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BARCA A VELA DI “MEDITERRANEA” SALVA 54 PROFUGHI SUL GOMMONE E PUNTA CORRETTAMENTE SU LAMPEDUSA

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

GOVERNO IN CONFUSIONE: IL CENTRO DI COORDINAMENTO DI ROMA ORA RISCHIA LA DENUNCIA, E’ GRAVE AVER INDICATO LA LIBIA COME PORTO SICURO… SALVINI INVECE DICE DI SBARCARLI IN TUNISIA, ALTRO REATO, LA TUNISIA NON E’ PORTO SICURO IN QUANTO NON ESISTE LEGGE SUL DIRITTO DI ASILO

Cinquantaquattro naufraghi, stretti su un gommone in pessime condizioni nel mare della Sar libica,   sono stati salvati e caricati a bordo della barca a vela Alex della ong italiana Mediterranea.
Tra loro 11 donne di cui tre incinte e una in gravi condizioni, bambini in fasce, uomini e ragazzi che ora vengono medicati, reidratati mentre la barca si dirige verso l’Italia. Tallonata. inseguita da una motovedetta libica a lungo prima di abbandonare la caccia.
I maschi stanno a prua, i bambini e le donne a poppa dell’imbarcazione lunga 18 metri. Hanno i volti stanchi, dove si affaccia un sorriso quando dicono: “Non è scomodo, meglio dieci anni qui sopra che un secondo in Libia”
“Siamo enormemente felici di aver strappato 54 vite umane all’inferno della Libia. Adesso serve subito un porto sicuro” scrive sui social Mediterranea Saving Humans. La risposta del ministro dell’Interno Salvini è illegale: “Se la ong Mediterranea “ha davvero a cuore la salvezza degli immigrati allora ora nave Alex faccia rotta nel porto sicuro più vicino”, che è in Tunisia rispetto a Lampedusa.
Impossibile considerare un porto sicuro la Tunisia, dove non esiste una legge sul diritto di asilo. Il Paese nordafricano ha sempre detto no alla creazione di centri per l’accoglienza sul proprio territorio come avevano chiesto sia l’Unione europea sia l’Unhcr e il rischio, per chi dovesse riuscire ad entrare, è di rimanere senza uno status e senza alcun diritto.
Tutto comincia nel primo pomeriggio. La barca a vela Alex di Mediterranea, in missione di osservazione nella zona Sar libica, prima individua i resti di un gommone, di un ennesimo silenzioso naufragio di cui non sapremo mai i morti. Poco dopo, all’altezza delle piattaforme petrolifiche, c’è un’altra imbarcazione con 54 persone a bordo, tra cui 11 donne e 4 bambini.
Non c’è tempo da perdere. La ong chiama la sala operativa della guardia costiera di Roma chiedendo di indicazioni. La risposta è gravissima: lasciate l’intervento alle motovedette libiche,   che però riporterebbero i naufraghi in Libia, paese in guerra, dove i centri di detenzione vengono bombardati
A questo punto la sala operativa rischia la denuncia penale: tutti gli organismi internazionali preposti hanno sancito che è vietato fare respingimenti in Libia in quanto porto non sicuro.
La Alex, 18 metri a vela, in   teoria non è in grado e soprattutto non è strutturata per prendere a bordo decine di migranti.
Ma vista la situazione pessima del gommone, di una donna incinta in gravi condizioni, dei bambini alcune dei quali in fasce, i volontari decidono di caricare a bordo i naufraghi. Uno a uno, con i loro giubbotti salvagente,   aiutati dagli 11 membri dell’equipaggio, vengono fatti salire sulla barca dove un sanitario li sta visitando e reidratando.
Li aspettano altre 180 miglia di mare prima di arrivare nei pressi di un porto, tallonati da una motovedetta libica che li insegue, li tallona. Prima di lasciare la preda
Poco prima del soccorso in mare dei naufraghi, la nave di Mediterranea aveva segnalato il relitto, sulla pagina Facebook:   “Siamo in pattugliamento insieme ad Open Arms in sar libica, cioè la zona in cui la responsabilità  di intervento in caso di naufragio sarebbe della cosiddetta “guardia costiera libica”. Il nostro faro è come sempre il rispetto dei diritti umani. Nel corso del nostro pattugliamento abbiamo incontrato il relitto di un gommone.   Quasi sicuramente un naufragio. Quanti morti non lo sapremo mai. Un relitto di un “rubber boat” semiaffondato con tanto di motore. Nessuna indicazione di rescue completato. C’è la seria possibilità  che si tratti dei resti di un naufragio “fantasma. Nel silenzio l’umanità  muore. Senza testimoni”, scrive l’Ong.
Poco dopo il soccorso ai 54 naufraghi che, senza di loro, nella migliore delle ipotesi sarebbero finiti nei centri di detezione libici ora bombardati, se non annegati in mare. Nel silenzio generale.
E Filippo Miraglia, tra i fondatori di Mediterranea, alle parole di Salvini che invita a portare i naufraghi in Tunisia ribatte: “E’ già  dichiarata impraticabile dal tribunale di Agrigento, con l’ordinanza su Carola Rackete, e dalle istituzioni internazionali. La Tunisia non è un porto sicuro, il Ministro se ne faccia una ragione: per settimane ha tenuto in attesa una nave con 75 naufraghi a bordo e, dopo averli fatti scendere, ha impedito loro di fare domanda d’asilo rimandandoli nei Paesi d’origine e contravvenendo al “principio di non refoulement”, garantito dalla Convenzione di Ginevra. Adesso la Alex deve portare i naufraghi in Italia, non c’è altra strada. Se si vuole combattere il traffico di esseri umani si attivi subito un ponte aereo e un programma di evacuazione per le 6 mila persone prigioniere dei lager libici sottraendole alle milizie rivali che si contendono il controllo del territorio e che le usano come arma di ricatto per i loro interessi.”.

