Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
SPAZZATI VIA LA NARRAZIONE GRILLINI SULL’OCCUPAZIONE E LO SPIN LEGHISTA SUL TAGLIO DELLE TASSE
Quello che possono fare i numeri non possono farlo le letture di parte, le interpretazioni che provano a nascondere la polvere sotto al tappeto, i tentativi di rilancio affidati a spin roboanti, l’eterna gara interna al governo su chi ha in mano il bastone del comando.
à‰ come mettere su una pista di Formula 1 una Ferrari e un cavallo: la prima incassa giri, il secondo zoppica, ha il fiato corto. Il confronto è impietoso.
I numeri sono quelli dell’Istat, che inchiodano il Pil del secondo trimestre a zero. La crescita non c’è e non è un incidente di percorso. à‰ un trend: sono quindici mesi che il tratto dell’economia italiana è quello della stagnazione.
Immaginate un grafico: la linea del Pil dritta, con variazioni risibili, appiattita alla base. Collocate ora la linea del governo visto che l’arco temporale è grosso modo lo stesso (è nato un anno fa). Le due linee coincidono. Perchè l’andamento di un’economia dipende sì dai fattori esterni, e quindi giù la lista degli alibi – dai dazi americani alla guerra commerciale con la Cina – ma è anche il frutto delle scelte prese in casa.
Il Pil a zero spazza via la strategia di Lega e 5 stelle, sballa i conti, rende insostenibile la manovra, dà volto all’incapacità di programmare anche solo nel brevissimo periodo, come un governo che vuole definirsi tale è chiamato a fare.
Nessuno, a iniziare dagli analisti, e tantomeno nel governo, si aspettava un miracolo. Il più realista dell’esecutivo, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, l’ha confessato serenamente, pur rilanciando un improbabile rimbalzo a fine anno e comunque al massimo fino a un misero +0,2 per cento.
Ma proprio questo aspetto rende ancora più grave e preoccupante il quadro dentro cui si muove l’economia, quella dei conti pubblici e quella reale.
Esaurita la stagione elettorale del primo anno, quella che ha puntato all’incasso delle misure bandiera (reddito di cittadinanza per i 5 stelle, quota 100 per la Lega), l’azione di questo esecutivo in campo economico ha prodotto due decreti di discutibile impatto, il decreto autobattezzato crescita e il controverso Sbloccantieri.
Da dicembre a oggi si è tirato a campare, narrando al Paese che gli effetti delle due misure avrebbero dispiegato effetti positivi sul Pil. E invece no. Siamo a zero. Sempre lì.
E così dall’anno bellissimo, espressione coniata dal premier Giuseppe Conte, si è passati a sperare nel semestre bellissimo, quello che va da giugno a dicembre. Intanto i numeri dicono che il trend non si è invertito, tutt’altro. Con questo bisogna fare i conti.
Un governo premuroso e attento, capace di generare una strategia o quantomeno di raddrizzare la prua in corsa, si sarebbe riunito in conclave a palazzo Chigi. Una riunione, uno straccio di idea avrebbe salvato quantomeno le apparenze. E invece no. Matteo Salvini ha chiamato i suoi uomini economici, invitando all’arrembaggio perchè “gli italiani non chiedono cosine”.
Lo spin leghista di giornata dice che il piano è quello di tagliare le tasse per 10 miliardi senza aumentare le altre. Si vedrà più avanti quanto questo rilancio si schianta con la realtà dei numeri.
Luigi Di Maio, che si riscopre ministro del Lavoro quando ci sono dei dati da intestarsi, celebra quelli dell’occupazione e della disoccupazione, forniti sempre dall’Istat. Ma li legge con la lente dell’autocelebrazione.
Questi dati, letti con precisione, dicono che si stanno creando lavori a minor valore aggiunto, con orari medi più bassi, come ha messo ben in evidenza il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci.
E quindi via con le dirette su Facebook, post su Instagram e tutto quello che serve per dire che il governo ha fatto bene, anzi benissimo. Tria si è trincerato dietro un comunicato stampa con pochi numeri e molta politica, rispolverando il decreto crescita e lo Sbloccancantieri, affidando alle conclusioni della nota il suo accento realista e cioè che a fine anno al massimo si potrà arrivare a +0,2%, come scritto nel Def dallo stesso governo che inizialmente sognava di arrivare a +1 per cento.
Conte si è occupato di altro: la grana della riforma della giustizia, che ha animato il Consiglio dei ministri, ha avuto la meglio. Tutte queste reazioni diverse dicono di un governo incapace a parlare con una sola voce. Di dire come cambia la strategia economica, se una strategia c’è.
