Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA MANOVRA FINANZIARIA BOCCIATA DAL 49% DEGLI ITALIANI, FAVOREVOLE SOLO IL 31%
Il primo quesito posto dall’istituto Index Research per PiazzaPulita è il giudizio sulla manovra economica.
Sono in calo i sostenitori della legge di Bilancio (meno 1,6 per cento rispetto a dicembre): sono poco meno del 31 per cento degli intervistati.
Contrario il 49 per cento, con il 20 per cento più incerto.
Poi c’è il caso della settimana, quello della Carige. Per sei intervistati su 10 il governo si è comportato come gli altri. Che le azioni dell’esecutivo siano diverse da quelle dei predecessori lo pensa soltanto il 22 per cento degli intervistati.
Se il ministro del Lavoro Luigi Di Maio in queste ore annuncia la possibilità di un nuovo “boom economico“, per contro le aspettative degli intervistati italiani sono meno ottimistiche: solo l’8 per cento pensa che la sua situazione economica migliorerà , mentre l’82 per cento è sicuro del contrario.
E veniamo a un elemento interessante, ovvero ai rapporti di fiducia tra alleati di governo.
Index ha misurato il gradimento di ciascuna base elettorale nei confronti del partito socio di maggioranza.
Poco più del 48 per cento degli elettori della Lega, apprezza il M5s e questo dato è in deciso calo rispetto a dicembre (di poco meno del 7 per cento).
Stabile invece la quota di elettori grillini che gradiscono l’alleato del Carroccio: circa il 22 per cento, basso era e basso rimane.
In pratica una alleanza non votata dagli Italiani in quanto i due partiti si sono presentati alle elezioni chi in una coalizione di centrodestra chi da solo e in oni caso alternativi all’altro, oggi hanno una base elettorale contraria alla loro alleanza.
Più di metà dei leghsti non vuole il governo con i grillini, ben 4 elettori cinquestelle su 5 non vogliono l’alleanza con la Lega.
Un atto di evidente sfiducia sia verso Di Maio che Salvini.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL VIDEO IN CUI SALVINI MOSTRA UN CARTELLO RAZZISTA CHE DEFINISCE “TROIE” LE DONNE DEL PAESE ORA FINISCE IN TRIBUNALE CON RICHIESTA DANNI… E’ RIMASTO SULLA PAGINA FB DELLA LEGA
«A Ormea i rifugiati sono una risorsa (ha detto il signor sindaco) lo possono testimoniare
alcune troie del posto che fino ad ora hanno usufruito di queste risorse»: un cartello che recita questa frase in mano a Matteo Salvini sta facendo discutere un intero paese e non solo.
Il video in questione risale a novembre 2016, quando il leader del Carroccio arrivò al mercato di Mondovì per un appuntamento elettorale: il filmato è sempre stato sulla pagina Facebook della Lega, ma è salito all’attenzione pubblica solo in questi giorni, quando un abitante di Ormea ha tirato fuori il selfie con il cartello incriminato, fino ad allora custodito gelosamente nel suo cellulare, per vantarsene in alcuni gruppi WhatsApp del territorio.
La foto ha fatto il giro della vallata, moltiplicando le condivisioni da una chat all’altra e facendo scattare l’indignazione delle donne dello splendido borgo della Val Tanaro. A consegnare il foglio a Salvini è stato un militante della Lega, anch’egli ormeese, in evidente polemica con le decisioni del sindaco Giorgio Ferraris in materia di immigrazione: nella clip si vede l’attuale vicepremier, allora senza incarichi istituzionali, leggere ad alta voce il messaggio e ridacchiare con i suoi sostenitori.
A Ormea ora non si parla d’altro e tra gli abitanti c’è chi invoca la class action per d’anni d’immagine.
Un gruppo di donne del paese sta preparando una mobilitazione per far sentire la loro voce e qualcuna di loro si è persino rivolta al Presidente della Repubblica scrivendo una lettera di denuncia.
Il Comune si sta già muovendo: «Stiamo valutando azioni legali, nonchè ogni altra iniziativa volta alla tutela dei nostri concittadini, uomini e donne, che sono stati pesantemente insultati e denigrati – ha detto al Secolo XIX Serenella Omero, avvocato e consigliere comunale di Ormea – Continuiamo a difendere quanto abbiamo fatto e continueremo a fare nell’accoglienza dei richiedenti asilo».
