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LE INDAGINI DI PATRONAGGIO SU “LIBIA PORTO SICURO” E “SAR LIBICA” POTREBBERO ASSESTARE UNA MAZZATA DEFINITIVA ALLE BALLE DEL GOVERNO

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

SE VENISSE CERTIFICATO DA UNA SENTENZA GIUDIZIARIA QUELLO CHE E’ PERALTRO NOTO E CONFERMATO PERSINO DA MOAVERO, VERREBBE A CADERE LA LEGITTIMITA’ DELLA SAR LIBICA E QUINDI LE ONG AVREBBERO TITOLO A INTERVENIRE SEMPRE IN CASO DI NAUFRAGHI

«Si discuterà  se il salvataggio dei migranti è stato effettuato per stato di necessità » ha dichiarato il Pm Patronaggio che ha intenzione di verificare «se i porti libici sono sicuri, se la zona Search and Rescue libica è efficacemente presidiata dalla guardia costiera libica».
E potrebbe essere proprio da queste indagini che potrebbero emergere elementi a discarico della posizione dell’indagata e della Ong tedesca.
Cosa succederebbe infatti se la Procura accertasse che la Libia non è un porto sicuro? A confermarlo nei giorni scorsi era stato anche il ministro degli Esteri italiano Moavero Milanesi: «la definizione di porto sicuro viene dalle convenzioni internazionali, queste condizioni per la Libia non ci sono».
Una posizione che è la stessa della Commissione Europea: «non considera i porti libici come porti sicuri ed è la ragione per la quale nessuna nave battente bandiera europea può sbarcare dei migranti nei porti libici».
L’unico a pensarla diversamente è per ora solo il Ministero dell’Interno di Matteo Salvini.
La questione è della massima importanza per il caso Sea Watch perchè fu proprio la guardia costiera libica — in quanto responsabile della zona SAR dove è avvenuto il soccorso dei 53 migranti — ad assegnare Tripoli come place of safety. Un ordine che la Ong ha deciso di disattendere poichè la Libia (un paese in guerra dove non vengono rispettati i diritti umani dei migranti) non può essere considerato un luogo sicuro per eventuali richiedenti asilo.
Patronaggio con le sue indagini potrebbe assestare un colpo decisivo anche alla farsa dell’area SAR libica.
È noto infatti, da numerosi episodi tra cui quello che vide protagonista una nave della Marina Militare italiana, che le motovedette libiche agiscono tutt’altro che tempestivamente.
Ci sono diversi elementi che possono portare a dire che la zona SAR gestita dalla Libia (o meglio, dal governo di al-Sarraj) è illegittima perchè presidiata in maniera inadeguata.
E non solo la GC libica non è in grado di operare i soccorsi in maniera tempestiva ma addirittura non è in grado di farlo in maniera autonoma dal momento che per le attività  di coordinamento viene “coadiuvata” da assetti navali italiani presenti in Libia.
Sul fatto che la zona Search and Rescue non sia presidiata in modo efficace pesa anche il numero dei decessi dei migranti in proporzione ai tentativi di effettuare la traversata sono aumentati rispetto allo scorso anno a fronte di una diminuzione delle partenze

(da “NextQuotidiano”)

argomento: Giustizia | Commenta »

LIBERO SI INDIGNA PERCHE’ CAROLA SARA’ SOLO “RIMANDATA A CASA CON UNA PACCA SULLE SPALLE”

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO UMORISTICO   SI METTA D’ACCORDO CON SALVINI CHE PARLA DI ESPULSIONE E MAGARI SI COMPRI UN TESTO DI PROCEDURA PENALE