(da agenzie)

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LA GIP DI AGRIGENTO MINACCIATA DI MORTE: LA POLIZIA POSTALE AL LAVORO, PRESTO SARANNO IDENTIFICATI

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

ALESSANDRA VELLA, STIMATA DAI COLLEGHI, RICEVE LA SOLIDARIETA’ DI TUTTI I MAGISTRATI DI AGRIGENTO E TIRA DRITTO: “HO FATTO QUELLO CHE ERA GIUSTO FARE, NON MI FACCIO CONDIZIONARE”… E CHI LA CONOSCE CONFERMA: “NON E’ CERTO UNA TOGA ROSSA”

Alessandra Vella, la Gip che ha annullato l’arresto nei confronti di Carola Rackete, ieri non ha passato la giornata più serena della sua vita.
Racconta oggi Alessandra Ziniti su Repubblica che i violentissimi attacchi di Matteo Salvini hanno scatenato l’inevitabile gogna social con tanto di minacce di morte: «Puttana comunista, ti verremo a cercare e perderai il sorriso per sempre». «Colpirne uno per educarne cento, lo faremo anche noi».
Se lo aspettava pure, ma soprattutto per proteggere i suoi figli ed evitare ogni contatto diretto con la platea degli hater impazziti, ha deciso subito di chiudere il suo profilo facebook. «Sono serena, ho fatto quello che ritenevo giusto fare. Senza condizionamenti», le poche parole che Alessandra Vella, la giudice per le indagini preliminari che ha rimesso totalmente in libertà  Carola Rackete, ha ripetuto ieri ai tanti colleghi del tribunale di Agrigento che hanno fatto la fila nella sua stanza.
Sorriso tirato di circostanza, saluti appena accennati ai tanti che le si avvicinano per esprimerle solidarietà .
Quarantatrè anni, di Cianciana, piccolo centro dell’Agrigentino, Alessandra Vella ha sempre fatto il giudice da quando è entrata in magistratura: gip prima a Caltanissetta e da otto anni ad Agrigento:
Nessuno può certo catalogarla come una toga rossa, nè come immigrazionista come ovviamente l’hanno subito bollata sul web.
«Un’operaia della giustizia come lo siamo tutti noi che lavoriamo qui ad Agrigento, una collega stimatissima da tutti, senza alcuna caratterizzazione politica», dice Giuseppe Miceli, segretario della sezione di Agrigento della Anm, una carica che Alessandra Vella ha ricoperto per un mandato fino al 2016.
Se è iscritta ad una corrente nessuno sa qual è e non è certo grazie a giochi di potere che dal 2011 ogni giorno si dedica a casi di ogni genere: dalla Rimborsopoli al Comune ai femminicidi.
Nell’ultima settimana, prima che sul suo tavolo arrivasse il caso Sea-Watch, ha rimesso in libertà  un tunisino trovato in possesso di 12 grammi di hashish e si è occupata di un furto in una villa. E ieri mattina di due giornalisti accusati di diffamazione.
La polizia postale è già  al lavoro per identificare i profili di chi ieri, con decine di migliaia di like, le ha indirizzato minacce di questo genere: « Il gip rosso si chiama Alessandra Vella, ricordiamoci questo nome», «Se la metto sotto con la macchina mentre corro a salvare vite umane…potrà  capitare, no?», «Una probabile puttana a cui non dispiacciono i negri».