Le due linee del grafico si intrecciano qui. L’economia non va: i consumi sono al palo, gli investimenti non decollano, la sfiducia e l’impazienza delle imprese ha toccato livelli altissimi. E il governo non è in grado di dare una scossa a questa linea.
La linea del governo è piatta quando deve presentare la sua immagine conclusiva, ma dentro fremono tutte le contraddizioni interne.
C’è l’esigenza di Salvini di provare a incassare per motivare la decisione di mandare avanti il governo. E poi i 5 stelle che devono in qualche modo uscire fuori da quel labirinto che è diventato stretto dopo le capriole su Alitalia, la decisione piombata sulla testa della Tav che si farà e via dicendo.
Conte e Tria sempre lì, mediatori di zuffe tra i due vicepremier a volte reali a volte, molte volte, di facciata. Ci sono due, se non tre, governi anche in campo economico. Quello di Tria e Conte, quello di Salvini, quello di Di Maio.
Mentre gli attori del governo provano a fronteggiare così l’ennesimo dato nero dell’economia, la linea del Pil dice tante altre cose.
La crescita zero mette a repentaglio il già fragile accordo raggiunto con Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione. Per ben due volte, in appena sei mesi, il governo ha provato a dare ai conti pubblici nuovi contorni.
Per ben due volte è stato costretto a una mediazione forzata, che si è conclusa con un sostanziale rispetto di quelle regole europee che Salvini e Di Maio, seppure con diverse sfumature, volevano mettere al rogo.
Ora anche l’accordo siglato a inizio luglio, e che alle casse dello Stato è costato quasi 8 miliardi di concessioni, è in bilico.
Carlo Cottarelli, già candidato a guidare il Paese e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, è uno che ci vede lungo. In un’intervista a Huffpost svuota il sacco dei rischi in cui questo governo ha trascinato il Paese: “L’anno scorso vedevo una possibilità , ma alla luce di come stanno andando le cose ora non vedo vie d’uscita per il Governo. La differenza tra quanto è stato promesso, dallo stop all’aumento dell’Iva alla flat tax, e il deficit che deve scendere è troppo grande”. Irrompe qui lo schiaffo della realtà .
Lo schiaffo della realtà è quello che arriva sul viso del governo. Il Pil che cresce poco, unito agli altri fattori di instabilità che stanno caratterizzando l’economia, impatta sul rapporto debito-Pil.
Rispettare gli impegni presi con l’Europa diventa un’impresa. E diventa insostenibile la manovra dei sogni di Salvini e Di Maio. I numeri ancora. Entro l’autunno vanno trovati 30 miliardi e ci sono impegni imprescindibili per lo stesso governo, a iniziare dallo stop agli aumenti dell’Iva. Rimangono briciole.
Però Salvini continua a insistere sulla flat tax, su tagliare le tasse per 10 miliardi. E Di Maio rilancia il taglio del cuneo fiscale. Come si finanzia questa lista dei desideri quando il Pil zavorra tutti gli indicatori e di fatto chiude gli spazi di spesa?
L’unica via d’uscita è quella del deficit, cioè finanziare i sogni di gloria prendendo i soldi in prestito.
Solo che portare un deficit oltre a livelli accettabili per Bruxelles significa far risalire lo spread, agitare i mercati, riproporre il rischio di una procedura d’infrazione.
Tutto questo genera perdite, soldi che escono dalle casse dello Stato per ripagare debito e interessi. Diciamolo chiaramente: questo governo si è messo in un labirinto angusto e ora la sola risposta che riesce a dare, per bocca del Capitano, è quello di ribaltare il tavolo in Europa.
Al di là del recente antecedente, a rendere ancora più improbabile la riuscita di questa pseudo-strategia è il fattore politico. Il governo, oggi, non è il governo dell’autunno scorso quando Salvini e Di Maio litigavano ai tavoli notturni di palazzo Chigi ma erano comunque allineati nell’incassare soldi dall’Europa.
Oggi questo governo non è capace di convocare sindacati e imprese a un unico tavolo. Ci sono tavoli a palazzo Chigi e tavoli al Viminale. Si parla, si illustrano idee, ma sono tavoli funzionali ai rapporti di forza tra Conte e Salvini, con Di Maio che prova ad accordarsi al premier.
Su quei tavoli ci sono idee diverse e le differenze arrivano a livelli maniacali perchè sono espressioni dei litigi e delle gare tra Lega e 5 stelle. Flat tax, taglio del cuneo fiscale, 80 euro, pace fiscale: le proposte dei due partiti di governo non convergono. E poi c’è Tria, che ha una proposta ancora diversa dalle altre due.