Titoli per creare indignazione che nascondono una verità  rilanciata sui social dallo stesso Matteo Salvini.
Questa mattina (martedì 2 luglio) Libero Quotidiano lancia a tutta pagina la mozione contro la probabile decisione di espellere Carola Rackete dall’Italia al termine del secondo interrogatorio.
La capitana della Sea Watch 3 si trova ai domiciliari (in Italia, per poter rimanere a disposizione dei procuratori e rispondere alle loro domande), ma è stato lo stesso leader della Lega ad aver parlato direttamente di espulsione.
«Festa del perdono per la piratessa Carola», titola il quotidiano di Vittorio Feltri che poi rincara la dose sia nel suo editoriale che nell’occhiello che nel sommario: «Come volevasi dimostrare, niente galera» e «La procura chiede solo il divieto di dimora ad Agrigento per la capitana. Sarà  così rimandata a casa con una pacca sulle spalle. Giustizia all’italiana: non è una criminale, ma una birichina».
Vittorio Feltri, dunque, ha già  sentenziato prima ancora che arrivi il giudizio finale (ma parziale, in attesa di processo) da parte della procura guidata da Luigi Patronaggio.
Detto che il divieto di dimora è la misura cautelare massima che un gip può richiedere in fase di indagini preliminari, come previsto dall’articolo 291 del codice di procedura penale, Carola Rackete potrebbe tornare in libertà  entro la serata di martedì.
Non per un vezzo delle procura, ma perchè lo dice la legge italiana. Insomma, Libero dovrebbe attaccare il codice penale e non i magistrati parlando di «giustizia all’italiana». E questo lo sanno anche Matteo Salvini e i tecnici del Viminale che stanno preparando le carte per espellere la capitana tedesca della Sea Watch 3.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: Costume | Commenta »

QUANDO UNA NAVE DI MIGRANTI ITALIANI VENNE RESPINTA A COLPI DI ARTIGLIERIA A MONTEVIDEO

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

STORIA DELLA “MATTEO BRUZZO”, SALPATA DA GENOVA NEL 1884: PER UNA GRAVE SITUAZIONE SANITARIA A BORDO ENTRO’ IN PORTO E TU PRESA A CANNONATE… MORIRONO 20 PERSONE, MOLTI ERANO BAMBINI

Opportunità , la speranza di una vita più agiata, la ricerca di ambizioni o semplicemente di fortuna. Gli Stati Uniti e l’America Meridionale divennero le mete prescelte dai migranti italiani tra i due secoli.
Circa 7 milioni di persone affrontarono questo lungo viaggio. E per la maggior parte di loro, non si trattò esattamente di una crociera di piacere.
Chi organizzava questi viaggi voleva lucrare quanto più possibile sulla pelle di chi partiva. Navi che potevano trasportare 1000 persone ne trasportavano almeno 300 o anche 400 in più: le condizioni igieniche erano scarse, le morti frequenti.
Le storie di questo esodo sono molte e spesso drammatiche.
Ma quella del Matteo Bruzzo è significativa anche per il parallelo con il linguaggio di prevaricazione violenza spesso utilizzato in contesti contemporanei.
Salpò da Genova nel 1884 per un viaggio che sarebbe potuto durare anche un mese.
Raggiunto l’Oceano, alcuni passeggeri iniziarono tuttavia a presentare gravi sintomi che riconducevano al colera.
Un’epidemia, a bordo di una nave, è un pericolo immane. E le condizioni igienico-sanitarie della nave favorirono la diffusione della malattia.
La Matteo Bruzzo era diretta in Argentina ma, viste le condizioni, chiese l’ingresso in un altro porto per poter curare i malati, e si diresse quindi verso Montevideo, in Uruguay. Ma la notizia dell’epidemia era già  giunta alle orecchie delle autorità  locali. La nave richiese di entrare nel porto con la massima urgenza, ottenendo tuttavia un rifiuto.
Il capitano scelse comunque di entrare in porto, e questa volta il rifiuto aveva le sembianze di proiettili di artiglieria. La nave fu costretta a fare marcia indietro. Il bilancio fu di oltre 20 morti su 1300 passeggeri, tra i quali diversi bambini. Morti evitabili se qualcuno avesse accettato di curare i passeggeri a Montevideo.
Morti di chi è disposto a tutto, anche ad attraversare l’oceano in una bagnarola, alla ricerca di un futuro migliore.
Quello non fu l’ultimo viaggio della Matteo Bruzzo, che, almeno in altre due occasioni, giunse a destinazione con cadaveri a bordo, causati in un caso dall’asfissia e in un altro persino dalla fame.
Sono storie che oggi abbiamo dimenticato, troppo distratti forse dalla necessità  di prendere bene la mira mentre puntiamo i nostri cannoni.

