Destra di Popolo.net

CONTE ARRIVA A BRUXELLES E SI SPAVENTA, TUTTI STANCHI DELLE BALLE ITALIANE

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

DOPO MEZZA GIORNATA DI BILATERALI, IL PREMIER E’ DIVENTATO PESSIMISTA, SERVE UN MIRACOLO PER EVITARE LA PROCEDURA… E SEMBRA CHIEDERE A SALVINI: “VUOI FAR CADERE IL GOVERNO? ASSUMITI LE TUE RESPONSABILITA'”

Quando dopo un giro di incontri con Angela Merkel, il lussemburghese Xavier Bettel, Donald Tusk e soprattutto il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, l’ambasciatore italiano Maurizio Massari gli chiede come è andata, il volto di Giuseppe Conte è scuro.
Al premier è bastata una mezza giornata qui al Consiglio europeo per capire che per evitare la procedura per debito eccessivo contro l’Italia dovrà  fare un vero e proprio miracolo.
Lo raccontano fonti dello stesso governo che a un certo punto della giornata si presentano in sala stampa con la mission di drammatizzare.
E così, attraverso la stampa, Conte lancia l’allarme diretto a Matteo Salvini.
Obiettivo: stanare il vicepremier leghista per capire se sulla procedura minacciata dall’Ue contro l’Italia è disposto a far cadere il governo. E’ questo il punto.
A sera, il premier si chiama da parte tre grandi quotidiani italiani: solo loro, esclusi gli altri giornalisti. Per drammatizzare ancor di più. Della serie: sono io l’unico argine alla procedura per debito eccessivo, una catena al collo della spesa pubblica italiana per i prossimi 5 anni al minimo. La palla a Salvini.
E’ la verità : l’Ue, cioè Commissione europea e tutti gli Stati membri, non sono disposti a fare sconti. Il punto è un premier arrivato ottimista e diventato pessimista nel volgere di poche ore, addirittura più preoccupato rispetto a dicembre, quando si è consumato lo scontro sulla manovra economica 2019.
Un premier che solo quando arriva a Bruxelles si rende conto della gravità  della situazione: incredibile, visto che i messaggi degli europei sono sempre stati inequivocabili.
E poi manda i suoi a raccontare alla stampa la sua sorpresa per le brutte sorprese scoperte oggi, ad ammettere il fallimento della prima missione bruxellese. Improvvisazione o messaggio calcolato per Salvini? Magari un misto di entrambi.
Di solito i portavoce raccontano sempre una versione più rosea della realtà , tendono sempre a sminuire se le cose sono andate male. Invece Conte ci tiene a far sapere: last call per Salvini. Della serie: vuoi far cadere il governo o no?
Stamattina, a nemmeno 24 ore dall’arrivo a Bruxelles della lettera di risposta da Roma, Pierre Moscovici è stato chiaro: “Prenderemo anche in considerazione la risposta di Conte ieri, ma in questo momento una procedura per debito è giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi, commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita”.
Eppure fino a questo pomeriggio Conte era convinto che l’assestamento di bilancio, approvato per metà  ieri in consiglio dei ministri e da completare alla prossima riunione dell’esecutivo mercoledì, sarebbe riuscito in qualche modo a evitare la ‘condanna’ dell’Italia.
Ottimista sul fatto che la presentazione dei dati del Tesoro che attesterebbero una situazione migliore per i conti pubblici nel primo semestre 2019 (“deficit al 2,1 per cento e non al 2,5 come previsto dalla Commissione”, aveva detto al suo arrivo al vertice) sarebbe stata sufficiente a evitare la procedura per debito, la prima nella storia della zona euro, suggerita dalla Commissione europea uscente, ‘acclamata’ dai ministri economici dell’Eurogruppo nell’ultima riunione a Lussemburgo la settimana scorsa, in dirittura d’arrivo all’Ecofin del 9 luglio che potrebbe aprirla formalmente.
Invece no. Nel giro di poche ore, cambia umore, raccontano i suoi.
A Bruxelles Conte cerca sponde ma non ne trova. Parla anche con il portoghese Antonio Costa, che in teoria potrebbe essere interessato a tenere un atteggiamento più morbido verso l’Italia, proprio perchè a capo di un paese che ha conosciuto da vicino le cure della Troika.
E invece magari proprio per questo, nemmeno Costa fa sconti. Per non parlare dell’olandese Mark Rutte: a fine 2018, nello scontro tra Roma e Bruxelles sulla manovra economica, gli olandesi hanno sempre fatto la parte dei ‘falchi’.
Fosse stato per loro, la procedura l’avrebbero aperta già  a dicembre. Insomma, al minimo, gli interlocutori che Conte ha incontrato qui oggi hanno addossato la colpa a Palazzo Berlaymont. Della serie: mi dispiace, è la Commissione che decide.
In realtà , la Commissione indica gli Stati membri quali ultimo anello della catena che effettivamente deciderà  se far scattare o meno la procedura, percorso obbligato di riduzione del debito che può durare anche 5 anni e potrebbe persino privare l’Italia dei fondi strutturali europei.
Ma, oltre a non aver trovato sponde negli altri leader, Conte è preoccupato proprio perchè qui a Bruxelles, raccontano sempre i suoi, ha inteso che la Commissione Juncker è prontissima ad andare avanti sulla procedura: trattasi di una Commissione uscente, in scadenza a fine ottobre, pertanto intenzionata a lasciare il segno e a non passare alla storia come l’esecutivo che ha permesso all’Italia di godere della flessibilità  per un quinquennio, dal governo Renzi in poi.
Un ragionamento che è esattamente il contrario di quanto sostenuto da Matteo Salvini. Il leader della Lega ha sempre contestato la possibilità  che la Commissione uscente possa assumersi la responsabilità  di decidere una misura così pesante, mai usata per nessun paese della zona euro. Ecco: il premier la pensa all’opposto.
Proprio perchè sono in scadenza, Juncker e i suoi commissari sono più rigidi. C’è poco da fare o tanto, a seconda di quale sia l’obiettivo. Il suo è evitare la procedura. E quello di Salvini?
In effetti, i commissari europei chiedono un atto vincolante, una manovra correttiva già  per il 2019 e poi impegni di riduzione del debito anche per la manovra 2020 e non solo.
A fine giornata, mentre al Consiglio proseguono le trattative sulle nomine europee tra leader impantanati nei veti incrociati (si va verso un nulla di fatto), Conte insiste che il suo governo non farà  una manovra correttiva. Ma si rende conto che la strategia pensata all’inizio non basta a placare gli europei.
L’unica che non si espone sulla procedura per debito è Merkel, stando a quanto raccontano le fonti italiane. La Cancelliera rassicura Conte sul fatto che sarà  tenuto informato sulle trattative sui nuovi incarichi europei, per una questiore di criteri geografici: paese grande del Mediterraneo, non può essere escluso. Ma certo non significa che, in queste condizioni di isolamento politico, l’Italia possa ambire a uno degli incarichi al vertice: presidente della Commissione o del Consiglio, Alto rappresentante per la politica estera, governatore della Bce. Nemmeno per sogno. L’Italia però dovrà  scegliere un commissario come tutti gli Stati membri. Ma lo scambio tra Conte e Merkel non mette a fuoco questo, nè sul portafoglio, tanto meno sul nome. E’ ancora presto e anche qui c’è uno scarto tra le aspettative e la realtà .
Solo ieri Conte, al pranzo con Sergio Mattarella al Quirinale, prima del Consiglio europeo, ha parlato di “portafoglio economico di peso” per l’Italia. Il punto è che non siamo ancora a quel livello di discussione: prima i leader dovranno scegliere il presidente della Commissione e sarà  lui a decidere la squadra.
“Parlare già  ora di nomi italiani vuol dire bruciarli”, dice una fonte di governo. Ed è un’altra stoccata a Salvini che solo due giorni fa ha fatto un endorsement per il suo fedelissimo Giancarlo Giorgetti.
Ma oggi il tema non è il commissario o le nomine. In cima ai pensieri del premier c’è la procedura da evitare assolutamente. Anche perchè da qui passa il destino del governo. E’ chiaro il timore che, se l’Europa deciderà  di ‘condannare’ l’Italia, Salvini possa far saltare il banco. In questa partita, Conte si gioca tutto.
E con lui il M5s, per niente interessato a tornare al voto.

