni per l’anno 2020, 600 milioni per il 2021. Tra le fonti di copertura ci sono minori stanziamenti per i programmi di prevenzione e sicurezza sul lavoro, ma nel complesso l’istituto eroga meno prestazioni di quel che le imprese versano e ha quindi un tesoretto da ridistribuire.
Truffati banche
Con i soldi derivanti dai conti dormienti, che dopo vent’anni diventano dello Stato, si finanzia il fondo che dovrebbe erogare i rimborsi ai risparmiatori rimasti invischiati nei recenti crac bancari: 525 milioni nel triennio. Le associazioni hanno denunciato che le norme non cambiano la sostanza per i loro portafogli, nell’ultimo incontro al Mef sono stati rassicurati: tutti gli obbligazionisti delle banche finite in risoluzione e in liquidazione che hanno comprato titoli allo sportello riceveranno rimborsi di almeno il 90% delle perdite subite.
Bolkestein
Con una modifica alla Manovra si esentano per 15 anni gli stabilimenti balneari dalla direttiva europea, che prevede il bando per le concessioni. Per gli addetti ai lavori è un successo, sul quale avevano puntato molto la Lega e il ministro Centinaio. Per i Verdi di Angelo Bonelli un atto grave: “Si prorogano le concessioni demaniali senza adeguane i canoni che vengono pagati allo Stato, che sono ridicoli: attualmente si pagano solo 1,27 euro metro quadro/anno per la parte non ricoperta da strutture.
Ricordo, ad esempio, che il Twiga della Santanchè paga 16 mila euro all’anno a fronte di una pagoda che viene affittata a ben 1000 euro al giorno”, ha denunciato. E la Ue storce il naso: dalla Corte di Giustizia è filtrata contrarietà perchè la norma sarebbe in disaccordo col Trattato.
Fondi ricerca
La norma, inserita alla Camera dei deputati, incrementa il Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e degli istituti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione di 10 milioni di euro per il 2019. Un altro comma prevede l’assunzione di 1.000 ricercatori, finanziata con 20 milioni il prossimo anno e 58 quello dopo. Tra gli ultimi correttivi, è stato definanziato per 75 milioni per il 2019 il Fondo per favorire lo sviluppo del capitale immateriale, la competitività e la produttività .
Auto elettriche
L’ecotassa/ecobonus sta cambiando al Senato. I 6mila euro per acquistare l’auto elettrica ci sono, ma solo se si porta una vettura a rottamare e si acquista un veicolo (sotto i 45mila euro di valore) con emissioni di biossido di carbonio per chilometro tra 0 e 20. Si scende infatti a 2.500 euro tra 21 e 70 CO2 g/km. In assenza di rottamazione, l’incentivo scende rispettivamente da 4mila e 1.500 euro. Per finanziare la misura arriva un fondo con una dotazione da 60 milioni.
Il testo prevede anche una detrazione al 50% (fino a 3mila euro) per chi installa colonnine di ricarica dei veicoli, non accessibili al pubblico. Sul lato opposto, quello della tassa, dal primo marzo e fino alla fine del 2021, sarà così modulata: 1.100 euro per emissioni tra 161 e 175 g/km, 1.600 euro fino a 200, 2mila euro fino a 250 e 2.500 sopra i 250 g/km. La versione originaria partiva con 150 euro per le emissioni sopra 110 grammi al chilometro di CO2.
Taglio ai fondi dell’editoria
Il governo vuole azzerare in quattro anni le attuali assegnazioni del fondo dell’editoria costituito presso la presidenza del Consiglio. Verrebbero cancellati i fondi a giornali come Manifesto, Avvenire, Libero, Il Foglio e molti giornali diocesani o di nicchia. Ma il fondo non verrebbe cancellato.
Spese militari
Il governo annuncia mezzo miliardo di tagli. Ma le opposizioni rispondono subito con la clamorosa retromarcia del governo, e dei grillini in particolare, sull’acquisto dei caccia da combattimento F-35.
