Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile CHIESA LOCALE E POLIZIA COMPLICI DEL CLIMA DI INTOLLERANZA… MANOVRA IL TUTTO IL PARTITO SOVRANISTA PIS, ALLEATO DI SALVINI, BENVENUTI NEL MEDIOEVO
Riesplode in Polonia la violenza di piazza nazionalsovranista e omofoba contro gli Lgbt e quindi contro i diritti umani.
Nella città nordorientale di Bialystok il primo corteo gay pride organizzato sul posto è stato brutalmente attaccato da squadracce di ultrà polacchi.
Molti pacifici dimostranti sono stati pestati a sangue, sotto gli occhi della polizia la quale pur disponendo a livello nazionale di molti mezzi e grande efficienza, è stata il secondo bersaglio degli ultrà e dunque è stata incapace di garantire che il corteo si svolgesse lungo il percorso concordato con le autorità .
“Ti avevo detto una decina di giorni fa che l’atsmofera di odio e violenza omofobi peggiora di settimana in settimana, ormai devo dire che peggiora di giorno in giorno”, mi dice al telefono uno studioso ed esperto della cultura e dei movimenti Lgbt, il giovane Sebastian Maluszewski, docente alle scuole superiori e cofondatore del centro di ricerca dell’Università di Varsavia su storia e identità degli Lgbt.
Aggiunge: “La Chiesa cattolica locale tramite l’abate Tadeusz Wojda si era schierata da giorni contro il pacifico corteo gay pride dicendo ‘non possumus’, per chiarire che non poteva accettarlo e lanciando appelli a difendere in ogni modo valori cristiani e famiglie e bimbi che ‘alieni vogliono abusare'”.
E mercoledà il diffuso quotidiano filogovernativo Gazeta Polska offrirà in omaggio con ogni copia un adesivo con la bandiera arcobaleno e la sigla Lgbt cancellate da una X”. Anche invitando a mobilitarsi contro Ikea che in una sua filiale svedese aveva licenziato secondo i suoi codici interni un omofobo che in azienda invitava a mandare ogni gay sul rogo
Gli ultrà neonazisti hanno attaccato lanciando pietre, altri corpi contundenti, e sacchetti di plastica con urina e sterco contro i dimostranti, molti tra i quali, giovani o minorenni, sono stati inseguiti dagli estremisti fino a casa e picchiati in ogni strada, hanno trovato rifugio in negozi o farmacie per salvarsi dai pestaggi.
E si sono cambiati in corsa per non rendere visivamente evidente la loro partecipazione al gay pride.
Atmosfera da intolleranza e violenza medievale, con la polizia completamente impreparata che ha reagito solo quando i suoi agenti sono stati attaccati, ma senza riuscire a garantire lo svolgimento del corteo.
Segno dell’atmosfera creata dal partito di maggioranza sovranista PiS (Prawo i Sprawiedlywosc, Diritto e Giustizia, che ha otttimi rapporti con Matteo Salvini e la Lega) in vista delle elezioni previste per ottobre.
I leader del PiS ripetono da aprile che il movimento e la cultura Lgbt sono “una minaccia per la nazione e la famiglia”. Il corteo a Bialystok aveva cominciato a percorrere pacificamente le vie del centro. Secondo Spiegel online contava almeno 800 partecipanti, con striscioni e slogan gentili come “l’amore non è reato”. Improvvisamente gli hooligans ultrà sono arrivati con la loro carica con bastoni, pugni di ferro e catene, pestando dimostranti e anche agenti di polizia.
