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MARINA ITALIANA SALVA TRE NAUFRAGHI CHE STAVANO PER AFFOGARE IN ACQUE LIBICHE, VENTI I DISPERSI

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

AEREO DELLA MARINA LANCIA DUE ZATTERE, POI UN ELICOTTERO LI PORTA IN SALVO …ALTRI 67 PROFUGHI SBARCATI A LAMPEDUSA, SALTANO I CONTI DI SALVINI

Nel Mediterraneo sguarnito di navi di soccorso, un elicottero della Marina italiana ha recuperato tre superstiti del naufragio di un gommone partito ieri sera dalla Libia con venticinque persone a bordo.
Almeno tre i morti avvistati in mare ma i dispersi sarebbero una ventina. L’imbarcazione, ormai mezzo affondata e con alcuni migranti già  in acqua, era stata avvistata questa mattina da un velivolo italiano a circa 45 chilometri a est di Tripoli.
Nella zona Sar libica nessuna imbarcazione di soccorso presente e un mercantile vicino avrebbe tirato dritto.
I piloti del Monbird, l’aereo che collabora con la Ong tedesca Sea watch (tornata in mare), avevano intercettato l’allarme e chiesto informazioni alla sala operativa di Roma che si sarebbe rifiutata di darne dicendo che il coordinamento era della Guardia costiera libica. Che però evidentemente non era in grado di intervenire.
Vista l’urgenza del soccorso, l’aereo della Marina italiana ha lanciato due zattere in mare, poi è stato costretto a ritornare alla base per mancanza di carburante.
Successivamente, un elicottero della nave Duilio ha recuperato un naufrago in mare e due sulle zattere in ipotermia, mentre altre 3 persone sono state viste in mare senza alcun apparente segno di vita.
Dispersi tutti gli altri occupanti del gommone. I tre superstiti, tutti in gravi condizioni, sono stati trasferiti d’urgenza a Lampedusa. Sul punto del naufragio è stato dirottato un mercantile libico per la ricerca di eventuali altri superstiti.
Le partenze dalla Libia dunque continuano.
E anche i naufragi in un Mediterraneo dove l’unica Ong rimasta è la Sea Watch.
I porti italiani sono chiusi, ma solo ai migranti soccorsi dalle navi delle Ong. Quando, come in questi giorni, non c’è nessuna imbarcazione umanitaria nel Mediterraneo, gli scafisti riescono tranquillamente a far arrivare senza problemi in Italia gli immigrati.
Gli ultimi 68 sono sbarcati all’alba di oggi a Lampedusa, tutti uomini di origine pachistana ed egiziana, salvati dalla Guardia costiera italiana e portati a terra. Sarebbero partiti dalle coste libiche e sono tutti in buone condizioni di salute.
Sono i primi naufraghi approdati quest’anno nell’isola dove nel 2018, con sbarchi dello stesso genere, sono approdate oltre 3400 persone.
Il nuovo sbarco di stamattina, che si aggiunge a quello della barca a vela condotta dagli scafisti ucraini arrivata nei giorni scorsi a Melissa in Calabria dove la popolazione si è mobilitata di notte per portare in salvo i 53 immigrati, porta a 121 il numero dei migranti arrivati in Italia in questi primi quindici giorni del 2019.
Due settimane in cui, come rileva l’Oim, il flusso di partenze nel Mediterraneo non ha affatto rallentato. Anzi: il numero degli arrivi rispetto all’anno scorso è raddoppiato. Nei primi 16 giorni di quest’anno 4.216 migranti e rifugiati sono entrati in Europa via mare, rispetto ai 2.365 dello stesso periodo dell’anno scorso.
Il flusso però è diretto soprattutto verso la Spagna che è la destinazione di arrivo dell’80% del totale degli arrivi attraverso il Mediterraneo: solo dal 13 al 16 gennaio, sono arrivati nel Paese 3.367 individui oltre il doppio rispetto ai 1.609 dello stesso periodo di un anno fa.