(da agenzie)

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L’EX PROCURATORE AGUECI: “SALVINI FACCIA IL CONCORSO IN MAGISTRATURA E POI PARLI DEL GIP”

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

L’EX PROCURATORE AGGIUNTO DI PALERMO: “SOLLECITA INTOLLERANZA VERSO LA GIURISDIZIONE NON GRADITA AL POTERE”

Rozzo e volgare. Ignorante del diritto e del rispetto degli altri poteri dello Stato, almeno in democrazia.
“E’ superiore ad ogni immaginazione la violenza e volgarità  di alcuni commenti alla decisione del Gip di Agrigento e davvero profondo è il disgusto che provocano. Ovviamente non è in gioco il dissenso verso il contenuto della decisione – che può anche essere opinabile – ma piuttosto la grave sollecitazione all’intolleranza verso la Giurisdizione non gradita al potere od alle masse adeguatamente indottrinate”.
E’ la denuncia di Leonardo Agueci, ex procuratore aggiunto di Palermo e oggi in pensione.
“Ed al Ministro Salvini, che invita il Giudice a candidarsi alle elezioni per entrare in Parlamento, mi sento di rispondere con un corrispondente invito a mettersi a studiare diritto per prepararsi al concorso in magistratura!!”, aggiunge.

(da agenzie)

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SETTORI DELLA POLIZIA ALLA CARICA DEL GIP DI AGRIGENTO

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

FORSE NON AVETE CAPITO TRE COSE: 1) LA POLIZIA HA GIURATO FEDELTA’ ALLA COSTITUZIONE NON AI SEQUESTRATORI DI PERSONA 2) A UN POSTO DI BLOCCO LE AMBULANZE SI LASCIANO PASSARE   3) SE IL POSTO DI BLOCCO E’ ILLEGALE USATE IL CERVELLO