Manca al momento qualsiasi reazione o commento da parte governativa. Nei giorni scorsi una trentina di municipalità e un’assemblea regionale si erano orgogliosamente dichiarati “Lgbt-free”, liberi dalla cultura Lgbt. Concetto che evoca sinistramente il termine “Judenfrei” coniato da Goebbels nel Terzo Reich per Germania e paesi europei occupati. Un prefetto aveva anche premiato e lodato in pubblico queste autorità locali.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile IL PREMIER REPLICA A ZAIA E FONTANA: “I MINISTRI DELLA LEGA ERANO AL VERTICE SULL’AUTONOMIA, SI RIVOLGANO A LORO”… DI MAIO: “LA LEGA VUOL FARE CADERE IL GOVERNO PER TAGLIARE I PARLAMENTARI”
Mercoledì potrebbe andare in scena l’ultimo atto di questo governo. O almeno questo è l’auspicio
dei leghisti che tifano per la crisi e il divorzio dal Movimento.
Giuseppe Conte prenderà la parola in Senato per l’attesa informativa sul caso dei presunti finanziamenti russi alla Lega.
Lo hanno chiesto le opposizioni, lo attende buona parte dell’opinione pubblica. Subito dopo parlerà Matteo Salvini. A quel punto il governo potrebbe avere le ore contate.
La scena inquadrerà il conflitto nella sua massima tensione.
Da una parte il presidente del Consiglio che ha annunciato di andare in Aula perchè il suo vice, direttamente coinvolto nell’affaire Metropol si rifiutava di farlo, dall’altra il vice che si alzerà per rispondere.
E fa nulla se lo farà seduto al suo fianco, tra i banchi del governo, o dall’emiciclo dei senatori della Lega, in modo da rendere ancora più plateale la distanza.
«Non so cosa dirà Conte – confidava ieri Salvini ai collaboratori – Immagino che dirà che non c’è nulla, come ha già detto Di Maio. Ed è quello che dirò io: che è tutta una montatura».
Nè più nè meno della tesi che sostiene da giorni. Dirà anche che conosce Gianluca Savoini dal 1991, che a differenza di quanto dichiarato a caldo, lo ha frequentato e lo stima, ma che non sapeva del suo incontro nell’hotel di Mosca.
Certo è che la scena si preannuncia drammatica. «La possibilità che Salvini intervenga al Senato sul Russiagate dopo aver ascoltato il suo Presidente del Consiglio dà l’idea del caos nel quale è precipitato il governo», ragionava ieri il leader del Pd Nicola Zingaretti. L’attesa in effetti si trascina dietro diversi interrogativi.
Conte si confronterà prima con Salvini per avere chiarimenti sul caso Russia? «Parlo io in Aula perchè lui si era rifiutato di farlo. Lo dobbiamo ai cittadini per trasparenza», è la risposta che dà il premier a chi gli chiede se non si rischia un pasticcio in Parlamento. Sempre che non accada qualcosa di irrimediabile prima.
E potrebbe accadere, visto il livello raggiunto dallo scontro sul dossier autonomie. Salvini da due giorni tace, ma dopo l’annuncio del compromesso che ha neutralizzato la gestione differenziata sulla scuola sono i governatori leghisti di Veneto e Lombardia a essersi scatenati: «Mi stupiscono i 5 Stelle e Conte, che ancora stimo, ad aver partecipato a questa cialtronata» attacca Attilio Fontana; «Non fare l’autonomia vuol dire che questo governo non ha più senso» si sfoga Luca Zaia.
Salvini non prende le distanze e questa per Conte è la prova che fa parlare i governatori al suo posto.
Il premier attende la fine della giornata prima di rispondere. Lo fa con una nota: «Considero inqualificabili gli attacchi di Fontana e Zaia. Ingiustificabili alla luce di tutto il lavoro fatto».
Conte è furioso, fa sapere di essere «nero» per i toni, per gli «insulti». Ma anche per i modi, perchè, fa filtrare, «a quel tavolo c’erano seduti i ministri leghisti Stefani e Bussetti e non c’è stata alcuna protesta da parte loro».
E oltretutto, aggiunge, «al vertice non c’era proprio il loro leader. Perchè Salvini non è venuto se ci tiene tanto all’autonomia?». La stessa domanda di Luigi Di Maio, che allo staff consegna questo sospetto: «Salvini sta cercando un pretesto per rompere per non arrivare a votare la legge che taglia i parlamentari».