(da “La Repubblica”)

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“BACIAMO LE MANI”: AD AFRAGOLA SALVINI ACCOLTO DA “UOMO DI RISPETTO”

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

CASO DI SCUOLA DI UNA POLITICA OPACA COLLUSA CON LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA… IL CASO DELLA SOTTOSEGRETARIA LEGHISTA CASTIELLO, ELETTA AD AFRAGOLA E AMICA DI COSENTINO E NESPOLI

Accolto tra gli applausi a Farindola, come accadeva a Berlusconi all’Aquila, perchè le campagne elettorali sul dolore vanno valutate sul lungo periodo, a telecamere spente. Lì Salvini promette soldi ai parenti delle vittime di Rigopiano, in un’ennesima piroetta, tanto chi ne accorge: soldi dati per stanziati, poi affidati a un emendamento, ora, ma che non si capisce “come” e “quando” saranno dati, certo dopo il 10 febbraio, quando in Abruzzo le urne saranno chiuse.
E accolto tra gli applausi anche ad Afragola. Gente che come una volta si inchina al potente per baciargli la mano, si si sottomette e si indigna, non con chi mette le bombe, ma con Roberto Saviano, “non vogliamo più pagargli la scorta”, come ripete il Capitano, che sarebbe il titolare della sicurezza nazionale.
Come se fosse un privilegio la scorta e non una dura necessità  per chi rischia la vita. Ad Afragola Salvini arriva in ritardo di giorni a promettere più sicurezza e forze dell’ordine, con quel solito giubbotto addosso che fa “slittare” l’uniforme di Stato a simbolo di parte, come se chi non è con lui fosse contro la Polizia.
E chissà  perchè quando si parla di crimine organizzato il ministro più ubiquo e tempestivo del mondo arriva sempre qualche giorno dopo, posticipando la visita in Campania ai comizi ad Oristano — oltre all’Abruzzo, si vota anche in Sardegna – o al facile spot su Battisti, per cui l’agenda è stata ribaltata all’istante, come quando ti invitano in prima serata col picco di share.
Perchè funziona così questa propaganda all’era del populismo, che prevede anche una diretta facebook sulle banche nel tragitto che lo porta da Roma alla processione di Farindola, raggiunto da Di Maio che, addirittura, coglie l’occasione per trasformarla in passerella, con tanto di scatti con la sua candidata in Abruzzo.
Funziona così, in quest’era di innegabile consenso al governo — ieri il “nuovo Welfare”, “perchè noi le promesse le manteniamo”, anche se con la metà  dei soldi, oggi l’empatia col dolore “perchè non vi lasciamo soli come quelli di prima” – in cui l’applauso nasconde ciò che c’è dietro, perchè più forte è il rifiuto di ciò che c’era prima, come accade nei radicali cambi d’epoca, quando la fiducia diventa quasi una delega in bianco.
Dietro, dicevamo, in Abruzzo, in Campania, in chissà  quale altra tappa per intestarsi chissà  quale altro evento, come è accaduto con le case abusive abbattute grazie a un’inchiesta partita anni fa: dietro, la realtà  di un emendamento spericolato, che rischia di incagliarsi nell’incrocio pericoloso di gioco sui sentimenti e norme, emozioni e giurisprudenza.
Soldi che chissà  se arriveranno mai. Perchè purtroppo lo Stato non può risarcire sempre e comunque e subito, ma solo quando sono state acclarate sue responsabilità  e colpe.
E sulla vicenda dell’Hotel Rigopiano è ancora in corso un processo per acclarare le responsabilità .
E qualora, si decidesse di risarcire sempre e comunque, il che potrebbe anche essere eticamente legittimo, sarebbe la più clamorosa innovazione politica e giurisprudenziale in materia, perchè a quel punto andrebbero risarciti sempre e comunque tutti i parenti delle vittime di ogni tragedia, a prescindere.
A partire da quelli dell’Aquila che, per uno scherzo del destino cinico e baro, sono stati citati in causa , per riavere la somma di denaro data alle famiglie dopo la condanna in primo grado dei membri della commissione grandi rischi, sentenza poi ribaltata in appello.
Ecco che invece, in questo pericoloso gioco d’azzardo sul dolore, nella giornata odierna lo Stato sovranista con una mano chiede soldi e a dall’altro promette di darli, a 150 chilometri di distanza, mettendo nel conto, nell’ansia di incassare l’ennesimo dividendo politico, i costi di un cortocircuito del dolore.
Ma evidentemente nello schema del “populismo” l’atto situazionista prescinde — finchè dura – dalla praticabilità  del risultato, in un gorgo comunicativo che fa precipitare tutto nel tempo di un tweet.
Annunci e ipocrisia delle parole di un ministro che a Afragola incassa gli applausi del difensore della legalità , nascondendo, nel fragore della scena, le responsabilità  di una politica ambigua che lo investono come leader politico.
Come ha ricordato Roberto Saviano, Afragola è un caso di scuola di una politica opaca che ha sempre interloquito con la criminalità  organizzata.
Lì il ministro campione della legalità  si è affidato alle peggiori clientele del territorio. Un territorio, racconta Saviano, “completamente affidato alle organizzazioni criminali, ai meccanismi di riciclaggio, ai sistemi di controllo militare dove la disoccupazione è un’arma di conquista politica, e dove le mafie neanche stanno investendo più perchè saccheggiano il territorio e portano via risorse”.
Sottosegretaria leghista di Afragola è Pina Castiello, cresciuta grazie a un solido rapporto con Nicola Cosentino e Vincenzo Nespoli, la cui storia è nota: la lunga indagine della Procura di Napoli che parlava di voto di scambio, di concorso in bancarotta fraudolenta e concorso in riciclaggio e il Senato che, a scrutinio segreto, negò l’arresto.
Grazie a un patto tra Nespoli e i ras locali di Forza Italia il centrodestra ha conquistato, qualche mese fa, il comune di Afragola. Non proprio la cronaca di una crociata legalitaria.
Legalità , sicurezza ad Afragola, assicura Salvini perchè “la situazione è grave”.
E in fondo è sempre stato così, da che mondo è mondo. Come ha ricordato Saviano, “anche Antonio Gava faceva questo: proclamava che Cutolo lo teneva in galera e la Nuova camorra organizzata era felicissima di queste dichiarazioni perchè tanto, operativamente, si agiva in tutt’altro contesto: continuava a investire, a fare affari con le banche e qualche arresto era messo in conto. Da sempre la politica che gioca a fare l’antimafia placa i giornalisti e allontana l’occhio indiscreto dell’opinione pubblica”.
Anche a Gava, don Antò, baciavano le mani.

