Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
LA GIUSTIZIA SPORTIVA E’ DEGNA DELLA GESTIONE DELLA VICENDA, CON UN ARBITRO CHE NON SOSPENDE LA GARA E UN QUESTORE CHE NON HA IL CORAGGIO DI PORRE FINE ALLA PARTITA
Due gare senza spettatori e una senza il settore dei tifosi più accesi, il secondo anello verde. E’ la sanzione stabilita dal giudice sportivo ai danni dell’Inter, all’indomani della partita contro il Napoli, “per cori insultanti di matrice territoriale, reiterati per tutta la durata della gara, nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria”.
Inoltre si punisce il “coro denigratorio di matrice razziale ai danni di Koulibaly.
Il giudice sportivo di serie A ha squalificato per due giornate ciascuno Kalidou Koulibaly e Lorenzo Insigne del Napoli.
Il difensore ha ricevuto una giornata per l’ammonizione, in quanto già diffidato, e una per “l’ironico applauso al direttore di gara dopo l’ammonizione”.
Una decisione degna di don Abbondio che resta sulla linea di come è stata gestita in maniera grottesca l’intera vicenda.
Nonostante tre inutili richiami di rito dall’altoparlante dello stadio, richiesti dall’arbitro a causa degli insulti razzisti proveniente dalla curva dei tifosi interisti, il regolamento non è stato applicato per ignavia.
L’arbitro doveva sospendere la partita “d’intesa” con il responsabile dell’ordine pubblico che ora si trincera dietro un esilarante: “come facevo a sospendere la partita a 5 minuti dalla fine, avrei creato una situazione pericolosissima”.
Con la stessa logica la polizia non dovrebbe intervenire per una chiamata di rapina o di terrorismo “per non aggravare la situazione”, troppo pericoloso, meglio stare chiusi in questura.
Questa è la polizia di Salvini.
La soluzione era semplice: sospendere la partita, far defluire gli spettatori delle tribune, convogliare quelli del Napoli verso i parcheggi per il ritorno a casa in sicurezza, bloccare il deflusso della curva dei razzisti fino a notte fonda, anche per due giorni di seguito, se necessario.
Dovevano uscire uno per uno ed essere identificati e quelli fotografati (le foto esistono sempre, è ormai la principale attività delle forze dell’ordine allo stadio) portati in questura e arrestati per violazione della legge Mancino.
Processo per direttissima, notifica informativa ai loro datori di lavoro, convocazione in questura dei congiunti, divieto a vita a mettere piede in uno stadio.
La società dovrebbe costituirsi parte civile e chiedere milioni di danni in sede civile, con relativo blocco dei beni dei condannati e ipoteche sui loro beni immobili.
Altresi dovrebbe far disputare tutte le rimanenti partite casalinghe in uno stadio di una città del Sud, rimborsando gli abbonati, come segnale che qualcosa sta cambiando davvero.
Perchè è ora di pulizia etica, senza pietà .
E’ ora di un ministro degli Interni vero.
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
UN DURO EDITORIALE DEI FRATI SPAVENTA DI MAIO E SALVINI CHE FANNO RETROMARCIA SULLA TASSA SUL VOLONTARIATO… PADRE FORTUNATO: “ORA FATTI CONCRETI”
Quando a Palazzo Chigi è rimbalzato sugli smartphone un editoriale, le facce sono impallidite.
È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non si trattava di un articolo di uno dei principali quotidiani del paese, ma di quanto pubblicato da padre Enzo Fortunato, direttore della rivista di San Francesco, sulla propria testata e su Huffpost: “Se si fa del male al bene c’è da preoccuparsi”.
Sono giorni che il Governo è investito dalle polemiche per aver tagliato le agevolazioni dell’Ires al no profit.
Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, ha tuonato giovedì mattina dalle colonne di Repubblica: “Matteo Salvini se la prenda con i vescovoni, ma non tocchi l’umanità “. Sono ore che l’esecutivo vacilla.
A sentire diverse fonti, quella norma non ha una paternità chiaramente attribuibile. Ci torneremo.
Per il momento rimaniamo all’ora di pranzo. Quando i mitissimi francescani si scagliano con inusitata violenza contro la nuova tassa.
