Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
VENGONO GIUDICATI PIU’ RISCHIOSI DI QUELLI DI ATENE, CREDIBILITA’ DELL’ITALIA SUI MERCATI SEMPRE PIU’ IN BASSO
I titoli di Stato italiani sulla scadenza a cinque anni vengono giudicati dai mercati più rischiosi di quelli della Grecia. Lo spread tra Btp quinquennale e Bund tedesco è salito a 234 punti base, in rialzo di 10 punti, mentre quello tra Atene e Berlino scende di 10 punti base a 226. Il Btp quinquennale offre così un rendimento più alto di quello della Grecia: l′1,74% contro l′1,68%.
Non si arresta la corsa dello spread: dopo un’apertura a 292, il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi si colloca ora a 293,8 punti con il rendimento del decennale che sale al 2,727%.
Piazza Affari scivola (-1,6%), trovando nuovi minimi dallo scorso 14 febbraio. Pesa il differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi, salito a quota 290 punti nella mattinata e lì inchiodato anche al traguardo di metà seduta.
Un valore che penalizza i bancari Intesa (-2,71%), Ubi (-2,41%), Banco Bpm e Unicredit (-1,3% entrambe). Il titolo peggiore è però Fca (-5,23%), in linea con l’andamento del resto del settore dopo le minacce di Trump al Messico. In particolare cede Renault (-4,83%), il cui Cda si riunirà martedì per valutare la proposta di fusione dell’ex-Lingotto.
Sotto pressione anche Exor (-3,4%)( , più caute invece Cnh (-2,34%) e Ferrari (-1,68%). Il nuovo calo del greggio (Wti -2,12%) frena Eni (-1,02%) e Saipem (-1,52%). Pochi i rialzi, limitati a Juventus (+2,13%), A2a (+1,8%) e Amplifon (+1,33%). Bene Astaldi (+0,9%) e Salini Impregilo (+2,17%), dopo la diffusione dei dettagli sul ‘Progetto Italia’.
(da “Huffingtopost”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
IL MINISTERO DOVEVA VIGILARE SULL’APPLICAZIONE DELL’ACCORDO E NON L’HA FATTO
La distanza tra la politica degli annunci e quella che fa le cose è tutta compresa nell’intervallo di tempo tra il 25 ottobre 2018 e il 31 maggio 2019.
Nella prima data il bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio annunciava con orgoglio di aver concluso il tavolo Whirlpool.
«Siamo riusciti ad ottenere zero esuberi e un ritorno delle produzioni dalla Polonia all’Italia. RILOCALIZZIAMO, che bella parola!» scriveva il vicepremier.
Oggi invece quella stessa azienda ha annunciato la cessione lo stabilimento di Napoli.
In ballo ci sono 420 lavoratori e altrettante famiglie che rischiano di essere licenziati e finire in mezzo a una strada.
Un fulmine a ciel sereno? Chi sa come funzionano i tavoli di crisi sa bene che gli ispettori del MISE hanno tutti gli strumenti per monitorare la situazione.
Eppure il Ministero non ha fatto nulla, anzi solo oggi quando la notizia è diventata di dominio pubblico Di Maio ha convocato un incontro a Roma per il 4 giugno.
Forse sarebbe stato meglio «procedere a monitorare costantemente le fasi di attuazione del piano industriale» come si leggeva nel comunicato del Ministero di ottobre.
Eppure da quel giorno non risultano verbali di riunioni sul tavolo di crisi Whirlpool. La storia si ripete: come per MercatoneUno Di Maio non ha vigilato sul piano di sviluppo e il MISE si trova di nuovo spiazzato dagli eventi.
Ma Di Maio dovrà spiegare agli italiani e ai lavoratori come mai Whirlpool EMEA ha deciso di procedere con la riconversione del sito di Napoli e la cessione del ramo d’azienda a una società terza ” in grado di garantire la continuità industriale allo stabilimento e massimi livelli occupazionali, al fine di creare le condizioni per un futuro sostenibile del sito napoletano” quando nell’accordo firmato da Di Maio è scritto che «il sito conferma la sua missione produttiva di Lavatrici a carica frontale di alta gamma» e che «il totale degli investimenti previsti per il sito nel triennio 2019 -2021 sarà di circa 17 milioni di euro, tra prodotto, processo, ricerca e sviluppo».
Come mai il Ministero non si è accorto di nulla?
«Con Di Maio e M5S le aziende riaprono: Whirpool riporta la produzione in Italia. Con Renzi e PD le aziende chiudevano delocalizzando».