(da “Huffingtonpost”)

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CALENDA LANCIA IL MANIFESTO “SIAMO EUROPEI” E FIOCCANO ADESIONI

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

L’INIZIATIVA DI UN FRONTE UNICO ANTI-SOVRANISTA E’ UNA DELLE POCHE IDEE SENSATE CHE SIA USCITA DALL’OPPOSIZIONE AL GOVERNO

Un Manifesto per la costituzione di una lista unica delle forze civiche e politiche europeiste alle prossime elezioni europee.
L’idea è di Carlo Calenda che ha messo a punto un Manifesto da sottoporre ai partiti politici e non solo.
“L’Italia e l’Europa sono più forti di chi le vuole deboli!” si legge sul sito siamoeuropei.it, che diffonde il testo integrale del Manifesto e le modalità  per aderire. Il documento arriva poche ore dopo le parole di Zingaretti e Martina: “Sarebbe bello se i 3 candidati che usciranno dalla consultazione dei circoli proponessero una piattaforma uniti per le prossime europee da sottoporre al confronto, anche da consegnare ai gazebo come idee del Pd”, aveva detto il governatore della Regione Lazio.
Dal canto suo Maurizio Martina aveva invitato i candidati ad aprire insieme la campagna elettorale per le consultazioni di maggio: “Io propongo di fare della convenzione nazionale Pd prevista per sabato 2 febbraio con i tre candidati che andranno alle primarie del 3 marzo il primo evento di campagna elettorale di tutto il Pd verso le europee”, aveva spiegato.
Tra i primi firmatari del manifesto di Calenda figura proprio Martina. Ci sono poi governatori come Sergio Chiamparino (Piemonte), Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), Enrico Rossi (Toscana), Catiuscia Marini (Umbria). Sindaci come Beppe Sala (Milano), Giorgio Gori (Bergamo), Virginio Merola (Bologna), Dario Nardella (Firenze), Giuseppe Falcomatà  (Reggio Calabria) e altri.
Ex amministratori come Giuliano Pisapia ed ex esponenti di governo come Paolo Gentiloni, Mario Giro e Claudio De Vincenti.
Adesioni giungono anche da esponenti di spicco della società  civile e professori universitari, fra cui Vincenzo Barone, che da pochi giorni si è dimesso tra le polemiche dalla Normale di Pisa, e Walter Ricciardi, anche lui dimissionario dall’Istituto superiore di sanità .
Arriva il plauso di Nicola Zingaretti: “Bene il manifesto ‘Siamo europei’. Un utilissimo contributo alla ricostruzione di un campo largo di forze diverse che si impegnano per rifondare e difendere l’Europa. Proviamoci”, ha scritto su Twitter il presidente del Lazio.
“Siamo europei. Il destino dell’Europa è il destino dell’Italia” si legge nel Manifesto. “Per la prima volta dal dopoguerra esiste il rischio concreto di un’involuzione democratica nel cuore dell’Occidente. La battaglia per la democrazia è iniziata, si giocherà  in Europa, e gli esiti non sono affatto scontati. L’obiettivo non è conservare l’Europa che c’è, ma rifondarla per riaffermare i valori dell’umanesimo democratico in un mondo profondamente diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni. Un mondo che affronta tre sfide cruciali: il radicale cambiamento del lavoro, e dunque dei rapporti economici e sociali, a causa di un’ulteriore accelerazione dell’innovazione tecnologica; il rischio ambientale e la necessaria costruzione di un modello di sviluppo legato alla sostenibilità ; uno scenario internazionale più pericoloso e conflittuale. Le forze da mobilitare per la costruzione della nuova Europa sono quelle del progresso, delle competenze, della cultura, della scienza, del volontariato, del lavoro e della produzione.

