Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
LA RIVINCITA PER LA DIGNITA’ DI UN “ULTIMO”, MORTO NELLE MANI DELLO STATO DELLA INDIFFERENZA E DELLA CINICA IGNORANZA
Il 2018 è stato un anno importante per me, per la mia famiglia e per Stefano. Un anno terribilmente denso di emozioni. Un anno di riscatto per noi ma, anche per la verità per quanto scomoda potesse essere.
È stato l’anno del film “Sulla mia pelle” che ha fatto rivivere la sofferenza mortale di Stefano Cucchi facendola entrare nei cuori e nelle menti di tantissime persone. Anche di quelle più scettiche e lontane.
L’Associazione che porta il nome di mio fratello ha ricevuto tantissime mail di scuse da parte di coloro che non avevano capito quel che era successo nove anni fa. Migliaia di persone in tutta Italia si sono accalcate nei luoghi dove veniva proiettato. Un onda montante di consapevolezza emotiva e di umana solidarietà tutt’altro scontata in questi tempi.
La rivincita per la dignità di un ultimo morto nelle mani dello Stato di indifferenza e cinica ignoranza.
Quello la cui vita, in fin dei conti, non avrebbe avuto alcun valore per la cosiddetta società civile. Un danno collaterale perfettamente accettabile in nome del buon nome delle istituzioni.
Ho sentito il calore della gente, la commozione profonda di tantissime persone che mi hanno fatto sentire vicino Stefano. Importante non solo per me e per la mia famiglia. Importante per come è morto e per quel che è successo dopo la sua morte. Importante per lo Stato.
Infatti questo è stato anche l’anno delle confessioni, del crollo del muro di omertà , delle verità sempre più imbarazzanti svelate dal processo in corso nel quale i magistrati della Procura di Roma si sono messi sulle proprie spalle la responsabilità per la rivincita dello Stato di Diritto.
In questi nove anni di esperienze giudiziarie ho imparato sulla mia pelle che tutto questo non è affatto scontato. Purtroppo.
Sono grata al loro sacrificio, al loro impegno, al loro profondo senso del dovere.
Mi sento in colpa per tutti coloro che non hanno avuto questa possibilità .
L’altra sera stavo guardando la televisione insieme ai miei figli, Valerio che ha 16 anni e Giulia che ne ha 10. I consueti servizi natalizi dalle varie città di tutta Italia. Eravamo a tavola c’era pure Fabio. Ad un certo punto Giulia mi fa: “Mamma… voi queste città le avete viste tutte!”.
“Si Giulia – le rispondo – un giorno le vedrai pure tu, vedrai”.
“No mamma.. a me non interessa andarci – mi ribatte lei guardando Valerio – a meno che non mi succeda la stessa cosa che è successa a te”.
Aveva un anno quando è morto suo zio.
Questo è il prezzo che ha pagato anche lei
Ilaria Cucchi
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
IN ITALIA SONO CIRCA 120.000, PROVENIENTI DA NIGERIA, ROMANIA E ALBANIA, IL 37% DELLE RAGAZZE COSTRETTE A PROSTITUIRSI SONO MINORENNI… SONO TRE MILIONI I CLIENTI ITALIANI, I “BUONI PADRI DI FAMIGLIA” CHE IN QUESTO CASO NON SONO PIU’ RAZZISTI
Maddalena ha 20 anni quando il fidanzato, albanese come lei, la convince a raggiungerlo in Italia. Maddalena è incinta di suo figlio, e con fiducia decide di seguire l’amore della sua vita in un Paese straniero, nel quale lui e una comune amica le hanno trovato un lavoro ben pagato come baby sitter.Tutto è pronto per partire, voltare pagina e iniziare una nuova vita.
Quando Maddalena arriva in Italia, trova l’amica comune, una sua ex vicina di casa a Tirana, a prenderla all’aeroporto di Milano.
Del suo fidanzato nessuna traccia ma non ha ancora nessun sospetto di ciò che le sarebbe capitato da quel giorno, ogni giorno.
Scopre ben presto una realtà diversa da quella che aveva immaginato: come lei stessa racconta, è stata “buttata in strada” da subito. L’amica, o quella che considerava come tale, le dice che non c’è nessun lavoro come babysitter ma che se si fosse comportata a modo e avesse seguito i suoi ordini, tutto sarebbe andato bene. Avrebbe dovuto indossare stivali lucidi e la gonna più corta che aveva; e sorridere, sorridere sempre.
La disperazione di Maddalena è fortissima, nel suo angolo di marciapiede scoppia in lacrime, sente tutto il peso del tradimento subito dall’uomo di cui porta il figlio in grembo.
La costringono a lavorare, giorno e notte, ci racconta.
Ritmi sfiancanti, sempre su quello stesso marciapiede, sempre circondata dagli stessi orrori, giorno dopo giorno. E l’unica cosa che le permette di andare avanti è suo figlio che cresce dentro di lei.
Il numero di cellulare del fidanzato risulta non più attivo a partire dal giorno in cui M. arriva in Italia; lei prova comunque a chiamarlo per chiedergli aiuto: non sa rassegnarsi e vorrebbe ancora avere fiducia nei confronti di lui, unica persona conosciuta nel Paese ostile. Ma il dubbio della sua complicità si insinua inesorabile tra i pensieri di Margherita..
Quando un giorno prova a scappare, viene subito ritrovata e pestata a sangue. Ancora una volta, il suo pensiero va al bambino che deve nascere, e ha paura di perderlo. Continua a lavorare. Leo nasce una notte di gennaio.
Dopo nemmeno una settimana dal parto, M. è di nuovo costretta a tornare in strada. Leo viene strappato ogni giorno alle cure amorevoli di sua madre, per sostare a casa di qualche individuo sconosciuto nell’incuria più totale.