Continua a fare discutere la decisione del Gip di Agrigento Alessandra Vella che non ha convalidato la richiesta di arresto per Carola Rackete mettendo in libertà  la comandante della Sea Watch. Il giudice ha dovuto cancellare i suoi profili social a causa degli insulti ricevuti e la Polizia Postale è già  al lavoro per identificare gli autori delle minacce di morte pubblicate ieri da alcuni utenti.
Tra quelli che contestano la decisione del Gip ci sono anche alcuni settori delle forze dell’Ordine.
Il giudice ha infatti ritenuto che l’atto di resistenza a pubblico ufficiale (art 337 cp) «deve ritenersi scriminato, ai sensi dell’art 51 del cp, per avere l’indagata agito in adempimento di un dovere» perchè «l’attività  del capitano della Sea Watch 3, di salvataggio in mare di soggetti naufraghi, deve, infatti, considerarsi adempimento degli obblighi» di salvataggio in mare.
La decisione come è noto ha fatto infuriare Salvini e un buon numero di patridioti. Ma in maniera più sommessa anche le Forze dell’Ordine fanno sapere di non aver gradito affatto la scelta di liberare la Rackete.
Il Messaggero ad esempio riferisce oggi della preoccupazione che filtra da ambienti delle FdO in merito alla decisione del Gip di Agrigento: «Si tratta di un precedente pericoloso, che rischia di delegittimare il nostro operato».
Non è chiaro se i timori riguardano il rischio che i cittadini non riconoscano più l’autorità  degli agenti di polizia e — come ha raccontato Salvini — inizino a non fermarsi all’alt o ai posti di blocco oppure se si tratta di preoccupazioni specifiche legate agli sbarchi.
Nel primo caso la decisione della Vella non ha alcun valore, nel secondo la liberazione della Rackete è stata stabilità  perchè non sussistono i tre motivi (pericolo di fuga, reiterazione del reato o inquinamento delle prove) che devono essere presenti per la convalida di un arresto.
Anche il sito OFSC Report riferisce di “venti di tempesta dentro forze armate e polizia” riportando il disappunto del Cocer della Guardia di Finanza che già  nei giorni scorsi aveva fatto sapere non aver affatto gradito le dichiarazioni di chi, come il Senatore e Comandate della Guardia Costiera Gregorio De Falco aveva giustificato la manovra di attracco della Sea Watch che aveva dichiarato «non ci sono gli estremi. La Sea Watch è un’ambulanza, non è tenuta a fermarsi, è un natante con a bordo un’emergenza. La nave militare avrebbe dovuto anzi scortarla a terra».
Il delegato Cocer Carabinieri, Antonio Tarallo, ha criticato l’atteggiamento di certi politici che «dovrebbero dare il giusto esempio e invece politicizzano tutto. La democrazia è stata conquistata con il sacrificio dei nostri avi e la stiamo distruggendo con i comportamenti personalistici di una schiera di dementi che non hanno capito che senza una politica di rispetto verso le forze dell’ordine e verso le leggi dello Stato tutto finirà  male e la delinquenza prenderà  il sopravvento sull’onestà ».
Il timore è che il “caos” possa travolgerci e che le Forze dell’Ordine diventino vittime della delinquenza. Secondo Tarallo «le leggi vanno applicate, non interpretate».
Il caso più clamoroso resta senza dubbio quello del tweet pubblicato dal Sindacato di Polizia PNFD (Polizia Nuova Forza Democratica) che pochi minuti dopo la notizia della decisione del Gip di Agrigento ha scritto «alla luce della “SENTENZA CAROLA” , Poliziotti, Carabinieri e Finanzieri che operano su STRADA che cosa devono fare? Continuare a rischiare la vita per difendere il cittadino e lo Stato per… ? Ci dite cosa fare? Insomma rischiare la vita per… ? Siamo sconfortati…».
Come è noto non c’è stata alcuna “sentenza Carola” per il semplice motivo che non c’è ancora nessun processo.
Questo gli operatori delle forze dell’ordine dovrebbero saperlo bene.
Così come dovrebbero sapere che la Rackete è ancora indagata (verrà  interrogata martedì 9 luglio) e che non c’è alcun rischio che possa di nuovo commettere i presunti crimini per cui è indagata.
Paragonare i reati che avrebbe commesso la comandante della Sea Watch a quelli dei delinquenti comuni è inutile. A chi ruba, rapina, stupra, evade le tasse o spaccia poco importa della sorte di Carola Rackete sia che venga condannata sia che venga prosciolta. Perchè sappiano i signori delle Forze dell’Ordine che il nostro è ancora uno stato di diritto dove un cittadino è innocente fino al terzo grado di giudizio.
E se la Rackete venisse assolta sarebbe perchè non ci sono prove che ha commesso quei reati, non perchè i giudici vogliono mettere i delinquenti contro poliziotti, carabinieri o finanzieri.

(da “NextQuotidiano”)

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CASARINI A DI MAIO: “VERGOGNATI, MISERABILE. PENSA AI MORTI CHE HAI SULLA COSCIENZA”

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

LA RISPOSTA A DI MAIO CHE SI ERA DICHIARATO “SORPRESO” PER LA LIBERAZIONE DI CAROLA

Durissimo l’attivista di Mediterranea Luca Casarini contro Luigi Di Maio, che ieri a commento della scarcerazione di Carola Rackete aveva scritto su twitter: “Mi sorprende la scarcerazione di Carola Rackete. Io ribadisco la mia vicinanza alla Guardia di Finanza. Il tema resta però la confisca immediata dell’imbarcazione. Se confischiamo subito, la prossima volta non possono tornare in mare e provocare il nostro Paese e le nostre leggi”
Casarini si rivolge così al leader M5s: “Vergognati. Pensa ai morti che hai sulla coscienza, non alla Guardia di Finanza. Miserabile” riferendosi a tutti quei migranti che non sono stati salvati dalle Ong a causa della criminalizzazione da anni ormai portata avanti in Europa anche dal M5s (è di Di Maio la frase ‘le Ong sono i taxi del mare).