Tempo prolungato nelle scuole primarie
Il governo vuole il tempo prolungato in tutte le scuole primarie. Ma finora nelle varie bozze di legge di Bilancio non ci sono risorse aggiuntive e il ministro per l’Istruzione ha detto che “ci si scalda con la legna che si ha”.
Sistri
Il governo vuole abolire il sistema di tracciamento dei rifiuti per le imprese. I lavoratori del Sistri manifestano davanti al ministero dell’Ambiente.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
RISORSE CONGELATE: DAGLI INCENTIVI ALLE IMPRESE AI FONDI PER LE FORZE ARMATE
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, le ha definite risorse “accantonate”.
Sono i 2 miliardi della manovra che non potranno essere utilizzati fino a luglio e non è affatto detto che andrà a finire così perchè usciranno dal freezer solo se un monitoraggio dimostrerà che i conti pubblici non stanno sballando.
Cosa c’è dentro questi due miliardi che sono nelle disponibilità , ad oggi solo potenziale, dei ministeri? Di tutto.
Si va dagli incentivi alle imprese alle risorse per le Forze armate, dai soldi per lo sviluppo della mobilità locale ai fondi per il diritto allo studio. Tutto bloccato.
Il congelamento di queste risorse è una delle concessioni che il governo gialloverde ha dovuto fare a Bruxelles per ottenere il via libera alla manovra ed evitare la procedura d’infrazione. In altre parole soldi che non possono essere spesi perchè – insieme alle clausole di salvaguardia sull’Iva, mantenute e anzi aumentate di valore – la Commissione europea non vuole scherzi.
L’esecutivo italiano, cioè, non può eludere da queste raccomandazioni perchè solo così – è il ragionamento dell’Europa – può garantire che il deficit e il debito non vadano oltre la soglia concordata.
Dalla tabella contenuta in uno degli emendamenti che il governo ha depositato in commissione Bilancio al Senato si evince come il congelamento più consistente è in capo al ministero dell’Economia e qui figurano due voci consistenti: 481 milioni euro destinati alla competitività e allo sviluppo delle imprese che resteranno al palo così come circa 585 milioni che dovevano andare a diversi fondi.
Altra fetta consistente è quella che rimarrà parcheggiata al ministero dello Sviluppo economico: sono i 150 milioni che dovevano andare alla “promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di responsabilità sociale d’impresa e movimento cooperativo”.
Pagano il prezzo dell’accantonamento anche le Forze armate: fino a luglio non potranno essere stanziati 150 milioni per la pianificazione generale e per gli approvvigionamenti militari.
Ancora. L’istruzione universitaria e la formazione post-universitaria dovranno fare a meno per il momento di 70 milioni, la ricerca di 30 milioni, mentre 40 milioni sono congelati per la cooperazione allo sviluppo. Il conto è a carico anche dei trasporti dato che per la mobilità locale è stato previsto un accantonamento di 300 milioni. L’elenco è lungo, il totale fa 2 miliardi.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
CI PERDONO NON SOLO I MANAGER, MA ANCHE I PENSIONATI SOPRA I 1100 EURO, LE IMPRESE, CHI ANDRA’ IN PENSIONE CON QUOTA 100 (- 20% SULL’ASSEGNO MENSILE)
“Ci sentiamo traditi da questa manovra”. Giorgio Ambrogioni è il presidente di Cida, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità . Dentro ci sono 25mila dirigenti pubblici e privati: avvocati, magistrati, medici, diplomatici, prime linee del mondo dell’industria che conta, da Tim e Leonardo.
Si definiscono “furiosi” perchè tirati dentro alla lista della resa che il governo gialloverde ha dovuto mettere sul piatto di Bruxelles per portare a casa la manovra ed evitare la procedura d’infrazione. Il taglio delle pensioni d’oro e l’ecotassa hanno scoperchiato il vaso della pazienza. Non ci stanno a passare come la casta e quindi a tollerare altri sacrifici. “Siamo di fronte a un vero e proprio esproprio di dimensioni inaccettabili”, tuona il loro rappresentante in un colloquio con Huffpost.