Un passaggio in particolare ha colpito l’entourage di Luigi Di Maio.
Scrive Fortunato: “E pensare che tra i promotori di questa legge, alcuni sono nati il 4 ottobre e se fossero nati il 3 gennaio?”. Il riferimento è devastante, un parallelo tra la nascita di San Francesco e la data di fondazione del fascismo.
Un’onta per i 5 stelle, che del santo di Assisi si sono sempre professati seguaci.
Il vicepremier chiama i suoi, si consulta con Giuseppe Conte, contatta Matteo Salvini. Dalla Lega arriva il via libera, già il sottosegretario Claudio Durigon di buon mattino aveva prospettato la retromarcia: “Cercheremo di trovare una soluzione”.
L’entourage del capo politico M5s chiama in tutta fretta il sacerdote: “Le assicuriamo che il ministro Di Maio ha molto in considerazione la vostra posizione. Appena scende dall’aereo fa un comunicato”.
Di Maio è in volo verso Catania. Lo attende un vertice in prefettura sulle misure da prendere in tutta fretta per il terremoto, e una conferenza stampa congiunta con il segretario del Carroccio per regalare la photo opportunity natalizia della ritrovata unità .
Effettivamente appena messo piede a terra ecco la virata: “Quella norma va cambiata nel primo provvedimento utile. Si volevano punire coloro che fanno finto volontariato e ne è venuta fuori una norma che punisce coloro che hanno sempre aiutato i più deboli. Non possiamo intervenire nella Legge di Bilancio perchè si andrebbe in esercizio provvisorio. Ma prendo l’impegno di modificarla nel primo provvedimento utile”.
“Il bene è sempre concreto, diceva il filosofo Bernard Lonergan — commenta padre Enzo raggiunto da Huffpost — Auspichiamo che all’annuncio seguano decisioni e fatti concreti”. La diffidenza rimane.
Nella mattinata era partita una telefonata tra Assisi e lo stesso Bassetti. Il consulto: “Vogliamo uscire con un pesante attacco”. Il via libera: “Può aiutare, nulla in contrario”.
Nessuno nel Movimento dimentica che il reddito di cittadinanza è partito da qui, da una marcia Perugia-Assisi al termine della quale Beppe Grillo fu ricevuto nel Sacro convento.
L’ostilità dei francescani sarebbe un contrappasso. A poco è valso il rapporto privilegiato che Alessandro Di Battista ha stabilito con chi guida la comunità di frati. “Non ci sono state chiamate”, assicura uno di loro.
E aggiunge sorridendo: “Se lo avessimo fatto non sarebbero volate belle parole”. In agenda viene fissato per l’alba dell’anno nuovo un incontro, ulteriore segnale distensivo. “Provvederemo quanto prima, a gennaio, a intervenire per riformulare e calibrare meglio la relativa disciplina fiscale”, aggiunge il presidente del Consiglio.
Fatto sta che ancora non è stata approvata, ma la manovra del popolo ha già perso il suo primo pezzo.
Intercettata ai margini dei lavori della commissione Bilancio della Camera, Laura Castelli è l’ultima giapponese a difendere la norma, prima della retromarcia di Di Maio: “Certo che la difendiamo— spiega ai cronisti – Era nel pacchetto del governo arrivato dopo la chiusura dell’accordo con l’Unione europea. Il no profit deve stare tranquillo perchè la norma si riferisce a chi fa utili”.
I suoi colleghi al governo minimizzano: “Avrà parlato quando ancora non era chiaro il da farsi”.
Rimane un testo privo di padri e di padrini. Inserito all’ultimo, a ventiquattrore dalla presentazione, nel maxiemendamento.
Un codicillo per fare cassa, di cui tutti si lavano adesso le mani.