(da “Huffingtonpost“)

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DECRETO SICUREZZA, LA CONSULTA BOCCIA I SUPER POTERI CHE SALVINI HA DATO AI PREFETTI: “NON POSSONO SOSTITUIRSI AI SINDACI”

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

NEL TESTO DELLA DICHIARAZIONE SCONTATA DI INAMMISSIBILITA’ DEI RICORSI DELLE REGIONI CADE UNO DEGLI STRUMENTI PRINCIPALI DEL DECRETO (IN)SICUREZZA

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro il decreto sicurezza presentati dalle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che ne hanno impugnato numerose disposizioni lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze.
In particolare, la Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibili i ricorsi delle Regioni sulle politiche migratorie, ha ritenuto che con il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e diventato legge a dicembre 2018, non ha avuto incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali.
Ma la Corte non ha compiuto alcuna valutazione sulla legittimità  costituzionale dei contenuti delle norme impugnate: se vi sarà  un ricorso specifico su questo tema si esprimerà .
Ma la Consulta ha ritenuto, allo stesso tempo, che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a comuni e province.
Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività  di tali enti.
In pratica crolla il tentativo di Salvini di esautorare i sindaci facendo leva sul controllo che il ministro esercita sulle prefetture.

(da agenzie)

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DE FALCO E PALAZZOTTO DENUNCIANO: “NON VOGLIONO FARCI VISIONARE IL RAPPORTO SULLA GUARDIA COSTIERA LIBICA, HANNO PAURA CHE EMERGANO VERITA’ SCOMODE PER IL GOVERNO”

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

RIDICOLA GIUSTIFICAZIONE PER IMPEDIRE L’ACCESSO AGLI ATTI, COME DA LORO DIRITTO, DA PARTE DEI DUE PARLAMENTARI: “COPERTO DA SEGRETO DI STATO”

Bugie, bugie e ancora bugie. “Il Governo italiano ha più volte affermato, anche con toni enfatici, che la cosiddetta Guardia Costiera libica avrebbe la capacità  di effettuare il coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nell’area Sar dichiarata dal Governo di Accordo Nazionale libico” ma “per poter affermare che vi sia una effettiva capacità  di coordinamento operativo è necessario riscontrare la presenza” di alcune condizioni l’esistenza delle quali figura in uno specifico Rapporto “al quale è stato opposto il segreto di Stato dalla Guardia Costiera italiana”.
Così il senatore Gregorio De Falco che in una nota sottolinea: ” il Governo ha più volte trattato tale materia, sostenendo che la cosiddetta Guardia Costiera libica sarebbe in possesso delle capacità  necessarie; quindi, o il Governo divulga un contenuto non corrispondente alla ipotizzabile complessità  della realtà , e quindi fornisce informazioni distorte, oppure si deve intendere che in quel Rapporto vi sarebbero altri elementi degni di tutela. Ma in tale caso è sufficiente omettere questi ultimi per fornire una informazione all’opinione pubblica che deve essere ritenuta dovuta, tenuto conto del fatto che il Governo con il suo agire ha declassificato l’argomento”.
Stessa obiezione anche da Liberi e Uguali.
“Perchè la Guardia Costiera del nostro Paese custodisce gelosamente il rapporto che secondo gli impegni europei è tenuta a preparare sulle capacità , sui requisiti di legalità , sulle capacita’ operative di salvataggio nel rispetto delle norme internazionali della cosiddetta Guardia Costiera libica?”
Lo afferma Erasmo Palazzotto di Sinistra Italiana. “Perchè il segreto su informazioni – prosegue il parlamentare della sinistra – che l’opinione pubblica internazionale e il nostro Paese devono conoscere su un’organizzazione che ha rapporti con trafficanti, milizie private, che non rispetta gli standard internazionali? Di che cosa ha paura la Guardia Costiera del nostro Paese, che venga rivelata una verità  sotto gli occhi di tutti? E cioè che di fatto la cosiddetta Guardia Costiera libica è utilizzata esclusivamente per effettuare respingimenti collettivi vietati dalle convenzioni internazionali”.
“La ministra Trenta e il ministro Toninelli – conclude Palazzotto – rendano pubblico il rapporto segretato. Noi da parte nostra presenteremo un’interrogazione parlamentare al governo”.

(da Globalist)