Forse è il caso di aggiornare il grafico. La linea del Pil è sempre quella. Secondo trimestre 2018 (0), terzo trimestre 2018 (-0,1%), quarto (-0,1%), primo trimestre 2019 (+0,1%), secondo (0). Quella del governo si è sdoppiata, ma non produce scosse, impulsi, idee.
Si adagia sulla linea del Pil. Come se la crescita fosse qualcosa che si autogenera.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
APPENA TRE MESI FA IN UN VIDEO SE LA PRENDEVA CON CHI USA I POLIZIOTTI COME CAMERIERI, CIOE’ COME HA FATTO LUI CON LA MOTO D’ACQUA PER IL FIGLIO
Grazie a Nonleggerlo possiamo ammirare un old but gold video di Matteo Salvini che risale alla preistoria, ovvero all’11 aprile 2019, in cui giustamente il ministro dell’Interno segnalava che stava lavorando “come un matto per rimettere in servizio carabinieri e poliziotti impegnati in alcune scorte di personaggi che non corrono alcun rischio, alcune scorte hanno un senso, alcune vanno rinforzate, altre possono essere eliminate per restituire poliziotti e carabinieri al loro lavoro e a non fare gli autisti o i camerieri di nessuno”
Parole sante, si direbbe. I poliziotti non sono i camerieri o gli autisti di nessuno.
Anche perchè altrimenti rischiano di finire nei guai: la questura di Ravenna aprirà infatti un procedimento disciplinare nei confronti dell’agente che ha portato il figlio di Matteo Salvini a fare il giretto sulla moto d’acqua a Milano Marittima.
Ma, scrive il Fatto, il provvedimento potrebbe estendersi ai colleghi che con toni arroganti, a volte minacciosi, si rivolgevano al giornalista Valerio Lo Muzio, dicendogli di allontanarsi da quel tratto di spiaggia e di non riprendere la scena che poi è finita su Repubblica.it. Potrebbe andarci di mezzo qualche agente della scorta di Salvini, particolarmente attivo nel promuovere l’omaggio al figliolo sedicenne del ministro degli Interni.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
“TROPPO GRANDE LA DISTANZA TRA LE LORO PROMESSE E LA NECESSITA’ DI RIDURRE DEFICIT E DEBITO”
L’Italia è ferma. Immobile allo stop e con il motore spento. Questo motore, cioè l’economia, non ingrana una marcia per ripartire, figurarsi una direzione.
Lo dice l’Istat: nel secondo trimestre dell’anno il Pil si è inchiodato allo zero. Altro che crescita e anno bellissimo. E ora? Con un accordo flebile con Bruxelles da onorare e una manovra d’autunno già carica di impegni obbligati, il dato del Pil sballa il quadro dei conti e il cantiere fragile del Governo.
Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, prefigura un aumento del rapporto debito-Pil, uno dei fattori-chiave per la tenuta delle finanze. “L’anno scorso – dice in un’intervista a Huffpost – vedevo una possibilità , ma alla luce di come stanno andando le cose ora non vedo vie d’uscita per il Governo. La differenza tra quanto è stato promesso, dallo stop all’aumento dell’Iva alla flat tax, e il deficit che deve scendere è troppo grande”.
Professore, siamo ancora in stagnazione. La crescita zero fa saltare la strategia del governo sui conti pubblici?
“Il Pil cresce poco, l’inflazione è bassa. Mi aspetto un aumento del rapporto debito-Pil dopo una tendenza alla stabilizzazione che c’è stata dal 2015 al 2018. Già l’anno scorso è iniziato a crescere e quest’anno lo farà ulteriormente. Non siamo in recessione, ma se ci finiamo saremo nei guai perchè il debito aumenterebbe velocemente”.
Qual è l’exit strategy?
“Esattamente un anno fa, a luglio, scrissi un articolo dove dicevo che il Governo italiano e la Commissione europea potevano mettersi d’accordo per un deficit intorno al 2 per cento. Ma adesso non riesco a capire davvero come farà il Governo”.
Perchè?
“La differenza tra quanto è stato promesso, dallo stop all’aumento dell’Iva fino alla flat tax, e il deficit che deve scendere è troppo grande. Servono 30 miliardi. Se ora il Governo dice che questi soldi non li vuole trovare e passa la linea che fino ad oggi non si è osato fare abbastanza, allora si dice che si aumenta il deficit e poi venga quel che venga”.
