Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
PESARO, L’AGGUATO NEL CENTRO STORICO, ESPLOSI 30 COLPI
Agguato nel centro storico di Pesaro dove un uomo è stato ucciso a colpi di pistola. Almeno 20 bossoli sarebbero stati trovati sul luogo dell’esecuzione avvenuta in via Bovio.
Secondo una prima ricostruzione, due killer incappucciati avrebbero atteso la vittima che parcheggiava l’auto in garage, per poi scaricargli addosso i caricatori. Sul posto i carabinieri allertati dalle chiamate di residenti che hanno sentito la serie di colpi.
La vittima è di origine calabrese: è Marcello Bruzzese, fratello di un collaboratore di giustizia scampato a un agguato nel ’95. L’agguato è avvenuto intorno alle 18.30.
I killer avrebbero agito con pistole automatiche calibro nove.
La vittima è stata raggiunta dalla lunga serie di colpi di pistola mentre era ancora all’interno dell’auto, nel garage di casa. Sarebbero una trentina i proiettili esplosi.
Gli autori dell’agguato sono poi scappati a piedi lungo le strette vie del centro storico. Sul posto, per coordinare le indagini, ci sono i pm Fabrizio Giovanni Narbone e Maria Letizia Fucci.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL MONDO DEL VOLONTARIATO TRAVOLGERA’ GLI EGOISMI DI CHI SA SOLO ODIARE IL PROSSIMO E PENSARE ALLE PROPRIE MESCHINE CONVENIENZE
Oltre 240 mila persone in 77 Paesi del mondo, 60 mila in Italia, hanno partecipato oggi ai pranzi di Natale con i poveri di Sant’Egidio.
A partire dalla basilica di Santa Maria in Trastevere, dove questa tradizione è stata avviata nel 1982 con un piccolo gruppo di anziani che altrimenti, il giorno più bello dell’anno, sarebbero rimasti soli, la Comunità è riuscita a far sedere tanti, diversi tra loro, alla stessa tavola: dai senza dimora ai rifugiati venuti con i corridoi umanitari in Europa, ai bambini di strada e ai minori in difficoltà delle grandi bidonvilles dell’Africa e dell’America Latina.
Nel Natale del cinquantesimo anniversario di Sant’Egidio, sono state coinvolte un centinaio di grandi e piccole città italiane tra cui Roma, Napoli, Genova, Messina, Milano, Bari, Firenze, Torino, Novara, Padova, Catania, Palermo, Trieste, Bologna, Reggio Calabria.
“È un popolo in cui chi aiuta si confonde con chi è aiutato – ha commentato il presidente della Comunità , Marco Impagliazzo -, una grande famiglia in cui c’è posto per tutti. La larga partecipazione di quest’anno dimostra che è possibile rispondere alla cultura della rassegnazione e della chiusura, che a volte sembra dominante, restituendo a tanti la speranza di un futuro da costruire insieme”. Significativa la crescita della solidarietà : in aumento i volontari che si sono offerti per aiutare, non solo preparando i pranzi e servendo a tavola, ma anche conoscendo i poveri che sono amici della Comunità durante tutto l’anno.
A Santa Maria in Trastevere, al saluto finale che si accompagna ai regali (tutti “personalizzati” data la conoscenza degli invitati), oltre al parroco don Marco Gnavi, è intervenuto anche il nunzio della Santa Sede in Italia, monsignor Emil Paul Tscherrig: “Vi porto la benedizione di Papa Francesco che è spiritualmente qui insieme a voi. In questo Natale ci ha ricordato che abbiamo lo stesso padre: siamo quindi tutti fratelli perchè si apra un anno di pace”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
GLI ESPERTI DI SVIMEZ: “L’AUTONOMIA RICHIESTA DALLE TRE REGIONI PIU’ RICCHE METTE IN PERICOLO L’UNITA’ D’ITALIA”
Le richieste di autonomia avanzate dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, cui faranno seguito a ruota altre regioni del Nord, “in assenza di riforme costituzionali”, potrebbero innescare “un percorso verso un sistema confederale, nel quale alcune Regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti” mettendo così a rischio l’unità nazionale.