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TROPPO POCO PER L’EUROPA

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

LETTERA IRRITUALE SOLO IN ITALIANO, INSODDISFACENTI I CONTENUTI

Quando hanno aperto la lettera da Roma, a Palazzo Berlaymont hanno strabuzzato gli occhi. La missiva in cui il premier Giuseppe Conte fornisce una prima risposta alla Commissione europea sulla minaccia di procedura per debito eccessivo si presenta solo nella versione in italiano.
Una sgrammaticatura, nel linguaggio diplomatico europeo. La versione in inglese è attesa per oggi. Irritante per come sono fatti a Bruxelles. Ma comunque, traduttori al lavoro, il senso i commissari lo hanno capito lo stesso. E il verdetto è netto: la lettera di Conte non è sufficiente per evitare la procedura.
Lo dice chiaramente Pierre Moscovici. “Prenderemo anche in considerazione la risposta di Conte ieri, ma in questo momento una procedura per debito è giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi, commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita”, dice il Commissario agli Affari Economici al suo arrivo al vertice del Pse, riunito prima del Consiglio europeo che tra oggi e domani tenterà  di trovare un accordo per decidere chi guiderà  la Commissione, il Consiglio, la Bce e chi sarà  l’Alto rappresentante per la politica estera in questa nuova legislatura.
Ancora non ci siamo. A Bruxelles chiedono impegni vincolanti per correggere i conti. L’ideale: una manovra correttiva, cosa che il governo continua a escludere. Non ci siamo. Al suo ingresso all’Europa Building, il premier ribadisce che l’assestamento di bilancio sarà  “completato nel consiglio dei ministri di mercoledì prossimo per certificare che i conti sono meglio del previsto”. Il deficit, confida, è “al 2,1 per cento e non al 2,5 per cento” previsto dalla Commissione europea. Ed è così, con i dati sull’andamento del primo semestre 2019, che Conte vuole convincere Bruxelles. Gli europei restano scettici.
Di fatto, il premier si presenta qui al Consiglio europeo con una risposta ancora non definitiva e di certo considerata insoddisfacente dalla Commissione europea. I due miliardi di euro già  congelati l’anno scorso nell’accordo raggiunto con l’esecutivo di Palazzo Berlaymont, miliardi che il governo dunque non può spendere se non rispetta l’obiettivo di deficit al 2.04 per cento, non sono calcolabili come risorse ulteriori a dimostrazione che i conti sono migliori delle previsioni, secondo fonti Ue.
E poi mancano le rassicurazioni sui risparmi derivanti da reddito di cittadinanza e quota cento (circa 3 miliardi tra risparmi e entrate da fatturazione elettronica):
Matteo Salvini ha il timore che congelando anche questi, non si riesca a fare la flat tax nella prossima manovra economica.
La parte dialogante del governo — a partire da Conte, il ministro Giovanni Tria, il ministro Moavero Milanesi — è impostata sulla linea di non spendere questi risparmi per fare nuovo deficit, altrimenti la procedura per debito eccessivo diventa praticamente certa.
Ma anche lo stesso Conte, oltre che smentire seccamente i dissapori con Salvini (“Sui giornali ricostruzioni fantasiose”), è convinto che si riuscirà  a fare la flat tax, nell’ambito di una riforma complessiva del fisco, non in deficit, riferiscono qui a Bruxelles fonti governative.
Di fatto, malgrado gli europei aggrottino le sopracciglia guardando la lettera arrivata da Roma, Conte viene in pace. Il premier è determinato a evitare la procedura: non sarà  lui a fare questo ‘regalo’ all’Italia, ripete sempre.
Anche perchè una procedura per debito eccessivo – così inedita nella storia dell’eurozona – potrebbe determinare anche la fine del governo, tra le altre cose (instabilità  nella zona euro, rischi sullo spread ecc).
Ci sarà  un percorso tecnico per evitarla, insistono i suoi. E poi c’è il percorso politico. Vale a dire la richiesta che la prossima Commissione europea si occupi di ripensare le regole.
Il “candidato ideale” dell’Italia “alla presidenza da Commissione” europea, dice il premier, ”è quello che si predispone a ridiscutere le nuove regole, sulla base di quello che ho scritto nella lettera”. Chi? Le trattative tra i leader stanno entrando nel vivo solo ora, in questo Consiglio europeo di giugno.
Dunque, nemmeno Conte si sbilancia sui nomi, nè sulle famiglie politiche. Anche se i più desiderosi di rivedere le regole di austerity – si sa – sono i socialisti, piuttosto che i Popolari. Ma i socialisti non sono in pole position per prendere il posto finora occupato da Jean Claude Juncker.
“La lettera contiene un messaggio politico chiaro”, chiarisce ancora Conte in versione più che diplomatica e riferendosi alle parole di Moscovici. “Fino a quando le regole saranno queste l’Italia intende rispettarle”, sottolinea.
Oggi il premier cercherà  di lenire le resistenze europee cercando di parlare con gli altri leader. Al suo arrivo riesce ad avere subito uno scambio informale con Angela Merkel. Ma c’è da dire che, in questo Consiglio europeo, la priorità  degli altri capi di Stato e di governo — da Merkel, a Emmanuel Macron a Pedro Sanchez — è cercare di arrivare ad un accordo sulle nomine europee per la nuova legislatura.
Le trattative sono in alto mare, il dossier italiano è un di più che aggiunge preoccupazione ad un consesso europeo già  nel marasma perchè le elezioni di maggio hanno consegnato un quadro frammentato (maggioranza per la prima volta a quattro: Ppe, Pse, Liberali, Verdi).
Anche perchè per gli europei non c’è nulla di nuovo che sia arrivato da Roma, nulla di concreto su cui soffermarsi a riflettere e discutere. L’Italia ancora non smuove le acque per scongiurare una procedura per debito eccessivo che si tradurrebbe molto probabilmente in sanzioni, fino all’arma estrema di negare al Belpaese l’accesso ai fondi strutturali. Eppure la settimana scorsa la Commissione europea aveva chiesto una risposta entro sette giorni.
A questo punto, è molto probabile che la Commissione europea aspetti la risposta definitiva dopo il consiglio dei ministri di mercoledì. E dunque discuta del caso italiano alla riunione dei commissari del 2 luglio: a Strasburgo, dove quel giorno si insedierà  il nuovo Parlamento europeo.
Potrebbe essere quella la riunione che, di fronte alle telecamere di tutta Europa nonchè di paesi extraeuropei, deciderà  quale tipo di procedura raccomandare prima al Comitato economico e finanziario — che riunisce i direttori del Tesoro degli Stati membri — e poi all’Ecofin, il consiglio dei ministri economici che si riunisce il 9 luglio.
La data in cui l’Italia potrebbe quindi ritrovarsi con una procedura aperta, un percorso obbligato di riduzione del debito che può durare al minimo 5 anni. Sempre che Conte non riesca a scongiurarla.

(da “Huffingtonpost”)

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SEICENTO FAMIGLIE ITALIANE ACCOLGONO UN RICHIEDENTE ASILO, ASPETTIAMO L’ELENCO DEI SOVRANISTI CHE ACCOLGONO UN SENZATETTO ITALIANO A CASA LORO

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

NEGLI ULTIMI SEI MESI TRE DISPONIBILITA’ AL GIORNO: “NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI SCELTE POLITICHE SCELLERATE”… MA DOVE SONO QUELLI CHE STRILLANO “PRIMA GLI ITALIANI”   SUI SOCIAL E POI COL CAZZO CHE PRENDONO UN POVERO ITALIANO A CASA LORO?