Nei 5 stelle però s’avanza una teoria. Che sia stata buttata dentro in tutta fretta dal Ministero dell’Economia in cerca di far quadrare all’ultimo i conti. La sindrome della manina colpisce ancora.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
CHI PROVIENE DA UNA STORIA DI MILITANZA A DESTRA NON PUO’ AVERE NULLA IN COMUNE CON LA LEGA
C’era una volta la destra…Quella dell’“Identità Nazionale” e non del Nazionalismo. Quella dell’“Europa del popoli” e non della “negazione terraiola”. Quella del confronto, dell’inclusione e non della chiusura. Quella delle visioni ardite e non del compromesso al ribasso…
Ho sempre rispettato il voto e le opinioni di tutti, ma chi “proviene”, direttamente o indirettamente, da una certa storia, chi ha votato, militato e sostenuto l’M.S.I., prima, ed Allenza Nazionale, poi, non potrà mai seriamente votarla, la Lega!
Non potrà mai rinnegare le ragioni del Sud e di una Patria unitariamente competitiva all’interno di un sistema Europa parimenti (ed ampiamente) competitivo e solidale.
Non potrà mai “ritrarre la mano” innanzi a chi ne ha davvero bisogno, Italiano o straniero che sia!
Non potrà mai revocare in dubbio le ragioni del merito, della legalità (che varrà – e che dovrebbe valere – sempre nei confronti di chiunque, “sedicenti nazionalisti” compresi), del mercato e della modernità e non potrà mai rinnegare l’Europa…
“Così adesso io vi dico, la destra o è Europa o non è. L’Europa o va a destra o non si fa!” (Giorgio Almirante)
Perchè la destra non è “rabbia”, “invidia”, “sovranismo”, “populismo”, “paura dello straniero” o negazione del confronto, ma “visionaria tensione” verso la modernità ; “architettura” riformista all’insegna del “mini-Stato”, della libertà (di essere, di pensare e di rappresentare), della competività e della solidarietà .
Quell’idea capace di “esaltare” il singolo e la collettività rifuggendo da qualsivoglia tentazione massificante, sia nelle idee che nello spirito.
Idee incendiarie e “cuore”. Un moderno, rediviso “umanesimo”, “caldo”, liberale e di libertà …
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
“IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO HA UCCISO LA LIBERTA'”… INSULTI A DI MAIO E SALVINI “SERVI DELLA LOBBY DEI TAXISTI”
Diverse centinaia di lavoratori Ncc provenienti da tutta Italia protestano in un sit-in a piazza della Repubblica a Roma contro la normativa, approvata dal Consiglio dei ministri, che disciplina i noleggi con conducente.
Un sit-in che degenera con la scena di un fantoccio che rappresenta il vice premier Luigi Di Maio con il cappio al collo e un cartello: “Di Maio schiavo dei tassisti”.
In piazza molti manifestanti sventolano bandiere tricolore e intonano slogan contro il governo: “Se non ci ascolteranno bloccheremo il Paese”, dicono.
“La libertà assassinata dal governo del cambiamento” si legge sul manifesto funebre affisso su una vera bara, su cui è anche poggiato un tricolore, esposta durante la manifestazione.
Ai piedi della bara ci sono anche una pagina gigante della Costituzione con l’articolo 1 e 4, per rivendicare il diritto al lavoro.
Un manifestante romano di 50 anni, Stefano Belluzzi, ha lanciato della benzina in piazza e ha detto “è un gesto estremo per far capire che siamo decisi ad andare avanti. Se non arrivano risposte entro stasera dal governo mi do fuoco. Toninelli ha tolto la dignità alle persone che lavorano”.
Qualcuno tra gli Ncc ha anche gettato un tricolore nel fuoco, ma la bandiera è stata tolta dalle fiamme dopo pochi secondi da altri manifestanti e si è salvata.
“Tra cinque giorni saremo dei fuorilegge, il decreto imposto dal Governo è, dal nostro punto di vista, incostituzionale” afferma il presidente di Federnoleggio Confesercenti Luigi Pacilli, annunciando la prosecuzione dello stato di mobilitazione dell’associazione. “Oggi siamo nuovamente in piazza per chiedere norme di buon senso. Se entrano in vigore le nuove normative, in barba al principio della concorrenza, si favoriranno solo i tassisti e l’associazione autonoleggiatori Anar, gli unici con cui il governo si è confrontato. Vogliamo continuare a svolgere la nostra attività , salvare il lavoro di migliaia di aziende e dei propri dipendenti. “Auspichiamo – conclude Pacilli – che il presidente della Repubblica Mattarella accolga la nostra istanza e non firmi il decreto”.