(da “La Stampa“)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile I PATRIOTI EUROPEI DI MEDICI SENZA FRONTIERE E SOS MEDITERRANEE TORNANO IN MARE CONTRO “LA “INAZIONE CRIMINALE DEI GOVERNI EUROPEI”
Medici senza frontiere (Msf) annuncia la ripresa delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e condanna “l’inazione criminale dei governi europei”.
Il ritorno in mare avviene “dopo due anni di una sostenuta campagna dei governi europei per bloccare ogni tipo di azione umanitaria nel mediterraneo e dopo la normalizzazione di politiche punitive che continuano a causare morti in mare e terribili sofferenze in una libia devastata dal conflitto”, si legge in una nota.
I governi europei “vogliono far credere che la morte di centinaia di persone in mare e la sofferenza di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in libia siano un prezzo accettabile per le politiche di controllo della migrazione”, dichiara Sam Turner, capo missione di Msf per le attività di ricerca e soccorso e la Libia.
“La cruda realtà è che mentre sbandierano la fine della cosiddetta crisi migratoria in Europa, fanno consapevolmente finta di non vedere la crisi umanitaria che queste politiche perpetuano in mare e in Libia. Queste morti e sofferenze sono evitabili e finchè continueranno, non possiamo restare a guardare”, aggiunge.
La nuova nave Ocean Viking, battente bandiera norvegese, gestita in partnership da Msf e Sos Mediterranee, partirà per il Mediterraneo centrale intorno alla fine del mese.
“Con pochissime navi umanitarie rimaste nel Mediterraneo centrale e gli ultimi residui della capacità di ricerca e soccorso europea irresponsabilmente abbandonati, questo tratto di mare resta la rotta migratoria più pericolosa al mondo”, denuncia Msf.
“Quest’anno almeno 426 uomini, donne e bambini hanno già perso la vita durante la traversata, 82 dei quali in un naufragio appena due settimane fa. Nei primi sei mesi del 2019, il rischio di annegare è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2018, solo considerando le morti note”, prosegue la nota.
“Come se non bastasse, le navi commerciali si trovano in una posizione insostenibile, prese tra l’obbligo di soccorrere imbarcazioni in difficoltà e il rischio di rimanere bloccate in mare per settimane per la chiusura dei porti italiani e l’incapacità degli stati europei di concordare un meccanismo per gli sbarchi”.
“Torniamo in mare per salvare vite. E non possiamo restare in silenzio mentre persone vulnerabili subiscono sofferenze evitabili”, dice Claudia Lodesani, presidente di Msf in Italia. “Se i leader europei condannano l’uccisione di migranti e rifugiati vulnerabili in Libia, devono anche garantire la ripresa di operazioni di ricerca e soccorso ufficiali, sbarchi in luoghi sicuri e l’immediata evacuazione e chiusura di tutti i centri di detenzione arbitraria. L’ipocrisia del crescente supporto fornito alle intercettazioni in mare e al ritorno forzato delle persone negli stessi luoghi dove vengono perpetrate le violenze, lascia intendere che quelle condanne sono solo parole vuote di finta compassione”, aggiunge Lodesani.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile ORIGINARIO DEL MALI, ARRIVATO A BORDO DI UN BARCONE, ORA SI E’ LAUREATO CON 110 MANTENENDOSI LAVORANDO NELLE CUCINE DI UN RISTORANTE DI ALGHERO
Bouba è il primo laureato con protezione internazionale dell’Università di Sassari. 
Bakary Coulibaly, questo il suo vero nome, viene dal Mali, ha 32 anni e da tre giorni è dottore magistrale in Pianificazione e politiche per la città , l’ambiente e il paesaggio.
Un sogno, un traguardo che mai avrebbe potuto immaginare, neanche lontanamente.
La storia di Bouba
Nel 2015 prova ad arrivare in Italia — fuggendo dalla guerra civile — e, partendo dalla Libia, si affida a uno dei barconi della morte.