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

IL VELIERO ALEX PUNTA VERSO LA LIBIA: LA ONG MEDITERRANEA E’ TORNATA IN MARE

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

I VOLONTARI ITALIANI RIPARTONO, A BORDO ANCHE IL LEADER DI OPEN ARMS, OSCAR CAMPS: “VOGLIONO ELIMINARE I TESTIMONI DELLE STRAGI IN MARE, MA NOI SAREMO TESTIMONI”

“Se il potere vuole eliminare i testimoni, a noi non resta altro da fare che andare a testimoniare”. E così, da ieri notte, i volontari italiani di Mediterranea sono tornati in mare.
Nonostante il decreto sicurezza bis, nonostante l’arresto di Carola, nonostante il sequestro probatorio della loro nave, la Mare Ionio, sia ancora incredibilmente in corso, nonostante la guerra aperta che il governo ha ormai dichiarato “a chiunque voglia fare qualcosa contro la strage silenziosa che ogni giorno si consuma in mare”. Nonostante tutto.
Hanno affittato un veliero, l’Alex & co., l’hanno attrezzato per il primo soccorso, e hanno puntato la loro prua verso la Libia.
Nelle prossime ore, si uniranno alle altre due imbarcazioni già  da giorni operative in quelle acque – la tedesca Alan Kurdi (già  Sea Eye) e la spagnola Open Arms – e, insieme, daranno vita a una missione coordinata di ricerca e soccorso.
“Mai come in questi giorni il Mediterraneo centrale è affollato da disperati che cercano di raggiungere l’Europa”, spiega Erasmo Palazzotto di Sinistra Italiana, il capo missione).
“Continuare a lasciare quella zona senza testimoni era un delitto. Abbiamo il dovere di essere lì e proteggere quelle persone anche solo con la nostra presenza”.
“Ancora una volta – dice la portavoce di Mediterranea Alessandra Sciurba- torniamo dove non vorremmo essere ma dove oggi più che mai è necessario essere: non si tratta dei diritti degli altri, in quel mare quando annega qualcuno annega anche la nostra umanità “.
La Alex non è attrezzata per le operazioni di search and rescue e quindi nel caso in cui Mediterranea dovesse incrociare un’imbarcazione in panne dovrebbe limitarsi a prestare il primo soccorso, mettere in sicurezza persone eventualmente in pericolo e attendere i soccorsi da parte delle autorità  competenti o di altre imbarcazioni abilitate.
A bordo di Alex. è voluto salire, con un gesto simbolico, anche il capo di Open Arms, Oscar Camps. “E’ un momento nero per tutta l’Europa, non solo per l’Italia. In Spagna hanno appena varato una legge che espone le Ong a multe ancora più salate di quelle che ci sono adesso in Italia. Salvare vite non porta voti, e questo ha fatto sì che chi non si arrende all’ecatombe in corso nel Mediterraneo venga quotidianamente criminalizzato da chi è al potere e vive di voti. Dobbiamo reagire. E questo è il modo migliore: fare massa critica, e sfidare non un singolo paese ma tutti i paesi del Continente”.
Camps è anche l’uomo che la scorsa estate aveva portato il campione dell’Nba Marc Gasol a bordo della Ong spagnola. Il giocatore, nel corso di quella missione, fu uno dei protagonisti del salvataggio di Josefa, una donna camerunense sopravvissuta al naufragio della barca con cui era fuggita dalla Libia. “Da allora – racconta – Gasol è diventato uno dei nostri   testimonial. A giugno ha invitato me e il primo ufficiale della Open Arms a vedere la finale contro i   Golden State Warriors è stato un momento importantissimo perchè ci ha regalato una visibilità  enorme, ha anche indossato la maglietta dell’Ong”.
Questa – secondo Camps – è la strada da seguire. “Occorre coinvolgere la gente, spiegare che la retorica dei Governi è tutta una finzione, e per questo occorre che le persone in vista, gli sportivi, i cantanti si assumano le loro responsabilità  e salgano a bordo”.