Quella dei migranti a Ormea è una vicenda dal passato tortuoso: tutto era iniziato quasi quattro anni fa, quando alla notizia dell’arrivo di 30 migranti si era scatenato il panico: il paese, che conta 1.600 anime, era così finito sulle cronache nazionali per le barricate che avevano promesso di alzare gli abitanti, disposti a organizzare una colletta per dare a un albergatore del posto i cinquantamila euro che altrimenti avrebbe ricevuto dallo Stato per ospitare i profughi.
Ma il tempo ha dato ragione al sindaco Ferraris: l’esperimento di inserimento dei migranti sotto la tutela del Comune ha funzionato senza intoppi e adesso i ragazzi ospiti nel ricovero del paese sono a tutti gli effetti parte integrante della comunità cittadina e hanno lavorato alla sistemazione e alla pulizia dei sentieri dei 30 km della balconata, dopo le varie frane, alluvioni e smottamenti degli inverni scorsi.
Anche lo scrittore e magistrato Gianrico Carofiglio è intervenuto sulla vicenda postando un tweet con la foto in questione: «Prego di leggere il cartello. Non si tratta di Photoshop, è disponibile l’intero video (spettacolo per gente con i nervi saldi) – scriveva ieri sera Carofiglio sul suo profilo Twitter – Questo signore è il Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana. E naturalmente la Lega non è razzista».
A 24 ore dalla pubblicazione, il tweet ha ottenuto 4900 like e 2300 retweet.
(da “il Secolo XIX“)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
“QUANDO C’E’ RECESSIONE E’ BENE AVERE MECCANISMI DI WELFARE, MA QUANDO FINISCE SONO UN PESO”… “CI SARANNO AZIENDE IN CRISI E AUMENTO DELLA DISOCCUPAZIONE”
Pochi mesi, sicuramente prima dell’estate, e quello che oggi appare come un dato sì drammatico ma lontano dalla vita quotidiana – il crollo della produzione industriale – potrebbe riversarsi nelle tasche degli italiani. Rendendole più povere.
È il rischio di un effetto a catena, meglio a valanga, capace di mandare in tilt anche le imprese e le banche.
I dati dell’Istat parlano chiaro: il motore dell’industria non gira, la produzione a novembre dello scorso anno è diminuita dell’1,6% rispetto a ottobre. Il confronto con il novembre del 2017 è ancora più impietoso: -2,6 per cento.
Cosa dicono questi dati e soprattutto a cosa porteranno?
Huffpost lo ha chiesto all’economista Francesco Daveri, professore di macroeconomia alla Bocconi.
Professore, partiamo dall’oggi. La produzione industriale è precipitata. Caso Italia?
“La frenata riguarda tutta l’Europa, con dimensioni più grandi per Italia e Germania. È un dato quindi europeo che stupisce, ma che potrebbe essere una mezza buona notizia e cioè che non siamo gli unici che vanno male. La notizia nel complesso resta però cattiva”.
Perchè? Cosa ci aspetta?
“La produzione industriale è fortemente correlata con l’andamento del Pil. Se, come probabile, la produzione si contrae anche nel quarto trimestre (del 2018 ndr) allora è molto probabile una contrazione del Pil”.
Sarebbe il secondo trimestre consecutivo di segno meno per l’economia italiana, cioè recessione tecnica. Che conseguenze ci saranno per gli italiani?
“Gli effetti si vedranno presto”.
Quando?
“Nei prossimi mesi, prima dell’estate”.
Quali saranno questi effetti?
“C’è il rischio di una diminuzione dei redditi ad esempio”.
Meno soldi nelle tasche degli italiani?
“Sì. Soprattutto in quelle dei lavoratori autonomi, ma questo scenario può valere anche per i dipendenti”.
Perchè?
“Nei prossimi mesi potrebbe peggiorare l’andamento del mercato del lavoro e quindi la disoccupazione aumenterà “.
Chi corre il rischio maggiore?
“Un po’ tutti. Potrebbe aumentare il numero dei fallimenti delle aziende mentre per le banche c’è il rischio di un aumento dei crediti deteriorati. Il rischio concreto è quello di un peggioramento dello stato di salute dell’economia”.