(da agenzie)

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SCRITTE NEO-NAZISTE E OMOFOBE NEI LICEI DI MILANO: INDAGATI TRE MINORI VICINI A FORZA NUOVA

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

RIEDUCAZIONE NEI LAGER LIBICI, LA PENA MIGLIORE… A COSTO ZERO, VISTO CHE LI FINANZIA IL GOVERNO ITALIANO

Tre indagati, tutti minori, per le scritte omofobe e di stampo neonazista davanti a due istituti superiori di Milano, il liceo Severi-Correnti di via Alcuino e il classico Parini di via Goito.
Episodi avvenuti nelle scorse settimane e subito denunciati, tanto da far scattare immediatamente le indagini.
Ieri gli agenti della Digos hanno perquisito le abitazioni dei tre, su disposizione della procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni: sono indagati come autori di alcune scritte minatorie, omofobe e dai contenuti riconducibili all’estrema destra. Uno dei tre è un simpatizzante di Forza Nuova.
Il primo episodio risale alla notte del 24 maggio, quando davanti al Severi Correnti era stata scritta la frase: “E’ inutile giustificarlo con la biologia, i froci non sono naturali”. L’autore, secondo la Digos, è un ragazzo italiano del 2001 senza precedenti di polizia. Quella frase era durata poco, visto che il giorno dopo gli studenti l’avevano coperta con una bandiera arcobaleno.
Il secondo episodio risale alla notte del 9 giugno: lo stesso ragazzo, con altri due (uno del 2001 e l’altro del 2003, entrambi incensurati), hanno disegnato, nelle adiacenze del liceo Parini di via Goito diversi simboli dell’estrema destra (svastiche, rune e croci celtiche), scritte offensive contro i compagni e una frase di minaccia rivolta, come appurato in seguito, contro uno studente ebreo dello stesso istituto (il quale ha sporto querela); sempre quella notte, il trio è andato di nuovo al Severi Correnti e, sui muri vicini alla scuola, ha fatto altre scritte omofobe.
La notte del 9 giugno, i tre minori, a seguito di una segnalazione giunta al NUE, sono stati controllati ed identificati da una Volante: a seguito di questa prima attività  e dalle seguenti indagini, si è riusciti a ricostruire gli spostamenti dei tre nelle notti interessate.
Dei tre giovani, uno solo era già  noto alla Digos, poichè identificato nel corso di un banchetto di propaganda organizzato da Forza Nuova Milano; tuttavia, durante il controllo effettuato su di loro da personale UPG la sera del 9 giugno, tutti i minori sono stati trovati in possesso di adesivi e simboli riconducibili all’estrema destra e al gruppo Lotta Studentesca   – Forza Nuova in particolare.

(da agenzie)

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LO SPREAD SCENDE PERCHE’ SALVINI NON CONTA UNA MAZZA IN EUROPA

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

DOPO AVER INCASSATO DAI BULLI 8 MILIARDI, ORA L’EUROPA DEGLI INVESTITORI RIACQUISTA TRANQUILLITA’