Bouba è fortunato: viene salvato da una Ong e, una volta approdato nel nostro Paese, portato subito in un centro di accoglienza ad Alghero. Il “campo” come lo chiama lui.
Lì inizia a riflettere sul suo futuro: in Mali, infatti, si era laureato in Antropologia. Così ottiene la protezione internazionale e un giorno esprime un desiderio: «Vorrei continuare a studiare». E così conosce la donna, la prof Silvia Serreli, che di lì a poco sarebbe diventata il suo punto di riferimento, il suo tutor e, infine, la sua relatrice.
L’iscrizione all’università
«A quel punto l’ho subito trascinato con me. Certo, all’inizio non è stato facile, aveva difficoltà a integrarsi a causa della lingua. Tornava spesso al “campo” per andare a trovare i suoi amici e non parlava bene l’italiano. Poi, grazie a un progetto di inclusione e integrazione voluto fortemente dal nostro Rettore, è riuscito a laurearsi in pochi anni. Io gli sono sempre stata vicina» ci racconta Silvia Serreli, docente al Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica di Alghero, delegata del rettore per le politiche di integrazione dei migranti e rifiuti, e non a caso relatrice del dottor Coulibaly.
L’emozione di Bouba
Grazie alla borsa di studio della Conferenza dei rettori delle Università italiane e del Ministero dell’Interno per rifugiati e titolari di protezione sussidiaria, costretti nel proprio Paese a interrompere gli studi, Bouba è tornato a sognare e ne è uscito vittorioso.
La tesi
Un 110 meritato e sudato con una tesi, intitolata La cultura maliana e gli effetti urbani delle migrazioni, in cui spiega chiaramente «come il modello d’accoglienza italiano, affiancato alla formazione e alla cultura, produca un modello virtuoso perchè “costringe” i migranti a essere autonomi, a vivere come gli italiani» ci racconta la prof.ssa Serreli.
Alla discussione della tesi — presso il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari — ha partecipato anche la comunità maliana locale che ha festeggiato con Bouba il traguardo della laurea.
Il sogno di Bouba
«Un giorno vorrei diventare professore, continuare a studiare, fare ricerca e insegnare», rivela lui che, nel frattempo, lavora nelle cucine di un ristorante di Alghero per mantenersi.
Il messaggio di Bouba
«Avevo un sogno quando sedevo sui banchi dell’università a Bamako: fare un master in Europa. Era un sogno irrealizzabile per diverse ragioni — ha concluso — eppure ho provato a seguire un sogno e ho camminato a lungo verso L’Europa. Questa tesi è la mia utopia e da qui ripartirò per costruirne altre». Un sogno che è divenuto realtà grazie alla sua determinazione.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile LUI DIMENTICA CHE E’ MANTENUTO DAI LETTORI, RINGRAZI CHE CI SONO ANCHE LETTORI DEL SUD CHE PAGANO PER LEGGERE LE SUE CAZZATE… ESILARANTE L’APPELLO A SALVINI, IL CLASSICO NORDISTA ELETTO IN CALABRIA E MANTENUTO DAI TERRONI
Mentre Giuseppe Conte inviava una lettera al Corriere della Sera nella quale chiedeva ai governatori del Nord — Luca Zaia (Veneto) e Attilio Fontana (Lombardia) — di ridimensionare il proprio linguaggio nei suoi confronti dopo gli ultimi accordi a Palazzo Chigi sull’Autonomia, Vittorio Feltri si rendeva protagonista di un discutibile editoriale pubblicato domenica 21 luglio sul suo quotidiano Libero.
Tornano vecchi insulti al Sud e si fa anche il paragone tra la situazione attuale e il brigantaggio.
Già dal titolo scelto per l’articolo di Vittorio Feltri si capisce dove si va a parare: «Rassegnamoci, siamo la mammella di tutto il Sud». Spesso e volentieri capita che il titolo sia forzato e non rispecchi in pieno il contenuto di un articolo, ma in questo caso è la sintesi esatta dei concetti espressi dal direttore di Libero nel suo editoriale.
