Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
IN EPOCA MUSCOLAR-SOVRANISTA PERSINO RICHIAMARE I BUONI SENTIMENTI DIVENTA UN ATTO POLITICO… UNA NARRAZIONE BEN DIVERSA DAI SEMINATORI DI ODIO E PAURA
Anche l’esaltazione dei “buoni sentimenti” e dei valori “positivi” è politica. Quello della comunità , che significa “condividere valori, prospettive, diritti e doveri” e pensarsi dentro un “destino comune”.
Il “rispetto gli uni degli altri” che vuol dire battersi certo per le proprie idee, ma “rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore”.
L’Italia “che ricuce e dà fiducia”, come fanno le realtà del terzo settore, inopinatamente tassate dal governo, misura da evitare perchè equivarrebbe a una “tassa sulla bontà “.
C’è, nel discorso di fine anno del capo dello Stato, parafrasando Gobetti, una “certa idea dell’Italia”, di un paese che ha nella sua cultura e nella sua storia i principi della solidarietà , della convivenza civile, profondamente diverso dal paese rabbioso e incattivito descritto nell’ultimo rapporto del Censis.
E profondamente diverso, nel primo anno dell’era sovranista, dall’iconografia di una politica muscolare e cattivista, divisiva nei toni e nei atti, in cui l’altro, più che una risorsa, diventa una minaccia.
La politica, insomma, come fabbrica dell’odio rivolta a curve da aizzare nei loro istinti primordiali, non come governo ragionevole e razionale: “Il modello di vita dell’Italia — dice Mattarella – non può essere e non sarà mai quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi. Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo”.
Odio è una parola che ricorre più volte nel discorso, come sempre quando un termine diventa la cifra di un’epoca e racchiude lo spirito dei tempi, segnati dalla ricerca e dalla costruzione del nemico.
All’Italia dell’odio il capo dello Stato contrappone l’Italia che crede nella comunità e “l’Europa dei diritti, della convivenza, della pace” e l’auspicio, a proposito di nemici, che la campagna elettorale per le europee si “svolga con serenità ” e sia “l’occasione per un confronto serio”. Non, appunto, un altro stadio per amplificare i cori delle curve.
Ecco il senso della “retorica dei buoni sentimenti” di cui parla Sergio Mattarella: non un buonismo di maniera, ma un affondo unitario verso chi ha la forza del consenso, usata finora come esercizio divisivo del potere più che come costruzione di un senso comune.
Una narrazione che, nei toni e nei principi, è l’opposto del salvinismo, della retorica securitaria e della gigantesca macchina della paura alimentata a prescindere dai risultati.
Proprio il passaggio della sicurezza è, forse, politicamente il più severo. E non solo perchè il capo dello Stato sottolinea che la sicurezza “parte da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune” e, dunque, non “c’è sicurezza se non c’è comunità “.
Ma, sia pur in modo felpato, Mattarella stavolta va oltre. Quasi sfidando Salvini sul suo terreno, perchè la “domanda c’è” ed “è forte” — come dire: questo è un dato di fatto che resta irrisolto al di là dei proclami — ma, ecco il punto, “non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l’impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi”.
Impressione di istituzioni inadeguate: frase che lascia, nell’ascoltatore, la facoltà di pensar male — certe volte ci si indovina — a proposito di un ministro dell’Interno impegnato più nei comizi che nel suo lavoro al Viminale.
E più attivo su twitter che nella gestione dei dossier.
Discorso asciutto, breve, una dozzina di minuti, etico nel suo taglio, coerente con l’ispirazione poco interventista di questo capo dello Stato, che ha espunto dal suo repertorio moniti, bacchettate, sermoni pedagogici alla politica.
E anche un certo protagonismo nella gestione della crisi, nella costante attenzione a non dare a chi governa l’alibi che c’è qualcuno che vuole impedire il libero e sacrosanto esercizio della volontà popolare.
Anche il passaggio, forse il più atteso, sullo strappo che si è consumato attorno una manovra presentata la sera e votata di notte, senza neanche il tempo di leggerla, è un invito alla ricomposizione futura più che la denuncia di uno strappo già consumato.