Sono pronte ad accogliere migranti a casa loro. Seicento famiglie italiane hanno dato disponibilità  ad ospitare un rifugiato nell’ambito del progetto Refugees Welcome Italia. Negli ultimi sei mesi, le disponibilità  sono state più di tre al giorno.
Questa è la dimostrazione, secondo Fabiana Musicco, direttrice del progetto, “di come il desiderio di aiutare chi è costretto ad abbandonare la propria casa a causa di conflitti, persecuzioni o miseria rimanga forte, nonostante il clima politico non sia dei più favorevoli”.
In questo periodo, racconta Musicco, “molte persone ci scrivono per condividere con noi l’esigenza di fare qualcosa di concreto: vedono nell’accoglienza in famiglia una risposta, un modo per dire chiaramente da che parte si sta”.
È il caso, ad esempio, di Guido, Giovanna e Laura che condividono la casa e un pezzo di vita con Layla, irachena, arrivata in Italia con un corridoio umanitario dal Libano.
La famiglia racconta che “da tempo avevamo scelto tutti insieme di ospitare nella nostra famiglia una persona rifugiata. Per molte ragioni: in primo luogo come rifiuto di sentirci complici di scelte politiche non condivisibili. Ma anche perchè siamo una grande famiglia per cui la condivisione e la solidarietà  sono per noi un fondamento”.
Qualche volta, le motivazioni possono essere anche più personali, come il desiderio di dare un esempio ai propri figli.
I genitori Camilla e Paolo hanno raccontato di aver aderito al progetto “perchè vorremmo fare capire ai nostri figli, Vincenzo di 14 anni, Miriam di 11 e Pietro di 10, quanto sono fortunati. Accogliere Hafsa, una ragazza somala di 18 anni, è stato facile, è diventata subito un membro nella nostra pazza famiglia. Siamo contenti. Ogni volta che lei parla o sorride si apre un nuovo mondo”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SPIEGHIAMO ALLA MELONI LA DIFFERENZA TRA LIBRA, MINIBOT E BITCOIN

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

OGNI VOLTA CHE LA MELONI PARLA, UN ECONOMISTA MUORE (DAL RIDERE)

Ogni volta che Giorgia Meloni parla, un economista muore. Dal ridere. Ma anche uno studente al terzo anno di ragioneria ha buone chances di sganascarsi dalle risate, e il fatto che ci siano molti italiani che hanno deciso di votarla ci fa capire che il problema non è lei ma è la situazione che è disperata, ma non seria.
Il fatto che Meloni — o il suo social media manager — non capisca buona parte di quello che legge è dimostrato da questo tweet in cui paragona Libra, la moneta elettronica di Facebook, ai minibot che il governo vorrebbe introdurre, anzi no, anzi sì, anzi forse, anzi a seconda di quale piede mette giù dal letto la maggioranza di prima mattina.
In primo luogo, Meloni commette un errore che manda a prostitute tutto l’apparato ideologico-macchiettistico dei fautori della proposta: loro si sono prodigati a spiegare che i minibot non sono moneta ed ecco che lei dice che bisogna emetterli,   considerandoli implicitamente moneta.
Ma perchè Libra non c’entra niente con i minibot, nonostante quanto asseriscano personaggi del calibro di Paolo Becchi su Libero?
Perchè Libra è basata su una nuova blockchain open source, la cui stabilità  sarà  supportata da una riserva di asset reali, composta da un mix di valute internazionali e titoli di debito a breve termine.
Cosa vuol dire questo? Facciamo un passo indietro: la moneta può avere valore intrinseco o valore fiduciario. Un esempio: l’oro ha un valore intrinseco perchè è accettato e scambiato ovunque in base al suo peso.
Le monete fiduciarie invece dipendono dalla fiducia nei confronti dell’emittente (la banca centrale, ovvero lo Stato che la emette).
Libra però, come abbiamo visto, sarà  garantita da asset reali. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che quando il signor Rossi chiederà  (poniamo, in caso di parità  di valutazione) 100 libra in cambio di 100 euro, gli euro verranno impiegati per comprare (ad esempio) titoli di Stato a basso (ma sicuro) rendimento.
Quindi Libra avrà  un valore reale e, punto importante, verrà  creata soltanto quando qualcuno la richiederà  e fino a esaurimento della richiesta (che potrebbe essere sì infinita, ma anche no).
Questo fa di Libra non una moneta fiduciaria ma una moneta dal valore intrinseco, visto che il suo valore è garantito dal paniere di valute e titoli che sono stati comprati all’atto della sua emissione. Chi gestisce Libra non creerà  moneta dal nulla.
E invece i Minibot? Secondo i loro fautori i minibot sono la cartolarizzazione di un debito (di solito si cartolarizzano i crediti, ma questo è un dettaglio…) che servono effettivamente o a far aumentare il circolante (e quindi a battere moneta dal valore fiduciario).
Già  questo dovrebbe far capire che paragonare i minibot a libra è come paragonare Giorgia Meloni a uno che sa di che parla.
Ma c’è anche una differenza con i bitcoin: il valore dei bitcoin è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta. In più a stessa blockchain ripropone un modello centralizzato, ben diverso da quello di bitcoin, anche se la presenza di più gestori punta a garantire una maggiore pluralità .
Ma il white paper su Libra precisa che nell’arco di cinque anni saranno trovate le soluzioni adeguate per ricalcare uno schema davvero decentralizzato. Restano aperti molti nodi legati proprio alla reale decentralizzazione, così come alla sicurezza e al meccanismo di consenso della blockchain. Ma di certo la differenza c’è.