Così titolava trionfante il sito di propaganda pro-M5S Silenzi e Falsità il 26 ottobre. Ed è solo una coincidenza che il sito sia gestito da Marcello Dettori, fratello di quel Pietro Dettori uomo chiave di Davide Casaleggio e attualmente in forza nello staff del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il totale degli investimenti previsti per il sito nel triennio 2019 -2021 sarà di circa 17 milioni di euro, tra prodotto, processo, ricerca e sviluppo
Ma nemmeno la propaganda più spudorata può nascondere la mancanza dell’attività di vigilanza necessaria a verificare che gli accordi presi vengano rispettati.
Whirlpool in un comunicato conferma «le direttrici strategiche del Piano Industriale firmato lo scorso 25 ottobre presso il MISE; in particolare gli investimenti pari a 250 milioni per il triennio 2019-2021 in attività di innovazione, prodotto, processo e ricerca e sviluppo nei suoi siti industriali in Italia».
Eppure tra quelle direttrici strategiche previste dal Piano Industriale c’erano anche gli investimenti sul sito produttivo di Napoli. Ed infatti in una nota unitaria dei sindacati di categoria Fim, Uilm, Fiom e Uglm si legge «diamo per scontato che il Governo chieda a Whirlpool di rispettare l’accordo sottoscritto il 25 ottobre 2018 in sede istituzionale, non solo per elementari esigenze di tutela dei lavoratori, ma anche perchè di quell’accordo fu sottoscrittore anche lo stesso ministro». Ed in effetti a Di Maio non si chiede molto: solo di far rispettare gli accordi presi.
E indovinate cosa fa quel Ministro che in questi mesi, dopo la foto e il post di rito, doveva controllare che l’azienda rispettasse il Piano Industriale?
Scrive un post dove dice che con il suo comportamento la Whirlpool ha mancato di rispetto al Ministero e che pretende «che venga puntualmente fatta chiarezza su quanto accaduto nelle scorse ore al tavolo che ho già convocato per il prossimo 4 giugno». Addirittura oggi 31 maggio 2019 Di Maio scrive che il MISE «è pronto a rimettere in discussione l’intero piano industriale e a verificare l’utilizzo che è stato fatto degli ammortizzatori sociali fino ad oggi».
Ma questo significa che fino a oggi il ministro Luigi Di Maio non ha verificato quello che succedeva alla Whirlpool?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
ESCE UNA PRIMA VERSIONE CHE PARLA DI TAGLI A REDDITO CITTADINANZA E QUOTA 100, INSORGE DI MAIO, CORSA A SMENTIRE CHE IL TESTO NON SAREBBE QUELLO, GOVERNO NEL CAOS
È giallo sulla lettera del ministro dell’Economia Giovanni Tria alla Commissione Europea. Una prima versione, che annunciava l’intenzione del Governo di ridurre la spesa in welfare soprattutto su Quota 100 e Reddito di cittadinanza, è stata categoricamente smentita dal Ministero, che parla ora di “contenuti che non corrispondono alla realtà ”.
“Il Mef smentisce nel modo più categorico le notizie di stampa che anticiperebbero i contenuti della lettera che il ministro Tria si prepara a inviare alla Commissione europea. Tali contenuti non corrispondono alla realtà . Come si potrà constatare quando si prenderà visione della lettera che sarà firmata dal ministro e inviata a Bruxelles”, fanno sapere da Via XX Settembre.
A quanto si apprende la lettera è sul tavolo di Conte, non ancora approvata: “La bozza di lettera da inviare alla Commissione Europea è stata da poco ricevuta dal Presidente Conte, che non l’ha quindi ancora approvata. Peraltro la versione che è stata anticipata dagli organi di informazione non è quella che in questo momento è in visione al presidente Conte”.
Tuttavia, l’HuffPost ha pubblicato la la bozza della lettera effettivamente preparata dagli uffici del ministro dell’Economia.
La lettera preannunciava tagli al welfare e in particolare alle misure bandiera del Governo, Quota 100 e Reddito di cittadinanza, flat tax fatta non in deficit e una revisione delle agevolazioni fiscali; infine nessun aumento dell’Iva.
Di questa lettera il vicepremier M5S ha dichiarato non saperne nulla: “Non ho avuto ancora il piacere di leggere la lettera preparata dal ministro Tria all’Unione Europea, ma apprendo che prevede tagli alla spesa sociale, alla Sanità , a Quota 100, al Reddito di Cittadinanza. Ma stiamo scherzando? Lo dico chiaramente: al governo Monti non si torna. Basta austerità , basta tagli, di altre politiche lacrime e sangue non se ne parla. Non esiste! Magari è utile fare un vertice di maggioranza con la Lega insieme al presidente Conte e allo stesso Tria, così sistemiamo insieme questa lettera, prima che qualcuno la mandi a Bruxelles!”.