Di fronte alla “grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto”, Mattarella si limita ad auspicare, a manovra promulgata, che “Parlamento, governo e gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto e assicurino per il futuro condizioni adeguate di confronto”.
Molto indulgente, magari, per le opposizioni che hanno denunciato l’umiliazione del Parlamento, magari indulgente anche per i presidenti di Camera e Senato che non hanno impedito forzature, in definitiva un approccio che sa di realpolitik, perchè Parigi val bene una messa e aver evitato la procedura di infrazione è motivo sufficiente per chiudere l’anno con un sospiro di sollievo, e non con un rimprovero.
E solo con una incisiva evocazione di un patrimonio di principi e valori, da tenere vivo, in attesa di tempi migliori. Buon anno.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
TANTI ATTACCHI A DI MAIO SU FB: “NEPPURE CHI VI HA VOTATO SAPEVA DEL CONTRATTO CON LA LEGA, HAI TRADITO TU PER PRIMO”
Passeranno alla storia come le sanzioni di fine anno: quattro espulsioni, un richiamo, due casi ancora in attesa di giudizio.
Ma a far rumore sui social è soprattutto Gregorio De Falco, l’ufficiale di Marina entrato nelle liste elettorali come un fiore all’occhiello e finito ben presto fuori linea.
Il provvedimento nei confronti di De Falco era nell’aria ma questo non impedisce a molti militanti di reagire con sorpresa e disappunto.
A partire dai commenti sotto il post con cui si annuncia la decisione, sul Blog delle Stelle.
Alberto m. scrive: “Vi ho sempre sostenuto fra tutti i miei conoscenti e votato volentieri fin dal 2011, ma avete avuto una mutazione genetica incredibile… Degli altri non so, ma con l’espulsione di De Falco mi andate definitivamente sotto i tacchi….”.
Un altro utente, Ccappai, difende De Falco “che non si è allineato alla follia di un movimento che si è perso dietro promesse farlocche e irrealizzabili”. E Flavia scrive: “State perdendo la testa, l’anima e la storia”.
Naturalmente ci sono molti iscritti che lodano la scelta. Come Salvatore: “L’importante è tutelare l’integrità del Movimento”, scrive. Riccardo assicura che celebrerà la decisione brindando con “lo spumante stanotte”. Vincenzo Claudio fa una riflessione critica: “Continuiamo a farci del male candidando esterni al Movimento”. Ma l’alternanza di valutazione positive e negative è più netta rispetto al passato.
Tutto questo sul Blog delle Stelle.
Va molto peggio, ai vertici del Movimento, sulla pagina Facebook di Luigi Di Maio. Centinaia i commenti sotto il post con cui il vicepremier 5Stelle motiva i provvedimenti.
Di Maio – in ritiro con Alessandro Di Battista in un luogo vicino a Roma – scrive: “Tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Oggi i probiviri si sono espressi con provvedimenti duri e giusti. Chi non sostiene il contratto di governo è fuori dal Movimento. Il rispetto degli elettori viene prima di tutto”.
C’è chi nota, tra i commentatori: “I cittadini che hanno votato per voi non sapevano ancora niente del contratto di governo con la Lega”.
Valentina aggiunge: “D’altra parte nemmeno gli elettori 5stelle hanno approvato, votandovi, una politica migratoria di stampo leghista. Chi ha tradito per primo?”. Gabriele si mostra deluso: “Voti di fiducia a più non posso, chi dissente è fuori. Siete uguali al PD. Fate schifo”.
Vincenzo Scudieri guarda ai prossimi provvedimenti che potrebbero provocare mal di pancia nel Movimento: “Adesso potrete votare l’autonomia delle principali regioni del nord molto più facilmente!”.
E viene presa d’assalto dai commentatori social anche la pagina Facebook di Gregorio De Falco, il più noto tra i parlamentari sanzionati. Sotto il post con cui il senatore metteva in rete un’intervista a Repubblica fioccano i giudizi.
“Lei è stato votato da me e dalla mia famiglia; anche noi ci consideriamo espulsi!”, scrive Afen Nefa.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
“ANCHE IO VOGLIO ESSERE GIUDICATA AL PIU’ PRESTO”
La senatrice Elena Fattori è in un limbo dal punto di vista dello status nel Movimento. Il procedimento disciplinare nei suoi confronti è ancora pendente.