Un effetto a catena, insomma. C’era da aspettarselo?
“L’economia italiana ha smesso di andare bene con il primo trimestre del 2018, da allora è andata meno bene. Da dopo l’estate sono arrivati i segni negativi. La cosa che conta è quando finisce e quanto seria e profonda è la recessione”.
Quanto può essere profonda?
“Il fatto di avere in essere dei meccanismi che attutiscono il colpo può far si che la recessione sia limitata”.
Di che meccanismi parla?
“Meccanismi di welfare come i sussidi di disoccupazione. Ora arriva il reddito di cittadinanza, che da questo punto di vista potrebbe capitare a fagiolo. È pure vero che meccanismi di assistenza al reddito c’erano già , come ad esempio il Rei (reddito d’inclusione ndr). In generale questi meccanismi tendono a fare da cuscinetto: quando c’è una recessione è buona cosa avere questi meccanismi di assistenza. Il problema però è quando finisce: se non riesci a toglierli e continui a finanziarli possono diventare un peso sulla crescita”.
Al di là dei cuscinetti a cosa dobbiamo essere pronti?
“Se il quadro macroeconomico europeo è di rallentamento bisogna prepararsi al peggio. Immagino che la Bce possa rivedere la decisione di porre fine al quantitative easing, Bruxelles potrebbe consentire deviazioni più significative dagli obiettivi di deficit. Ma l’arrivo della recessione impone di prepararsi al meglio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
RESPINTA OGNI IPOTESI DI ALLEANZA CON IL M5S
Una proposta ufficiale non è arrivata, ma, al di là delle voci sui possibili contatti, non ci sarà
possibilità d’intesa tra Verdi e M5s nel prossimo Parlamento europeo, in vista delle prossime elezioni europee.
A certificarlo sia Philippe Lamberts, capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo, che Monica Frassoni, Co-presidente dei Verdi Europei, nel corso di una conferenza stampa a Roma.
“Mai insieme a chi si allea con la Lega. Vero che abbiamo spesso votato allo stesso modo in diversi argomenti con il M5s, ma restano divergenze profonde su immigrazione, futuro dell’Ue e dell’euro e della stessa idea di democrazia”.
Ma il punto cruciale della divergenza tra Verdi e pentastellati resta il rapporto di governo con la Lega: ” Non abbiamo ricevuto proposte ufficiali da Di Maio o dai pentastellati”, ha rivendicato Lamberts al Fattoquotidiano.it, precisando però che “non è pensabile l’alleanza” per un soggetto che fa parte del gruppo dei Verdi.
Critico con i pentastellati anche l’ex Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, che ha attaccato le “giravolte su F35, trivelle e ambiente”, oltre che sulle banche, dopo il caso Carige: “Hanno fatto la stessa cosa dei governi precedenti”
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
“SE L’OPERA DOVESSE ANDARE AVANTI LASCEREI IL M5S PER COERENZA”
La Lega in piazza con sì Tav? “Liberi di andare, il risultato non cambia: non si farà . Lo so”.
Il senatore M5s Alberto Airola, torinese, no-Tav per eccellenza, non lascia grandi spazi alla mediazione: “La loro è solo misera campagna elettorale”.
Sta di fatto che l’Alta velocità Torino-Lione ha spaccato il governo gialloverde, con i 5Stelle che vogliono fermare la grande opera e i parlamentari leghisti che invece manifesteranno domani a Torino.
“Ovviamente – aggiunge Airola all’Huffpost – non sarò certo io a dire che non si può manifestare, nessuno glielo vieta. In fondo siamo in campagna elettorale, banalmente e miserevolmente è così. E alle Europee non correremo con la Lega”.
Si cerca quindi di confinare al perimetro delle elezioni ciò che andrà in scena domani sotto la Mole. Ma M5s ribolle.
La sindaca Chiara Appendino dice che la Lega in piazza “fa sorridere”.
Il premier Giuseppe Conte prova a minimizzare anche se il fronte ormai è aperto: “Non è un problema che scenda in piazza la Lega o il Movimento o i cittadini. Noi, per quanto ci riguarda il governo, abbiamo coinvolto direttamente le comunità locali, abbiamo definito un percorso: dateci il tempo di esaminare il rapporto e dopo comunicheremo le decisioni”.