Quella di Maddalena è una storia vera , triste ma a lieto fine: ad aprile incontra una donna che arriva in macchina sul marciapiede dove lavorava e le parla.
Le chiede “come stai?”, domanda che M. risente dopo tanto tempo, ed è il primo contatto che scambia degno di essere definito umano dopo tanto tempo, al di fuori dei momenti passati con figlio.
Dopo qualche visita, la donna la convince a scappare con lei per rifugiarsi in una casa d’accoglienza, assieme a Leo ovviamente, ed ora i due vivono una vita felice in cui M. è grata ogni giorno di non vivere più quell’incubo.
Quante volte siamo passati in macchina nelle fredde sere d’inverno e abbiamo visto ragazze in abiti vistosi e succinti riscaldarsi al fuoco di un falò improvvisato ai bordi della strada?
Quante volte abbiamo allungato il passo o persino evitato una zona “poco sicura”, magari perchè frequentato poco lontano da ragazze dall’ambiguo lavoro, e dai loro clienti?..
Sono andata a parlare con le ragazze, in strada. Assieme con le persone di un’associazione da molti anni si occupa di offrire un sostegno, a volte la possibilità di fuga, alle vittime della tratta.
Ho chiesto loro di raccontare la loro storia, e in particolare i motivi che spingono un uomo o una donna a vendere il proprio corpo, a offrire carezze e consumare l’intimità sessuale a pagamento, per ogni offerente.
In Italia sono circa 120.000 le vittime della tratta, provenienti prevalentemente da Nigeria, Romania e Albania, per un numero di clienti stimato di 3.000.000 di persone. Il giro d’affari è pari a 90 milioni di euro annui.
Il 37% delle prostitute di strada ha età comprese tra i 13 e i 17 anni. Nel mondo sono stimate per 21 milioni le persone che si prostituiscono (di cui 18% sono uomini, 12% sono bambini, 21% sono bambine).
Noi siamo stati nella zona di Massa-Sarzana-Pisa-Firenze (Liguria e Toscana), zona interessata dal fenomeno della tratta di esseri umani e ogni zona ha le sue specificità , all’interno del grande mercato nazionale del racket della prostituzione.
Nella zona di Sarzana si trova il giro delle Nigeriane.
La loro storia è fatta di povertà e desiderio di riscatto sociale: vengono da villaggi poverissimi, nei quali le loro famiglie, nonostante tante fatiche, non riescono a offrir loro niente di più della miseria più nera.
In questo scenario di arretratezza e povertà , senza prospettiva futura, ecco intervenire le madames (o mamam): donne più in là negli anni che conoscendo personalmente ciascuna ragazza offre loro la possibilità di dare una svolta alla vita andando a vivere in Italia o in un altro Paese dell’Europa occidentale.
L’offerte delle salvatrici consiste nel fornire un prestito alla ragazza, che si aggira tra i 30.000 e 50.000 euro: infatti avranno bisogno di molti contatti e soste lungo il loro viaggio clandestino tra l’Africa e l’Europa.
Per sancire l’accordo, la mamam esegue con ogni ragazza un rito vodoo: secondo la loro cultura è un mezzo potentissimo che lega le due parti e assicura la giusta vendetta nel caso di insubordinazione al patto. Può essere sciolto solo quando il debito viene onorato, o alternativamente chi ha eseguito il rituale magico può eseguire un contro-incantesimo nel quale libera dal potere del vodoo l’altra persona. Il che non avviene quasi mai.
Laddove non dovesse essere sufficiente la magia, non bisogna dimenticare che la madame conosce il villaggio dove è nata, e persino la capanna dove risiede la famiglia della giovane. Sono diverse le ragazze che ci hanno confessato che avrebbero provato un’immensa vergogna nel lasciare i propri familiari in balia delle ritorsioni delle mamam e dei loro complici, eventualità che si sarebbe concretizzata nel caso di una loro fuga o interruzione di pagamento.
Così, dopo il rito vodoo e dopo aver ricevuto il prestito, inizia il viaggio delle nigeriane: il loro sogno è trovare un lavoro ben pagato in un luogo dove non ci sono guerre nè carestie, dove tutti sono ben vestiti e felici. Purtroppo solo in pochi casi le mamam spiegano loro che la loro occupazione sarà prostituirsi, mentre in molti altri si prospetta loro un lavoro come cameriera, aiuto-pulizia, e simili..
Dalla Nigeria all’Europa, il passaggio obbligato è in Libia: infatti questo è l’unico Paese Nord-Africano in cui sono ancora aperte (parzialmente) le frontiere. Tutti coloro che sono passati da lì, nel sentirlo anche solo nominare si oscurano in viso, e pianto e rabbia è ciò che si percepisce.
Quasi nessuno è riuscito a raccontarci quanto ha visto e vissuto in quella terra, ma qualcuno ha segni di violenze, e cicatrici in tutto il corpo, come ricordo indelebile di quella parte del loro viaggio.
Quello che si sa è che si tratta di una detenzione forzata in delle sorte di campi di concentramento in cui uomini e donne sono rinchiusi. Non hanno possibilità di scappare poichè controllati a vista da uomini armati; molte persone muoiono in quelle prigioni e le donne sono sistematicamente violentate dalle guardie dei campi.
Chi è così fortunato, dopo mesi o anni di lavoro, da sopravvivere e riuscire a racimolare abbastanza soldi per imbarcarsi, affronta la seconda parte del viaggio. Su barconi fatiscenti alla volta dell’Europa, evitando i pattugliamenti che, lungo le coste del Paese africano, hanno il compito di bloccarne l’uscita. Ma quella della Libia è una storia a sè..