Nonostante – come Gregorio De Falco, oggi espulso come altri tre parlamentari – non abbia votato il decreto sicurezza.
E abbia spesso espresso critiche nei confronti delle scelte dei vertici, come nel caso del maxiemendamento alla manovra (“ho votato la fiducia sul testo senza averlo neppure letto, non deve più ripetersi”).
La sorprende l’espulsione di De Falco?
“No, me l’aspettavo. Perchè ha una personalità forte, con grande capacità di leadership”.
Vuol dire che era percepito come un pericolo dai vertici?
“Esatto. Ed era molto informato e sensibile sui temi dell’immigrazione. Certo non interromperò il dialogo con lui”.
Lei invece è ancora in attesa di giudizio. Si sente sollevata?
“No. Non lo capisco e non lo apprezzo. Uno deve sapere se fa parte di un gruppo o meno. Questa situazione mi delegittima. Voglio un giudizio finale al più presto. Ho bisogno di sapere, in queste condizioni è difficile lavorare, portare avanti un’azione politica forte, incisiva”.
Cosa chiede ai vertici del Movimento?
“Che si torni a dialogare. Mettendo da parte le purghe. Una volta forse facevamo fin troppe assemblee. Ma bisogna tornare a discutere”.
Cosa farà in caso di espulsione?
“Presenterò ricorso perchè io mi sento del Movimento. Sono una cittadina con l’elmetto dello spirito critico”.
Qual è stata, dal suo punto di vista, la ferita principale, il provvedimento più difficile da votare?
“Sicuramente il decreto sicurezza. Ma su questo ho espresso tutta la mia contrarietà sia al capo politico che al capogruppo”.
Però avete firmato un contratto con la Lega.
“Certo, ma il contratto è una trama su cui lavorare. Bisogna trovare di volta in volta un equilibrio. Non procedere con la logica di una cosa a me e una a te. Per esempio sul decreto sicurezza avevamo fatto una serie di proposte migliorative che potevano essere accolte anche dalla Lega”.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
IL PRECEDENTE ALLA REGIONE LAZIO ORA PERMETTERA’ A DI MAIO DI ASSICURARSI LO STIPENDIO ANCHE NELLA PROSSIMA LEGISLATURA
Nel MoVimento 5 Stelle anche Luigi Di Maio è uscito allo scoperto sulla regola del doppio mandato. E quello che è valso in un’occasione ben precisa da domani potrà valere anche per le altre.
Ilario Lombardo sulla Stampa racconta di un dietrofront del vicepremier sul tema in un’occasione ben precisa: quella del voto di sfiducia nei confronti di Zingaretti in Regione Lazio.
Cosa c’entra Zingaretti con il doppio mandato M5S? La storia è questa: nel novembre scorso è stata presentata una mozione di sfiducia nei confronti del presidente della Regione Lazio che sembrava avere all’inizio i numeri per mandare a casa il candidato alla segreteria del Partito Democratico perchè alcuni di Forza Italia e di liste civiche che nel frattempo votavano a favore dei provvedimenti della giunta in consiglio sembravano aver cambiato idea.
Il M5S, che in Regione ha come suo capo Roberta Lombardi, avrebbe dovuto però votare compatto a favore della sfiducia per far cadere il governatore.
Ma con quel voto Lombardi, così come altri consiglieri avrebbe concluso la sua esperienza in politica nel M5S visto che era al secondo mandato.
A quel punto interviene addirittura Beppe Grillo per far sapere che bisognava votarla, con tanto di velata minaccia finale: “L’Elevato consiglia di votare tutti compatti! Sfiduciate la fiducia o fiduciate la sfiducia o l’Elevato non avrà più fiducia“.
Il livello ormai infimo dei giochi di parole di Beppe Grillo nascondeva una battaglia interna giocata da Valentina Corrado, sconfitta nettamente da Lombardi (e Barillari) alle primarie per la candidatura ma anche autrice della “soffiata” sul voto di sfiducia e sui tentennamenti di molti.