Una delegazione di tre autisti ha consegnato un documento al Quirinale. “Non siamo stati ricevuti da nessuno ma è stata protocollata la nostra istanza e ci hanno garantito che nel più breve tempo possibile ci faranno avere una risposta. Di fatto, un nulla di fatto. Quindi continueremo a protestare” ha detto Mauro Ferri, presidente di Anitrav, di ritorno dal Colle dove ha presentato un documento in cui si sottolineano “i punti di incostituzionalità del decreto del 22 dicembre scorso”.
Secondo il decreto, che riguarda “disposizioni urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea”, gli Ncc potranno operare in ambito provinciale senza dover più tornare in rimessa, ma solo a patto di avere già nel “foglio di servizio” più prenotazioni oltre alla prima. Resta inoltre bloccato il rilascio di nuove autorizzazioni in attesa del nuovo “archivio informatico pubblico nazionale” per la registrazione di tutte le licenze, anche dei taxi.
E c’è chi snocciola numeri che alimentano la rabbia: “A Roma ci sono soltanto 850 licenze di Ncc, contro le 7.800 dei tassisti e l’ultimo bando per allargare il numero delle “auto nere” risale al lontano 1983″. E a Milano? Non cambia di molto. Secondo Claudio Cremonesi, coordinatore Federnoleggio- Confesercenti “sotto il Duomo le auto nere autorizzate sono 237 contro circa 5000 licenze taxi. E l’ultima autorizzazione di un Ncc a Milano fu rilasciata nel lontano 1971”. Altri se la prendono direttamente con i tassisti: “Perchè la loro lobby vince sempre? A noi ci tagliano le gambe, mentre a loro nessun governo nazionale o locale è mai riuscito a imporre il Gps per rintracciarli e, soprattutto, la ricevuta fiscale?”.
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’ ORGANO TECNICO IN AUDIZIONE ALLA CAMERA METTE IN GUARDIA GLI ITALIANI: “MANOVRA RECESSIVA”
Dopo il maxiemendamento al Senato “la portata espansiva della manovra viene ridimensionata”, con una riduzione degli investimenti rispetto al 2018.
Lo ha evidenziato il presidente dell’Upb, Giuseppe Pisauro, in audizione in commissione bilancio della Camera. Secondo l’Ufficio, le variazioni introdotte nell’iter parlamentare hanno determinato “un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel 2019: da un aumento di 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo”.
Secondo l’Upb inoltre con le nuove modifiche la pressione fiscale salirà nel 2019 al 42,5% del Pil dal 42% del 2018. “Negli anni successivi, se non considerate le clausole che valgono un punto e due, un punto e 5 in più, si arriva al 42,8% nel 2020 e al 42,5% nel 2021, ma sono numeri che vanno un pò verificati.
Il messaggio sostanziale e che c’è leggero aumento che poi rimane stabile. Dal punto di vista politico sarà enorme, dal nostro è mezzo punto”, ha detto Pisauro rispondendo alle domande
Secondo l’Upb, la nuova previsione di crescita del governo “è accettabile, anche se vanno segnalati notevoli rischi al ribasso” a partire da quelli legati all’andamento delle esportazioni e del commercio internazionale.
Le stime del governo e quelle dell’Upb sono allineate per il 2018 intorno all’1%, mentre nel 2019 ci sono divergenze sulla crescita reale (+1% per il governo, +0,8% per l’Upb), “ma siamo allineati su Pil nominale”, ha spiegato. Il quadro è quindi accettabile, anche se “anche il nostro 0,8% è suscettibile di rischi al ribasso”.
Sul nuovo quadro finanza pubblica “il dato preoccupante è quello sul 2020 e sul 2021”, con rischi al ribasso superiori rispetto al 2019.
Pisauro ha ribadito che “i rischi maggiori sono collegati soprattutto alla presenza esaltata dell’aumento futuro dell’Iva”.