(da “Huffingtonpost”)

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DI MAIO SI GIOCA IL POSTO SULLA TAV

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

DI MAIO E’ PER IL NO PERCHE’ ALTRIMENTI GRILLO LO SFIDUCIA, REGOLAMENTO ALLA MANO

C’e’ un cambio di prospettiva nel MoVimento 5 Stelle sulla TAV?
Negli scorsi mesi si è parlato di una non meglio precisata azione diplomatica sull’Alta Velocità  che ha coinvolto prima la viceministra Laura Castelli e poi il ministro Danilo Toninelli: l’idea era quella di fare la TAV all’insaputa dei No Tav, ovvero tagliare dal progetto un po’ di costi e qualche opera altamente simbolica come la stazione in Val di Susa e dare quindi l’ok al progetto di massima, un po’ come è successo per l’ILVA dove il M5S in campagna elettorale ha lasciato abboccare gli ambientalisti alla proposta di chiuderla per raccattarne i voti e poi si è messo d’accordo con Arcelor-Mittal per tenerla aperta.
Una soluzione che ha coinvolto anche la Lega, i cui esponenti più ascoltati come Edoardo Rixi in più occasioni hanno prospettato la possibilità  di una soluzione diplomatica per l’Alta Velocità : tagli agli “sprechi” e conservazione del progetto.
Ora che tra Lega e M5S sulla TAV (così come sulle trivellazioni) lo scontro è aperto ed è arrivato persino alla proposta di referendum, si scopre che Di Maio sulla TAV si gioca non solo la faccia (per quella non c’è problema, citofonare TAP per i dettagli) ma anche il posto.
Racconta Annalisa Cuzzocrea su Repubblica:
Il problema non sono i singoli parlamentari, che pure sarebbero pronti – forse per la prima volta – a dare battaglia: il senatore torinese Alberto Airola ha detto e ripetuto che un sì alla Tav comporterebbe il suo immediato abbandono del M5S (che sui numeri, a Palazzo Madama, non può certo scialare). Il problema è che Luigi Di Maio ha capito – e ha dovuto spiegare al presidente del Consiglio – che sulla Tav a rischiare è prima di tutto lui. Perchè Beppe Grillo è stato cristallino: «Non s’ha da fare».
Il fondatore del Movimento 5 stelle è stato indagato e condannato in primo grado a 4 mesi senza condizionale (condanna poi prescritta) per aver violato i sigilli della baita-presidio dei contestatori della Torino-Lione a Chiomonte.
Quel giorno, il 5 dicembre 2010, è simbolicamente cominciata la sua avventura politica. E Grillo, per quanto distante, tra una conferenza a Oxford e uno spettacolo a teatro, ha ancora – nello statuto del Movimento – un grande potere
Sancito dal comma E dell’articolo 7, che recita: «Il Capo Politico può essere sfiduciato con delibera assunta a maggioranza assoluta dei componenti del Comitato di Garanzia e/o dal Garante, ratificata da una consultazione in Rete degli iscritti»
Se “l’elevato”, come ama definirsi, si sentisse preso in giro da una soluzione a metà , potrebbe addirittura sfiduciare il capo politico ritenendolo colpevole di aver tradito uno dei principi fondativi dei 5 stelle.
Sarebbe davvero grossa quindi se Grillo tagliasse la testa a Di Maio sulla TAV. D’altra parte non sembrano esserci grandi alternative per il MoVimento 5 Stelle nella situazione data, visto che Beppe ha già  messo e stramesso la faccia sulla vicenda e l’alternativa è che la perdano tutti.
Con ripercussioni non indifferenti sul voto e sul consenso raccolto dal governo, visto che l’ultimo sondaggio fatto da Emg Acqua per Agorà  non lascia scampo: «In questi primi mesi di governo, quale partito ha mantenuto maggiormente la propria identità ?», era la domanda.
Il 41 per cento dice la Lega, solo il 5 indica il Movimento 5 stelle. E tra gli elettori M5S, non va molto meglio: la percentuale risale solo al 15.
E poi c’è anche il problema Di Battista. Il cui video in cui raccontava che il TAP si bloccava in un quarto d’ora sta ancora lì, a futura memoria di quanto può essere bugiardo un politico che non sa di cosa parla insieme a quello in cui Barbara Lezzi inventava autorizzazioni che “loro” non avrebbero dato, fermando il tutto, salvo scoprire qualche giorno dopo che il TAP era “tutto autorizzato, purtroppo”.
Figuracce di questo genere per le giravolte di Luigi nessuno ha più intenzione di farle nel M5S.
E allora addio mediazioni, sulla TAV si va allo scontro e quanto più questo sarà  accelerato, tanto più metterà  a rischio l’intero governo Lega-M5S.
Adesso Di Maio è per il no perchè deve salvare il posto. E niente è più convincente in questi casi.