(da “NextQuotidiano”)

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TRE GOMMONI ALLA DERIVA CON CENTINAIA A BORDO A 25 MIGLIA DA LAMPEDUSA, MA NESSUNO INTERVIENE

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

AVVISATA GUARDIA COSTIERA LIBICA E AUTORITA’ ITALIANE, QUESTA E’ OMISSIONE DI SOCCORSO, INTERVENGA LA MAGISTRATURA

Una nave madre lascia un barchino pieno di migranti a 25 miglia da Lampedusa senza motoree si allontana.
Un altro barcone con 120 persone a bordo in zona Sar libica con il motore in avaria e nessun intervento in campo.
Altri due gommoni in difficoltà  e uno affondato.
A segnalare i due nuovi casi di emergenza nel Mediterraneo sono aerei militari di Frontex, il Colibrì e Alarm Phone, il centralino a cui si rivolgono i migranti in partenza.
L’imbarcazione sarebbe partita dalla Libia la notte scorsa. “A bordo – dicono i migranti – ci sono circa 120 persone, incluse 15 donne e 6 bambini. Il motore è in avaria e varie persone stanno male. Urge salvataggio immediato!”.
Alarm Phone ha informato sia le autorità  italiane che la Guardia costiera libica alle 14.10 ma nessuno si è mosso.
Senza alcuna soluzione resta il caso Sea Watch. All’ottavo giorno in mezzo al mare al confine con le acque internazionali italiane di fronte a Lampedusa per sollecitare l’assegnazione di un porto sicuro alla nave della Ong tedesca interviene l’Onu. ” Chiediamo all’Europa di consentire lo sbarco delle persone a bordo della Sea Watch, che da otto giorni ha a bordo 43 migranti, tra cui tre minori non accompagnati. Questi – sottolinea l’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr) – hanno urgente bisogno di un porto sicuro che non può essere in Libia.
“L’Europa ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione dell’architettura legale che sorregge il diritto internazionale in materia di asilo – ha dichiarato Vincent Cochetel, Inviato Speciale Unhcr per il Mediterraneo Centrale – ed è giunto il momento di invocare quella storia gloriosa di assistenza alle persone in fuga da guerre, violenza e persecuzione, e di permettere ai rifugiati soccorsi di scendere a terra in sicurezza”.
L’Unhcr ribadisce che “nessun porto in Libia può essere considerato sicuro in questo momento e che nessuna persona soccorsa nel Mar Mediterraneo dovrebbe essere riportata in quel Paese”. “Sono necessari – aggiunge – sforzi rinnovati per sviluppare un approccio regionale alla gestione del soccorso nel Mediterraneo e del successivo sbarco”.

(da agenzie)

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“ROMA NON SI CHIUDE”: RESISTERE AL PIANO DI SGOMBERI NELLA CAPITALE, INTERVISTA A ZEROCALCARE

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

SABATO CORTEO CONTRO IL PIANO SALVINI: “MINACCIATO UN PATRIMONIO ENORME DI ESPERIENZA, INTEGRAZIONE E SOLIDARIETA'”