COSA PREVEDE LA PRIMA VERSIONE DELLA LETTERA (SMENTITA DAL MEF)
Tagli al welfare. “Dal lato della spesa, il governo sta avviando una nuova revisione della spesa e riteniamo che sarà possibile ridurre le proiezioni di spesa per le nuove politiche in materia di welfare nel periodo 2020-2022”. Con queste parole Giovanni Tria risponde alla lettera dell’Unione europea. Ma a cosa si riferisce quando parla di tagli al welfare? Ai due cavalli di battaglia rispettivamente di 5 stelle e Lega, Reddito di cittadinanza e Quota 100. “L’utilizzo delle nuove politiche del welfare (Reddito di cittadinanza e quota 100) è finora inferiore alle stime sottostanti alla legge di bilancio per il 2019”.
La Flat tax si farà ma non in deficit
Il ministro poi conferma che la flat tax, la “tassa piatta” cara alla Lega, si farà . “Il Parlamento ha invitato il Governo a riformare, fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo per il periodo 2020-2022, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, riducendo il numero degli scaglioni e la pressione fiscale gravante sulla classe media”, si legge nel documento. Per finanziarla: “Si effettuerà anche una revisione di detrazioni ed esenzioni fiscali”, presumibilmente tra queste c’è anche il bonus degli 80 euro voluto da Matteo Renzi. Non sarà comunque fatta ricorrendo al deficit, come chiesto da una parte della maggioranza, dal momento che Tria specifica che la riforma dell’imposta sarà realizzata “fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo per il periodo 2020-2022”, aggiunge Tria.
L’Iva non aumenta, ma diminuiranno le agevolazioni fiscali
L’imposta sul valore aggiunto non aumenterà . O almeno, il governo lavorerà in questo senso. In compenso il governo sta valutando “un ventaglio di misure alternative onde garantire il suddetto miglioramento strutturale”. In un passaggio, poi, il ministro lascia intendere la possibilità di nuovi condoni: “Il Governo intende, inoltre, introdurre ulteriori misure per semplificare il sistema fiscale e migliorare la fedeltà fiscale”.
Di Maio insorge: “M5s non ne sapeva niente” –
Il contenuto della lettera fa insorgere l’ala pentastellata del governo:“La lettera preparata dal ministro Tria con la Lega? M5s non ne sa nulla. Non ce ne siamo occupati noi, non è stata condivisa con noi”. Quanto al taglio del welfare dice: “Sicuramente noi non tagliamo le spese sociali, nè il Reddito nè Quota 100″.
Secondo Tria le stime sulla crescita sono differenti: “L’Ue non vede la congiuntura sfavorevole”. Le stime italiane del Programma di Stabilità “differiscono da quelle della Commissione. L’Italia stima che l’output gap nel 2019 sarà pari a -1,6 per cento e il tasso di crescita sarà inferiore al potenziale. L’economia si trova dunque in una situazione di “congiuntura sfavorevole” secondo la griglia del braccio preventivo del patto di Stabilità e Crescita (PSC)”. Lo scrive il ministro dell’Economia Giovanni Tria nella lettera alla Commissione, spiegando perchè, secondo Roma, l’Italia rispetta le regole europee.
“Di conseguenza – prosegue Tria – l’aggiustamento di bilancio richiesto sarebbe di 0,25 punti percentuali (0,07 punti percentuali al netto del margine di flessibilità ). Poichè la stima ufficiale dell’Italia indica un peggioramento del saldo strutturale di soli 0,1 punti percentuali nel 2018, l’Italia non registrerebbe uno scostamento significativo”. Il calcolo dell’output gap, aggiunge, “nonostante le lievi modifiche apportate alla metodologia applicata al caso italiano, è ancora incoerente con le principali evidenze macroeconomiche”.
Per Tria possibile disavanzo inferiore alle stime. Il disavanzo per l’anno in corso “potrebbe essere minore di quanto prospettato nelle ultime previsioni ufficiali”. Lo afferma il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nella lettera alla Commissione Ue dopo la richiesta da parte di Bruxelles di fornire spiegazioni sul debito pubblico eccessivo. “L’andamento dell’economia e il gettito fiscale hanno finora superato le previsioni del Programma di Stabilità – prosegue – se il contesto di crescita internazionale non si deteriorasse ulteriormente, l’Italia dovrebbe essere in grado di mantenere questa tendenza positiva fino alla fine dell’anno”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
EVVIVA LA SEDICENTE DESTRA DELLA LEGALITA’: DUE VICEMINISTRI, UN SOTTOSEGRETARIO, UN GOVERNATORE, DUE EURODEPUTATI, UNA MAREA DI SINDACI E ASSESSORI
Corrado Zunino su Repubblica oggi riepiloga le 38 inchieste aperte sulla Lega che riguardano 72 amministratori in otto regioni italiane.