(da “NextQuotidiano”)

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UGANDA, UN PAESE POVERO CHE HA APERTO LE SUE PORTE AI RIFUGIATI

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

UN PAESE POVERO HA ACCOLTO 1,2 MILIONI DI MIGRANTI FAVORENDO AL TEMPO STESSO LO SVILUPPO DEL PAESE… ALTRO CHE STARNAZZARE COME FANNO I SOVRANISTI NOSTRANI PER AVERNE ACCOLTI MENO DELLA META’ IN UNA NAZIONE SETTIMA ECONOMIA MONDIALE

I Paesi più poveri spesso non negano l’accoglienza a migranti e rifugiati. Tra loro anche l’Uganda, che, secondo gli ultimi dati dell’Alto Commissariato   delle Nazioni Unite per i Rifugiati   (UNHCR) al 31 dicembre 2018 ospitava 1.190.922 milioni di rifugiati.
Al primo posto troviamo persone in fuga provenienti dal Sud Sudan — settecentottantanove mila — scappati da un sanguinoso conflitto interno scoppiato nel dicembre del 2013 e ancora in corso.
Attualmente gli sfollati sono 1,97 milioni di persone, mentre ben 2.256.499 sud sudanesi hanno cercato protezione nei Paesi confinanti, tra questi appunto l’Uganda.
I disperati, insieme ai loro figli, arrivano per lo più in Uganda a piedi, dopo giorni e giorni di marcia in zone pericolose e inospitali.
Giungono nel nuovo Paese quasi sempre denutriti e ammalati, feriti nell’anima e nel corpo e spesso donne e ragazze hanno dovuto subire violenze di ogni genere. Qui, una volta registrati, trovano cibo e un pezzetto di terra da coltivare, per iniziare una nuova vita.
Sempre al 31 dicembre 2018, l’ex colonia britannica ospitava anche trecentododicimila rifugiati scappati dalla Repubblica Democratica del Congo, Paese infestato da bande armate.
Fuggiti da scontri etnici e violenze indescrivibili. In maggioranza si tratta di donne e bambini, distrutti da traumi e violenze (non solo sessuali), ma che hanno trovato la forza di lasciare tutto, alla ricerca di un luogo dove ricominciare.
Il presidente Yoweri Kaguta Museveni, al potere in Uganda dal 1986, ha coniugato sapientemente l’accoglienza ai rifugiati con lo sviluppo del Paese, ha saputo trasformare l’arrivo massiccio di persone in cerca di protezione in una ricchezza.
Qui il rifugiato riceve, secondo accordi con i clan locali e il governo, un pezzo di terra per poterlo coltivare e costruirsi una casetta.
Volendo, possono anche cercare lavoro e muoversi liberamente nel Paese. In cambio, il trenta per cento degli aiuti internazionali destinati ai territori dove si trovano i campi profughi, per legge, deve essere destinato alle popolazioni locali.
In questo modo anche gli abitanti delle zone povere dei distretti del nord possono godere di maggiori benefici, come servizi sanitari, scuole, acqua.
Si è creato così una sorta di equilibrio nella convivenza tra residenti e profughi a benficio di tutti, almeno per ora.
Il settantacinquenne Museveni detiene il potere con pugno di ferro. Due anni fa il Parlamento di Kampala ha abolito la legge che poneva il limite di età  a settantacinque anni del candidato alla presidenza del Paese. E già  nel 2005 era riuscito a far apportare delle modifiche alla Costituzione: allora era stato rimosso il limite di due mandati presidenziali.
Per parecchio tempo Museveni aveva giustificato la sua lunga permanenza al potere citando gli spettri del passato, come la lunga guerra civile che ha insanguinato il settentrione del Paese, dove il famigerato gruppo ribelle Lord’s Resistance Army, capeggiato da Joseph Kony ha seminato terrore tra la popolazione civile.
Ma i giovani non ricordano, desiderano il cambiamento, ecco come si spiega il grande successo Robert Kyagulanyi, meglio conosciuto come Bobi Wine, un ex cantante, oggi parlamentare e uno dei maggiori oppositori dell’attuale presidente.