A paventarlo è lo Svimez che rende nota un’analisi sul ‘federalismo differenziato’, elaborata dal Presidente Adriano Giannola e dal professor Gaetano Stornaiuolo della Federico II di Napoli, pubblicata sul numero 1-2 del 2018 della Rivista economica del Mezzogiorno edita dalla Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Nell’analisi si manifestano “molte perplessità sulle modalità di finanziamento dell’autonomia differenziata: la pretesa di trattenere il gettito fiscale generato sui territori è infondata, inconsistente e pericolosa”.
Secondo lo studio Svimez l’autonomia differenziata è “da promuovere se è adeguatamente motivata e se aumenta l’efficacia e l’efficienza nell’uso delle risorse, senza compromettere il requisito di solidarieta’ nazionale”.
”Le tre Regioni del Nord, pur con differenziazioni, hanno stilato — si ricorda — un lungo elenco di richieste su materie concorrenti, tra le quali la sanità e perfino alcune di legislazione esclusiva dello Stato, quali le norme generali sull’istruzione, con l’obiettivo di trasformare beni pubblici ‘nazionali’ in beni pubblici ‘locali’.
Per tutte chiedono di assumere funzioni finora esercitate dallo Stato”.
La SVIMEZ “rileva che i preaccordi con il precedente Governo, sono stati siglati senza un benchè minimo richiamo alla necessita’ di garantire -dopo ben 10 anni- l’applicazione della legge 42 che stabilisce norme cogenti sul finanziamento dei fondi di perequazione territoriale e di garanzia integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. A tale scopo la legge Calderoli 42 stabilisce che i diritti siano garantiti su tutto il territorio nazionale previa determinazione di fabbisogni standard ed in regime di costi standard”.
Secondo SVIMEZ “le richieste di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto di acquisire le competenze in ambiti cruciali quali sanità e istruzione non può che avvenire in conformità al regime di piena operatività della legge 42 di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
LA CROCE ROSSA LE RECAPITA ANCORA CALDE IN STAZIONE CENTRALE… L’ITALIA NON E’ SOLO FOGNA RAZZISTA
Sono riusciti a trasformare una presa in giro che li avrebbe costretti a sprecare un’intera serata di lavoro in un’occasione per vivere appieno l’atmosfera natalizia: Roberto Smenghi – titolare dell’Alpha Game Laser Q-Fun di Gessate, nell’hinterland milanese – e i suoi collaboratori hanno distribuito ai senzatetto della Stazione Centrale di Milano pizze che erano state preparate per una tavolata di 60 persone che non si sono mai presentate al locale.
“Avevamo riservato l’intera sala per questo gruppo, con sette camerieri per il servizio, e come sempre facciamo avevamo chiesto un recapito telefonico al momento della prenotazione, ma quando ci siamo resi conto che i clienti non sarebbero arrivati e abbiamo provato a chiamare, nessuno ci ha risposto – spiega Smenghi, che ha raccontato l’accaduto anche sulla pagina Facebook del locale – Siamo un giropizza e quindi le pizze per la serata erano già farcite, pronte per essere infornate. Ci ha dato ovviamente fastidio essere presi in giro. È stato davvero un brutto gesto. Però ci sarebbe spiaciuto ancora di più buttare tutto quel cibo. Così abbiamo fatto tre o quattro telefonate a varie associazioni”.
I primi ad accettare l’offerta sono stati i volontari della Croce Rossa: “Ci hanno chiesto di portare le pizze in Centrale e noi ci siamo attrezzati per farlo. Non forniamo servizio d’asporto e quindi siamo andati in un centro commerciale e abbiamo acquistato tutto il necessario, a cominciare dai cartoni – continua Smenghi – Poi abbiamo cotto le pizze e le abbiamo consegnate. Quando siamo arrivati in Centrale, erano ancora calde”
Così quella che era iniziata come una disavventura è diventata “una bella esperienza, che ci ha consentito di respirare fino in fondo l’atmosfera del Natale. Tanto è vero che abbiamo intenzione di proseguire con quest’attività solidale. Nei prossimi giorni prenderemo accordi con la Croce Rossa, in modo che questa buona azione, in un certo senso quasi obbligata, possa essere un primo passo in un bel rapporto di collaborazione”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
QUESTA E’ LA POLIZIA CHE CI PIACE
Le avevano rubato tutti i risparmi che aveva messo da parte per Natale, ma per sua fortuna sono intervenuti due poliziotti: è la favola a lieto fine di una bambina peruviana residente a Vicenza, chiamata Stella, che si è vista consegnare da due agenti con un cappellino da Babbo Natale, un maialino salvadanaio con i soldi frutto di una colletta, oltre che qualche altro regalino.