Ecco, il punto è questo. Cosa ci aspetta?
“Sarà un autunno incerto. Il rischio è che si innesti un nuovo scontro con l’Europa. E a seguire può esserci chi, nella Lega, anche se in una posizione minoritaria, tornerà a dire che è meglio uscire dall’euro”.
Sembra di essere tornati indietro di un anno. Siamo ancora destinati a tensioni sui mercati?
“Per la fine dell’anno sono possibili due scenari. Uno è quello in cui i mercati se ne stanno tranquilli. È possibile che nella seconda metà dell’anno potremmo avere qualche segnale di positivo con gli effetti un po’ del reddito di cittadinanza e di quota 100, che possono aumentare il livello del Pil. Si parla però di uno 0,2 nel terzo e nel quarto trimestre, che porterebbe la crescita a fine 2019 tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento. Questo se i mercati stanno tranquilli e lo spread non aumenta”.
E il secondo scenario?
“Dipende da come sarà sciolto il nodo della manovra. A oggi non sappiamo come sarà risolta questa partita. Credo che da parte della Lega ci sia la tentazione di alzare il deficit per dare una spinta fiscale, ci sarà la tentazione di dire ‘non abbiamo osato abbastanza, ci siamo piegati all’Europa’. Insomma credo che qualcuno giocherà al lascia o raddoppia”.
Un gioco pericoloso?
“Il rischio è quello che lo spread ritorni su, di un’economia che non riesce a beneficiare dell’eventuale abbassamento della tassazione. Ma anche se i mercati se ne stanno tranquilli, temo che ci possa essere solo un effetto espansivo di breve periodo, un effetto temporaneo sul Pil ma non sul tasso di crescita permanente, che è ben altra cosa”.
Per tirare su la manovra i soldi a disposizione sono pochi, anzi tutti da trovare. Anche alla luce dei dati di oggi, la flat tax è un progetto da archiviare?
“Io credo che ovviamente sia utile tagliare le tasse e che sia utile farlo per i ceti medio-bassi, però questo taglio deve essere finanziato non prendendo i soldi a prestito. Perchè se poi l’effetto è quello di far aumentare lo spread, allora quei soldi sono un taglio temporaneo. E allora poi bisognerebbe riaumentare le tasse perchè i soldi presi a prestito vanno restituiti”.
In che punto va collocato il Paese? Siamo il rischio Italia di cui si parlava pochi mesi fa oppure il trend può essere invertito?
“Penso che guardando all’Italia, i mercati al momento pensano a un Paese che sta perdendo terreno, un Paese che cresce poco. A fine 2018 c’era la percezione che si andava verso la crisi del 2011, oggi la fase è più incerta ma i mercati cambiano idea velocemente”.
L’economia interna ha il tratto della sfiducia: consumi in calo, mood preoccupato e sfiduciato delle imprese, investimenti al palo. Il dato sull’occupazione sembra andare in direzione opposta: basta per invertire la rotta?
“Gli occupati a giugno non sono aumentati. C’è stata la riduzione della disoccupazione perchè si è ridotto il numero di chi cerca lavoro, a un certo punto qualcuno si è stufato di farlo”.
Come è stato possibile arrivare a questo scenario? Sono quindici mesi di fila che il Pil si aggira intorno allo zero.
“Il contesto internazionale non è favorevole. L’area euro ha fatto lo 0,2, rallentando dallo 0,4 e noi siamo passati dallo 0,1 a zero. Continuiamo a crescere meno dell’Europa, il problema è questo. Se fosse una gara di bici si potrebbe dire che noi perdiamo rispetto agli altri sia in salita che in discesa e anche nei tratti pianeggianti”.
Lo stato di salute di un’economia è determinata anche dai fattori interni, dalle scelte di un governo. La ricetta di Lega e 5 stelle è stata sbagliata?
“Non si sono fatte le cose che servono per far crescere l’Italia più dell’Europa perchè questo dobbiamo fare per recuperare il gap. Il taglio della burocrazia non c’è stato: il decreto Concretezza della Bongiorno è poca roba. Serve una giustizia civile che funziona più velocemente, ma Lega e 5 stelle si stanno muovendo in modo controverso. E poi il taglio delle tasse che deve essere permanente, sostenibile, finanziato”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
L’AUTRICE HA CREATO UN ACCOUNT PER PRESENTARE “SOLIDARANCIA”, IL SUO ROMANZO SU UNA FANTOMATICA MISSIONE DI UNA FINTA ONG, MA I SOVRANISTI NON CAPISCONO CHE E’ UN LIBRO E LA INSULTANO
La realtà supera l’immaginazione. Non è soltanto un modo di dire. È esattamente quello che è successo a Solidarancia, il romanzo che Sarita Fratini ha pubblicato il 15 luglio scorso per People.