(da Globalist)

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BANKITALIA: CONSUMI IN CALO NEL 4° TRIMESTRE, E’ RECESSIONE TECNICA

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

E IPOTIZZA UNA CRESCITA ALLO 0,6% CONTRO L’ 1,5%, DIVENTATO POI 1% DEL GOVERNO

Ci sarà  stata una distensione sui titoli di Stato, con lo spread che in questi giorni veleggia ai livelli di settembre, ma a preoccupare è sempre più l’evoluzione dell’economia reale.
Lo certifica anche l’ultimo bollettino della Banca d’Italia, che sintetizza tutti i timori in un dato: il Pil quest’anno è visto in crescita dello 0,6 per cento, “0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza”.
Si scende ancora rispetto all’1 per cento che rappresenta l’ultima indicazione ufficiale del governo, per altro già  rivista dal +1,5% inizialmente stimato, poi corretto nel corso della trattativa con la Ue che ha portato alla revisione dei saldi della Manovra per evitare la procedura d’infrazione.
Secondo via Nazionale, questa sforbiciata si deve a una serie di cause: “Dati più sfavorevoli sull’attività  economica osservati nell’ultima parte del 2018, che hanno ridotto la crescita già  acquisita per la media di quest’anno di 0,2 punti; il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese che risulta dagli ultimi sondaggi; le prospettive di rallentamento del commercio mondiale. Sono invece moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo raggiunto dal Governo con la Commissione europea: l’impatto favorevole della diminuzione dei tassi di interesse a lungo termine compensa ampiamente quello degli interventi correttivi apportati alla manovra”. Nei prossimi anni le cose dovrebbero andare un poco meglio: “Le proiezioni centrali della crescita nel 2020 e nel 2021 sono dello 0,9 e dell’1,0 per cento, rispettivamente, ma l’incertezza su questi obiettivi è “particolarmente ampia”.
Il documento periodico parte proprio dall’analizzare le fonti di tensione che stanno frenando il commercio globale: i problemi sono ben noti, dal braccio di ferro Cina-Usa alla Brexit, passando per le tensioni sui mercati finanziari in particolare quelli emergenti.
La previsione per l’Italia, dopo il passaggio in negativo del Pil nel terzo trimestre, è che anche il quarto periodo del 2018 possa segnare una ulteriore contrazione dell’attività  economica.
L’Italia sarebbe così in ‘recessione tecnica’, senza l’appiglio dei consumi che – dopo il calo dello 0,1 per cento nel terzo trimestre – anche nei mesi finali dell’anno scorso sono attesi deboli.
Per l’anno nuovo, incertezze commerciali e tensioni politiche interne stanno indebolendo gli investimenti delle aziende e la domanda interna soffre. L’abbassamento delle stime di 0,4 punti percentuali – dettaglia Bankitalia – rispetto a fine novembre si deve all’aggiornamento delle informazioni disponibili, dal quadro globale alla minore domanda estera, passando per il “ridimensionamento dei piani di investimento”.
Il calo dello spread dopo l’accordo con la Commissione serve a compensare ampiamente gli effetti diretti della Manovra, che è meno espansiva di quanto fosse in origine.
Nonostante il taglio alle stime, Bankitalia vede all’orizzonte ancora possibilità  che la crescita deluda. “Oltre ai fattori globali di incertezza già  ricordati”, sintetizza il bollettino, “i rischi al ribasso per la crescita sono legati all’eventualità  di un nuovo rialzo dei rendimenti sovrani, a un più rapido deterioramento delle condizioni di finanziamento del settore privato e a un ulteriore rallentamento della propensione a investire delle imprese. Un più accentuato rientro delle tensioni sui rendimenti dei titoli di Stato potrebbe invece favorire ritmi di crescita più elevati”.
La voce di Bankitalia non è certo isolata.
Solo pochi giorni fa l’agenzia di rating S&P aveva ricordato come la stima di crescita per l’Italia possa essere allo 0,7%, contro il +1,1% riportato in autunno.
Il Centro studi Confindustria stimava, a ottobre e quindi ben prima della correzione della Manovra, una crescita allo 0,9 per cento, ma nelle successive edizioni “flash” della sua congiuntura ha più volte segnalato il rallentamento in atto. Prometeia, istituto di ricerca economica, ha fissato la stima allo 0,5%.