In alcune si è insediata solo negli ultimi mesi. Ci sono le inchieste in corso a carico dei leghisti, i rinviii a giudizio, in alcuni casi le condanne di uomini della Lega di Salvini di primo, secondo e terzo livello.
Sono due i viceministri coinvolti, quindi un sottosegretario, il presidente della Regione Lombardia, un filare di sindaci e assessori. Due eurodeputati.
Molte delle inchieste sono per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, tante sono concentrate nella sempre più calda Lombardia.
Oltre a Siri e Rixi ci sono:
Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia. Deve rispondere di turbativa d’asta e la procura ha chiesto due anni (il processo si apre il 13 giugno). Si parla di una gara da undici milioni di euro indetta dalla Regione Lombardia, di cui il leghista è stato assessore al Bilancio, per il trasporto degli ammalati in dialisi. Secondo la Procura, nel 2014 Garavaglia si attivò per fermare l’assegnazione del servizio e far rientrare le Croci dell’Alto Milanese, il suo territorio.
In Lombardia, storico bacino elettorale, i guai della Lega sono vari, in alcuni casi comunicanti.
Il nome più forte entrato in un’inchiesta è quello di Attilio Fontana, presidente della Regione in successione a Maroni. È accusato di abuso d’ufficio in una maxi-indagine che in tutto ha portato all’esecuzione di 43 ordini di custodia cautelare. L’episodio contestato al governatore è la nomina del socio di studio Luca Marsico (Fontana è avvocato) a un incarico al Pirellone.
L’indagine riguarda poi Paolo Orrigoni, ex candidato sindaco di Varese: deve rispondere di corruzione. Avrebbe intascato 50 mila euro per inserire una variante urbanistica al Piano regolatore di Gallarate per consentire la nascita di un supermercato.
Poi ci sono Gianbattista Fratus e Giulio Centemero mentre per turbativa d’asta è stato condannato l’ex sindaco di Adro, Oscar Lancini (la Corte d’appello, però, ha annullato il processo).
Intanto nel maxi-processo Rimborsopoli per la Regione Lombardia, sono tredici le condanne che toccano esponenti della Lega. Tra questi, Massimiliano Romeo, attuale capogruppo in Senato, e Angelo Ciocca, passato alla storia per aver calpestato con una scarpa i fogli del discorso del commissario europeo Moscovici. Ciocca è stato appena rieletto a Bruxelles con novantamila preferenze.
(da agenzie)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
TRA INFELICI BATTUTE E ZERO SPIEGAZIONI, LA SERATA NO DELL’ECONOMISTA SOVRANISTA…PER FARE DEBITI NON E’ NECESSARIA UNA LAUREA
Antonio Maria Rinaldi, sovranista no-euro, animatore del sito Scenari Economici, allievo di Paolo Savona (quello del Piano B per uscire dall’euro) da domenica è Europarlamentare.
Finalmente quindi quando Rinaldi va in televisione gli si può chiedere cosa ha intenzione di fare nel concreto, visto che è stato eletto con la Lega, la maggioranza per mantenere le promesse fatte in questi ultimi giorni sull’aumento dell’Iva e sulla Flat Tax.
A maggior ragione, visto che ora verrà pagato anche con i nostri soldi per rappresentarci (certo, non in maggioranza) al Parlamento Europeo gli si può chiedere di spiegarci il rapporto senza dubbio complicato tra il governo italiano e le istituzioni europee.
Rinaldi però tra tutti i pregi ha quello di non rispondere alle domande che gli vengono fatte.
Ieri sera a Piazza Pulita ad esempio gli è stato chiesto di commentare la situazione degli ultimi giorni, quella della famosa letterina inviata dalla Commissione Europea.
Rinaldi spiega: «ho fatto un ragionamento molto semplice se i rapporti tra i paesi europei sono arrivati al punto che danno 48 ore di tempo per rispondere fa un po’ di paura perchè tra Stati 48 ore si danno per gli ultimatum di guerra. Non si danno neanche ai camerieri 48 ore, si danno 15 giorni, evidentemente ci considerano così».