Michele Rech, stavolta, l’animale che fa da “spirito guida” al suo alter ego Zerocalcare nelle famose vignette, preferisce lasciarlo in pace.
Su “Roma non si chiude” e la situazione che fa da sfondo all’iniziativa, il fumettista consegna ad HuffPost idee precise, pensieri molto chiari.
Per il corteo “per una città  aperta, solidale e contro gli sgomberi”, in programma per sabato 22 giugno, ha disegnato la locandina e alle 16 sarà  in piazza Vittorio, accanto agli attivisti di associazioni, comitati, centri sociali – che frequenta dall’adolescenza – per dire che “no”, appunto, “Roma non si chiude”.
Zerocalcare, perchè ha aderito a “Roma non si chiude”?
“Perchè Roma è la mia città  e io qua ci devo vivere, e tutto quello che me la rende vivibile e che negli anni ha fatto sì che io mi sentissi a casa rischia di essere cancellato. La lista degli sgomberi minaccia un patrimonio enorme di esperienze culturali, politiche, di partecipazione, di solidarietà , animate da migliaia di persone che hanno reso questa città  accogliente e vivace; punti di riferimento per quartieri dove non esistono servizi o spazi di aggregazione che non siano quelli occupati strappati all’abbandono e al degrado con l’autogestione, e casa per centinaia di famiglie in emergenza abitativa che attraverso queste esperienze hanno trovato un tetto e una comunità  su cui contare. Io non so cosa farei oggi, di sicuro non i fumetti, se nella mia vita non avessi incontrato quel mondo che è stato l’unico stimolo negli anni della mia adolescenza e anche dopo”
“La resistenza della Roma solidale”, così l’hanno definita gli organizzatori, è stata pensata per protestare contro la chiusura di edifici occupati, centri sociali, presidi culturali e importanti luoghi di aggregazione della Capitale – gli spazi autogestiti “Acrobax” e “Strike”, la Casa delle donne “Lucha y Siesta”, il Nuovo Cinema Palazzo, per citarne alcuni – disposta in una lista di immobili da sgomberare con urgenza.
Frutto, secondo i promotori del corteo di sabato, di “politiche reazionarie e di esclusione” dell’attuale Governo, con la Lega, che “vuole a tutti i costi conquistare il Campidoglio” e “il Ministro dell’Interno Matteo Salvini intenzionato “a iniziare la campagna elettorale attaccando le esperienze di autogestione, i movimenti per il diritto all’abitare e in generale contro qualsiasi forma di attività  solidale”.
In piazza “ci saranno associazioni, comitati, centri sociali e le cittadine e i cittadini che vogliono riaprire le porte di una città  che ogni giorno vengono chiuse un po’ di più”, ha detto un’attivista lunedì mattina durante blitz di presentazione dell’iniziativa dinanzi al Viminale, nel quale è stato anche srotolato uno striscione con il disegno realizzato per l’occasione da Zerocalcare, che già  in passato non ha lesinato critiche ai propositi annunciati dal Governo su immigrazione, sicurezza, sgomberi. A partire da Roma, la sua città .
Gli sgomberi – piazza Indipendenza e ex Penicillina, per tutti – poi la rivolta contro i rom a Torre Maura e Casal Bruciato, quindi l’aggressione ai ragazzi del Cinema America. Roma sta diventando intollerante, razzista?
“A Roma le aggressioni razziste e xenofobe ci sono da sempre, non è che siano una novità  dell’ultima ora. Anche un diffuso razzismo in certe borgate c’è sempre stato, di sicuro lo spostamento a destra di tutto il discorso pubblico, trasversalmente a tutto l’arco parlamentare, è stato benzina sul fuoco. Se poi aggiungiamo che questa è una città  in cui 30 sciacalli neonazisti vengono lasciati precipitarsi di quartiere in quartiere, dovunque emerga una criticità , per cercare di aizzare pogrom razzisti, e che i media continuano ad amplificarli e a buttare sotto i riflettori qualsiasi mitomane facendolo assurgere a rappresentante dei “cittadini indignati”, mi pare che che è tutto un copione già  scritto”.
Spiegando la sua assenza dal Salone del libro di Torino, prima che si decidesse di escludere lo stand di AltaForte, ha parlato di una “presenza da non normalizzare”; poi a Lingotto “liberato” ha esultato “i nazisti stanno a casa!” e, ancora, “Sta roba prima non sarebbe mai successa?”. Prima di cosa? Tira aria di neofascismo?