(da agenzie)

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ARRESTATI IN PADAGNA UNDICI ITALIANI LEGATI ALLA ‘NDRANGHETA: SI FREGAVANO I SOLDI DESTINATI AI RICHIEDENTI ASILO CON FINTE ONLUS

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

LODI, PAVIA: CONTESTATI I REATI DI TRUFFA AGGRAVATA E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio. Sono queste le accuse mosse dalla procura di Milano alle 11 perone arrestate questa mattina dalla guardia di finanza di Lodi e coinvolte nell’inchiesta ‘Fake Onlus’. Inchiesta nata sulle ipotesi di malversazioni e illeciti commessi all’interno di alcune organizzazioni senza scopo di lucro che si occupano di accoglienza dei migranti.
Le onlus coinvolte sono quattro, si chiamano ‘Volontari senza frontiere’, ‘Milano Solidale’, ‘Amici di Madre Teresa’ e ‘Area solidale’, tutte operanti tra Lodi, Pavia e Parma.
Il pm Gianluca Prisco ha sottolineato che si tratta di “eccezioni. “Non bisogna sottovalutare – ha aggiunto – che ci sono altre onlus che invece hanno ben gestito la accoglienza di migranti”.
Le onlus sotto accusa avrebbero tra l’altro utilizzato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici per ottenere fondi destinati all’accoglienza di centinaia di migranti.
Dalle indagini risulterebbero profitti illeciti su un giro di finanziamenti di circa 7,5 milioni di euro.
I rappresentanti legali delle onlus al centro dell’inchiesta avrebbero utilizzato per “scopi personali” oltre 4,5 milioni di euro dei circa 7,5 milioni ottenuti illecitamente. Questo emerge dalle indagini della finanza di Lodi sul consorzio di onlus che ha partecipato, tra il 2014 e il 2018, a bandi indetti dalle Prefetture di Lodi, Parma e Pavia.
Le onlus al centro dell’operazione risultano collegate “a noti pluripregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta” e sarebbero state utilizzate per consentire a persone recluse di “accedere ai benefici di legge attraverso l’assunzione presso le predette cooperative”. Le onlus sarebbero state “sfruttate per fare ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza”.
Le misure cautelari sono state eseguite in Lombardia e in Campania. Le indagini del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del pm Gianluca Prisco, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf di Lodi, vedono al centro, spiegano i finanzieri, “un pericoloso sodalizio criminale che si è stabilmente inserito nelle gare pubbliche per la gestione dell’emergenza migranti indette dalle Prefetture di Lodi, Pavia e Parma”.
Nelle indagini durate due anni è stata accertata “la progressiva costituzione di onlus cooperative, collegate tra loro da mirati interscambi di cariche amministrative, appositamente costituite” solo per “partecipare ed aggiudicarsi le gare” indette dalle Prefetture “offrendo, spesso, il prezzo più conveniente a ribasso, producendo a supporto documentazione non veritiera sui servizi offerti ai migranti”.
L’alternarsi delle cariche rappresentative nelle onlus nasceva “dalla necessità  di partecipare ai bandi in modo da evitare che emergessero i precedenti penali di alcuni indagati”, che avrebbero rappresentato “una causa ostativa”.
Dal 2014 ad oggi le onlus e le cooperative sociali indagate “hanno beneficiato, complessivamente, di somme pubbliche per oltre 7 milioni di euro ma la gestione economico-finanziaria ha permesso di far luce su un articolato e complesso sistema distrattivo di fondi pubblici”.
Inoltre, le onlus, chiarisce la Gdf, “risultano essere collegate a noti pluripregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta, i quali le hanno sfruttate per far ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza”. Veniva “attestata, falsamente, la possibilità -necessità  di poter accedere ai benefici di legge attraverso l’assunzione presso le cooperative”.

(da agenzie)

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TREDICI ALGERINI ARRIVANO DIRETTAMENTE A TERRA A BORDO DI UN BARCHINO IN SARDEGNA

Luglio 2nd, 2019 Riccardo Fucile

MA SALVINI NON DOVEVA PROTEGGERE I SACRI CONFINI DELLA PATRIA?

Sono tredici i Mmigranti che stamattina sono sbarcati sulle coste di Porto Pirastu, all’interno del perimetro del poligono di Capo Teulada, a bordo di un barchino con motore fuoribordo.
Tutti maschi, adulti, appaiono in buone condizioni di salute e hanno dichiarato di essere di nazionalità  algerina.
A rintracciarli sono stati i carabinieri del posto di polizia militare in servizio alla base.
I migranti sono stati portati a Porto Tramatzu per essere poi accompagnati al centro di prima accoglienza di Monastir per le procedure identificazioni e le successive attività  di rito.

(da agenzie)

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