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FONDI RUSSI, NEL GIORNO DELLA VERITA’ IL COLLASSO CINQUESTELLE

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

SU SAVOINI, TAV E DECRETO SICUREZZA PREVALE LA PAURA DI PERDERE LA POLTRONA… C’E’ UN CAPO E UNA PICCOLA CORTE, SOTTO IL NULLA: I SEDICENTI RIVOLUZIONARI HANNO SCOPERTO IL CONFORT DEL PALAZZO D’INVERNO

Davvero non si era mai visto un presidente del Consiglio parlare, in un’Aula del Parlamento, di fronte ai banchi vuoti del partito di maggioranza relativa che lo ha espresso.
E, con l’eccezione di Fraccaro che non poteva non esserci per ragioni regolamentari, parlare da solo tra i banchi del governo, senza altri ministri del Movimento.
Una protesta confusa, imbarazzata, mal gestita, verso Salvini – così è stato spiegato in modo balbettante – che si è trasformata in un clamoroso boomerang.
Rivelandosi per quel che è: la fotografia di un governo che non c’è più. E di una crisi politica di fatto che precipita, per la prima volta, in un’Aula del Parlamento.
Parliamoci chiaro: c’è un Capo, che di questo assetto possiede lo ius vitae ac necis, e sotto il nulla. Non un governo.
Con l’avvocato del popolo, senza più neanche la pochette non si capisce se per lutto o per rispetto verso la durezza della giornata, che affida a un discorso intriso di enfasi e retorica leguleia, il discorso della sopravvivenza che val bene una Caporetto morale del Movimento.
Dieci minuti di pomposo omaggio al Parlamento e al “confronto”, come se fosse una concessione e non un dovere di chi ha giurato sulla Costituzione, poi una ventina di minuti di indulgente equilibrismo, piena di affermazioni di principio, per sostenere che “la nostra linea è stata coerente e non condizionata da fattori perturbativi”.
Proprio nel giorno in cui la Procura di Milano fa trapelare che Savoini, al famoso incontro del Metropol di Mosca, era presente come “uomo della Lega”, incaricato dunque, Conte si limita a riassumere, nel suo intervento di fronte al Parlamento e al paese, notizie già  uscite in queste settimane sui giornali. E di più non aggiunge “perchè non ho ricevuto notizie dal ministro competente”.
In queste parole c’è la candida ammissione di impotenza da parte di un presidente del Consiglio che non ha forza, autorevolezza e coraggio di chiedere al suo ministro, sprezzantemente assente dall’Aula, nemmeno un’informazione sul ruolo e sui rapporti con l’uomo chiave dell’inchiesta.
È il passaggio chiave, che rende pressochè superflue tutte le parole e le rassicurazioni sulla collocazione internazionale del paese, perchè la rinuncia alla “trasparenza” avvolge in un velo di omertà  la questione di fondo.
E cioè quale sia il tasso effettivo di sovranità  di palazzo Chigi di fronte alle scelte di collocazione geopolitica del paese, adesso che è acclarato che “trattativa” c’è stata ma che il presidente del Consiglio non è in grado di spiegare.
Immaginate, per comprendere questa Caporetto politica e morale, cosa sarebbe successo con un qualunque altro premier e i Cinque Stelle all’opposizione.
Le ombre russe sarebbero diventate oggetto di denuncia di opacità  morale e di complicità  politica, nei tempi in cui il semplice dubbio era l’anticamera della colpevolezza e la scelta di campo tra la procura e le trame di un partito sarebbe stata scontata.
È il giorno della verità , in cui la trama si sgrana non nelle dirette facebook o nel profluvio dichiaratorio del consueto teatrino quotidiano, ma negli atti politici concreti che certificano il collasso identitario dei Cinque stelle che, nell’arco di ventiquattr’ore, votano il decreto sicurezza, rinunciano alla trasparenza su un caso di corruzione internazionale e capitolano sull’alta velocità , i nome di una “ragion di governo” che è semplicemente paura di andare a casa.
Nella reazione — rassegnata e senza tanti psicodrammi — c’è il compimento di una “mutazione genetica”: un Movimento, che pure seppe suscitare grandi entusiasmi e calore, si affida alla freddezza della realpolitik, propria di chi è ossessionato dalla perdita del Potere, senza che nessuno apertamente dissenta o si senta in dovere di lasciare una poltrona.
È questo che è accaduto: i sedicenti rivoluzionari che scoprono il confort del palazzo d’Inverno e non rinunciano ad abitarne il salotto, chiuso come una scatola di tonno, con i suoi velluti e i suoi segreti: un presidente del Consiglio che sceglie di vivacchiare solitario y final, nonostante la sua sopravvivenza sia solo legata all’incertezza altrui sul da farsi, con buona pace dell’immagine affidata agli spin sulla sua “autorevolezza”, “responsabilità ”, garante di una tenuta della legislatura, attorno a cui si intensificano le voci di un “suo” partito (non smentite).
Un ministro delle Infrastrutture “no Tav”, di fatto sfiduciato dal premier sulla realizzazione dell’opera, che resta al suo posto.
L’annuncio di un’ennesima sceneggiata sull’Alta velocità , che si farà , come ha detto Conte, col suo partito che fa finta di criticarlo e presenterà  una mozione in Parlamento, consapevole che non passerà , nel tentativo di “illudere” la base sulla propria non complicità .
Manovra cinica e disperata, benedetta anche da Beppe Grillo, il Fondatore e custode dei valori delle origini, trasformatosi di fronte al collasso e all’esigenza del primum vivere da autentico capo-popolo in consumato capo-partito che corre in soccorso ai suoi.
C’è un Capo, dicevamo e sotto il nulla.
Al Senato oggi, mentre parlava Conte, non c’era più maggioranza, anche perchè non era richiesto un voto. Però è comunque un fatto politico di prima grandezza.
È la prima volta che accade, il che certifica un salto di qualità , perchè questa crisi strisciante è entrata dentro le istituzioni. Per la prima volta è uscita dai blog.