La storia è quella di una fantomatica ong e della sua nave improbabile — Solidarancia, appunto -, il cui equipaggio è formato da ottantenni anarco-insurrezionalisti. Il loro obiettivo è quello di svuotare un lager libico e riempirlo di arance di Sicilia.
Per lanciare l’opera, Sarita Fratini ha pensato bene di costruire un account parodia su Twitter, dove faceva parlare i personaggi del suo romanzo.
Un modo intelligente (e originale) per promuovere l’opera. Così, dal 1° luglio — giorno della fondazione dell’account — Sarita Fratini ha pubblicato dei piccoli estratti del suo libro sul social network, immedesimandosi a tal punto nella storia da iniziare a commentare anche fatti di politica italiana e attualità .
Non avrebbe mai potuto immaginare che, dopo qualche giorno dall’apertura dell’account, una serie di utenti di Twitter, con un’azione coordinata e puntuale, si potesse spingere a insultare e a commentare come se Solidarancia fosse una vera ong, protagonista di una vera operazione di salvataggio nel Mediterraneo.
«Chi vi paga per mettere su un carrozzone del genere?», «Perchè prima di andare in Africa non pensate agli italiani?», «Ma non avete proprio niente da fare?». Non male per un account, il cui tweet più celebre è rappresentato da una finta mappa marina, con il logo di Solidarancia (proprio un’arancia di Sicilia) e una freccia direzionale disegnata a mano.
«Avevo dichiarato sin dall’inizio lo scopo dell’account — ha affermato l’autrice Sarita Fratini, contattata da Giornalettismo -. Eppure, da qualche ora Solidarancia è bersaglio di un vero e proprio shitstorm».
L’ennesimo caso, insomma, in cui sulla rete non viene percepita la distanza tra realtà e finzione. «Non capisco come sia stato possibile questo fraintendimento — ha continuato la Fratini -, anche perchè è evidente che su Twitter c’è una sorta di spin-off del mio romanzo e che i personaggi che parlano sono totalmente costruiti attraverso l’immaginazione. Qualcuno, dopo aver riletto i tweet di Solidarancia, si è reso conto dell’equivoco e ha cancellato le offese. Ma io ho salvato gli screenshot».
Solidarancia è un romanzo, uno dei primi pubblicati dalla casa editrice People. Si tratta di una storia che non ha peli sulla lingua: parte da una critica al governo Gentiloni e alle politiche sull’immigrazione dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e arriva ai giorni nostri, ai tempi di un governo Lega-M5S. Tutti, ma proprio tutti sono parte del racconto: «Non pensavo di trovare una casa editrice disposta a pubblicare l’opera — ha chiuso Sarita Fratini -. Invece, People lo ha fatto. E sono particolarmente contenta di aver condiviso con loro questa avventura».
Un libro che l’autrice definisce profetico: «Avete presente la scena in cui la capitana Carola entra in porto? È descritta pari pari nel romanzo (al suo posto la capitana 82enne Teresa). Ma io l’ho scritta un anno fa! Forse, semplicemente, il libro porta bene. Spero si avverino anche tutte le altre cose».
Il viaggio della Solidarancia è destinato a continuare con il vento in poppa. E non saranno certo gli account con le bandierine tricolore a fermarlo.
(da “Giornalettismo”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
IN MOLTI ATTACCANO IL MINISTRO SUI SOCIAL: “TUTTE LE STRACAZZO DI VOLTE RIPETI QUESTA SCENETTA, LO VUOI CAPIRE CHE LA TUNISIA NON E’ UN PORTO SICURO?”
Pubblicato il suo selfie di rito mentre firma il divieto di ingresso in acque italiane alla Alan Kurdi, nel feed twitter di Matteo Salvini si scatena la solita baraonda leghista che plaude a questa ennesima prova di inumanità fine a sè stessa.
Ma si registrano anche altri due dati: il primo è quello di chi, da uomo del Capitano, comincia a non credere più alle bufale sul divieto di ingresso: “tanto poi entrano lo stesso” scrive anche chi accompagna al proprio nome la bandierina italiana di rito.
E aumentano coloro che cominciano a invocare il blocco navale, dando quindi ragione a Giorgia Meloni.