Ora la storia di Noemi.
Noemi ha 19 anni e la incontriamo una sera in un distributore vuoto, dove ascolta musica con le cuffie mentre aspetta i clienti. Ci racconta che è in strada da circa un anno e impiegherà almeno altri due anni di lavoro in strada per ripagare il debito (in media impiegano 2-4 anni).
Quasi tutte le ragazze riescono a risparmiare una piccola quota mensile da inviare alla famiglia (chi invia 50 chi 200 euro): spesso hanno fratelli più piccoli ai quali in questo modo riescono a garantire una vita più dignitosa di quella che loro hanno avuto, e magari permettere loro di ricevere un’istruzione.
Noemi ha gli occhi grandi e tristi, lo sguardo pazzo e triste. Ci dice (parla solo inglese) che per lei va bene stare lì, “è un lavoro come un altro” dice.. Ma il pianto del suo sguardo comunica altro: solitudine e disperazione. Ma le nigeriane amano la vita e quando dal marciapiede affianco ci raggiunge una sua amica, si mettono a ballare sul suono della musica, a ridere e scherzare.
N. ci mostra un crocifisso nascosto sotto la giacca e dice di essere cristiana. Dice anche di saper cantare: ci vengono i brividi quando canta qualche gospel cristiano con la sua voce d’angelo, in quel distributore vuoto..
Nella zona di Massa si trovano le ragazze dell’Est Europa.
Qua è infinita la disperazione. Molte delle ragazze sono drogate, perchè le aiuta a superare le violenze della strada. Dopo qualche mese ti abitui alle violenze della strada, dicono.
La droga, di pessima qualità com’è quella per i poveri, è per loro importante: aiuta a distaccarsi dall’incubo di ogni giorno e notte, “a sentirti meno in te come persona” ci raccontano. E poi la dipendenza da sostanza cresce, e arrivano a prostituirsi anche per comprarsi la droga. Con tale circolo vizioso aumenta il numerop di clienti minimo per ogni sera, ammesso sia possibile sceglierne il numero..
Le ragazze sono continuate a vista dal loro “uomo”, così si chiama adesso il magnaccia.
Le storie delle ragazze dell’Est sono dei veri incubi, peggiori dei drammi nelle tragedie di Shakespeare, e senza neanche un po’ della sua poesia. Moltissime vengono in Italia (o in altro Paese occidentale) per amore: i loro fidanzati le fanno arrivare col pretesto di averle trovato un lavoro, di sposarsi e formare una fimiglia in condizioni di benessere conquistabile con onesto impiego.
Poi le costringono a prostituirsi in strada; a essere violentate da loro, dai clienti, da altri magnaccia. A subire pestaggi e stupri di gruppo (lo stupro ha una valenza di iniziazione per le nuove arrivate e assicurarsi la sottomissione).
Inoltre devono pagare agli aguzzini l’affitto del marciapiede dove passano le notti, con prezzi che si aggirano intorno ai 300-400 euro.
Qualche storia?
Sasha, arrivata (caso più unico che raro) ancora vergine in Italia, e anche lei vittima di un imbroglio giocatale da conoscenti verso i quali aveva malriposto la sua fiducia. Sulla strada per Massa, confessa ad uno dei suoi superiori la sua verginità : non può iniziare a lavorare così. La risposta che ottiene, la ragazzina quasi sicuramente minorenne, è pressappoco un ”risolviamo subito”: l’uomo chiama altri due suoi “colleghi” e assieme si impegnano nello stupro, la quale dopo l’aiuto ricevuto può e quindi deve iniziare a lavorare, come tutte le altre.
O la storia di Jessica, arrivata in Italia per raggiungere il suo fidanzato. Ha due figli concepiti in strada e almeno un aborto alle spalle: non vissuto in ospedale ma bensì indotto in strada a suon di calci e pugni inflittole al ventre. Questo perchè per i suoi “protettori” una gravidanza rappresenta un freno ai guadagni: non tutti i clienti vogliono infatti giacere con una donna incinta.
Dopo pochi mesi ti abitui alla strada, dicono.
Le nuove ragazze si riconoscono facilmente: appaiono spaventate, terrorizzate, e con una gran voglia di fuggire da tutti quegli orrori.
Qualche ragazza ci dice di voler scappare. Non è facile: generalmente vengono private dei loro documenti appena arrivate, e spesso non hanno nessun altro luogo dove andare. Fortunatamente esistono in Italia associazioni che si occupano di dare sostegno e offrire un rifugio, una riabilitazione alle vittime della tratta.
E nelle testimonianze che abbiamo raccolto ci sono persino casi in cui persone singole, italiani e non, si impegnano ad aiutare in una fuga, per poi portare l’esule negli appositi centri presenti in tutto il territorio nazionale.
L’esigenza primaria è sicuramente quella di offrire protezione e allontanare fisicamente la/il fuggitivo dai luoghi del crimine. Ma non basta.. il riscatto è possibile ma solo all’interno di un lungo processo di riabilitazione, a tutti i livelli.
Del resto cosa si è in grado di fare dopo aver vissuto simili esperienze di disumanità ? Trovare un lavoro che rispetti quanto meno la soglia minima di dignità della persona è possibile ma ciò che subiscono queste persone è troppo grave e doloroso perchè possano da subito iniziare a vivere una vita “normale”..
In strada vi è un altro concetto di umanità . Per rappresentarlo si può usare il concetto sociologico di “istituzione totale”, per il quale si intende un luogo in cui un gruppo di persone vive per lungo tempo fuori dalla società , e si ciascuno si trova a dividere una situazione comune con gli altri membri e a trascorrere gran parte della vita in un regime chiuso e formalmente amministrato.