I manager sono sul piede di guerra. Pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale per bloccare il disegno del governo sull’accetta che pende sugli assegni d’oro a partire da 100mila euro lordi l’anno. Scendendo dentro alla misura, Ambrogioni spiega che si sentono “traditi” da Lega e 5 Stelle, e perciò “furiosi”, perchè la percentuale di prelievo è stata aumentata all’ultimo momento. “Si era partiti da un aggancio solidaristico da realizzare tramite una verifica dei contributi versati e si è arrivati a tagliare a prescindere da questi stessi contributi”.
La rabbia ha toccato i livelli di guardia. “Siamo molto ma molto amareggiati perchè molte delle pensioni dei manager, se ricalcolate in base al contributivo, aumenterebbero invece di diminuire”. Non solo.
Quello che infastidisce è anche la reiterazione dei sacrifici richiesti perchè, incalza ancora il numero uno di Cida, “sarebbe il terzo negli ultimi cinque anni”. Si fanno subiti i conti. Due contributi di solidarietà pagati negli ultimi cinque anni, l’ultimo dei quali scaduto a fine 2017. Otto blocchi, parziali o totali, dell’adeguamento degli assegni al costo della vita.
Il risultato è la diminuzione del loro valore: il 20% in meno. È qui che si innesta la considerazione del non volere essere considerati dei privilegiati che devono pagare il conto della legge di bilancio. Lo spiega ancora Ambrogioni: “Siamo stati additati come insensibili ed egoisti, ma la gente che io rappresento viene dal ceto medio. Sono persone che si sono affermate assumendosi rischi e responsabilità , hanno conseguito risultati e ora viene tutto negato. Così si nega il merito”.
L’ira di una grande fetta del management italiano si scaglia anche sull’ecotassa.
Perchè dopo le diatribe tra Lega e 5 Stelle, il punto di caduta finale della norma ha tutelato le utilitarie, gravando invece in modo oneroso sui Suv e in generale le auto di grossa cilindrata. Qui l’angolatura è quella della protesta contro una misura che “deprime i consumi e mette un settore in serie difficoltà “. Cosa vogliono, invece, i manager? “Abbiamo bisogno di smuovere il mercato interno, di riattivare gli investimenti, non di deprimerli”, chiosa Ambrogioni.
La lista di chi paga il conto della manovra non comprende solo i manager.
Se si guarda dentro al capitolo pensioni emerge infatti un ulteriore identikit del cittadino che rimane scottato dalle norme che si apprestano a essere votate in via definitiva dal Parlamento.
È il caso, ad esempio, dell’impiegato in pensione con 30mila euro lordi l’anno. Pagherà anche lui, e caro, a causa del blocco dell’adeguamento del valore dell’assegno pensionistico al costo della vita. C’è una soglia, pari a 1.522 euro lordi al mese (circa 1.100 euro netti) oltre la quale scatterà il blocco della rivalutazione.
Al governo serve per incassare circa 253 milioni, che vanno aggiunti alle altre risorse che si otterranno attraverso tagli e nuove tasse per arrivare a 10 miliardi, il prezzo imposto da Bruxelles per l’ok alla manovra. Per l’impiegato pubblico, invece, è un sacrificio.
A spiegarlo è Stefano De Iacobis, coordinatore del Dipartimento previdenza della Fnp-Cisl: “Chi pagherà di più sarà chi recepisce una pensione tre volte superiore al minimo (1.522 euro lordi ndr), cioè l’impiegato, il pensionato del ceto medio, chi percepisce 30mila euro lordi l’anno”.
È guardando ai numeri che si capisce il perchè. Le nuove norme, infatti, allargano il valore dell’adeguamento rispetto alle regole attuali, ma il primo gennaio 2019 era prevista l’entrata in vigore di una legge – la 388 – voluta da Romano Prodi, ma poi bloccata da Silvio Berlusconi e a seguire da tutti gli altri governi. La 388 sarebbe stata più vantaggiosa in termini di adeguamento dell’assegno. Con il quadro scelto dall’attuale governo, invece, questa fascia di pensionati perderà il 5 per cento.