La manovra è “chiaramente recessiva nel 2020-21, lo dice anche il governo”, ha chiarito Pisauro. Guardando alle stime dell’esecutivo “diventa restrittiva e prociclica, mentre nel 2019 è ancora leggermente anticiclica”, ha precisato. In ogni caso, secondo il presidente dell’Upb, “non vi è dubbio” che nel 2019 l’Italia corra il rischio di una recessione, anche se è presto per cominciare già ora a parlarne come di una realtà : “La possibilità c’è”
(da agenzie)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
PER UNA VITA DENUNCIAVANO GLI AFFIDAMENTI DIRETTI “CHE FAVORISCONO LA MAFIA”, ORA LI FANNO LORO: IL LIMITE PORTATO DA 40.000 A 150.000 EURO
Vi ricordate quando Virginia Raggi spiegava in giro che l’amministrazione di Roma aveva cambiato marcia perchè faceva le gare mentre “gli altri” facevano affidamenti diretti a ditte amiche per chissà quali motivi?
Bene, la sindaca della Capitale e tutti quelli che credono alle balle di propaganda saranno felici di sapere che la legge di bilancio (articolo 1, comma 912) interviene «in deroga al codice degli appalti» sul punto più delicato per il settore: le modalità di scelta dell’appaltatore.
Questo dopo che già il decreto semplificazioni era intervenuto su un aspetto specifico riguardante la qualificazione dei partecipanti alle gare.
Spiega il Sole 24 Ore:
Il comma 912 liberalizza di fatto i criteri di affidamento della fascia compresa fra 40mila e 150mila euro per tutti i contratti di lavori, servizi e forniture, consentendo alle stazioni appaltanti di assegnare le commesse con “affidamento diretto” (quindi senza gara formale e senza obblighi di pubblicità ) e imponendo solo la consultazione di tre operatori economici scelti con discrezionalità assoluta. La norma interviene inoltre con una seconda semplificazione (di minore portata) anche sulla fascia di importo fra 150mila e 350mila euro, prevedendo in questo caso l’obbligo di una procedura negoziata (quindi senza gara formale ma con forme minime di pubblicità ) e una consultazione di almeno dieci operatori economici (e non 15, qui è la semplificazione).
L’intervento sulla fascia fino a 150mila euro è un vulnus in termini di concorrenza.
E soprattutto di trasparenza perchè questa fascia di mercato sarà di fatto inghiottita in un buco nero senza più alcuna informazione, senza controlli sull’operato della stazione appaltante (neanche da parte dell’Autorità anticorruzione), senza più alcun criterio oggettivo nella scelta dell’appaltatore.
Sono le trattative private che in passato hanno consentito di far lievitare clientele e corruzione nei mercati locali degli appalti.
L’impatto reale ed economico e gli allarmi lanciati in questi giorni da più parti (dall’Anac, dall’Ance, dai sindacati, dai media) vanno però pesati sulla base della quota di mercato interessata agli effetti prodotti dalla norma.
Va detto subito che la portata della norma è radicalmente diversa nel mercato delle opere pubbliche a seconda che si parli di lavori o di servizi (progettazione e ingegneria).
Nel primo caso la quota interessata è molto elevata in termini di numero di gare perchè di fatto scomparirebbero circa 10mila bandi di gara annui, il 40% degli appalti sarebbe cioè assegnata senza gara anche informale o bando, stando a stime annue basate sugli ultimi dati di gennaio-novembre 2018 dell’Osservatorio Cresme-Edilizia e territorio sui bandi di gara.
Trattandosi però di importi molto piccoli in un mercato molto grande (circa 25 miliardi di euro annui), la quota di mercato in termini economici sarebbe limitata a circa 600 milioni di euro, pari al 2,5% del mercato.
Comunque non poco.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
ALTRO CHE “NESSUN ITALIANO PERDERA’ UN EURO”, DAL 2019 VI FREGANO CENTINAIA DI EURO L’ANNO
Quanto perdono i pensionati italiani che prendono pensioni oltre tre volte il minimo con lo stop alla rivalutazione voluto dal governo Lega-M5S?