Ora non si sa cosa volesse dire davvero Rinaldi, forse c’era un ammiccamento alla classica battuta sui burocrati europei “camerieri dei banchieri” ma c’è chi ha visto l’uscita del “neuroparlamentare” (così Formigli in un lapsus) come un insulto alla categoria.
Chissà , forse ora che prenderà il lauto stipendio europeo Rinaldi scoprirà che bisogna avere più rispetto per i cittadini.
Ma tornando a quello che Rinaldi non dice il punto è che — e lo ha spiegato Federico Fubini — le 48 ore sono dovute al fatto che la Commissione ha voluto mandare la lettera prima delle elezioni.
Un fatto che, riferisce Fubini, è stato spiegato in questi termini anche dal ministro Tria che ha detto che contenuto della lettera era stato già ampiamente anticipato.
Riguardo al fatto invece che la letterina riguardi il 2018 Rinaldi non dice invece che il punto delle critiche è il fatto che l’Italia ha speso lo 0,2% di interesse perchè sono saliti i tassi di interesse.
E sono saliti non per un oscuro complotto dei Poteri Forti ma perchè tra marzo e giugno i componenti dell’attuale governo si sono divertiti a fare dichiarazioni che hanno fatto “preoccupare” i mercati circa la nostra capacità di ripagare il nostro debito.
Archiviata la questione si passa alle cose serie. Una su tutte l’Iva.
Anche Rinaldi dice che non aumenterà e ci tiene a ricordare che «queste famose clausole di salvaguardia di montiana memoria ce le tiriamo avanti dal 2011-2012 e siamo arrivati a 19 miliardi di euro grazie agli 80 euro».
In realtà il primo a ricorrere alle clausole di salvaguardia fu Berlusconi e visto che il governo Conte non ha tolto il bonus degli 80 euro dare la colpa agli ottanta euro (che ci sono dal 2014 senza aumenti Iva) non sembra una grande giustificazione.
Salvini ha parlato di flat tax, una misura che dovrebbe costare tra i 12 e i 14 miliardi di euro.
La proposta della Lega prevede un’aliquota fissa al 15% entro i 50mila euro l’anno di reddito. A chi conviene? Fino a 25mila euro l’anno — vale a dire un reddito di 1.500 euro al mese — si scopre che sarebbe più conveniente l’attuale sistema di tassazione. Più il reddito sale e si avvicina alla soglia invece maggiore è il guadagno per il contribuente. Insomma è una legge che conviene di più a chi guadagna di più.
«Dove li trovate i 23 miliardi per le clausole di salvaguardia sull’Iva?» chiede Alessandra Moretti.
La risposta di Rinaldi dà la misura del personaggio: «E i 10 miliardi per gli 80 euro dove li avete trovati? Sotto un tavolino li avete trovati? Eh allora, Eh no eh!».
E allora giusta o sbagliata che sia stata l’idea degli 80 euro (che ricordiamo l’attuale governo non ha abolito) i fatti dicono che quei soldi sono stati trovati e allo stesso tempo è stato sterilizzato l’aumento dell’Iva.
Rinaldi invece che fare battute da bar dovrebbe dirci — visto che è un economista — dove sono i soldi, o quanto meno dove pensa di trovarli.
«E mò parlo io. I numeri ve li do io. Vogliamo continuare con la politica dell’austerity o vogliamo rilanciare i consumi? Questa è la scommessa. Se non lasciamo in tasca degli italiani più risorse».
Anche il solutore meno abile sarà in grado di cogliere come Rinaldi nonostante la premessa da spaccone di numeri non ne abbia dati.
Infatti gli rifanno la domanda. «Ma la pagate in deficit?» chiede Formigli. Risposta: «all’inizio sarà anche in deficit, dobbiamo perseguire politiche espansive» dice quasi urlando. Poi Rinaldi fa la domanda esistenziale che ingolfa ogni possibilità di ragionamento «Tutto il mondo dove li trova i soldi?».
Naturalmente poco interessa dove trovino i soldi “in tutto il mondo” (volendo si può sempre prendere l’esempio dello Zimbabwe o del Venezuela) perchè quei 23 miliardi (più i 14 per la Flat Tax) dobbiamo tirarli fuori noi.
La risposta sul dove nascono i soldi la dà Federico Fubini che — mentre Rinaldi mormora questo dice cazzate — spiega che «i soldi “nascono” dalla pressione fiscale».
Fubini ricorda che i paesi che hanno la Flat Tax hanno un reddito medio più basso di quello italiano, un welfare che non è ai nostri livelli e un’Iva molto alta (ad esempio in Ungheria è al 27%).
Il senso è: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Il governo deve scegliere se tenere l’Iva al 22% o abbassare le tasse al 15% ma non può fare entrambe le cose. Non con i nostri conti pubblici.