Allargando la prospettiva sul tema previdenziale, una delle due misure cardine della manovra, cioè la quota 100 (62 anni di contributi sommati a 38 anni di età per uscire prima dal lavoro), rischia di creare problemi al pensionato del ceto medio-basso.
I più penalizzati sono quelli che provengono dal settore pubblico, cioè gli statali.
De Iacobis, infatti, spiega come il pensionato che aderirà alla quota 100 andrà a perdere il 20% e non per il sistema di calcolo, ma solamente perchè si va in pensione a 62 anni e quindi la perdita si registra a causa degli anni che vengono a mancare tra appunto i 62 e l’età pensionabile prevista attualmente dalla riforma Fornero (in media 67 anni).
Chi paga, ancora, sono gli imprenditori.
Più per assenza di norme in loro sostegno che per misure punitive. Più quelli medi rispetto ai piccoli. Fatta eccezione per l’intervento sull’Ires (l’imposta sul reddito delle società ) che passa dal 24% al 15%, e per il rifinanziamento dell’iper e super ammortamento messi in campo dagli ultimi governi del Pd, il resto sono briciole.
I piccoli imprenditori e le persone fisiche con partite Iva dal bacino contenuto incassano una mini flat tax: tassazione agevolata solo fino a 65mila euro.
I contraccolpi, invece, si sentiranno eccome perchè la tassa piatta annulla il maggiore beneficio che si otteneva fino ad oggi dal combinato disposto Iri-Ace, cioè l’imposta sul reddito patrimoniale e l’agevolazione introdotta nel 2011 per favorire il rafforzamento della struttura, sempre patrimoniale, delle imprese. In altre parole: il carico fiscale non diminuisce, anzi in alcuni casi aumenta. La perdita per gli imprenditori, in termini di sgravi, è di 2 miliardi.
Dall’accordo con Bruxelles è emersa l’ultima mazzata: stop al credito d’imposta goduto da quei soggetti che approntano investimenti in beni strumentali nuovi. E ancora abrogazione del credito d’imposta per l’Irap, l’imposta sulle attività produttive, che fino ad oggi era concessa a quelle imprese che impiegano lavoratori a tempo indeterminato.
C’è però anche chi incassa dalla legge di bilancio. O comunque ne beneficia.
È chi ha una pensione minima, pari a 513 euro netti al mese: con la pensione di cittadinanza, voluta dai 5 Stelle, arriverà a 780 euro.
Godrà degli effetti della manovra anche chi oggi non ha un lavoro con il reddito di cittadinanza, misura che al di là della sua natura assistenzialista, va a impattare – nelle previsioni dei pentastellati – su una platea di 5 milioni di cittadini, giovani e non.
E poi la quota 100, che farà contento chi vorrà andare uscire prima: sono quei pensionati che mettono in conto un valore dell’assegno più basso, quelli che hanno una pensione così alta che possono permettersi il lusso di sopportare la decurtazione e anche il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro. Bontà loro, si potrebbe dire.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
VERCELLI, UN SEGNO DI RICONOSCENZA PER ESSERE STATI “ADOTTATI”… A DIMOSTRAZIONE CHE IL PRESEPE LO DETURPANO SOLO CERTI TEPPISTI ITALIANI
Sono quattro, hanno tra 18 e 21 anni, vengono dall’Africa e dall’Asia, sono tutti islamici e, recentemente espulsi dai centri d’accoglienza, sono stati “adottati” da alcuni volontari che li ospitano a proprie spese in una comunità di Prarolo, tra le risaie del Vercellese.
Il loro “grazie” alla cittadina che li ha accolti si è manifestato in questi giorni con l’allestimento di due presepi a grandezza naturale, uno nel cortile della cooperativa Versoprobo di Vercelli, che si occupa di loro, e uno a Prarolo.
L’iniziativa è partita proprio da loro: “Siamo musulmani – hanno detto – ma vogliamo mostrare così la nostra riconoscenza verso chi ci ha accolto, proprio come Giuseppe e Maria nella grotta della Natività “.