Mentre Di Maio e Salvini sostengono in pubblico che nessuno perderà un euro, è scritto nero su bianco che la misura costerà a tutti i pensionati italiani – con l’esclusione di quelli che percepiscono fino a 1.500 euro lordi al mese – 3,6 miliardi al lordo delle tasse nel triennio 2019-2021 e ben 17 miliardi nel decennio 2019-2028.
I numeri sono scritti nella relazione tecnica alla legge di Bilancio vidimata dalla Ragioneria.
Ma il governo, Lega in testa, si ostina a raccontarli in modo diverso. Provando a convincere gli italiani che «nessuno prenderà un euro in meno», come ripete da alcuni giorni il vicepremier Salvini.
Il taglio quindi c’è e colpisce su assegni da 1.800 euro netti in su, con sacrifici medi da mille euro in tre anni.
Nella tabella elaborata dallo SPI-CGIL c’è il computo dell’effetto della deindicizzazione delle pensioni e la differenza nella perequazione tra regime attuale e la nuova ipotesi già votata al Senato e pronta ad essere definitivamente approvata alla Camera.
Spiega oggi Repubblica
Il governo Renzi – dimissionario di lì a poco, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre – si impegnava a superare le “fasce di Letta” con 5 aliquote e tornare agli “scaglioni di Prodi” con 3 aliquote, dal primo gennaio 2019. Un vantaggio notevole. Prendiamo una pensione da 3 mila euro lordi. Rivalutarla all’inflazione ragionando per fasce significa applicare un taglio su tutti i 3 mila euro. Per scaglioni vuol dire invece avere una rivalutazione piena al 100% sui primi 1.500 euro e una percentuale ridotta al 90% sulla parte eccedente.
Cosa fa ora il governo Conte?
Ricopia il “metodo Letta” portando le fasce da 5 a 7. Con un piccolo vantaggio quasi per tutti (non per gli assegni sopra i 4 mila euro lordi). Dunque è vero che nessuno ci perderà . Ma solo sul 2018. Poi la musica cambia, come da prospetto.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’OFFERTA DI LAVORO ANCHE OLTRE 250 KM DA CASA NON PUO’ ESSERE RIFIUTATA O SI PERDE IL REDDITO DI CITTADINANZA
Spunta l’obbligo di trasferimento per il reddito di cittadinanza. Le ultime modifiche a un decreto che doveva essere varato entro fine dicembre, ma che è stato già posticipato a inizio gennaio, ovvero quello sul reddito di cittadinanza e quota 100, le due riforme “forti” della Manovra del Popolo, portano novità che rendono più restrittiva la norma e riguardano le proposte di lavoro che in teoria chi percepisce il reddito di cittadinanza dovrebbe ricevere.
Nel disegno di legge del M5S era prevista un’«offerta congrua» che doveva quindi essere «attinente alle competenze segnalate dal beneficiario», con «retribuzione oraria uguale o superiore all’80 per cento rispetto alle mansioni di provenienza» e soprattutto in un «luogo di lavoro situato nel raggio di 50 chilometri» da quello di residenza.
Ora, fa sapere Annalisa Cuzzocrea su Repubblica, le cose cambiano:
Nulla di tutto questo rimane. Nè l’offerta congrua, che non sarà inserita nel decreto. Nè la vicinanza alla propria casa. Alla prima offerta il raggio è infatti di 100 chilometri, alla seconda di 250, alla terza chi non ha figli dovrà essere disponibile a spostarsi in tutt’Italia. O perderà il sussidio.
E succederà anche a chi è padre, se avrà concluso un ciclo di reddito (18 mesi, dopo i quali bisognerà ripresentare la domanda). Ci si è posti il problema dei luoghi in cui trovare un certo tipo di impiego è più difficile: un laureato in filosofia non può pretendere di fare solo il filosofo, è l’esempio fatto da chi lavora al decreto, così gli si potrà chiedere anche di fare il correttore di bozze. E di farlo lontano da casa.
Poi c’è la questione della distribuzione territoriale:
Le tabelle del governo che simulano la misura parlano di 500 euro più 280 per un single in affitto, 500 euro più 150 per una persona sola con un mutuo e 500 euro per chi ha casa di proprietà .