(da agenzie)

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L’EX BR LOJACONO: “L’ITALIA NON HA MAI CHIESTO LA MIA ESTRADIZIONE, FORSE NON VOGLIONO INTROMISSIONI NEL CASO MORO”

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

L’EX TERRORISTA, CONDANNATO PER L’AGGUATO DI VIA FANI: “SE UN GIUDICE SVIZZERO CONFERMERA’ LA SENTENZA, NESSUN PROBLEMA A SCONTARE L’ERGASTOLO IN SVIZZERA”

“Forse l’Italia non ha voluto che uno stato straniero mettesse il naso nel processo Moro”. Dopo quasi 20 anni di silenzio torno a farsi sentire Alvaro Lojacono, ex Br condannato per l’agguato di via Fani, e – in un’intervista a Ticinoonline/20minuti – spiega perchè, secondo lui, l’Italia non ha mai chiesto la sua estradizione.
La sua è un’ipotesi ma, “sarebbe comprensibile”, aggiunge.
In ogni caso Lojacono, diventato cittadino svizzero, a pochi giorni dall’arresto di Cesare Battisti, precisa di non aver mai fatto nulla per evitare la richiesta dell’Italia: “Non sono le autorità  svizzere, nè una mia presunta opposizione, ad aver creato l’impasse attuale”.
Quanto alla sua pena, ha dichiarato che accetterebbe di scontare l’ergastolo in Svizzera.
Se l’Italia presentasse una richiesta per tutte le condanne cumulate, con la garanzia di non procedere più per gli stessi fatti, spiega Lojacono, “io l’accetterei senza obiezioni, almeno metteremmo la parola fine a questa vicenda”.
In pratica, l’ex terrorista accetterebbe di scontare nel paese elvetico l’ergastolo inflittogli da un giudice svizzero, secondo le sentenze italiane.
Un riferimento poi all’arresto di Battisti: “C’è stata una ‘linea della fermezza’ lanciata dal Pci al tempo del sequestro Moro, continuata poi con le leggi d’emergenza e con la politica della vendetta, che in questi giorni ha raggiunto livelli impensabili con l’esibizione del detenuto-trofeo. Una catena che neppure la commissione (parlamentare sul caso Moro, ndr) ha voluto interrompere, lasciando la verità  nella palude del sospetto”.

(da “Huffingtonpost”)

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FIORELLO: “IN ITALIA CHI SI AFFERMA NELLA VITA VIENE MASSACRATO, MAI CHE SI INDIGNINO CON QUELLI CHE NON PAGANAO LE TASSE”

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

“I COMPENSI DI SANREMO SONO LEGITTIMI, BAGLIONI PORTA TANTI SOLDI ALLA RAI. SE LA PRENDANO CON CHI RUBA NON CON GLI ARTISTI CHE HANNO MERITATO IL SUCCESSO”