Come le carceri, i manicomi, i campi profughi, i centri di detenzione e privazione della libertà umana in generale, e le organizzazioni criminali.
Sono luoghi non-luoghi, i cui codici di comportamento differiscono significativamente da quelli della quotidianità della società civile, rispetto alla quale possono essere anche fisicamente separati (come le carceri) o viceversa esistere inclusi come un mondo parallelo e nascosto.
Sull’individuo l’appartenere a una istituzione sociale ha effetti di slterazione della personalità , perdita del senso di identità e progressivo distacco dalla vita emotiva e affettiva; l’organizzazione agisce nei suoi confronti il controllo di ogni forma di comunicazione proveniente dall’esterno.
Altri fenomeni descritti da E. Goffmann e altri sociologi sono quello della “metamorfosi dei sensi” (alterazione della percezione sensoriale, che si riduce) e il rituale di “spoliazione dei beni personali” che assicura che il/la nuovo arrivato crei anche a livello psicologico una netta separazione tra la vita precedente al suo ingresso nell’istituzione, il “prima”, e il “dopo”.
Vi sono dei casi di donne, anche italiane, che scelgono di dedicarsi alla prostituzione a causa dei compensi che difficilmente riuscirebbero ad ottenere in altro modo.
Spesso il livello d’istruzione non è elevato e in ogni caso chi decide di prostituirsi in strada cerca di riscattarsi da una situazione di disagio economico.
Una di queste donne è Angela: l’abbiamo incontrata una sera in strada e appariva riservata e indipendente: ha deciso di trasferirsi per qualche mese in un’altra regione e di lavorare 3 o 4 sere a settimana prostituendosi in strada ma senza nessun protettore-magnaccia.
Mentendo con la famiglia sul lavoro trovato, si dedica ad allenarsi durante il giorno “per mantenere attraente il corpo e liberare la mente” e dedicandosi ogni giorno alle pulizie di casa “perchè odia vivere nello sporco”.
Angela è una donna con dei sogni, di carattere forte da cui trapela grande dolcezza; vorrebbe sposarsi e avere una famiglia. Di lei, nessuno capirebbe mai la situazione incontrandola per strada.
Le storie qui riportate sono tutte vere, sono decine le drammatiche storie raccolte, e qua ne ho riportate alcune, cambiando i nomi, per portare un quadro il più possibile esaustivo.
Questo è un mondo che può apparire incomprensibile e distante, estraneo dalle nostre vite: eppure queste sono le tragedie che si consumano nelle nostre strade, e conoscere di persona queste donne (e uomini) fa sì che l’empatia lasci il posto alla diffidenza.
La riflessione da farsi è questa: qualunque individuo sia sottoposto a grossi traumi non può non riportare dei grossi cambiamenti in lui.
L’individuo non vede concrete garanzie del diritto inalienabile della persona umana al benessere, felicità e realizzazione, mentre la sua quotidianità assume ben più foschi tratti.
La persona che subisce violenze, specie se reiterate per lungo tempo, non può che esserne destabilizzato nel profondo, portando a cambiamenti nei suoi valori e ideali. Come infatti si può continuare a credere sia giusto riporre fiducia verso il prossimo, e che ci sia un bene nel mondo? Non dopo essere stati traditi dall’uomo che amavi, o da chi si è presentato come il tuo salvatore per fuggire da una situazione di sofferenza..
Il risultato è lo sviluppo di una forma di devianza e di psicosi: infatti le persone che si prostituiscono in strada non sono accettati nella società e sono relegati ai margini, relazionandosi esclusivamente con chi fa parte dello stesso malsano ambiente, coi quali condividono stessi codici comportamentali, e comuni idee sul “bene”, il “giusto”, ma anche per questioni apparentemente minori come il mangiare e il bere.
Non possiamo girare la faccia e fingere di non vedere: il racket della tratta di esseri umani esiste, produce elevati fatturati ogni anno a costo della sofferenza di migliaia di vittime, anche minorenni.
E tutti conosciamo persone, forse addirittura amici familiari vicini di casa, che sono clienti
Riguarda tutti noi in quanto cittadini che abitano sotto lo stesso cielo.
(da Globalist)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
PER GLI ITALIANI UN’IPOTECA DI 52 MILIARDI DI CLAUSOLE IVA PRONTE A SCATTARE DAL 2020
La manovra è legge. La Camera ha dato il suo via libera con 313 voti favorevoli e 70 contrari. Il provvedimento, approvato dopo giorni di le polemiche per la scelta della fiducia, non è lo stesso immaginato dal governo quando è iniziata la discussione sulla legge di bilancio.
La lunga trattativa con Bruxelles ha portato sì a un’intesa ma anche a necessari passi indietro dell’esecutivo rispetto al progetto iniziale.
Dalla riduzione dei fondi per reddito di cittadinanza al freno sulla rivalutazione per le pensioni medie, dalle clausole di salvaguardia Iva per il 2020 e 2021, frutto della lunga e difficile trattativa con l’Europa, al rinvio delle assunzioni nella pubblica amministrazione e degli investimenti, passando per la flat tax per gli autonomi e per la possibilità per i Comuni di aumentare le aliquote delle imposte locali, vediamo quasi sono le novità della manovra che hanno deluso aspettative e provocato polemiche.
Quota 100 e reddito di cittadinanza.
I cavalli di battaglia rispettivamente di Lega e M5s sono previsti dalla legge di bilancio, ma saranno disciplinati nel dettaglio con un decreto successivo alla manovra. Il fondo per il reddito di cittadinanza sarà ridotto rispetto al disegno iniziale: scenderà dai 9 miliardi previsti a 7,1 miliardi nel 2019, 8,055 nel 2020 e 8,317 nel 2021, compresi i fondi del Reddito di inclusione, che continua a essere garantito.