Rinaldi, l’europarlamentare che tutto il mondo ci invidia, ha un rapporto complicato coi giornalisti. Tant’è che quando si accinge a (non) rispondere per l’ennesima volta chiede a Formigli «lo spegni un minuto?» (Fubini era in collegamento).
Ed infatti Rinaldi non risponde. Dice che delle economie emergenti hanno un tasso di crescita superiore al nostro e prima di buttarla di nuovo in caciara mettendo in dubbio i titoli di studio del giornalista.
Di nuovo non dice dove si trovano i soldi nè ci dà questi benedetti numeri. Perchè al solito l’unica risposta è quella detta a mezza bocca di “fare un po’ di deficit” che però non è consentito dalle regole europee.
Regole che i leghisti all’Europarlamento non hanno nè i numeri nè il tempo per cambiare.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
ANCHE OGGI SALVINI E I MAGGIORDOMI GRILLINI SPARANO BALLE… QUANDO GLI ITALIANI SARANNO SOTTO UN PONTE PER UN GOVERNO CHE HA PORTATO L’ITALIA IN BANCAROTTA SAPRANNO CHI RINGRAZIARE
La giornata politica di oggi potrebbe essere un buon anticipo di quello che ci attende nei prossimi mesi, quando Salvini e il MoVimento 5 Stelle dovranno spiegare come troveranno i soldi per evitare l’aumento dell’IVA e per la flat tax promessa nel contratto di governo.
Si dà il caso infatti che oggi durante la relazione di Bankitalia il governatore Ignazio Visco abbia parlato della necessità di un taglio delle tasse: “In prospettiva il paese ha bisogno di un’ampia riforma fiscale”, aggiungendo che “Rivedendo solo alcune agevolazioni o modificando la struttura di una singola imposta si proseguirebbe in un processo di stratificazione. Bisogna invece interromperlo, per disegnare una struttura stabile che dia certezze a chi produce e consuma, investe e risparmia, con un intervento volto a premiare il lavoro e favorire l’attività di impresa”.
Ovviamente Matteo Salvini ha colto la palla al balzo per strumentalizzare le parole del governatore, trasformandole in un’apertura alla flat tax: “Bene la relazione della Banca d’Italia, che conferma la necessità di uno shock fiscale per far ripartire l’economia italiana. La Flat Tax è la prima riforma che governo e parlamento dovranno discutere”, ha detto, registrandosi presso il Palazzo del Viminale per segnalare che oggi è lì, visto che i giornali hanno fatto notare che ci va raramente.
A questo punto è arrivato il colpo di scena del M5S. Che ha aperto alla flat tax ma lo ha fatto, racconta Repubblica, in un modo assai particolare:
E i 5Stelle, che fino ad oggi sembravano avere una posizione prudente sulla flat tax — sottolineando che non deve avvantaggiare i ceti più abbienti — oggi apparentemente aprono. Lo fanno attraverso anonime “autorevoli fonti parlamentari” che recapitano a tutte le agenzie lo stesso messaggio: “La proposta della Lega di finanziare in deficit la flat tax ci trova favorevoli. A maggior ragione se, come apprendiamo, Tria già condivide questa idea: ben venga il regime fiscale al 15% per i redditi fino ai 65.000 euro”.
Proprio mentre il governatore aveva appena terminato di dire: “Con il deficit non si cresce”. E nel giorno in cui lo spread torna pericolosamente a innalzarsi.
Quando sono “autorevoli fonti parlamentari” di solito però si sa chi sta parlando: non parlamentari, ma l’ufficio Stampa & Propaganda che è stato approntato da Giggetto per stravincere le europee con la clamorosa strategia di sembrare di sinistra (e sappiamo tutti com’è finita).
E allora ecco che la palla di finanziare in deficit arriva dagli strateghi di Di Maio, i quali evidente oltre a non capire la differenza tra fare politica e trollare sono evidentemente determinati ad approntare un’altra strategia per battere Salvini: rilanciare su quello che dice per apparire più realisti del Re.
Il problema di questa strategia è che la gente che vota di solito riconosce la differenza tra l’originale e la copia, mentre questo non riporterà a casa i voti degli astenuti che hanno visto male l’alleanza con la Lega.
Com’era che diceva Moretti? “Con questi dirigenti non vinceremo mai”? Ecco, neanche con questi staffisti.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
NON SI E’ ANCORA RIPRESA: “SALVINI MI HA ACCAREZZATO IL VOLTO”
Oggi Repubblica Palermo ci presenta Annalisa Tardino, avvocata di Licata e la più votata della Lega nell’Isola con 32.800 preferenze.