Un messaggio piccolo ma significativo, in tempi difficili per chi crede nei valori dell’accoglienza e dell’integrazione.
“I ragazzi – spiega un portavoce di Versoprobo, invitando i cittadini a visitare le due installazioni – hanno cominciato a occuparsi dei presepi una settimana fa. Quello che colpisce è come abbiano voluto realizzare un presepe, con un atto di totale rispetto verso una religione e una cultura diverse dalla loro. Il piacere di vedere ragazzi musulmani e cristiani insieme, ospiti dei nostri centri, è significativo di come questo Natale possa essere un Natale di piena condivisione”.
I quattro artefici del presepi sono i pakistani Ali Raza e Khalil Mustafa, il gambiano Modo Cham e il nigeriano George Bird.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL LA SFILATA DEI RAZZISTELLI CHE FINO A IERI CON IL TRICOLORE SI PULIVANO IL CULO
I funerali di Antonio Megalizzi si sono svolti nel pomeriggio a Trento alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del premier Giuseppe Conte, del ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro e del presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani.
Contemporaneamente l’utenza sovranista dei social network non è per nulla contenta di come si è svolta la cerimonia.
C’è Marco che ad esempio è indignato perchè durante il funerale la bandiera europea sulla bara copre quella italiana, e secondo lui questo significa che c’è un paese che mette in secondo piano la propria identità rispetto a quelle estere.
Forse si riferisce al tricolore con cui si puliva il culo la Lega, messo al servizio dell’ex agente del Kgb che guida oggi la Russia.
Patrizia invece rimprovera ad Antonio di essere stato vittima dell’immigrazione e dell’accoglienza senza limiti; evidentemente non sa che Cherif Chekatt, l’assassino stragista che ha tolto la vita a Megalizzi, era nato a Strasburgo il 4 febbraio 1989 ed aveva cittadinanza francese.
Quindi c’è Nicola che vorrebbe chiedere (perchè lui non sa, ma intanto lo dice) a un avvocato se coprire la bandiera italiana con un’altra è vilipendio e aggiunge che non ha senso che sulla bara di Antonio ci sia la bandiera italiana perchè lui non era un militare (pensate quanto si incazza quando sente l’inno prima delle partite di calcio, allora).
Invece Gino dice che Antonio Megalizzi riposa “schiacciato” da una bandiera che rappresentava le sue idee e sostiene che sia morto “per mano del meticciato, quel meticciato che tanto piace all’Europa che quotidianamente emana leggi per incentivarlo”. Puro delirio razzista.
Ma anche Marco è molto arrabbiato perchè la bandiera dell’Europa fa capolino sul feretro e non ha nessuna intenzione di accettarlo.
Alfonso invece è davvero arrabbiato per la storia della bandiera e dice che “neanche davanti alla morte i coglioni europeisti si fermano. Ma vergognatevi genitori compresi”.
E non possiamo che concordare con lui.
Davanti alla morte bisognerebbe fermarsi e stare zitti. Mica dire stronzate su Twitter.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
PER SALVINI E’ COLPA DEI GOVERNI PRECEDENTI: CERTO, QUELLE CHE MISE BERLUSCONI NEL 2011, RELATORE IL LEGHISTA GIORGETTI
Il giorno dopo è quello delle scuse e delle giustificazioni. L’accordo al ribasso con Bruxelles ha reso evidente a tutti (o quasi) come la brillante strategia dell’andare a fare la voce grossa con una Commissione con il mandato in scadenza non sia servito a nulla.
La Manovra del Popolo frutto dell’accordo con la Commissione non è quella annunciata dal balcone di Palazzo Chigi da Di Maio e non è nemmeno quella approvata dalla Camera (a proposito di centralità del Parlamento). È un’altra cosa.
Ma la nuova manovra con bollinatura di Bruxelles non comporta solo una riduzione delle risorse disponibili per mantenere tutte le promesse del governo del Cambiamento.