Le risorse sono destinate anche ai centri per l’impiego (le regioni potranno assumere fino a 4mila unità ) e all’Anpal Servizi. Il sussidio dovrebbe partire da aprile.
Quanto alle pensioni, la Lega ha vinto la sua battaglia per quota 100, suscitando, però, le ire di una parte dei pensionati che hanno scelto di scendere in piazza già dagli ultimi giorni dell’anno.
Sono i destinatari degli assegni medi, che subiranno tagli alla rivalutazione. L’indicizzazione piena, infatti, ci sarà solo per le pensioni fino a 1.522 euro. Poi sono previste sei fasce di tagli: l’adeguamento sarà riconosciuto al 97% per gli assegni tra tre e quattro volte il minimo; al 77% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo; al 52% per quelle tra cinque e sei volte il minimo; al 47% per quelle tra sei e otto volte il minimo; al 45% tra otto e nove volte il minimo, e, infine, al 40% sopra nove volte il minimo.
Clausole di salvaguardia sull’Iva.
Uno dei nodi più spinosi del provvedimento riguarda l’Iva: il governo è riuscito a scongiurarne l’aumento per il 2019, ma il problema si potrebbe porre a partire dal 2020.
Le clausole sugli aumenti Iva tornano, infatti, per l’anno prossimo e per il 2021. Se non venissero trovate le risorse per disinnescarle – come è stato fatto finora – scatterebbero aumenti per 23 miliardi complessivi nel 2020 e quasi 29 miliardi nel 2021, con l’aliquota intermedia dell’Iva che passerà dal 10 al 13% dal 2020, mentre l’aliquota ordinaria dal 22 al 25,2% nel 2020.
Scivolone sull’Ires.
Ha suscitato le proteste del no profit la misura che abolisce le agevolazioni sull’Ires per il terzo settore. Sul punto il governo ha fatto marcia indietro, ma solo a parole. La manovra, infatti, non può essere modificata e la norma – ha assicurato Di Maio – sarà modificata “con il primo provvedimento utile”.
Rinviate le assunzioni per la pubblica amministrazione.
Luci e ombre per la pa. Il governo ha stanziato fondi per le assunzioni, ma ha rinviato l’entrata in servizio delle nuove reclute della pubblica amministrazione centrale, che potranno prendere il loro posto solo da settembre 2019. Il ritmo delle assunzioni, che partiranno dal 2020, sarà dimezzato rispetto al progetto iniziale. Situazione peggiore nella sanità .
Investimenti rinviati.
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha rilevato come, in seguito all’intesa con l’Ue, l’anno prossimo fondi per gli investimenti saranno inferiori rispetto a quelli del 2018. Non cambia, però, il saldo nel triennio: le risorse destinate al fondo restano pari a 15 miliardi. Per i prossimi 12 mesi l’Upb ha registrato “un’inversione di segno nell’effetto netto complessivo sulla spesa per investimenti e contributi agli investimenti nel 2019: da un aumento di 1,4 miliardi inizialmente previsto si passa a una riduzione di circa un miliardo”.
I Comuni potranno aumentare le aliquote.
L’80% dei Comuni avranno la possibilità di aumentare le aliquote di Imu, Irpef e Tasi. Non è stato, infatti, confermato il congelamento della tassazione locale introdotto nel 2016. Escluse dal provvedimento le grandi città .
Affidamento diretto per gli appalti fino a 150mila euro.
Molte perplessità ha suscitato la disposizione sugli appalti pubblici, che prevede l’affidamento diretto fino a 150.000 euro e procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, per lavori da 150.000 a 350.000 euro.
Sulla questione è intervento anche il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, che in un’intervista al Fatto Quotidiano ha spiegato che la normativa potrebbe agevolare l’infiltrazione della criminalità organizzata.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
CON IL BLOCCO DELL’INDICIZZAZIONE E RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI UN PENSIONATO MEDIO PERDERA’ 15,6 EURO AL MESE (94 EURO NEGLI ULTIMI 9 ANNI)
Li ricordate quando strillavano sguaiati per i 2 centesimi dei sacchetti della frutta e verdura biodegradabili?
Oggi, come ormai da sei mesi, da quando sono al governo, i grillini si rimangiano anche la loro “vicinanza al popolo”. Due giorni fa addirittura il premier Conte ha deriso i pensionati paragonandoli all’Avaro di Molière
Ma di cosa si tratta? Il blocco dell’indicizzazione e della rivalutazione delle pensioni stabilito dalla legge di bilancio, insieme ai due precedenti interventi dei governi passati arriva a costare “almeno una mensilità netta ogni anno” tra il 2011 e il 2019. Insomma, un conto da capogiro.
Ad aver fatto i conti è stato il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, secondo il quale “con il blocco della perequazione delle pensioni, stabilito dalla Legge di Bilancio, continua la persecuzione nei confronti dei pensionati italiani in atto dal 2011”.
Stando ai calcoli della Uil la perdita per la mancata rivalutazione tra il 2011 e il 2018 è costata 79 euro al mese per una pensione di 1.500 euro lordi, che vale fra 3 e 4 volte il trattamento minimo. In totale fanno 1.000 euro annui, con una perdita del 5,32% che, prosegue, “agirà per sempre sul trattamento del pensionato”.
Tenendo in considerazione anche il blocco stabilito per il 2019, lo stesso pensionato dovrà fronteggiare una perdita complessiva pari a 94,62 euro al mese, corrispondente a 1.230 euro annui, vale a dire una mensilità netta in meno ogni anno che, per effetto dei blocchi previsti, “sarà destinata a crescere fino al 2021”.