Uno schiaffo per i compagni di lista dati per favoriti: il coordinatore del Carroccio per la Sicilia occidentale Igor Gelarda e il veterano Angelo Attaguile.
Quarant’anni, un figlio di sette e un marito ingegnere, non avrebbe mai immaginato di mettere fuori gioco quelli che – almeno fino a domenica – erano i portabandiera indiscussi del partito. «Ha vinto il territorio, non l’apparato. È un sogno, ancora non ci credo», dice al telefono al senatore Mario Pittoni, futuro commissario siciliano al posto di Stefano Candiani. Lo ha ripetuto anche al grande capo Matteo Salvini martedì, quando è volata a Roma con gli altri eletti: «Mi ha accarezzato il volto e mi ha detto: “Brava!”».
Gli unici a non congratularsi sono stati i grandi sconfitti Gelarda e Attaguile.
«Ma il cellulare squilla all’impazzata – sorride – e ho duecento messaggi ancora da leggere». Anche la casella email è in tilt: «Molti si fanno già avanti per entrare nel mio staff».
Il gioiello però è l’apertura dell’intervista:
«Sono una leghista doc. Ma non chiamatemi razzista: ho un collaboratore domestico del Bangladesh».
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
MA QUELLO POTREBBE FARLO MEGLIO DALL’OPPOSIZIONE, QUALCUNO GLIELO SPIEGHI
Emanuele Buzzi, retroscenista di solito informatissimo sul MoVimento 5 Stelle, delinea oggi in un articolo sul Corriere della Sera la nuova strategia di Luigi Di Maio, che ieri ha vinto il plebiscito sul Blog delle Stelle con la percentuale bulgara dell’80% e rimarrà così alla guida dei grillini, zittendo i parlamentari e gli eletti che ne volevano la testa.
Il vicepremier si concentra soprattutto sulle questioni legate all’esecutivo. «Deve governare la Lega: è giusto che ora si assuma più responsabilità », dice Di Maio ai suoi. «Non abbiamo fretta e se hanno provvedimenti che vogliono vararecon urgenza come flat tax e autonomia ci portino i testi e dopo averli valutati li possiamo varare».
Ma l’impressione è che i pentastellati non vogliano fare sconti. E il leader e i vertici fissano alcuni paletti. «Per fare la flat tax non devono passare condoni. Altrimenti è come risolvere il sovraffollamento delle carceri facendo evadere i detenuti».
Più morbida la posizione in caso di addio agli 80 euro renziani, ma –dicono i Cinque Stelle – «sarà la Lega a doverlo spiegare agli italiani».
Va segnalato che il ragionamento è molto più ridicolo della media dei ragionamenti politici dei grillini così come vengono riferiti dai giornali.
L’analisi del voto partorita da Giggetto 24 ore dopo le elezioni europee ha infatti — correttamente — puntato il dito sull’astensione, visto che dei sei milioni di voti evaporati da un’elezione all’altra un discreto numero è andato alla Lega, altri al PD e la stragrande maggioranza è andata all’astensione.
Ma l’astensione è dovuta all’alleanza del M5S con la Lega. Se ora Di Maio decide di farla addirittura comandare, sta peggiorando la situazione per il suo partito.
La votazione su Rousseau, invece, è stata vista dal leader come un punto di partenza per la nuova fase. E l’alleggerimento dei ruoli governativi servirà a Di Maio e ai Cinque Stelle proprio per rilanciare l’organizzazione interna. «Adesso ripartiamo insieme ricordando che la maggioranza in Parlamento è sempre del Movimento», commenta a caldo il vicepremier. Il comitato dei saggi è pronto per essere varato. Si cerca maggiore coesione. E lo stesso Di Maio in assemblea ha sottolineato di essersi sentito solo.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2019 Riccardo Fucile
E’ COME UNO CHE DICE DI AVER FATTO IL RECORD MONDIALE SUI 100 METRI SENZA I CRONOMETRISTI
«Con 56.127 voti e l’80% di consensi, su Rousseau abbiamo segnato il record assoluto di partecipazione a una votazione per il MoVimento 5 Stelle. Ed è anche il record mondiale per una votazione online in un singolo giorno per una forza politica».
Non si può certo dire che Luigi Di Maio non sia uno che vede il bicchiere mezzo pieno.
Dopo aver perso le elezioni europee (e le regionali in Piemonte, Abruzzo, Sardegna e Basilicata) il Capo Politico del M5S ha finalmente vinto qualcosa. Poco importa che per vincere sia dovuto andare su Rousseau, ovvero la piattaforma informatica gestita all’associazione che controlla il suo partito.