Airola, come tanti dentro M5s, non ha paura a mettere la mano sul fuoco: “Io devo rassicurare i nostri No-Tav. Per noi la Lega può fare tutte le manifestazioni che vuole, ma l’opera non si farà . Già alla manifestazione precedente c’erano dei parlamentari del Carroccio ma per noi il ‘no’ non si tocca. Per noi è un’opera inutile”.
Sui tempi della decisione il ministro delle Infrastrutture ha ipotizzato fine gennaio: “Il contratto di governo prevede di ridiscutere integralmente l’opera”.
Non è chiaro dunque dove si arriverà , se è solo un modo di prendere tempo e quanto sarà dura la presa di posizione della Lega. Se alla fine il compromesso sarà ridiscutere l’opera ammesso che la Francia sia d’accordo.
Sta di fatto che Airola, come tanti altri, minaccia di lasciare il Movimento se l’opera dovesse in qualche modo andare avanti: “Io sono No-Tav dal 2004, da prima di essere del Movimento, feci il primo documentario dal titolo ‘Indiani di valle’. Quindi è chiaro che lascerei M5s, ma la Tav non passerà , quindi sono tranquillo. Mi fido di Di Maio e di Laura Castelli, anche lei No-Tav. E mi fido del ministro Toninelli anche se qualche tirata d’orecchie se la merita perchè non siamo riusciti a bloccare il Terzo Valico, quindi per me questa è già un’onta, una promessa mancata”.
Airola si ostina quindi a dire che la Tav non si farà : “Non ho la sfera di cristallo ma l’analisi costi benefici, appena sarà pubblica, darà il suo responso negativo”.
E le penali? “Bloccando gli appalti dovrebbero essere sugli 800milioni. Casomai le penali le chiede L’Europa e non la Francia, quindi non è detto che ce le chieda
Il problema resta però ciò che chiederanno gli elettori legista e come Matteo Salvini ne verrà fuori a ridosso della campagna elettorale delle Europee.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL PD RESTA IL PRIMO PARTITO MA PERDE 115.000 CONTRIBUENTI, SALE LA LEGA, SCENDONO FORZA ITALIA E FDI
Di finanziare i partiti con soldi propri gli italiani proprio non ne vogliono sapere. Non tutti,
almeno.
È quanto evidenziano i dati sul due per mille alle forze politiche, comunicati oggi dal Ministero dell’Economia.
Si tratta delle statistiche di chi ha scelto di dedicare alle formazioni una parte delle imposte del proprio 730, che comunque sarebbero finite allo Stato.
I dati sono poco incoraggianti per tutti. Il numero complessivo degli italiani che hanno esercitato questa opzione scende da 1.228.311 del 2017 ai 1.089.817 del 2018, con un calo dell’11%.
In termini di importi arrivati ai partiti il numero si riduce da 15,3 milioni a 14,1 con una flessione del 7,62%.
A soffrire di più è il Partito democratico che in un anno perde ben 115 mila contribuenti “donatori”, dai 602.490 del 2017 ai 487.748 del 2018 (con una piccola quota finita a Articolo 1/Mdp).
Il totale ricevuto passa così dagli 8 milioni del 2017 ai 7 del 2018.
La forza si mantiene comunque di gran lunga il soggetto più “votato”: tra chi esercita l’opzione del due per mille, oltre la metà sceglie comunque il Pd.
Va male anche a Forza Italia che perde quasi il 40% in termini di donatori, da 62.284 a 29.252, accusando così un calo di circa 210 mila euro di versamenti.
Di segno opposto invece la Lega. Messi insieme i dati relativi alla Lega Nord per l’indipendenza della Padania, e della Lega per Salvini premier, 268 mila contribuenti hanno esercitato questa opzione, contro i 172.771 del 2017.
Male invece Fratelli d’Italia, che perde quasi il 15% dei donatori, e Sinistra Italiana che registra solo 27.325 scelte contro i 65.157 di Sinistra ecologia e Libertà (formazione però non tutta confluita in Si).
Spicca l’assenza del Movimento 5 Stelle, che manca all’appello però per scelta, avendo dichiarato più volte di volere rinunciare al finanziamento pubblico.