“Non tira aria di neofascismo, visto che questi continuano a prendere lo 0,3 alle elezioni. Però “prima” non sarebbe mai successo che un ministro dell’Interno pubblicasse un libro con una casa editrice di fascisti, diretta espressione di un gruppo neofascista che cerca di accreditarsi negli ambiti della cultura a Torino mentre nelle stesse ore sequestra una famiglia rom legittima assegnataria di una casa popolare a Roma”.
Prima di cosa?
“Prima che questo governo si prestasse a queste operazioni, prima che il governo precedente facesse propri i rimpatri in Libia e la guerra a chi salva le vite in mare, prima che i media e i talk show si mettessero a invitare nazisti di ogni risma elettoralmente irrilevanti e a fare da megafono a posizioni barbare
Il 25 maggio dell’anno scorso Salvini l’ha annoverata tra i suoi “tanti nemici”. Lei aveva detto, anche in riferimento a quanto annunciato dal Governo, sul fronte delle occupazioni: “Le cose in materia di sicurezza, immigrazione e galera mi fanno accapponare la pelle” auspicando fossero slogan da campagna elettorale, “che non troveranno mai applicazione”. Un anno dopo più di qualche applicazione si comincia a vedere.
“Avevo parlato di sicurezza, immigrazione e galera, e mi pare che leggendo il decreto Salvini bis la parola chiave sia l’ultima, “galera”, come risposta alle prime due e a praticamente tutti i conflitti di questo paese. Ma la cosa che mi spaventa è che da queste leggi non torneremo mai indietro, perchè non è che in questo paese esista una cultura alternativa a questa della galera come risposta a tutto. Non vedo quale maggioranza futura potrebbe mettere in agenda l’abrogazione di tutta questa roba”.
Intanto Salvini, vedi le ultime Europee, cresce nei consensi. Nel comunicato stampa di presentazione di “Roma non si chiude” si legge: “La Lega vuole a tutti i costi conquistare il Campidoglio e la sindaca Raggi e il M5S sembrano ostaggio dell’alleato di governo”. È così secondo lei?
“Boh, a me non mi appassionano le beghe di palazzo su chi è ostaggio di chi, e comunque gli ostaggi di solito hanno una pistola puntata alla testa. Se non ci sta quella, significa che ognuno sta nella posizione in cui sta perchè si fa i suoi calcoli e le sue valutazioni di convenienza”.
Hanno scritto di lei: “il ribelle che piace ai radical chic”. Le piace come definizione?
“Io non sono un ribelle perchè non stiamo nella galassia di “Star Wars”, e radical chic è un termine coniato da un dandy di destra americano e introdotto in Italia da Indro Montanelli per insultare una giornalista che difendeva Pinelli ingiustamente accusato della strage di Piazza Fontana. Non ho mai conosciuto una persona intelligente usare queste parole qua in buona fede”.
Più volte ha espresso stupore e preoccupazione per il disinteresse dell’opinione pubblica rispetto a quanto sta accadendo – i porti chiusi, le rivolte contro i rom, i tanti sgomberi. “Roma non si chiude” può essere considerata il segnale di un’inversione di tendenza?
“Per ora “Roma non si chiude” è stata costruita e lanciata da tutti quei pezzi di città  che di sicuro non sono stati disinteressati, anzi sono quelli che più si sono spesi, e che continuano a farlo. Se sarà  un segnale di inversione di tendenza immagino si capirà  da come andrà  quella giornata e quanto riuscirà  ad allargarsi”.
Perchè è importante essere a piazza Vittorio il 22 giugno?
“È importante perchè tutti quelli che sono stati anche solo una volta a un concerto a 5 euro, a mangiare in un centro sociale, ad usufruire di un doposcuola o di una palestra popolare, a rivolgersi ad uno sportello per la casa o per il lavoro, a fare le prove col loro gruppo di teatro o con la loro band, ad una presentazione di un libro o alla proiezione di un film, dovrebbero rendersi conto che adesso sono loro che possono restituire qualcosa, difendendo quelle esperienze. E anche chi non c’è stato ma si rende conto di che valore hanno, dovrebbe stare lì”.
Lei ci sarà ?
“Io ho un debito così grande verso quel mondo che mi sentirei un parassita ingrato a non esserci”.
Con buona pace dell’Amico Armadillo.