Perchè Di Maio festeggia di aver preso 44mila voti virtuali quando ne ha persi sei milioni reali?
Scrive Di Maio che la “mozione di fiducia” — perchè non si è certo trattato di un voto per sfiduciarlo visto che le regole del M5S prevedono tutt’altra procedura — ha ottenuto l’80% dei consensi pari a 44.849 voti su un totale di 56.127 votanti (più o meno alla popolazione di Avellino).
Significa però che un buon 20% di elettori del M5S — che quindi sono rimasti nel partito e non hanno votato Lega o PD — hanno votato contro Di Maio.
Dopo i milioni di voti persi alle europee il vicepremier ha “perso” anche 11mila click.
Ma niente paura perchè non solo è una vittoria personale è anche «il record mondiale per una votazione online in un singolo giorno per una forza politica».
Poco importa che si tratti di un record solo perchè il M5S è l’unico partito politico a fare queste cose. Probabilmente scrivere che era il record mondiale di voti presi online da una persona che si chiama Luigi Di Maio se pur realistica come affermazione avrebbe ristretto troppo i margini di questa gara dei record.
Chissà forse dal M5S chiederanno la certificazione di quelli del Guinnes World of Record. Se pensate poi che 44mila click valgano più del risultato emerso dalle urne durante una consultazione democratica allora forse avete un serio problema con la democrazia.
Di Maio non è certo uno che si siede sugli allori. Come aveva promesso prima delle cliccarie garantisce che presto, tra qualche settimana, conosceremo la nuova struttura organizzativa «che per me deve prevedere compiti ben precisi in capo a persone individuate dal Movimento, penso a deleghe sull’economia, i territori, le liste civiche, le imprese, il lavoro, l’ambiente, la sanità , la tanto discussa comunicazione, tutte questioni che sono sempre state in capo a me, vista l’assenza di una struttura interna». I meno distratti ricorderanno che una stessa identica promessa era stata fatta quando Di Maio era riemerso dopo la batosta elettorale in Abruzzo. Era il febbraio del 2019.
Qualcuno potrebbe anche chiedersi come mai nulla è cambiato. E potrebbe chiedersi se questa mancanza di cambiamento sia la causa delle sconfitte elettorali del M5S. I più ardimentosi potrebbero addirittura giungere alla conclusione che la responsabilità di questa mancanza di struttura interna sia dovuta al Capo Politico.
Il quale però si è fatto (auto)assolvere dai click quindi non può essere criticato.
Tutti i buchi di Rousseau
Battuto ogni record scrivono sul Blog delle Stelle. Ma tutto questo puntare sulla votazione record online non fa altro che mettere in luce come non ci sia nessun ente terzo in grado di certificare l’esito del voto. Sarebbe un po’ come se un atleta dicesse di aver battuto il record mondiale sui 100 metri piani in uno stadio vuoto senza telecamere e osservatori esterni a cronometrare e certificare la performance. Quello che succede su Rousseau è esattamente la stessa cosa.
E al di là della buona fede di motivi per dubitare della correttezza dello svolgimento delle operazioni di voto sulla creatura di Davide Casaleggio ce ne sono.
Il primo appunto è l’assenza di un ente certificatore.
Il secondo sono i continui attacchi informatici (ieri il M5S ha fatto sapere di averne sventati tre del tipo DDoS).
Poi ci sono gli utenti che non riescono a votare perchè il sistema “si incarta” oppure che votano cinque volte di fila.
Per tacere degli hacker che sono penetrati all’interno votando al posto di altri utenti. Il Garante della Privacy ha comminato 50mila euro di multa (e prima ancora un’altra da 32 mila euro) alla piattaforma/sistema operativo perchè il gestore non ha ottemperato alle richieste di messa in sicurezza dei dati personali degli utenti.
Il Garante rilevava inoltre «l’esistenza di credenziali di autenticazione, con privilegi amministrativi, condivise da più soggetti», in pratica non ci sarebbe un solo amministratore il quale — lo ricordiamo — ha il potere di modificare l’esito del voto. Dulcis in fundo Il Giornale oggi rivela che da un’ispezione dell’Autorithy per la privacy è emerso che «La piattaforma Rousseau non gode delle proprietà richieste a un sistema di evoting».
Insomma, mentre Di Maio festeggia il record mondiale di fatto tutti gli stanno dicendo che il suo sistema operativo non vale nulla. E se il voto su Rousseau non vale nulla sapete cosa se ne può fare Di Maio di quell’80% che lo conferma Capo Politico?
(da “NextQuotidiano”)
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