Anzi, il titolo e il sommario sono addirittura più morbidi rispetto al contenuto del pezzo stesso.
Si parte citando i luoghi di nascita di Giuseppe Conte (foggiano) e Luigi Di Maio (campano) e poi si parte, nel paragrafo successivo, con le allusioni neanche tanto velate. «Costoro sono costituzionalmente mantenuti da sempre dai settentrionali e non ne vogliono sapere di tagliare il cordone ombelicale per motivi alimentari, di sopravvivenza». Poi prosegue: «I terroni intendono comandare sui polentoni per motivi economici, ma senza i nostri quattrini morirebbero di fame».
Dopo il tema economico, il discorso di Vittorio Feltri si sposta su quello culturale: «Il foggiano e il napoletano (parlando di Conte e Di Maio, ndr), si oppongono e pretendono di rapinare il nostro patrimonio, lasciandoci in bolletta, onde sostenere coi proventi delle grassazioni il Mezzogiorno, a costo di tenere il livello culturale della nazione intera».
Ma questo non basta, dato che il direttore di Libero prosegue facendo un paragone discutibile: «È una forma di banditismo o almeno di brigantaggio che andrebbe combattuta non solo politicamente, ma anche socialmente».
L’editoriale di Vittorio Feltri si conclude con un appello dal sapore nostalgico a Matteo Salvini: «Cerchi di porre fine a questo scandalo intollerabile, altrimenti saremo costretti a rimpiangere Umberto Bossi che almeno puntava alla secessione. Un progetto troppo ambizioso, però molto arrapante».
Feltri si rivolge a un parlamentare che si è fatto eleggere in Calabria, tipico caso di nordista mantenuto dai terroni, insomma…
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile “NON FAREMO PIU’ PICCHETTI PER L’ASSEGNAZIONE DELLE CASE POPOLARI, E’ UNA GUERRA TRA POVERI: LA GENTE HA VOTATO SALVINI? CI METTA LUI LA FACCIA”… MEGLIO TARDI CHE MAI, NOI LO DICIAMO DA SEMPRE
Mentre è partito l’iter per sfrattare CasaPound dallo stabile in via Napoleone III l’organizzazione
annuncia che si opporrà a tutti gli sgomberi: «Noi siamo contrari a tutti gli sgomberi. Non c’è differenza tra l’occupazione di Casapound e quelle “rosse”, laddove ci siano cittadini italiani o immigrati regolari. Il problema non si risolve buttando in strada le famiglie, ma mettendo a punto un piano di edilizia residenziale pubblica e costruendo le case per chi ne ha bisogno».
Concetto da noi sempre espresso, non è mai troppo tardi per capirlo.
Scrive La Stampa:
Simone Di Stefano è l’ormai ex segretario di Casapound, l’organizzazione di estrema destra che un mese fa, incassato l’ennesimo risultato elettorale deludente alle Europee, ha deciso di abbandonare l’esperienza di partito per tornare alla dimensione «associativa e culturale».
Una svolta: «Non andremo neppure più fuori dai centri di accoglienza nè nelle periferie a fare i picchetti contro i nomadi, a fare la guerra fra poveri con il pugnale tra i denti per le case. La gente ha votato Salvini, ci pensi lui se ci sono ingiustizie a impedirle».
Nonostante la comune matrice sovranista, l’impulso impresso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini non trova terreno fertile nel campo di Casapound: «Gli sgomberi sono operazioni a costo zero che hanno un ritorno elettorale — dice Di Stefano — ma legalità è una parola vuota se non c’è soluzione sociale. Una stagione di sgomberi potrebbe dare il via a una nuova stagione di occupazioni, anche se Salvini ha inasprito le pene per chi le promuove».
Ed ecco la strategia per fermare lo sgombero dello stabile:
«Quando arriveranno qui saranno cambiati sindaco, governo e presidente della Repubblica», dice Di Stefano.
Eppure la denuncia presentata dal Demanio potrebbe velocizzare le procedure. In caso di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, in particolare, come ha spiegato il prefetto Gerarda Pantalone, «la posizione di Casapound sarà valutata come tutti gli altri».