E qui entra in scena Luigi Di Maio. Che va a discutere con i consiglieri e assicura loro che se cade Zingaretti verranno comunque ricandidati per un terzo giro:
I 5 stelle sono nel panico. Alcuni di loro sono al secondo mandato, come l’ex deputata Roberta Lombardi. Di Maio ordina di votare la sfiducia. Come spiegano fonti del M5S regionale, assicura: ”Verrete ricandidati con liste uguali”. Il divieto sarebbe derogato. “Diremo che sono passati solo sette mesi dal voto, non è un mandato completo, Beppe è d’accordo”.
Grillo infatti è favorevole. Telefona: anche lui vuole la testa di Zingaretti.
Non lo è invece Davide Casaleggio, custode delle norme sacre del padre.
La spaccatura si proietta sul gruppo consiliare. Tra i più tiepidi c’è proprio Lombardi, che è capogruppo, sempre più distante dai vertici nazionali. Alla fine, il M5S vota compatto per la sfiducia, ma il governatore si salva.
Di Maio sa che da questo dipende la sua storia politica, perchè difficilmente potrebbe avere un’altra occasione in caso di fallimento del governo.
Dall’altra parte la regola dei due mandati e a casa, formalizzata da Gianroberto Casaleggio, è uno dei pilastri su cui si fonda anche l’attivismo M5S
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
QUANDO C’ERA RENZI, DI MAIO TUONAVA CONTRO LE TRIVELLAZIONI, PROMETTENDO CHE LE AVREBBE BLOCCATE… INFATTI IL 10 DICEMBRE HA CONCESSO ALLE SOCIETA’ PETROLIFERE 18 AUTORIZZAZIONI A TRIVELLARE
Jacopo Iacoboni sulla Stampa racconta oggi una bella storia che riguarda il Movimento No Triv, che combatteva Trivellopoli quando al governo c’era Matteo Renzi, e le decisioni di un altro MoVimento, quello grillino, sulla questione:
C’era una volta in cui Luigi Di Maio si precipitava in Basilicata a Tempa Rossa, da lui definita «l’epicentro di trivellopoli», per tuonare contro le trivelle e, a suo dire, gli affari del Pd con le compagnie petrolifere: «Il presidente del Consiglio [Renzi, nda.] ha detto che vuole querelarci su Trivellopoli. Presidente, siamo qui, iniziamo. Sarà un piacere sapere chi vi finanzia le campagna elettorali, e se la Total, l’Eni, la Shell, vi finanziano le campagne elettorali. Perchè è quello il punto». Folle plaudenti attorno.
C’era una volta in cui il Movimento prometteva: «Al governo bloccheremo immediatamente le trivellazioni».
Poi sono andati al governo. E a quanto pare non le bloccano più.
Il 10 dicembre il ministero dell’Ambiente ha emesso 18 pareri favorevoli di ottemperanza alla ricerca di idrocarburi, in sostanza confermando la valutazione di impatto ambientale — che fa eseguire le ricerche petrolifere e le trivellazioni, in particolare nel Mar Adriatico, e in aree delicate di Basilicata e Campania.
Le trivellazioni erano state autorizzate da un parere della commissione tecnica ministeriale del 20 aprile 2017 (l’allora ministro dell’ambiente era Galletti), ma il fatto è che il Movimento giurava che appena arrivato nelle stanze dei bottoni le avrebbe fermate.
Avevano cavalcato ogni protesta, quindi anche quella dei NoTriv, al grido di «blocchiamo tutto».
Un po’ come quando Di Battista diceva, su un’altra storia: «Con il governo del Movimento il Tap lo blocchiamo in due settimane, in due settimane!».
Stesso copione sulle trivelle: autorizzate in precedenza (come è del tutto legittimo), tutt’altro che fermate dal Movimento.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
ORA IL CAPO DEGLI ULTRAS DEL VERONA HA LE CREDENZIALI PER ANDARE A PRENDERE IL TE’ CON SALVINI AL VIMINALE IL 7 GENNAIO
La vergogna continua. Mentre l’incapace ministro dell’Interno Matteo Salvini parla di summi e riunioni con le frange del tifo, l’ultima perla viene da Verona.