(da “Huffingtonpost”)

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“NON AFFITTO A EXTRACOMUNITARI”: A PARMA PORTA IN FACCIA ALL’ATTACCANTE DELLA SQUADRA DI CALCIO BARAYE

Giugno 20th, 2019 Riccardo Fucile

IL CALCIATORE: “AMAREGGIATO PER QUESTO EPISODIO DI RAZZISMO”

Yves Baraye è nel cuore dei tifosi del Parma e lui ha Parma nel cuore. Ma lo spiacevole episodio che gli è capitato in città  nei giorni scorsi lo ha molto amareggiato.
L’attaccante senegalese, reduce da una stagione in prestito al Padova e in attesa di conoscere la prossima destinazione calcistica, ha dato mandato a un amico di cercargli un’abitazione in affitto.
Yves, infatti, vuole mantenere un legame forte con la città  dove ha la residenza. In più la nuova casa potrebbe essere utile anche al fratello più piccolo (calciatore anche lui).
Tuttavia il primo tentativo di ricerca è andato fallito in malo modo. Il giocatore aveva individuato una abitazione di suo gradimento in Oltretorrente, in una laterale di via Bixio, ma la trattativa fra l’intermediario e il proprietario si può dire non sia neppure iniziata.
Massima garanzia economica, nessun intoppo burocratico e tantomeno di documenti: il motivo che ha fatto abortire la possibile stipula della locazione è stato il muro alzato dal titolare dell’immobile quando ha scoperto che l’affittuario sarebbe stato un extracomunitario.
Baraye, tuttora sotto contratto con il Parma, al momento si trova in vacanza fuori dall’Italia e conferma quanto accaduto: “Adesso sto cercando un’altra casa. Scrivete quanto è successo, è davvero triste che nel 2019 si debba ancora assistere a certi episodi”.
“Mi sono molto arrabbiato, è un episodio di razzismo bello e buono” commenta l’amico intermediario. “Oltretutto il proprietario ha perso una bella occasione perchè la casa sarebbe stata utilizzata ben poco: gli impegni calcistici porteranno Yves e probabilmente anche il fratello lontano da Parma e lui avrebbe comunque percepito l’affitto”.
“Un grave episodio di razzismo, non tanto perchè chi si è visto chiudere la porta in faccia è un calciatore ma perchè extracomunitario, come se fosse una colpa. Episodi di questo genere non rispecchiano le idee di Parma, una città  che ha sempre fatto dell’uguaglianza tra le persone un suo fondamentale principio” ha commentato il sindaco Federico Pizzaroti a Sportal, sito che ha ripreso la notizia.

(da agenzie)

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