Una stangata clamorosa, insomma.
(da Globalist)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
“GLI ITALIANI NON HANNO BISOGNO DI STALKER, DEVE PARLARE SOLO MATTARELLA”
“Ci auguriamo che Salvini, Di Maio o Di Battista evitino l’occupazione mediatica almeno il 31 dicembre”.
Mara Carfagna chiede che l’ultimo giorno dell’anno i leader di governo e maggioranza lascino spazio al presidente della Repubblica: “Hanno 364 giorni all’anno per stare sotto i riflettori e ci stanno in tutti i modi possibili e immaginabili, con giubbotti, felpe, sui tetti e sui balconi. Lascino in pace l’Italia almeno l’ultimo giorno dell’anno, quando a parlare è il Presidente della Repubblica, che – sottolinea la vicepresidente FI della Camera, parlando con i giornalisti in sala stampa a Montecitorio – rappresenta l’unità nazionale, tutto il Paese e non solo una parte di esso”.
Poi la stoccata finale: “È così difficile per Salvini e Di Maio non alimentare contrapposizioni e divisioni ed evitare di trasformarsi negli stalker degli italiani anche la notte del 31 dicembre?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
PER DE FALCO PROBABILE IL PROVVEDIMENTO, PER NUGNES E FATTORI NON E’ DETTO, SI TEMONO I RICORSI, VISTO CHE IL M5S LI PERDE SEMPRE
La mail dei probiviri è partita anche se nessuno conferma di averla ricevuta. E con questa è scattato il conto alla rovescia per le espulsioni a 5 Stelle, anche se finora a rischiarla davvero è soltanto uno, ovvero Gregorio De Falco.
Gli altri, anche se non si sa esattamente quanti e chi siano i destinatari della missiva, sono in bilico.
I nomi dei dissidenti che si fanno sono i soliti: ci sono Paola Nugnes ed Elena Fattori, che minacciano di non votare i provvedimenti dei 5 Stelle e infatti ieri ha votato la fiducia alla manovra dicendo in un’intervista rilasciata ad Annalisa Cuzzocrea di Repubblica che questa sarà l’ultima volta
Scrive Repubblica che per loro, il capo politico 5 stelle Luigi Di Maio — in partenza a Capodanno per un ritiro montano di un giorno con Alessandro Di Battista — e i suoi luogotenenti, hanno in mente soluzioni molto diverse.
Anche se a tutti hanno mandato la stessa missiva, chiedendo «controdeduzioni» e dando dieci giorni di tempo per inviarle.
Il destino del parlamentare livornese sarebbe segnato. De Falco non ha votato neanche la fiducia sulla manovra. «Non viene alle commissioni, non avverte», si lamenta un collega di peso. Per lui sarebbe pronta l’espulsione. Studiata a lungo dai probiviri perchè sia inattaccabile dal punto di vista formale.
La paura dei ricorsi è alta, visto quelli persi in passato.
Ma la scelta di rinunciare a un candidato presentato come un fiore all’occhiello in campagna elettorale è ormai presa. Tanto più che gli attacchi non si fermano.
«La cosa che più mi preoccupa adesso – dice il comandante – è la legge sull’autonomia, perchè si tratta di una lesione dell’unità dello Stato».
Ma la mail dei probiviri è arrivata? «Mi sono arrivati un sacco di auguri di Natale, forse è lì sotto. Non guardo tutta la posta, quella che mi interessa magari arriva in altri modi, tramite raccomandata».
Non è improbabile che alla fine le sanzioni arrivino e non è improbabile che alla fine sia proprio De Falco a pagare il prezzo più alto, se non altro perchè si è messo spesso in polemica diretta con il capo politico Luigi Di Maio, che lo aveva scelto come candidato.
Del senatore i grillini temono la capacità di sollevare e convincere gli altri e per questo lo hanno eletto a nemico pubblico numero uno scatenando anche una macchina del fango sui suoi rimborsi in cui si è distinta come sempre Laura Castelli, che giusto l’altroieri ha dimostrato la sua clamorosa competenza in materia economica con le uscite sul non profit.
Sembra invece francamente improbabile che per gli altri succeda qualcosa perchè il M5S non ha alcun interesse ad inimicarsi chi strilla, urla ma alla fine vota a favore.
Almeno per ora
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
DA TEMPO LA MILANO LAICA E’ MORTA SOTTO LE BOTTE DELLA POLITICA CORROTTA E DEI DANEE’ SENZA LAVORO E SENZA SACRIFICIO
Qualcosa non funzionava in quelle classifiche e in breve la bugia è stata svelata dai fatti. Non sarà sfuggito a nessuno infatti che nel giro di pochi giorni la città di Milano è passata direttamente dalla gloria dei vertici della classifica delle città più vivibili d’Italia a cura del Sole 24Ore, al fango e al sangue di Inter-Napoli, record di violenza urbana che riaffiora e viene rimbalzata su tutti i giornali e le televisioni.
Poche volte avevamo visto una smentita così clamorosa. Tutto perchè — lo sanno anche i bambini — un conto sono alcuni dati aggregati, un’altra le conclusioni su questioni complesse e capitali.
Come si fa a pensare di poter formulare un giudizio — con un minimo di razionalità — sulla “qualità della vita” degli italiani sulla base del reddito procapite, dei metriquadri di giardinetti, dei libri, dei cinema o di altre amenità disponibili?
Ci volevano dei teppisti per ricordarci che la qualità della vita è una cosa più complessa di una sfilata di moda e si misura soprattutto dallo stato d’animo e dalle reali condizioni materiali di vita della popolazione?