Gli ultrà razzisti di Verona fanno gli auguri di fine anno con un’immagine di una scimmia e il nome di Koulibaly.
La denuncia corre sul web, come sempre di questi tempi.
Nel biglietto d’auguri diffuso dagli ultrà dell’Hellas Verona, c’è una scimmia con la scritta: “Io sono Koulibaly”, con tanto di refuso sul nome del campione napoletano. Più in basso, in dorato, gli auguri di buon 2019.
E’ l’ennesimo schiaffo a Koulibaly dell’Italia razzista, tanto nessun magistrato interviene per applicare la legge vigente, compreso l’uso abusivo della divisa della polizia da parte del ministro degli Interni.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
ORA BUCCI CERCA BANCHE PER FARSI PRESTARE I SOLDI CHE POI LO STATO RESTITUIRA’ IN DODICI ANNI PAGANDO GLI INTERESSI
È un paracadute che nessuno immagina di dover aprire, perchè nulla fino a oggi lascia presagire che Autostrade voglia chiudere i rubinetti.
Eppure: è partita in questi giorni la ricerca di un istituto bancario – privato o pubblico – che sia disponibile a pagare le spese connesse al crollo del ponte Morandi e in particolare quelle per la ricostruzione.
In tutto il prestito sarebbe fino a 360 milioni e sarebbe garantito, come prescritto dal decreto Genova, da 30 milioni di fondi statali all’anno per 12 anni.
Il termine per presentare offerte è ravvicinato: il 14 gennaio.
L’atto, siglato dal sub commissario Ugo Ballerini, delegato per le questioni finanziarie (tra le altre), dal commissario per la ricostruzione Marco Bucci, è da considerarsi una cautela, in questa fase.
Ed è il frutto della costruzione del decreto Genova, che prevede che sia Autostrade a pagare tutte le spese.
Aspi, dal giorno della richiesta di pagamento, ha 30 giorni per rispondere, superati i quali il commissario è autorizzato a cercare un’altra modalità di finanziamento.
Ergo, la chiusura della manifestazione di interesse è costruita proprio su questo meccanismo. In caso Autostrade dovesse rispondere picche, il commissario si sarebbe comunque tutelato.
Non solo: l’impronta del decreto emerge nettamente nelle condizioni applicate. A partire dalla remunerazione prevista che – modificata in fase di conversione in legge – prevede che al finanziatore spetti un tasso di interesse pari ai buoni del tesoro a 10 anni maggiorati dell’1,5%.
La rata annuale non può superare i 30 milioni all’anno (interessi compresi), ossia la somma messa a disposizione dallo Stato a garanzia del credito.
Ovvero: lo Stato non ha 360 milioni per pagare la ricostruzione cash e costringe il commissario a mendicare un prestito con le banche che si vedranno restituire il prestito dallo Stato in 12 anni, maggiorato degli interessi.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
“DERIVA ILLIBERALE, VOLEVANO CHE VOTASSI PROVVEDIMENTI A SCATOLA CHIUSA”… PAGA L’ESSERSI OPPOSTO AL DECRETO RAZZISTA DI SALVINI
A poche ore dal cenone di Capodanno, il senatore Gregorio De Falco ha saputo che nel 2019 non potrà tornare a bordo del Movimento 5 stelle.
Il comandante, celebre per aver intimato a Schettino di tornare sulla Costa Concordia durante il naufragio, è stato infatti espulso dal Movimento. “Una decisione illegittima che va contro l’articolo 49 della Costituzione”, commenta a botta calda all’HuffPost.
Senatore De Falco, se lo aspettava?
No, perchè credevo che ci fosse uno spazio di democrazia che deve esserci in ogni partito politico, come afferma l’articolo 49 della Costituzione. E perchè io non ho fatto alcun danno al Movimento. Ho però espresso un’opinione in occasione del “decreto sicurezza” e ho votato secondo coscienza in quel caso. Cosa che si è ripetuta durante la legge di Bilancio: nessuno di noi in Senato aveva alcuna cognizione sul contenuto della manovra e dunque non potevo che astenermi.
Cosa è cambiato nel Movimento 5 stelle?