Per quello poco importa perchè tanto la povertà è stata già abolita per decreto.
Perchè il segreto del clamoroso successo di Conte in Europa è tutto in una promessa: quella di trovare 38 miliardi di euro aggiuntivi in tre anni. Come fare?
La risposta è in alcune paroline magiche clausola di salvaguardia dell’IVA.
Le cosiddette clausole di salvaguardia sono norme che prevedono la variazione automatica di specifiche voci di tasse e imposte con efficacia differita nel tempo rispetto al momento dell’entrata in vigore della legge che le contiene.
Sono dette di salvaguardia in quanto finalizzate a salvaguardare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti dal Governo per gli anni in cui le variazioni diventano efficaci.
Dopo l’accordo con la Commissione salta la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia su Iva e accise nel 2020 e 2021.
Significa che nel 2019 l’Iva non aumenterà ma che invece — se il governo non troverà altrove le risorse — lo farà nei prossimi anni. E non stiamo parlando di qualche misero decimale o di poche decine di milioni.
La cifra che il governo dovrà recuperare per scongiurare l’aumento dell’Iva è di 24 miliardi di euro. L’alternativa ovviamente è l’aumento della tassa sui consumi, che non essendo progressiva (ma questo è il governo della Flat Tax, checcefrega) colpirà in misura maggiore i ceti meno abbienti.
Secondo Salvini però tutto questo non succederà : «l’Iva non aumenta. Non l’abbiamo aumentata per quest’anno e non l’aumenteremo nei prossimi anni. È un altro dei regalini che abbiamo ereditato dai governi precedenti, come la fatturazione elettronica».
La colpa quindi per il ministro dell’Interno è dei governi precedenti.
E Salvini lo sa bene visto che il primo a mettere le clausole di salvaguardia fu Silvio Berlusconi nel 2011 con la famosa manovra di Ferragosto che aveva disposto l’aumento dell’aliquota Iva dal 20 al 21%.
Se Salvini non ci crede può chiederlo al relatore di maggioranza della manovra economica del 2011 (nonchè presidente della Commissione Bilancio). Dovrebbe conoscerlo, si chiama Giancarlo Giorgetti, è della Lega e attualmente è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Detto questo e appurato che la Lega condivide con i famigerati governi precedenti questa responsabilità (anzi faceva parte del governo che hai inventato il meccanismo) bisogna ricordare a Salvini che a mettere le clausole di salvaguardia sul 2020 e sul 2021 non sono quelli di prima ma quelli di adesso.
Ovvero il governo Conte del quale risulta anche il ministro dell’Interno faccia parte. Sarebbe quindi bene che da ministro, da papà e leader politico Salvini si prendesse le sue belle responsabilità .
Altro caso patologico è rappresentato dal vicepremier Luigi Di Maio che a Radio Capital ha dichiarato che «non c’è l’aumento di Iva quest’anno e non ci sarà l’anno prossimo. Abbiamo disinnescato le clausole per quest’anno e le disinnescheremo anche l’anno prossimo».
A questo punto sarebbe interessante che Di Maio abbandonasse la politica degli annunci e dei tatticismi (che sono serviti eccome a fregare quei cattivoni di Bruxelles) ci dicesse come intende farlo.
Per caso da qualche parte, in qualche scaffale o stanzetta di manine dei ministeri Di Maio sa che esistono 24 miliardi di euro per il 2020 e altrettanti per il 2021?
Per fare un confronto le clausole di salvaguardia per sterilizzare l’aumento dell’Iva nel 2019 (quelle lasciate da Gentiloni) ammontano a circa 12,5 miliardi di euro.
Le clausole vigenti prevedono un aumento dell’IVA ordinaria al 24,9% nel 2020 e al 25% a decorrere dal 2021, nonchè un aumento delle accise sui carburanti tale da produrre un gettito di 400 milioni a decorrere dal 2020.
Ma Salvini lo sa? Non era quello che aveva promesso di togliere le accise entro un mese?
(da “NextQuotidiano”)
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