Gli agenti erano rimasti colpiti dal pianto della bambina in occasione del sopralluogo compiuto in seguito alla denuncia per furto in una casa alla periferia ovest di Vicenza. La bambina aveva messo da parte, in una busta, 18 euro e 73 centesimi, una cifra piccola che la bimba voleva spendere per fare i regali di Natale.
I due agenti hanno organizzato la colletta tra i colleghi per rendere più felice il Natale della piccola Stella.
(da Globalist)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
I VOLONTARI DELLA ONG HANNO CERCATO DI FAR PASSARE UN BUON NATALE AI BAMBINI SALVATI DAI LAGER LIBICI CHE PIACCIONO TANTO AL GOVERNO ITALIANO
È davvero confortante vedere il video di Open Arms.
Sapere che nel mondo ci sono persone che sono disposte a sopportare la pioggia d’odio che Salvini e i suoi compari scaricano loro addosso, pur di fare la cosa giusta. Perchè è questo quello che stanno facendo, senza sfumature morali: mentre una parte d’Italia si chiude in casa a contemplare il presepe e a sognare l’espulsione degli immigrati, ce n’è un’altra, la migliore, che in queste ore è in mare.
Sono volontari che passano le feste lontano dalle loro famiglie, vicino ai bambini che hanno salvato dal mare. Non si capiscono a parole, ma cercano comunque di farli giocare.
Mettono loro un cappello di Babbo Natale in testa – lo stesso indossato da Salvini, in un capolavoro di ipocrisia – e provano a portare loro un sorriso.
Intorno a loro coperte, volti afflitti e il mare agitato. E ancora più lontano da loro, sulle nostre coste, un mondo di indifferenza e cattiveria.
Bisogna ringraziarli questi ragazzi volontari, anonimi benefattori che ogni giorno continuano a fare la cosa giusta, mentre Salvini li chiama trafficanti di esseri umani. Basterebbe togliersi l’odio dagli occhi per vedere che, semplicemente, il bene sta da una parte e il male, il marcio, sta da un’altra, a sbraitare “chiudiamo i porti”.
(da Globalist)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
“QUELLO CHE MI DA’ PIU’ FASTIDIO E’ QUANDO SCOPRO CHE IL RAZZISMO E’ PIU’ PRESENTE TRA COLORO CHE FREQUENTANO LA MESSA CHE TRA QUELLI CHE NON ENTRANO IN CHIESA”
Come tanti sacerdoti che conoscono il Vangelo è finito nel mirino dei sovranisti, a cominciare dal solito Salvini.
Ma lui, il prete scomodo, replica: “Le parole del Papa da tempo parlano di umanità calpestata, messa da una parte, buttata via come in una discarica sociale e questo mi ha fatto venire in mente” di allestire un presepe tra i rifiuti, “in fondo quando disfi con una ruspa un campo rom o fai affondare un barcone nel mare o chiudi una casa di accoglienza e metti per la strada bambini e famiglie, e’ come buttare via delle cose ma quelle cose sono persone. E allora Gesù dove si trova? Si trova tra questa umanità scartata, in un cassonetto dei rifiuti”
Lo ha detto don Armando Zappolini, parroco di Perignano (Pisa) che ha allestito un presepe tra i rifiuti in polemica con le politiche del Governo su cui ieri è intervenuto il vicepremier Matteo Salvini con un tweet.