Insomma, dobbiamo più seriamente riproporci il problema della reale qualità di vita nelle nostre città , che non è solo funzione della disponibilità di beni materiali e di ricchezza. E che purtroppo è molto basso, in particolare in rapporto agli standard europei e nord europei.
Non è che ci volesse molto a capire che la situazione a Milano non è quella del Paradiso terrestre italiano.
Milano era la città meno ideologica e più pratica, perchè refrattaria totalmente alle ideologie astratte e preconcette. Il bene per il bene, il lavoro per il lavoro. Milano era la città più etica d’Italia, quella dove non c’era bisogno di essere cattolici per amare il prossimo. Questo era il fattore più importante di benessere.
Oggi dispiace dirlo, tira invece tutt’altra aria, quella di una malsana aggressività , di tensioni represse pronte a esplodere alla prima occasione.
Lo stesso sole 24 Ore, d’altronde, aveva messo Milano in cima alle classifiche sulla criminalità . Altro che regina in qualità della vita. Basta girare per le strade in macchina, coi mezzi pubblici o con le biciclette, parlare con la gente.
Milano è una città divenuta negli anni comparativamente più povera, perchè la ricchezza individuale non è più un fattore di progresso e di benessere per tutti, ma si è trasformata in un volgare mezzo di separazione e di contrasti.
Milano è una città impropriamente costosa, che offre meno di quello che fa pagare, gonfiata dalle tensioni di una piccola e media borghesia locale proiettata non a fare meglio, ma a fare come (i “ricchi”).
Man mano che ci si sposta nelle periferie, mentre le differenze sociali si riducono, aumentano le tensioni, nei condomini, nelle strade, nei bar.
D’altronde l’industria prima fonte di ricchezza è stata soppiantata dalla finanza, meglio dal poco che resta di una finanza gonfiata e priva di rendite certe e continue quali erano i profitti industriali dell’epoca d’oro.
Il guadagno privo del lavoro e del sacrificio è socialmente distruttivo. Milano, una volta città del bene fatto in silenzio, è oggi la città del marketing, dove tutto vien urlato, soprattutto quello che non c’è. Alcuni hanno detto, “Milano, sotto il vestito niente”.
A scanso di equivoci, chiarisco subito che amo profondamente Milano, e per parte di madre vengo da via Santa Valeria. Non so se sono milanese, ma amo Milano. Ho vissuto a Milano anni bellissimi e continuo a frequentarla. Amo Milano perchè è l’unica città italiana europea.
Amo Milano perchè, in confronto a Verona (dove vivo) e alla maggior parte delle belle città italiane, è brutta e per sedurti evidentemente deve usare altri armi, non solo quelle del sentimento.
Amo Milano perchè è (o almeno era) una città inclusiva, dove qui più che altrove si guarda solo a quello che uno è capace di fare. Amo Milano perchè è una città modesta dove chi più aveva meno ostentava. Amo Milano perchè i milanesi non volevano essere simpatici, erano finti burberi che con grande pudore lavoravano e si sacrificavano senza fiatare e pensavano agli altri.
Milano oggi è un’altra cosa, anche se i Biscella di Porta Ticinese sono aumentati e le Gagarelle del Biffi Scala sono più numerose di un tempo.
Da tempo la Milano laica è morta sotto le botte della politica corrotta e dei daneè senza lavoro e sacrificio. Quella cattolica si è adeguata, così dalla comunione e dalla liberazione si è passati alle compagnie per le “opere”.
Milano ci ha perfino provato a sconfiggere la corruzione, ma alla fine anche tra i milanesi è prevalso il modello Berlusconi.
La storia di Milano almeno per gli ultimi 30 anni è, in grande, la storia tragica del nostro Paese.
La lotta di pochi, sempre meno per fermare un declino che nel breve faceva comodo a molti ma che avrebbe inevitabilmente comportato un peggioramento complessivo delle condizioni di vita per tutti.
Quelle che il Sole 24Ore non poteva vedere. Non basta ripulire un po’ di strade in centro, non bastano i grattacieli addobbati di verde, non bastano i navigli, nè serve la vetrina a tutti i costi dell’Expo.
Purtroppo, non bastano nemmeno gli Strada, i Pellegrini, le Buccoliero, le Carimali e tutti quelli che ancora con grande fatica oggi si sforzano in altro modo di tenere alto il nome di Milano.
Ma Milano ce la farà , senza l’aiuto di classifiche finte. Perchè se non ce la fa Milano non ce la farà mai il resto del Paese.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
NEL PROGRAMMA CI SAREBBE DOVUTO ESSERE ANCHE L’ASSALTO AL COMMISSARIATO DI POLIZIA DI SAN SIRO
Via Emanuele Filiberto, civico 13. Bisogna partire da qua per comprendere cosa sia successo nelle ore precedenti la guerriglia scatenata a Milano il 26 dicembre prima di Inter-Napoli. È un indirizzo chiave, confermato ieri dai tre arrestati al giudice Guido Salvini.
Uno di loro, Luca Da Ros, 21 anni, studente di sociologia all’università Cattolica e membro del gruppo Boys San, ha fornito particolari ulteriori.
Su tutti il nome del capo dei Boys che, stando a Da Ros, sarebbe stato tra gli organizzatori. Si tratta di Marco Piovella, 34 anni, soprannominato “il Rosso”, un Daspo a carico di un anno a carico per i disordini di Inter-Juve dello scorso aprile. Piovella, interrogato ieri dalla Digos, ha confermato la sua presenza negli scontri ma non il ruolo di organizzatore. In serata è stato rilasciato, ma resta indagato.
Torniamo in via Filiberto, strada distante pochi chilometri dallo stadio Meazza.