Dall’altro lato, ci sono anche coloro che, memori dell’episodio della moto d’acqua ricordano al Ministro che mentre lui fa divertire il figlio in spiaggia si fa propaganda sulla pelle dei disperati: “Però io una occhiatina alla carta su cui sta firmando la darei…per non andare fuori rigo o magari per controllare che non sia la giustificazione per suo figlio” scrive qualcuno, oppure un altro: “Adesso prenditi una pausa che poi mi ti stanchi troppo”, e ancora “Firmi, firmi, mentre sta firmando, mi dica, è sotto l’ombrellone o sulla sella della moto d’acqua della Polizia di Stato?”.
“In moto d’acqua si può?”
“tutte le stracazzo di volte ripeti sta scenetta… lo vuoi capire che è ILLEGALE far sbarcare chi hai recuperato in mare in un porto NON sicuro? e la Tunisia NON è un porto sicuro.
“No alle #ong si alle #motodacqua !! Salvini detto Zeus il ministro del mare”
“Adesso prenditi una pausa che poi mi ti stanchi troppo.”
(da Globalist)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
“LA POLIZIA HA CERCATO DI BLOCCARMI, SALVINI DOVREBBE CHIARIRE”
Un errore da papà ? Certamente no. Ma, soprattutto, il video mostra chiaramente che alcuni agenti in costume da bagno hanno cercato di impedire in tutti i modi le riprese adducendo scuse e anche mostrato un atteggiamento intimitadiorio.
Siamo di fronte a un comportamento penalmente o disciplinarmente censurabile?
‘Mi piacerebbe che il ministro chiarisse pubblicamente su tutta questa vicenda”. Così Valerio Lo Muzio, il giornalista professionista free lance autore del video pubblicato su Repubblica che mostra il figlio di Matteo Salvini salire su una moto ad acqua della polizia di Stato a Milano Marittima.
Le immagini girate da Lo Muzio hanno scoperchiato un caso politico. Lo Muzio, da professionista, dribbla ogni polemica e torna sul trattamento riservato alla stampa dalla scorta del ministro.
”Sapevo che Salvini sarebbe stato lì in vacanza – racconta – da giornalista ho cercato di rintracciarlo per fargli delle domande sull’attualità politica, dalla Russia al caso del carabiniere ucciso a Roma. Avevo anche informato il suo ufficio stampa – afferma – L’ho cercato all’albergo, poi l’ho aspettato in spiaggia”
Salvini, ricorda Lo Muzio, ”è arrivato in spiaggia verso le 12.15 – ricostruisce – mi ha detto che non voleva rispondere. Poi ha fatto una passeggiata sulla riva, delle foto con i bagnanti. Quindi si è fermato a parlare con gli agenti in servizio sulle moto ad acqua: gli hanno mostrato il funzionamento, gli hanno spiegato le caratteristiche dei mezzi. A un certo punto lui dice agli agenti: ‘Va bene, io vado sotto l’ombrellone’.
‘Io avevo già fatto le immagini che mi servivano per il mio servizio – prosegue il cronista – mi sono seduto su un lettino. Stavo scrivendo alla redazione. A un certo punto gli agenti della scorta mi si parano davanti e iniziano a parlarmi con tono gentile. Al che, vedo alle loro spalle il figlio di Matteo Salvini salire su una moto ad acqua insieme ai poliziotti. Immediatamente accendo le telecamere e inizio a riprendere. La scorta – come mostrano le immagini pubblicate su Repubblica.it – fa di tutto per impedirmelo”
La ‘passeggiata’ in mare di ‘Salvini junior’ ”in tutto è durata 10 minuti – dice Lo Muzio – l’agente con l’altra moto ad acqua, che è rimasto a riva, ha telefonato al collega e il figlio di Salvini è stato fatto scendere alla nostra sinistra, molto lontano da dove era salito. L’ho visto tornare a piedi”. Non appena il figlio del ministro è ‘salpato’ “gli uomini della scorta, che erano in bermuda, a petto nudo e senza distintivi di riconoscimento, hanno iniziato in tutti i modi a impedirmi le riprese – sottolinea il giornalista – sono stato fermato e identificato”
Il figlio del vicepremier sulla moto d’acqua e ”il trattamento riservato alla stampa martedì a Milano Marittima sono due facce della stessa medaglia – conclude Lo Muzio – entrambe le cose fanno arrabbiare. Per questo mi piacerebbe che il ministro chiarisse pubblicamente su questa vicenda”.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
FALLITA LA “MARTINELLI”, 54 DIPENDENTI SENZA LAVORO, PER IL SINDACO POSSONO ANDARE IN RUSSIA
Sarà il fascino che Putin esercita verso i sovranisti nostrani, ma la proposta del sindaco leghista di Sassuolo, Francesco Menani, di trasferire alcuni lavoratori in Russia ha suscitato un gran clamore nei sindacati che non si aspettavano di vedersi proposta una tale soluzione
L’azienda del settore ceramico “Martinelli Ettore Srl” di Sassuolo ha infatti dichiarato fallimento il 30 luglio lasciando senza occupazione 54 dipendenti.