Con i coefficienti familiari si sale a 980 euro per due adulti in affitto, a 1180 per due adulti e due bambini, fino a 1330 per una famiglia con tre adulti e due bambini.
In contanti però si potranno ritirare solo 100 euro al mese.
Il resto andrà speso con la carta che stamperà Poste (sarà come un normale bancomat, non dovrà essere riconoscibile).
E dagli acquisti saranno per ora esclusi quelli on line e il gioco d’azzardo.
La somma, è confermato. non sarà accreditata tutta all’inizio del mese e si perde se non si spende.
Dagli studi fatti da Palazzo Chigi, le regioni maggiormente interessate saranno nell’ordine Campania, Sicilia, Lazio, Lombardia, Puglia e Piemonte.
Con un’incidenza del 53% al Sud e nelle isole e del 47% al centro nord.
Per il 27% ne beneficerebbero single, per il 18% famiglie di tre persone, per il 23% nuclei di tre, per il 21% coppie con due figli, per il 16% famiglie con tre minori.
A questo proposito, va ricordato che in campagna elettorale Di Maio in un’intervista rilasciata al Mattino aveva parlato di reddito di cittadinanza e della possibilità di trovare un lavoro “anche su scala nazionale”, “deportato”, direbbero i grillini se si trattasse di una maestra assunta con la Buona Scuola di Renzi.
Successivamente, Di Maio pubblicò sul blog di Beppe Grillo un’intervista sul tema in cui rettificava la precedente affermazione:
Fingendo di “ribadire”, Di Maio diceva che «Per ciò che riguarda la nostra proposta sul reddito di cittadinanza, ribadiamo che la persona che beneficia del reddito si deve rendere disponibile a lavorare presso un Centro per l’Impiego del suo territorio e, se vuole, anche su base nazionale. Spostarsi per cercare lavoro deve essere una libera scelta e non un obbligo».
Adesso si scopre che era tutta una palla da campagna elettorale.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile
A PARITA’ DI REDDITO UN LIBERO PROFESSIONISTA CHE DICHIARA 64.000 EURO LORDI PAGHERA’ AL FISCO 10.200 EURO IN MENO RISPETTO A UN LAVORATORE DIPENDENTE… E’ LA (IN)GIUSTIZIA SOCIALE DEI SOVRANISTI
Un professionista con compensi annui di circa 64mila euro pagherà 10.200 euro di imposte in meno rispetto a un lavoratore dipendente con un reddito analogo e due figli a carico. Una differenza di 850 euro al mese.
E il risparmio è netto anche in rapporto a un titolare di partita Iva in tassazione ordinaria: 5.300 euro in meno, cioè 440 euro al mese.
Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica di Andrea Dili, Coordinatore dell’Assemblea dei presidenti delle Delegazioni regionali di Confprofessioni che spiega come cambia la forbice su tassazione e reddito disponibile:
Per un lavoratore single che guadagna 30mila euro l’anno, il tax rate (tra Irpef e addizionali) è di 4.260 euro più alto rispetto a un professionista nel forfettario con un reddito analogo, cui corrispondono compensi di poco più di 38mila euro.
Anche se il dipendente ha due figli a carico, il divario scende solo a 2.880 euro.
È una differenza ampia e, per alcuni osservatori, non del tutto giustificata neppure considerando l’esclusione del rischio d’impresa.
Di fatto, al nostro dipendente servono altri bonus, ad esempio legati ai lavori in casa: in particolare, per raggiungere la parità di prelievo, dovrebbe aver investito 57mila euro per ristrutturazioni.
Nel caso degli autonomi e degli imprenditori, la possibilità di arrivare a un tax rate inferiore di quello previsto dal forfettario dipende — oltre che da deduzioni e detrazioni personali dalle spese legate alla propria attività (che sono deducibili in via analitica al di fuori del forfait).
Ma, specialmente per i professionisti, è facile che i costi effettivi siano inferiori al 22% dei compensi già riconosciuto dal forfait.
Si spiega anche così il fatto che nei primi nove mesi di quest’anno abbiano scelto il regime forfettario quattro nuove partite Iva su dieci (il 39,7%, cioè 160.851 contribuenti).
(da “NextQuotidiano”)
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