Il movimento non esclude un ricorso al Tar: «Occupanti abusivi sì, ma qui tutti hanno la residenza, pagano le tasse e sono anche pronti a saldare il conto dell’energia elettrica, circa 300mila euro: 100mila subito, il resto a rate. Acea ha detto no».
Aggiungiamo noi: date l’esempio, fuori dalla sede chi si può permettere di pagare un alloggio, (compresi i dirigenti del Movimento) e dentro altrettanti senzatetto senza guardare al colore della pelle.
Questa è destra sociale, prima gli ultimi e poi noi.
Il resto è opportunismo e demagogia.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile A GIUGNO DI MAIO AVEVA TENTATO DI RIPORTARE GRILLO IN PRIMA LINEA MA LA RISPOSTA DEL COMICO LO HA GELATO
Il Messaggero racconta oggi un gustosissimo retroscena che riguarda Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Il racconto parte dal ruolo di Alessandro Di Battista, sempre più ostile all’attuale leadership grillina tanto da essere diventato un leader alternativo:
Pochi giorni fa sembrava a un passo dal prendersi il M5s. Ma qualche critica di troppo a Di Maio, il pressing per andare alle urne e le sciabolate contro i ministri M5s («burocrati chiusi nei ministeri») ne hanno ridotto le quotazioni. «Figura troppo divisiva, in molti ormai lo odiano», è stata la bocciatura dello stato maggiore grillino che guarda al prossimo futuro del M5s.
Ma è pur vero che Dibba raccoglie ancora i consensi di molti indipendenti che vedono in lui la figura più adatta per la riscossa alle urne. Dal presidente dell’Antimafia Nicola Morra all’ex del Direttorio Carla Ruocco, da Elio Lannutti a Roberta Lombardi alla governista critica Paola Taverna, Dibba sa ancora infiammare gli animi dei ribelli. Se Di Battista è finito in un cono d’ombra, è tutta colpa dell’amico Luigi.
E poi c’è la rivelazione di Grillo a Di Maio:
L’8 giugno, a pochi giorni della mazzata alle Europee, il capo politico ha incontrato infatti Beppe Grillo nella villa a Marina di Bibbona per chiedergli di tornare in campo con spettacoli e post, per risollevare le sorti del Movimento. Ma il Garante lo ha gelato: «Non mi rompete più le p., non se ne parla», ha risposto.
Fuori dal M5s, Beppe non ha però scaricato soltanto Di Maio, ma anche Dibba.
I cui destini restano in mano ai colonnelli di Casaleggio: Casalino, Bugani, Dettori, Buffagni. Pochi ma decisivi, i veri padroni del M5s. Che al momento pensano da pragmatici a conservare il potere il più a lungo possibile, ma guardano con diffidenza al restyling del M5s avviato da Di Maio che rischia di creare una miriade di centri decisionali e di frammentare in piccoli feudi correntizi il M5S.
In un quadro del genere, servirebbe un uomo capace di unire. Di inaugurare la pax augustea dopo la guerra tra bande. E Conte sarebbe il profilo ideale.
(da “NextQuotidiano“)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile PARMITANO AGGANCIA CON LA SOYUZ LE STAZIONE SPAZIALE: “FANTASTICO ESSERE QUI”
L’astronauta Luca Parmitano è a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. E’ entrato insieme
ai suoi compagni di equipaggio, l’americano Andrew Morgan e il russo Alexander Skvortsov, a circa due ore dall’aggancio della Soyuz.
Il primo a entrare nella Stazione Spaziale è stato il comandante della Soyuz Skvortsov, dell’agenzia spaziale russa Roscosmos; subito dopo è stata la volta di Morgan, della Nasa e quindi di AstroLuca. Abbracci e saluti con i colleghi che li aspettavano a bordo.