Da Ros detto il Gigante davanti al giudice spiega che lui è arrivato allo stadio alle 17,30 del 26 dicembre. Qui passa al Baretto, ritrovo degli ultras di Inter e Milan. Dopodichè sale al secondo anello per posizionare gli striscioni. A questo punto, si sposta in via Filiberto.
Qui l’appuntamento è al Cartoons Pub. Come Da Ros molti si ritrovano qua. Tra questi gli altri due arrestati Francesco Baj e Simoncino Tira. Anche loro confermeranno la presenza al locale e poi nel mezzo della guerriglia.
A questo punto succede qualcosa che ha dell’incredibile: davanti al pub si forma una fila di venti macchine.
Spiegherà Da Ros: solo gli autisti erano a conoscenza della destinazione finale. Cosa succede a questo punto? Gli ultras, compresi quelli dei Blood and Honour arrivati da Varese e i francesi del Nizza della Populaire sud, salgono sulle auto. Quattro o cinque a bordo più chi guida.
I mezzi partono a breve distanza l’uno dall’altro, formando un colonna che dalla zona di corso Sempione si avvia verso lo stadio, senza che nessuno se ne accorga.
Da qua il serpentone, giunge nel parchetto di via Fratelli Zoia. A questo punto chi arriva trova nel parchetto due grossi sacchi scuri dentro i quali ci sono le armi per il “combattimento”.
Ci si arma, ci si incappuccia, e si attende il segnale. Le staffette in fondo a via Novara agganciano i van dei napoletani. Poi un colpo di petardo dà il via a tutto.
Il manipolo degli interisti occupa via Novara. Sono circa le 19,20. La dinamica dunque è chiara
La conferma arriva direttamente dal giudice per le indagini preliminari Guido Salvini, che oggi deciderà sui tre arrestati tutti accusati di rissa e lesioni aggravate.
Ciò che al momento resta oscuro è la catena di comando.
Torniamo allora al capo dei Boys Marco Piovella. Laureato al Politecnico e titolare di uno studio di light-design a Milano, sarebbe stato lui uno degli organizzatori della guerriglia.
Questo almeno mette a verbale Da Ros che aggiunge qualcosa in più: in via Zoia la sera del 26 dicembre c’erano tutti i capi dei vari gruppi della curva Nord. Oltre a quello del Rosso, vengono fatti altri due soprannomi collegati al gruppo dei Viking e a quello degli Irriducibili.
Secondo questa ricostruzione, il direttivo della curva ha avuto parte nella guerriglia. Dai verbali emergono poi particolari sulla dinamica dell’incidente che ha provocato la morte di Belardinelli, colpito sulla carreggiata di via Novara in direzione stadio.
La Procura qui procede per omicidio a carico di ignoti. Il fatto ancora non è stato rubricato a omicidio stradale. L’auto non sembra un Suv, ma una macchina più piccola.
Di più: non è affatto escluso che l’investimento sia voluto. L’ipotesi della Procura è che l’auto facesse parte del gruppo dei napoletani e sia passata con entrambe le ruote sul corpo del capo ultras dei Blood and Honour.
Ancora da comprendere il movente della guerriglia. Movente che sembra più legato a dinamiche politiche di estrema destra.
Due arrestati e altri indagati sono legati al gruppo di Lealtà e azione, mentre i francesi del Nizza sono considerati vicini al Fronte popolare di Marine Le Pen.
Il gruppo così formato ha colpito il 26. Nel progetto, secondo una fonte interna al mondo ultras milanese, c’era l’assalto al commissariato San Siro, già colpito nel 2007 durante il corteo per l’uccisione dell’ultras della Lazio Gabriele Sandri. L’investimento di Dedè ha però mandato a monte il piano.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 30th, 2018 Riccardo Fucile
UN PAESE DOVE IL DEGRADO MORALE E’ ARRIVATO A NON AVERE RISPETTO NEANCHE DI UNA MADRE CHE LO AVEVA ALLESTITO IN RICORDO DI SUO FIGLIO… E POI PRETENDIAMO DI DARE LEZIONI AL PROSSIMO
Mai, Katia Munerati, la madre di Chicco che ha perso la vita a 7 anni in un incidente stradale su un pullman, si sarebbe aspettata che quel presepio venisse saccheggiato dalla lapide nel cimitero di Stroppiana, nel Vercellese. Lo racconta Cristina Palazzo su Repubblica.
“Sono amareggiata e incavolata nera, devono vergognarsi di rubare sulla tomba d un bambino nelle festività di Natale, rubare un presepio a un angelo”.
È lei stessa a denunciarlo sui social.
Come fa ogni anno ,aveva addobbato la tomba con piccole tenerezze natalizie per suo figlio ma quest’anno i ladri non si sono fatti scrupoli e hanno portato via tutto, lasciando il vuoto sulla tomba di Francesco Barbonaglia morto nel maggio 2007.
Chicco aveva 7 anni era in gita scolastica a Torino con i suoi compagni di scuola di Stroppiana quando, al ritorno in paese, il bus su cui viaggiavano ebbe un incidente in autostrada sulla diramazione D36 Stroppiana-Santhià dell’A4. Perse la vita anche un altro bambino, Michael di 6 anni.
E a chi dice di non crederci perchè un gesto troppo crudele la mamma Katia spiega: “È così…basta andare a vedere per credere, io tollero tante cose ma questa mi ha annientata”.
Il gesto ha sconvolto la piccola comunità di Stroppiana e quanti da anni passando vicino la tomba di Chicco ammirano quel presepio conoscendo l’amore e l’affetto che porta con sè. “Ogni Natale è un colpo al cuore, ma questo è ancora di più”, ammette la madre.
(da Globalist)
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