Alle parole del ministro Don Zappolini oggi ha precisato di “non volere rispondere perchè non lo stimo”
“Quello che mi dà più fastidio è quando scopro che il razzismo è più presente tra coloro che frequentano la messa che nella media nazionale – ha aggiunto il sacerdote -, allora c’è qualcosa che non torna. Forse abbiamo parlato per troppo tempo di cultura cattolica, di valori non negoziabili e il Vangelo lo abbiamo lasciato da una parte. Allora, al diavolo la cultura cattolica se non vive il Vangelo, al diavolo le leggi se non rispettano la giustizia, al diavolo tutto quello che calpesta la dignità dell’uomo. Far morire una persona non è neanche più politica, è barbarie”.
Don Zappolini ha poi sottolineato di non voler rispondere alle polemiche di Salvini: “Rispondo solo alle persone che stimo e sicuramente Salvini non lo stimo – ha sottolineato -. Per me può dire cosa vuole, io rispondo alla mia coscienza, alla mia fede, e al mio vescovo”.
(da Globalist)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
I TREDICINE RINGRAZIANO DI MAIO, NESSUNA MESSA A BANDO DELLE CONCESSIONI, CONTINUA IL MONOPOLIO DELLE BANCARELLE CHE DANNEGGIANO IL DECORO DI ROMA
Grande festa ieri alla Corte di Francia dove il sovrano assoluto ha deliberato che se ne strafrega della Bolkestein; prima il favore ai balneari che ci porterà a una procedura d’infrazione le cui multe verranno pagate da noi come per le quote latte, poi il regalo agli ambulanti: nessuna messa al bando per le licenze delle bancarelle che offuscano monumenti e disturbano il decoro di Roma.
Sono 11.533 gli ambulanti che continueranno a lavorare. Tecnicamente, nella manovra in discussione in Parlamento è stata stralciato dalla direttiva europea, approvata nel 2006, l’obbligo della messa a bando delle concessioni e dunque dei titoli per lo sfruttamento degli spazi pubblici a fini commerciali e dei beni demaniali,come le spiagge.
Gli ambulanti — quelli che vendono pentole o abbigliamento e che a Roma vengono chiamati anche “mutandari” -tirano un sospiro di sollievo perchè i loro permessi non scadranno e non saranno messi a concorso così come nella Capitale non ci sarà — almeno per il momento — una riduzione dei posteggi.
Tutto sarebbe dovuto partire dal primo gennaio 2021: per quella data il Campidoglio avrebbe dovuto produrre una riorganizzazione del settore, contare le licenze (che per anni e per generazioni si sono tramandate di padre in figlio) e ridurre i posteggi nell’ottica di un maggior ordine e di un più credibile decoro.
Per questo ieri è circolata la foto di Dino Tredicine che alza la mano, dita a V di vittoria, dopo l’approvazione della fiducia sulla Manovra del Popolo.
Racconta Il Messaggero:
C’è anche il fratello Mario, tutti a seguire da vicino, insieme a un pattuglione dell’Associazione nazionale ambulanti, la discussione che ha blindato il business dei bancarellari per gli anni a venire. Le licenze non saranno messe a gara dal Campidoglio nè dagli altri Comuni lungo lo Stivale, in barba a quanto aveva previsto l’Unione europea per evitare che le concessioni rimanessero in mano agli stessi commercianti per decenni.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 25th, 2018 Riccardo Fucile
“SPARANO A CHI NON PAGA E LO FANNO MORIRE DISSANGUATO” .. . STUPRI, OMICIDI E TORTURE IN DIRETTA TELEFONICA NEI CENTRI DI DETENZIONE IN LIBIA, QUELLI CHE PIACCIONO AL GOVERNO ITALIANO
“In Libia odiano le persone di colore. Ci trattano come schiavi e animali. Veniamo arrestati senza motivo e, una volta che veniamo incarcerati, o usciamo dopo aver pagato molti soldi o moriamo lentamente”.
Quella di questo giovane nigeriano rimpatriato è solo una delle testimonianze raccolte nell’ultimo report sulla situazione umanitaria dei migranti in Libia pubblicato dalla missione delle Nazioni Unite nel Paese nordafricano.
Migliaia di racconti di chi è sopravvissuto, di chi è stato rimpatriato, di chi ce l’ha fatta ad attraversare il Mediterraneo e sbarcare in Italia o di chi vive ancora dietro le sbarre di uno di quei centri di detenzione libici che tanto somigliano a dei campi di concentramento.