Immediatamente dopo i saluti dell’equipaggio, è stata la volta del collegamento con famiglia e amici, che avevano seguito le lunghe fasi dell’aggancio e dell’apertura del portello dal grande schermo del Centro di controllo di Mosca.
Per Luca Parmitano, come sempre sorridente anche se un po’ provato dal viaggio, i saluti della moglie Kathryn e delle figlie Sara e Maia, di 12 e 9 anni, gli auguri del direttore generale dell’Esa Jan Woerner e quelli dell’Agenzia Spaziale Italiana. “E’ fantastico essere qui”, ha detto a tutti AstroLuca.
Per i prossimi sei mesi e mezzo a bordo del laboratorio orbitante intorno alla Terra, Parmitano sarà impegnato in 200 esperimenti internazionali e 50 europei, di cui 6 dell’Agenzia spaziale italiana.
Si va dalle indagini sugli effetti della microgravità sul corpo umano, al controllo in remoto di rover per la futura esplorazione lunare e di Marte.
Quando Ovchinin tornerà sulla Terra, Luca diventerà il primo comandante italiano della Iss, il terzo tra gli astronauti europei, dopo Frank De Winne e Alexander Gerst.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2019 Riccardo Fucile TRIONFA A SORPRESA IN SVEZIA CON LA MISURA DI 6,58 SALENDO SUL PODIO DELLA STESSA MANIFESTAZIONE CHE LA MAMMA AVEVA VINTO NEL 1987: “RISULTATO PAZZESCO”
Larissa Iapichino ha vinto l’oro nel salto in lungo agli Europei Under 20 di Boras. L’azzurra, che giovedì scorso ha festeggiato i 17 anni, ha trionfato con la misura di 6,58 precedendo la svedese Tilde Johansson (6,52) e la britannica Holly Mills (6,50).
Iapichino, che lo scorso 22 giugno ad Agropoli ha stabilito il primato italiano U20 con 6,64 (seconda prestazione mondiale dell’anno nella categoria), sale sul podio della stessa manifestazione che mamma Fiona May aveva vinto nel 1987 a Birmingham con la maglia della Gran Bretagna.
Tutta in crescita la gara dell’azzurra doppia figlia d’arte (papà l’ex astista Gianni) che inizia con 5,93 sotto la pioggia. Poi si apre il cielo e arrivano 6,37, 6,33, 6,51, 6,58 e il 6,53 finale. E’ il quarto oro azzurro a Boras, eguagliato il record storico di San Sebastian 1993.
Arrivata a Boras “soprattutto per fare esperienza” Larissa si gode un oro che definisce “pazzesco, da brividi”.
Eppure “mi sembrava una giornata no, al primo salto, col vento contro e la pioggia, ero impanicata e non riuscivo a saltare – ha detto al sito della Fidal -. Poi mi sono detta: è un europeo, cerca di fare il tuo meglio. Ora questa vittoria significa tantissimo, le mie avversarie sono quotatissime, è stato uno shock”.
Per la gioia di mamma Fiona: “C’erano tutti i miei compagni a darmi la carica, poi mio padre, mia madre e mia sorella. E’ stato veramente bello”.
Per l’Italia è il quarto oro, una spedizione record: “Abbiamo fatto degli Europei pazzeschi. Anzi, alcune gare non sono andate neanche bene. Il nostro segreto? Siamo italiani”.
“E’ una gioia indescrivibile, la stessa gioia che provai quando vinsi a Birmingham oltre trent’anni fa. Mi ha fatto commuovere e sono molto fiera di lei” le parole di Fiona May all’Adnkronos. “Sono stata malissimo, ho sofferto con lei. So benissimo cosa vuol dire essere in pedana. Stamattina era molto tesa, aveva paura per via della pioggia. ‘Eccoci, che sfiga’, ha pensato. Io le ho detto: ‘Larissa, hai saltato con la pioggia a inizio stagione, sei abituata. Stai tranquilla e non ti preoccupare. Devi saltare, una gara è una gara’. E’ uscita fuori una gara pazzesca. E’ stata molto coraggiosa e determinata”
(da agenzie)
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