Il due per mille infatti, anche se esercitato attraverso una scelta dei contrib
uenti, è a tutti gli effetti una forma di finanziamento indiretto, visto che i soldi versati ai partiti da chi adotta questa opzione vengono scalati dalle imposte da versare allo Stato, che quindi incassa così meno di quanto dovrebbe.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
MA NE HA ANCHE PER DI MAIO CHE HA STRUMENTALIZZATO LA VICENDA PER GIUSTIFICARE IL TAGLIO DEI FONDI ALL’EDITORIA
“Per il titolo di #Libero di oggi avviata segnalazione disciplinare”. Lo scrive sul suo profilo Twitter l’Ordine nazionale dei giornalisti, che riporta una nota del suo presidente Carlo Verna.
Il riferimento è al titolo del quotidiano diretto da Vittorio Feltri che oggi in edicola ha dedicato la sua apertura al fatto che le principali cariche istituzionali siano occupati da politici del Sud, chiamando in causa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, siciliano, il premier Conte, pugliese e i campani Lugi Di Maio (vicepremier) e Roberto Fico (presidente della Camera).
Ma, prosegue il tweet “è inaccettabile la strumentalizzazione nel commento del vicepremier Di Maio, La nota del presidente dell’Ordine dei #Giornalisti”.
Il riferimento al vicepremier è perchè in mattinata Di Maio era partito all’attacco del quotidiano via Twitter, definendolo il “giornale finanziato con soldi pubblici, anche quelli dei terroni”.
“Ecco – prosegue il vicepremier e capo politico M5s – la preziosa informazione da tutelare con i vostri soldi! Tranquilli abbiamo già iniziato a togliergliene da quest’anno e nel giro di 3 anni arriveranno a zero”, assicura. “P.S. – aggiunge – l’Odg rimarrà di nuovo in silenzio?”.
Odg che stavolta non è rimasto in silenzio.
“Il titolo odierno di apertura del quotidiano Libero, dedicato ai “terroni” ai vertici delle istituzioni, non può essere considerato una provocazione e neanche un divertissement. Senza voler invadere le competenze dell’Ordine dei giornalisti in materia deontologica, è semplicemente inaccettabile perchè in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione e anche con i principi della Carta di Roma, alla quale la Federazione nazionale della Stampa italiana ha aderito”.
Lo affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana), che definiscono però “altrettanto inaccettabile l’esultanza del vicepremier Luigi Di Maio per il taglio del fondo per l’editoria, che non colpira’ soltanto Libero, ma anche tante altre testate, assestando un colpo mortale al pluralismo dell’informazione e al mercato del lavoro.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
IL COMMISSARIO GRILLINO RINVIATO A GIUDIZIO PER DIFFAMAZIONE, CALUNNIA E MINACCE NEI CONFRONTI DELL’EX DIRETTORE DELL’AZIENDA CHE GESTISCE LE FARMACIE COMUNALI
Angelo Stefanori, il commissario straordinario di Farmacap, ieri è stato rinviato a giudizio
con la triplice accusa di diffamazione, calunnia e minacce nei confronti di Simona Laing, ex direttore generale dell’azienda che gestisce le farmacie comunali.
La storia di questo rinvio a giudizio, che non è una condanna, è fondamentale per riuscire a comprendere l’assoluta incompetenza con cui il MoVimento 5 Stelle sceglie i manager che devono amministrare le aziende del Campidoglio, cioè dei cittadini romani.
Stefanori, nominato dal MoVimento 5 Stelle commissario straordinario (i grillini non lo hanno ancora rimosso nonostante il rinvio a giudizio…), ha licenziato la Laing accusandola con una serie di denunce, di aver favorito nell’assegnazione di un appalto della municipalizzata alcune case farmaceutiche.
Inoltre, sempre secondo Stefanori, la dg avrebbe apportato alcune modifiche nel bilancio di Farmacap per farlo figurare in attivo.
Tra i due volano gli stracci e alla fine Stefanori dirà : «Quando vedo qualcuno che compie atti illegali, lo asfalto». E l’affermazione, agli occhi del rinvio a giudizio di oggi, non può che suonare come amaramente ironica.