Stupri, omicidi e torture in diretta telefonica a scopo di estorsione sono la normalità nei centri di detenzione per migranti in Libia. Ma non solo, le violenze nei confronti di queste persone, in prevalenza africane, cominciano dal momento in cui salgono sulle carovane del deserto stracolme di disperati, fino a quando non sbarcano, nel migliore dei casi, sulle coste italiane.
Lungo il loro viaggio, ricostruito dagli operatori della Missione di supporto dell’Onu in Libia (Unsmil) e dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), questi uomini, donne e bambini devono fare i conti con la spietatezza dei trafficanti di esseri umani, con la ferocia dei gruppi armati e terroristici che popolano l’Africa sub-sahariana e settentrionale e anche con le forze dell’ordine libiche, compresa la Guardia Costiera, che “dimostrano incapacità o mancanza di volontà di mettere fine alle violenze”, soprattutto nei centri di detenzione.
“La maggior parte di queste persone — si legge nel report che ha raccolto 1.300 testimonianze — vengono imprigionate arbitrariamente, senza mai essere sottoposte a un regolare processo” per immigrazione illegale. Vengono incarcerate in Libia, in centri dove subiscono “trattamenti inumani, al di sotto degli standard internazionali e che, in alcuni casi, diventano luoghi di tortura”.
Torture come quelle descritte da una 26enne del Darfur che in Libia ha passato tre anni, di cui due mesi in un centro di detenzione: “Eravamo 700-800 persone in un grande hangar. Sparavano nelle gambe dei migranti che non potevano pagare e li lasciavano morire dissanguati. Mio figlio, che all’epoca aveva cinque anni, è stato colpito in testa con una grande sbarra di ferro per convincerci a pagare velocemente. Ho visto morire molte persone in quel posto a causa delle botte e della fame. C’era un ragazzo somalo ridotto pelle e ossa. Non riusciva nemmeno a stare in piedi e nonostante ciò i trafficanti hanno continuato a picchiarlo. Alla fine è morto. Ancora oggi, quando chiudo gli occhi, la sua faccia mi perseguita”.
La maggior parte delle violenze è a scopo d’estorsione: si torturano le persone davanti agli occhi dei familiari presenti, oppure a telefono con i parenti rimasti in patria con l’unico scopo di velocizzare i pagamenti.
“Sono stata venduta a un gruppo criminale a Bani Walid — racconta una giovane mamma di tre bambini della Costa d’Avorio —. Volevano che la mia famiglia trasferisse 1.000 dollari su un conto egiziano. Mi hanno versato della benzina sulle gambe e mi hanno dato fuoco. Ancora oggi non riesco a camminare. Picchiavano tutti, stupravano le donne. Il mio bambino di due anni è stato bruciato con una sigaretta. Ho visto morire molte persone”.
Nei centri di detenzione si muore per le violenze, per le torture, o per qualche guardiano ubriaco o sotto effetto di droghe che si diverte a sparare alle persone senza motivo.
Ma si muore anche di fame e per le malattie causate dalle scarsissime condizioni igieniche in cui sono tenuti i migranti, spesso costretti a urinare in bottiglie di plastica in mezzo agli altri compagni di disavventura e defecare negli spazi comuni.
Nessuna possibilità di essere trasferiti in un ospedale o di poter vedere un dottore: è così che è morta nel 2017, durante il parto, la moglie di un uomo camerunense.
“Mia moglie si stava ammalando sempre di più — ha raccontato l’uomo agli operatori delle Nazioni Unite —. Ho implorato i trafficanti di farmela portare in ospedale o di chiamare un dottore. Mi sono anche messo in ginocchio, ma sono stato picchiato e mi hanno ordinato di stare zitto. Poi mia moglie è entrata in travaglio ed è stata aiutata da un’altra donna camerunense. Non c’era nemmeno l’acqua calda, niente. Abbiamo dovuto tagliare il cordone ombelicale con un coltello sporco. Ma mia moglie ha continuato a sanguinare copiosamente. È morta tra le mie braccia”.
(da agenzie)
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