Secondo la Fiom-Cgil — che ha ricostruito la vicenda — nel vertice d’urgenza convocato con Regione, Provincia, sindacati e proprietà — il primo cittadino Francesco Menani: «Sarebbe solo stato in grado di chiedere alla proprietà di valutare la ricollocazione dei lavoratori presso una società del gruppo situata in Russia».
Cesare Pizzolla, segretario generale della Fiom modenese, ha così commentato alla Gazzetta di Modena la situazione attuale: «Ci vuole coraggio a dire a lavoratori che da una vita prendono 1.200-1.500 euro al mese, e fanno fatica ad arrivare con la famiglia a fine mese, che si potrebbero trasferire in Russia».
Una critica che non è piaciuta al primo cittadino che, sulle pagine del giornale che ha sollevato il caso, ha così risposto: «Ho detto che si poteva cercare, come soluzione estrema, di chiedere ai dipendenti disoccupati se qualcuno voleva andare a lavorare in Russia. Che c’è di male? ”
Una diatriba, quella sulla “spedizione” di migranti economici verso la Russia, che non solo rischia di diventare un boomerang politico vista la campagna durissima della Lega verso i migranti che raggiungono le nostre coste in cerca di una migliore soluzione lavorativa (esattamente come i licenziati italiani che troverebbero lavoro in Russia), ma che ha anche sollevato non poche ironie sul recente innamoramento della Lega per la Russia che non sembra temere confronti con i ferrei rapporti diplomatici (e non solo) fra l’URSS e il segretario del PCI di allora, Palmiro Togliatti.
Nonostante non si possa certo accusare la Lega di avere simpatie verso intellighènzia comunista della prima Repubblica, è difficile non trovare però un parallelo con la costruzione nella città di Togliatti in Russia, della fabbrica KMZ che, con la collaborazione di operai e quadri italiani, iniziò nel 1970 la produzione di automobili che riprendevano soluzioni tecniche e ingegneristiche della Fiat di Torino.
La città , rinominata nel 1964 Togliatti dopo il decesso del segretario del PCI di allora, diventò così il baricentro dell’economia sovietica.
Era infatti il 15 agosto del 1966 quando a Mosca il presidente uscente della Fiat Vittorio Valletta e i ministri dell’industria e del commercio estero sovietici firmarono gli accordi per il “progetto Togliatti“, la realizzazione cioè dell’enorme struttura industriale che, partendo dalla base della Fiat 124, iniziò quattro anni più tardi la costruzione della Lada 2101, rinominata Žiguli, dal nome delle alture che circondano la città .
Certo, la situazione politica ed economica è profondamente diversa da quella di 53 anni fa: allora l’industria italiana esportava conoscenze ingegneristiche e manageriali all’Unione Sovietica mentre oggi la politica locale propone di esportare lavoratori disoccupati a industrie più fiorenti delle nostre. Un cambio di prospettiva che non sembra far onore al governo del cambiamento.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO LE STATISTICHE SONO STRUMENTO PER DIFFONDERE LE BALLE DEL GOVERNO : I DATI SONO CHIARI, BASTA ESSERE ONESTI NEL DIFFONDERLI
Esultanze a destra e a manca per il calo della disoccupazione ai livelli del 2012. I dati dell’Istat parlano di una percentuale che ormai è arrivata al 9,7%. Appunto, il dato più basso dal gennaio 2012. Ma dobbiamo capire, al di là delle consuete strumentalizzazioni delle statistiche e della matematica, che cosa ha portato al calo della disoccupazione, soprattutto in questo ultimo mese.
Si capirà , quindi, a un’analisi più profonda, che la situazione non è molto cambiata rispetto alla precedente rilevazione dell’istituto nazionale di statistica.
L’elemento che ha fatto scendere la disoccupazione al 9,7% è la diminuzione del numero dei disoccupati di circa 29mila unità soprattutto nell’ultimo mese. Ma a cosa è dovuto questo calo così importante?