Niente paura: lo spread scende perchè l’Europa ha reso inoffensivi Salvini e Di Maio. Ieri l’Italia ha ufficialmente evitato la procedura d’infrazione sul debito dopo aver cacciato 7,6 miliardi dal bilancio con una manovra correttiva sulla quale nè Di Maio nè Salvini, entrambi assenti al CdM che l’ha varata, ci hanno messo la faccia come loro abitudine.
Come testimonia il documento con il quale la Commissione ha abrogato l’iter che avrebbe portato alla procedura, il governo ha messo in campo una correzione del deficit strutturale destinando al risanamento dei conti, dunque sottraendole da altre spese, le entrate superiori al previsto e le minori spese da reddito di cittadinanza e quota 100.
Inoltre, su esplicita richiesta della Commissione Ue sono stati congelati 1,5 miliardi a garanzia del raggiungimento degli obiettivi: si trattava di denaro che Di Maio durante la campagna elettorale aveva annunciato di voler spendere “per le famiglie”.
Ma era, appunto, campagna elettorale. Così il deficit nominale scenderà  a quel 2,04% concordato a dicembre, unico modo per contenere la corsa del debito pubblico e per coprire il buco nel bilancio del 2018 e del 2019.
Nel frattempo però è successo anche altro. Ovvero che sono stati votati la presidente della prossima Commissione Europea, la presidente della Banca Centrale e il presidente del Parlamento Europeo: una sconfitta su tutta la linea per i sovranisti che si sono tolti la soddisfazione di segare Timmermans, ovvero colui che da nemico dell’austerità  avrebbe potuto in un certo senso aiutare il governo italiano, per ritrovarsi al vertice Ursula Von der Leyden, popolare e ministra di Angela Merkel e rigorista più di lei sui conti pubblici. Il posto di Draghi è stato preso da Christine Lagarde, spauracchio dei sovranisti che da anni la dipingono come il Babau. E il prossimo presidente del Parlamento Europeo sarà  David Sassoli del Partito Democratico.
Tutto secondo le previsioni, quelle che vi spiegavano che il 26 maggio Salvini non aveva vinto proprio niente perchè i sovranisti avevano fallito l’obiettivo di diventare l’ago della bilancia del parlamento europeo.
Così è andata e così si è stretto una specie di cordone sanitario europeo intorno ai populisti, che vedrà  la formazione di una nuova maggioranza che per cinque anni siederà  alla cassa di quel grande ristorante che è la politica. E quando alla cassa ci sono tedeschi e francesi, gli italiani sanno bene cosa significa.
In più, spiega Politico.eu, a Bruxelles e a Strasburgo si è formata un’alleanza anti-estrema destra che terrà  sovranisti e populisti lontani da ogni posizione di responsabilità  nel prossimo quinquennio.
I primi obiettivi dell’alleanza anti-anti-Ue saranno il no a un sovranista in commissione agricoltura. Intanto per diventare presidente designato della Commissione Von der Leyen il 16 luglio dovrà  incassare la fiducia dell’Assemblea e il risultato non è scontato.
Spiega Tonia Mastrobuoni su Repubblica:
Il Parlamento aveva chiesto di essere coinvolto nella scelta del successore di Jean-Claude Juncker, ma così non è stato. “Vdl” è considerata figlia di un’abile strategia di Macron, che con il suo nome ha costretto Merkel e il resto dei premier del Ppe ad accettarla, salvo incassare le altre poltrone di peso con il fedelissimo belga Charles Michel (Consiglio europeo) e con Lagarde (Bce).
I più infuriati sono i socialisti, secondo partito d’Europa che ha ricevuto briciole rispetto a popolari e liberali. E tra loro i parlamentari della Spd, alleato di governo della Cancelliera. Lo scontento serpeggia anche tra i parlamentari dell’Est del Ppe, fuori dai vertici dell’Unione, e nella componente non macroniana dei liberali.
Gli strateghi politici stimano che alla fine Ursula ce la farà . Ma forse dovrà  ricorrere ai voti dei polacchi del Pis, il partito dell’illiberale Kaczynski, pronto a chiedere una cambiale.
Con l’annuncio del nuovo Quantitative Easing da parte della Banca Centrale Europea, e con Lagarde determinata a proseguire nel solco di Mario Draghi, si comprende quindi appieno perchè lo spread dell’Italia sta scendendo: ovvero perchè i sovranisti non contano niente in Europa e i grillini nemmeno sono riusciti a trovare qualche partito abbastanza disperato da scegliere di allearsi con loro piuttosto che rimanere senza gruppo. Il problema quindi rimane nei confini italiani e, fa sapere il Messaggero, si comincia anche a vedere qualche intenzione:
Ieri sia il presidente del Consiglio Conte sia il ministro Tria hanno ribadito che la flat tax resta nel programma dell’esecutivo. Questo punto però non è stato affatto menzionato nel testo in inglese spedito a Bruxelles. Sarà  necessario trovare un compromesso che potrebbe passare per un’attuazione graduale del calo delle imposte. Per ora sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio si sono limitati a rallegrarsi pubblicamente dello scampato pericolo sulla procedura per debito.
La partita decisiva per la credibilità  dei gialloverdi si giocherà  con la legge di bilancio. Ci sono 24 miliardi da trovare per scampare all’aumento dell’IVA e un sacco di soldi, che Salvini però diminuisce ogni giorno, per inventarsi una cosa che verrà  chiamata flat tax anche se non lo è.
Se poi andasse male, ci si potrà  sempre attaccare alla prima bagnarola che chiede aiuto nel Mediterraneo per coglionare l’elettorato. Un giochino che per qualche tempo è destinato a funzionare. Per qualche tempo, però.