Simona Laing era infatti diventata direttrice generale di Farmacap nel 2015 su input della Giunta Marino, con l’intenzione di risanare l’azienda denominata Farmacap Azienda Speciale Farmasociosanitaria Capitolina per poi poterla vendere. L’intenzione dichiarata di Marino era infatti quella di far uscire gradualmente il Comune da tutte quelle attività imprenditoriali che non costituivano l’erogazione di servizi pubblici. Farmacap era uno dei tanti “carrozzoni” che il Comune di Roma foraggiava con i soldi pubblici magari in ossequio a qualche logica clientelare.
La questione però era che non solo non aveva senso che il Comune “facesse il farmacista” ma anche non era concepibile che per farlo accumulasse debiti che poi finivano per gravare sulle tasche di tutti i cittadini romani. Questo perchè l’azienda non guadagnava e il suo bilancio era costantemente in rosso. Grazie all’azione di risanamento guidata dalla Laing Farmacap ha chiuso il bilancio 2016 con un attivo di 530 mila euro.
A prescindere da come finirà il processo di Stefanori, è oggi appurato che le accuse di malagestione del commissario grillino nei confronti della direttrice generale nominata da Marino erano false.
Nella migliore delle ipotesi, quella della buonafede, Stefanori non si è accorto che il dossier che ha preparato per i giudici conteneva accuse che non stavano in piedi, e questo ci dice tantissimo sulla sua competenza.
Ma la procura non la pensa così, visto che ha chiesto il rinvio a giudizio. Le indagini non solo hanno escluso ombre di mazzette, ma hanno ricostruito incassi aziendali per 800mila euro. Anche le gare sono risultate regolari.
Per il pm le denunce sono calunniose perchè provengono da un«denunciante qualificato in quanto avvocato e commissario straordinario che dunque non poteva ignorare il contenuto dello statuto Farmacap per un verso e le conseguenze delle proprie accuse dall’altro».
Ma quello che stupisce in questa incredibile vicenda in cui un giustiziere va in Procura e finisce giustiziato è che il MoVimento 5 Stelle, dopo aver appoggiato Stefanori contro Laing, sia letteralmente scomparso dai radar quando le cose hanno cominciato a mettersi male.
Nessuna dichiarazione in favore del commissario da quando è indagato ma nemmeno nessun atto per rimuoverlo.
Non solo: una delibera della giunta capitolina del 28 dicembre avvia la razionalizzazione delle società partecipate da Roma Capitale di primo e secondo livello, tra le quali rientra anche l’azienda speciale socio-sanitaria che gestisce le farmacie comunali di Roma. Secondo i sindacati è una privatizzazione, secondo lo stesso Stefanori no.
“C’è il precedente di Aboca, che ha costituito una società benefit per le farmacie comunali di Firenze, delle quali detiene l’80% delle quote” spiega Feuli della Filcams Cgil a RifDaily.
“E sappiamo tutti cosa succede quando capitali privati entrano nella proprietà , in termini di riorganizzazione e di personale”. Durante un’intervista rilasciata al Messaggero chiesero a Simona Laing se si sentiva vittima dello spoil system: «No,della mediocrità », rispose.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 11th, 2019 Riccardo Fucile
“HO PAGATO LA MULTA E NON FARO’ RICORSO”
Nei giorni scorsi ha fatto una bella figura su scala nazionale per aver gettato le povere cose del clochard di nazionalità rumena Mesej Mihaj in via Carducci a Trieste.
Ieri si è portato a casa anche una multa da cento euro: il vicesindaco Paolo Polidori il 7 gennaio scorso aveva detto di non aver ricevuto nessuna multa per “smaltimento irregolare di rifiuti” dopo il post con video poi scomparso da Facebook.
“Sono andato personalmente alla Polizia locale — ha spiegato il vicesindaco al quotidiano Il Piccolo — e mi sono messo a disposizione affinchè si verificasse la fotografia e venisse deciso se elevare contravvenzione o meno”.
Lo scatto è quello che lo stesso Polidori aveva pubblicato sul social in cui veniva ritratto il contenuto del cassonetto in cui il vicesindaco aveva gettato gli effetti personali — compreso un contenitore di plastica — del clochard.
L’ipotesi ravvisava dalla Polizia locale, dice, “è quella del conferimento indebito: un’ipotesi che mi convince fino a un certo punto e che approfondirò”.
Nessun ricorso, però, sottolinea, “per evitare altre polemiche e ulteriori strumentalizzazioni, ho infatti chiesto il verbale e pagato”.
(da agenzie)
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