Lo spiega su Twitter Mario Seminerio economista e divulgatore. Leggendo il report dell’Istat sulla disoccupazione relativamente al mese di giugno, si percepisce una variazione dell’occupazione di -6.000 posti, frutto di +52 mila dipendenti (di cui 43 mila a tempo indeterminato) e -58 mila autonomi.
Come si può evidenziare, non c’è effettivamente la creazione di nuovi posti di lavoro che fa calare il dato complessivo sulla disoccupazione.
La flessione è semplicemente rivelata sulla diminuzione del numero di disoccupati, appunto i 29mila di cui abbiamo parlato in precedenza.
Il calo di disoccupati di giugno (-29 mila) è fatto quasi interamente dalla coorte anagrafica 15-24 anni (-28 mila) e questo stesso numero — 28mila unità — va a rimpolpare le fila degli inoccupati.
Dunque, non c’è un movimento nel settore del lavoro e non ci sarebbe molto da festeggiare. Non c’è un peggioramento, questo è vero, ma la situazione è praticamente statica rispetto alle rilevazioni precedenti.
Gli occupati a giugno non sono aumentati. C’è stata la riduzione della disoccupazione perchè si è ridotto il numero di chi cerca lavoro, a un certo punto qualcuno si è stufato di farlo
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 31st, 2019 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI MILANO HA APERTO UN FASCICOLO SULLA CONCESSIONE DI DUE MUTUI ANOMALI PER L’ACQUISTO DI UNA PALAZZINA A BRESSO
Armando Siri è indagato dalla procura di Milano per autoriciclaggio insieme al suo caposegreteria Marco Luca Perini.
L’inchiesta su Siri riguarda due prestiti di favore a elevato rischio concessi da una banca di San Marino e caratterizzati da una doppia serie di violazioni sistematiche delle regole creditizie: 750 mila euro sarebbero stati incassati dal senatore tra ottobre e gennaio scorsi, quando era ancora viceministro delle Infrastutture, e altri 600 mila sarebbero stato ottenuti appena tre mesi fa da un imprenditore a lui collegato, secondo quanto riportato da L’Espresso e dalla Stampa.
In particolare il secondo prestito è andato alla società Tf Holding, che è stata perquisita nei giorni scorsi dalla Gdf su ordine dei pm Spadaro e Ruta.
Il socio-barista della Tf Holding immobiliare si chiama Fiore Turchiarulo, il quale ha dato come garanzia oltre alla propria società (valore stimato 80 mila euro), l’affitto ottenuto da un altro bar sempre a Rogoredo, valore 300 mila euro, già ipotecato però presso un’altra banca. Torchiarulo dichiara un reddito di 7. 300 euro all’anno e il suo socio uno stipendio da barista da 1. 300 euro al mese. A presentarli al direttore generale era andato proprio il capo della segreteria del senatore leghista, Marco Luca Perini.
Perini, oltre a essere presidente dell’associazione Spazio Pin, che gestisce i corsi di formazione della Lega, oltre a essere attiva nel campo dei corsi di meditazione, ipnosi e massaggio, è il figlio di Policarpo Perini, che aveva mediato con la sua società immobiliare l’acquisto della palazzina a Bresso — con i soldi del mutuo ottenuto dal senatore a San Marino — poi intestata alla figlia di Siri. Perini risulta anche avere una porzione nell’immobile di Bresso al centro del primo filone dell’inchiesta milanese.
Le presunte anomalie “più gravi della pratica di Siri riguardano documenti decisivi che risultano ‘alterati’, ‘cancellati’, ‘omessi’ o ‘tenuti nascosti’: atti ricostruiti dagli inquirenti dopo uno scontro con la banca per sbloccare il sistema informatico”, secondo fonti di stampa.
La procura di Milano, ieri pomeriggio, ha inoltrato al Senato una richiesta per procedere al sequestro del pc dell’esponente leghista . Si tratta di un computer che da quanto dichiarato a verbale da Marco Luca Perini, capo della sua segreteria, sarebbe nella disponibilità di Siri. Il sequestro è scattato in alcuni uffici nella disponibilità dei protagonisti dell’inchiesta milanese nata rispetto a due mutui sospetti.
L’inchiesta è partita da San Marino. E’ stata l’autorità di vigilanza bancaria a rilevare delle presunte anomalie e a segnalare all’autorità giudiziaria che ipotizza l’amministrazione infedele. La mole di documenti arrivata attraverso rogatorie e ora al vaglio degli inquirenti milanesi è piuttosto ingente. Carte da sommare a quelle ottenute dai recenti sequestri operati dalla Guardia di finanza due giorni fa a Milano. La procura ha anche ascoltato alcune persone.
(da agenzie)
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