Credo che abbia preso una deriva illiberale. Ho condiviso e condivido ancora tutte le finalità e gli ideali del Movimento. Tra i quali senz’altro c’era anche la democrazia.
Quindi lei vuole contestare questa espulsione?
Adesso vediamo: può darsi che sia una decisione un po’ avventata e formalistica dei probiviri. Io continuo a ritenermi perfettamente coerente con le idealità del Movimento. Per ora ho visto un link sul Blog delle stelle in cui mi si accusa di “reiterate violazioni del Codice etico”. Sono dispiaciuto perchè sembra che non ci sia democrazia all’interno del Movimento. Se ne parlerà poi. Ma si tratta di una scelta gravemente sbagliata.
Teme di dover pagare una penale?
È presto per parlarne, perchè devo ancora capire se ci sia lo spazio per discutere questa decisione di cui ho letto solamente sul blog.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 31st, 2018 Riccardo Fucile
I NUCLEI FAMILIARI VENGONO RIDOTTI DA 2,267 MILIONI A 1,375 MILIONI…IL BENEFICIO MEDIO NON SUPERERA’ I 493 EURO A FAMIGLIA
Il Messaggero racconta oggi una bozza del provvedimento e della relazione tecnica sul reddito di cittadinanza che sembra portare non poche novità rispetto alle formulazioni precedenti della norma, a cominciare dalla platea dei beneficiari: i nuclei familiari che saranno assistiti saranno 1,375 milioni per un esborso di 6 miliardi nel primo anno e di 8,1 miliardi negli anni successivi. Nelle prime simulazioni i nuclei assistiti erano 2,267 milioni .
Ma c’è di più:
L’articolo 2 della bozza di provvedimento, quello in cui sono indicati i requisiti per l’accesso sia al Reddito che alle pensioni di cittadinanza, spiega che per ottenere l’aiuto bisogna avere un Isee massimo di 9.360 euro. Non solo.
Esclusa la prima casa, non si potrà possedere un patrimonio immobiliare superiore a 30 mila euro.
Inoltre, non si potranno avere depositi in conto corrente o altri valori mobiliari come azioni o obbligazioni, oltre 6 mila euro.
Questa soglia è aumentata di 2 mila euro per ogni componente ulteriore della famiglia fino ad un massimo di 10 mila euro.
Se nel nucleo ci sono dei disabili, la somma può essere aumentata di altri 5 mila euro.
Ma la vera novità è che oltre al reddito ai fini Isee, si terrà conto anche di un altro parametro: il reddito familiare, ossia le entrate monetarie della famiglia.
Per chi percepisce il Reddito, questo parametro è fissato in 6 mila euro all’anno, incrementati del 40% (2.400 euro) per ogni componente maggiorenne e di 1.200 euro per ogni componente minorenne della famiglia, fino ad un massimo di 12.600 euro.
Se la famiglia risiede in un’abitazione in affitto, la soglia di partenza è elevata a 9.360 euro.
Per avere diritto alla pensione di cittadinanza, invece, il reddito annuo non potrà superare i 7.560 euro. Altri paletti riguardano invece, il possesso di auto, moto e imbarcazioni.
Le regole non finiscono qui: nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo, o avere la disponibilità , di autoveicoli immatricolati per la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta del Reddito.
E comunque non si possono possedere auto superiori ai 1.600 centimetri cubi di cilindrata a prescindere dall’anno di immatricolazione.
Per le moto il limite è fissato a 250 centimetri cubi e non devono essere state immatricolate nei due anni antecedenti la richiesta del sussidio.
A differenza delle balle raccontate da Di Maio nei mesi scorsi, e a conferma di quanto scrivevano i giornali per smentire le sue sciocchezze di propaganda xenofoba, avranno accesso all’assegno gli stranieri con regolare permesso di soggiorno e che sono residenti da almeno cinque anni nel territorio italiano.
Si tratta, secondo le stime della relazione tecnica, di circa 200 mila nuclei familiari.
Il beneficio medio sarà di 493 euro a famiglia al mese.
E il lavoro? Pasquale Tridico in un’intervista a La Verità dice che bisognerà accettare lavori anche a 500 chilometri di distanza. Altrimenti il contributo decade.
(da “NextQuotidiano”)
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