(da “NextQuotidiano”)

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ARRIVA PUTIN A ROMA E SCOMPARE MIRACOLOSAMENTE L’IMMONDIZIA, CITTA’ TIRATA A LUCIDO (BUCHE A PARTE)

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

POTENZA DEL PADRONE SOVRANISTA… I RIVOLUZIONARI DI DESTRA CHE SI BUTTAVANO CONTRO L’AUTO DI BUSH ORA FANNO DI MAGGIORDOMI DI MOSCA … I ROMANI: “HANNO PULITO SOLO LE STRADE DOVE PASSA, DOMANI TORNA LO SCHIFO DI PRIMA”

È una Roma da cartolina quella che si prepara ad accogliere Vladimir Putin. E non solo perchè nelle dieci ore che trascorrerà  nella Capitale, il presidente russo potrà  vedere il fiore all’occhiello delle bellezze romane.
Mentre sarà  scorrazzato dal Vaticano al Quirinale, da Palazzo Chigi alla Farnesina, dai vetri oscurati della sua blindatissima limousine avrà  la fortuna di non vedere quella che nelle ultime settimane è diventata l’onnipresente compagna di ogni romano: l’immondizia.
Per l’occasione niente è stato lasciato al caso: è stato predisposto un complesso sistema di sicurezza, fatto di “zone verdi”, cecchini sui tetti, interruzioni della circolazione, controlli a campione con i metal detector.
E nemmeno la raccolta della “monnezza”, sparita come per miracolo dalle strade che verranno attraversate dal corteo dell’ospite di pontefice e presidenti. E così a poche ore dall’atterraggio a Fiumicino dell’aereo presidenziale russo, è tutto un corri corri di furgoncini della nettezza urbana.
A partire dalle strade intorno alla Città  del Vaticano. È questa la prima tappa di Putin: una volta sbarcato nello scalo romano verso le 12.30, il corteo di oltre trenta auto blindate del presidente russo sfreccerà  dritto all’incontro con papa Francesco.
Via della Conciliazione è costellata di cartelli di divieto di sosta e nastro giallo della polizia municipale, i carroattrezzi aspettano sul piazzale di fronte Castel Sant’Angelo un cenno dei vigili urbani per portare via le auto che non li rispettano.
Di immondizia neanche a parlarne: i cestini lungo la strada sono mezzi vuoti, per terra nemmeno mezza cartaccia. Sembra non esserci nulla di insolito: ancora tanti i turisti a fotografare il cupolone illuminato, i ragazzi a farsi selfie, i senzatetto dormono sotto al colonnato, le auto della polizia che controllano che nessuno entri in piazza San Pietro, inaccessibile dopo mezzanotte.
Basta spostarsi di poco che subito l’immondizia rispunta. A nemmeno cinquanta metri da via della Conciliazione, sotto il “passetto”, tra l’entrata dell’università  e il retro di Radio Vaticana, c’è un bel cumulo vista Castel Sant’Angelo. Un ragazzo che lavora in un locale poco distante passa e getta un saccone nero: “Passa Putin? E se passa se la porta via lui”, dice ironico.
Fortuna che il cumulo è nella direzione opposta rispetto a quella che prenderà  il presidente russo, atteso per le 14.45 al Quirinale da Mattarella. E per arrivarci, molto probabilmente, il corteo prenderà  Corso Vittorio Emanuele.
Anche questo tutto pulito, i cestini con le bustine immacolate che svolazzano al passaggio delle macchine, e due camioncini dell’Ama che prendono la spazzatura dei locali per la strada.
Lo stesso vale per Largo Argentina, dove salta all’occhio solo la fila alla stazione dei taxi che dalle 8 non potranno più sostare lì. Subito dopo però Putin potrà  provare le “montagne russe” di via Quattro Novembre, la strada che con i suoi crateri creati dal dissesto dei sampietrini fa la gioia di ogni gommista capitolino e i dolori di tantissimi automobilisti e motociclisti. Chissà  se l’Aurus Senat N700, la blindatissima limousine di Putin saprà  resistere anche alle buche di Roma.
Dopo un’ora e mezza di incontro al Colle, il corteo di Putin si dirigerà  verso Palazzo Chigi dove il presidente russo è atteso da Giuseppe Conte per le 16.15.
Chissà  però se prima riuscirà  a passare al St. Regis, l’hotel su via Vittorio Emanuele Orlando — tra via XX Settembre e Piazza della Repubblica — scelto dalla delegazione russa come base operativa. I parcheggi sulla piazza sono tutti off limit per il piano di sicurezza predisposto per l’occasione: i nastri gialli e i cartelli sono ovunque, mentre i vigili sono lì a presidiare che nessuno infranga il divieto.
Anche davanti l’entrata dell’albergo, dove però è un continuo via vai di berline con targhe diplomatiche russe: tant’è che quando arriva una camionetta dei carabinieri ci mette un po’ prima di capire dove può parcheggiare.
Su piazza della Repubblica però fa capolino l’immondizia: un cumulo è proprio all’angolo con la via dell’hotel. “La portiamo noi, vengono e se la caricano ogni sera”, dice un ragazzo che lavora in un bar sulla piazza. “Te pare che non se la portano via, con tutto il macello che stanno a fà  per questo qua. Sarà  tutto tirato a lucido, pare vero”.
Come tirata a lucido è via del Corso, dove passano le idropulitrici dell’Ama. Già  ci sono le transenne che verranno messe sui marciapiedi e Piazza Colonna, di fronte al portone di Palazzo Chigi, c’è già  una camionetta della polizia con una decina di agenti in tenuta antisommossa.
Finito l’incontro, Putin e Conte andranno alla Farnesina. Alle 18.30 sono attesi per le relazioni finali del Forum per il dialogo italo-russo.
Anche intorno al ministero degli Esteri, fino allo Stadio Olimpico, è tutto un divieto di sosta. “Manco quando c’è il derby fanno tutto sto casino”, dice Sandro mentre sale sul motorino per tornarsene a casa. “Mo’ domani ‘ndo lo metto?”.
Di immondizia anche qui, neanche a parlarne. Così come non ce n’è per viale Angelico e per la circonvallazione Clodia, due delle strade che — probabilmente — percorrerà  il corteo per arrivare alla Farnesina prima e a Villa Madama poi, dove una cena con Conte e i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio sarà  l’ultimo atto della visita di Putin prima dell’aereo per Mosca che parte alle 22. “Ci voleva Putin, ora non c’è neanche una cicca per terra”, dice Michele mentre butta un sacco della spazzatura a Piazzale Clodio. “Tanto domani torna lo schifo di prima”.