“Perchè i giornali e la gente si indignano con i conduttori del Festival di Sanremo Claudio Baglioni, Claudio Bisio e Virginia Raffaele per i compensi? E perchè non ci si indigna allo stesso modo verso i delinquenti che rapinano, per quelli che non pagano le tasse (e quindi rubano soldi ai contribuenti) o per i politici che mangiano con le mazzette sulle opere pubbliche?”: se lo chiede Fiorello, sfogliando i giornali, in una storia pubblicata su Instagram.
Parlando a nome dei personaggi di spettacolo, lo showman spiega: “A quelli che si indignano, vorrei dire che Baglioni ha una carriera di anni e anni. Tutti i personaggi partono da zero e poi alcuni ce la fanno. Io sono riuscito da solo… Parlo perchè c’è stato un momento della mia vita in cui non guadagnavo niente. Ora sì, pago le tasse e mi dovrei vergognare?”.
C’è una legge di mercato – aggiunge – “per la quale, se Baglioni porta tantissimi soldi alla Rai, come ha già  dimostrato l’anno scorso, guadagna questo”.
Fiorello se la prende con chi fomenta l’indignazione popolare mettendo in piazza solo i compensi di alcuni personaggi e con chi si scandalizza. “Io vorrei chiedere onestamente ad uno che è stipendiato (e che magari fa fatica) ‘se tu avessi avuto velleità  artistiche e ce l’avessi fatta, oggi che faresti, diresti non voglio soldi, non li merito?’.
L’artista – aggiunge – non è un lavoro che possono fare tutti. Lo fai se hai talento, come Baglioni, Bisio e Raffaele che oggi guadagnano soldi, mica li rubano… Ma vengono messi sulla pubblica piazza e martoriati, vituperati, lapidati dalla gente che guarda e si indigna”.
Concludendo, Fiorello si rivolge a chi spera, un giorno, di poter vivere lavorando come artista: “Parlo a te, che fai la gavetta nei locali, provini per i talent, che magari frequenti una scuola di recitazione per inseguire il tuo sogno. Se un giorno ce la farai, e te lo auguro, sappi che finirai sul giornale e ti incolperanno perchè in Italia chi ce la fa è uno stronzo, un coglione che ruba i soldi dei contribuenti….”.

(da agenzie)

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DISOCCUPATO TROVA BORSELLO CON 900 EURO E LO RESTITUISCE, IMPRENDITORE LO ASSUME

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

IL LAVORATORE MAROCCHINO DI 59 ANNI HA TRE FIGLI E DA SEI ANNI ERA SENZA LAVORO

Trova lungo l’argine del fiume un borsello con 900 euro in contanti, lo consegna al sindaco che rintraccia il proprietario, dirigente di una azienda di Bassano, che non ci pensa due volte: organizza un colloquio all’uomo, disoccupato da sei anni, con il suo datore di lavoro e lo fa assumere.
E’ quanto accaduto a Omar Chamkou, 59enne di origini marocchine che abita a Cartigliano, nel vicentino.
Domenica durante una passeggiata nei pressi della riva del Brenta, come riportano i giornali locali, Omar, da 30 anni in Italia, ha trovato il borsello di un dirigente che lavora per Bernardo Finco, titolare della Conceria Finco di Bassano, contenete oltre al denaro anche varie carte di credito e i documenti.
L’uomo ha portato immediatamente il portafoglio al sindaco Guido Grego, che ha rintracciato il legittimo proprietario e ha voluto pubblicare su Facebook una foto insieme ad Omar con il commento “Bravi, cittadini onesti”.
Grazie al suo gesto Chamkou, che ha tre figli minori e aveva perso l’occupazione dopo che la sua azienda ha chiuso i battenti perchè assorbita da una multinazionale, è riuscito ad ottenere un colloquio di lavoro e a farsi assumere.
“Abbiamo ritenuto di fare un colloquio – spiega Finco, che tra le sedi di Bassano e Montebello conta circa 120 dipendenti – ci sembrava il minimo, non aveva fatto domanda da noi ma aveva bisogno di lavoro e in questo momento il nostro settore offre opportunità . Lavorerà  in reparto, inizia lunedì”.
Soddisfatto dell’epilogo anche il sindaco: “Quella accaduta a Cartigliano in questi giorni è una storia bellissima con un finale da favola. Spero che raccontarla aiuti tutti a riflettere sull’importanza di tenere un comportamento onesto ed essere da esempio per i propri familiari e gli altri”.

(da agenzia)

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