(da agenzie)

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IL SENATORE LEGHISTA E I SOLDI DEI TERREMOTATI FINITI IN CONTI A LUI COLLEGATI

Luglio 4th, 2019 Riccardo Fucile

PECULATO E ABUSO D’UFFICIO LE ACCUSE PER L’EX SINDACO DI VISSO

La procura di Macerata ha chiuso le indagini nei confronti del senatore leghista ed ex sindaco di Visso Giuliano Pazzaglini per i soldi delle donazioni per i terremotati spariti. La procura contesta a Pazzaglini sei episodi di abuso d’ufficio e uno di peculato.
Si parla di 120mila euro di donazioni per i terremotati che sono stati dirottati, secondo l’accusa, sul suo conto privato e su quello di società  da lui gestite, che risalgono al 2017 quando Pazzaglini era primo cittadino di Visso, paese marchigiano al centro del cratere sismico del 2016.
Secondo il procuratore capo Giovanni Giorgio, come riporta il Resto del Carlino, mancherebbero diverse piccole donazioni e una di circa 90mila euro da parte di Emil Banca.
La storia venne raccontata dal Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Sandra Amurri nel gennaio scorso
La contestazione per peculato riguarda una somma di poco più di 10mila euro, raccolta a favore dei commercianti grazie a un’iniziativa di beneficenza organizzata da Moto Nardi e dai motoclub Amici di strada e New Riders. La cifra è già  stata messa sotto sequestro lo scorso gennaio, quando la procura ha notificato la chiusura di un primo filone di indagine. Diversi invece i casi di abuso d’ufficio, sempre relativi al denaro raccolto per il Comune di Visso
Secondo le indagini Pazzaglini avrebbe chiesto ai benefattori di versare i soldi sui conti di due società , la Sibil Iniziative, di proprietà  di Giovanni Casoni, ex presidente della Croce Rossa locale, ora commissariata, anche lui indagato in concorso con Pazzaglini, e la Sibil Project, intestata allo stesso senatore e a Casoni
A chi contattava il Comune per devolvere qualcosa, il sindaco avrebbe detto che se i soldi fossero finiti nel bilancio comunale sarebbe stato complicato utilizzarli per i terremotati. Era più semplice, avrebbe detto, girarli alle due società  che si occupavano di iniziative in favore di chi aveva perso tutto.
In realtà  per la procura l’intenzione di Pazzaglini sarebbe stata quella di avvantaggiare le società .

(da agenzie)

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