(da “Huffingtonpost”)

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HARAKIRI M5S CHE DISERTA L’AULA DEL SENATO QUANDO PARLA CONTE

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

IL GRUPPO SI SPACCA: “SIAMO FANTOZZIANI” … CONTE FURIOSO STRAPAZZA IL CAPOGRUPPO, LA DIRETTIVA ERA DI DI MAIO, LO STRATEGA CHE HA FATTO DIMEZZARE I VOTI DEL M5S

La telefonata dall’alto arriva poco prima che Giuseppe Conte parli in aula: “Lasciate i banchi vuoti”.
È da Luigi Di Maio che arriva una decisione last minute che piomba sulla chat interna dei senatori 5 stelle ignari di tutto fino all’ultimo minuto.
Di Lì a poco, nell’emiciclo del Senato si verifica una scena surreale. C’è il premier designato dai 5 stelle che accende il microfono per spiegare la posizione del governo sul Russiagate, su Matteo Salvini e Gianluca Savoini, sulla collocazione internazionale del governo.
Con il principale interessato assente, e con i banchi del partito che lo dovrebbe sostenere vuoti per metà .
Mentre i deputati di quello stesso partito, un piano sopra, facevano la fila come bravi scolari, accorsi per andare a sentire il loro presidente. Paradossale.
C’è Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, che sfoggia una cravatta No-Tav. “Ma quindi è per questo che protestate?”. Inarca un sopracciglio, sorride: “Magari”.
Mezzo gruppo si ribella e entra dentro: “Ma vi pare possibile? — sbotta un senatore con i colleghi — La prenderanno tutti come una critica a Conte”.
Ed è proprio così, con una sequela di interventi degli altri partiti che stigmatizzano quei posti platealmente lasciati vuoti, con i computer e i faldoni in bella vista in attesa di rientrare per votare sulla legge per le opere lirico sinfoniche.
La comunicazione 5 stelle si affretta a spiegare che no, la mossa non è contro Conte, ma in polemica con Salvini, doveva esserci lui in aula.
È Stefano Patuanelli, il solitamente puntuale e pimpante capogruppo M5s, a provare a mettere ordine, un intervento evidentemente imbarazzato, che spiega come “forse il diretto interessato doveva essere qui a rispondere, noi sosteniamo il nostro presidente Conte”.
Il cui volto, man mano che gli interventi in aula continuavano e i 5 stelle non entravano, diventava sempre più livido. “Io vengo a metterci la faccia — lo sfogo — e voi mi lasciate solo?”.
Dopo tanto richiamare alla trasparenza e al rispetto delle istituzioni, fatto dall’uno e dagli altri, non se lo aspettava. Un ragionamento fatto a brutto muso anche allo stesso Patuanelli, che capita la situazione era andando ad accompagnarlo fuori dall’aula.
Il punto è che non c’è stato nessun coordinamento, che il capo del governo ha saputo della mossa solo quando si è trovato davanti agli occhi la parte centrale dell’emiciclo semi-vuota.
“È per questo che sono rimasto dentro”, spiega un senatore pentastellato quando gli si fa notare il cortocircuito comunicativo. Un altro, Criscuoli, spiega su Facebook: “Oggi, pochi istanti prima dell’intervento del Presidente del Consiglio in Senato, con un messaggio non firmato (ma che è stato riferito direttamente a Di Maio) ci è stato chiesto di abbandonare l’aula. Dissociandomi dall’iniziativa, che non mi appartiene nel metodo e nel contenuto, sono restato al mio posto insieme a molti miei colleghi”.
“Siamo fantozziani”, va giù duro un suo collega. Molti svicolano, altri, capendo quello che stava succedendo, entrano almeno quando parla il capogruppo, quando si affacciano Paola Taverna, Gianluigi Paragone, lo stesso Morra.
“Io ho massimo rispetto del presidente — la spiegazione di Patuanelli — ma per queste cose mi coordino con Di Maio”. Il capo politico prova a metterci una pezza: “Piena fiducia in Conte”.
Un cortocircuito totale. Con i banchi del governo vuoti. Ci sono solo Giulia Bongiorno e Riccardo Fraccaro, il sottosegretario Vincenzo Santangelo. Quasi in chiusura arriva Alberto Bonisoli.
Conte parla del già  noto, riprende il comunicato di Palazzo Chigi in cui si spiegava dell’intervento di D’Amico, consigliere di Salvini, per favorire la presenza di Savoini alla cena con Putin, alle sue due missioni in Russia a seguito del vicepremier.
Assicura sulla collocazione internazionale dell’Italia, ma non trae nessuna conclusione politica su quanto è successo. Dice che questo è quanto può dire, perchè “non ho ricevuto informazioni a riguardo dal ministro competente”.
Il Pd rumoreggia, borbotta, urla, si dice insoddisfatto e annuncia una mozione di sfiducia individuale. Maurizio Romeo dai banchi della Lega contrattacca, si scatena una gazzarra, molto fumo poco arrosto. Poi cita Bibbiano e dai banchi Dem parte la protesta.
Un caos in cui passa sostanzialmente inosservato il passaggio più sibillino del premier, quello in cui, aprendo il suo intervento, ha assicurato che “da questo consesso ho ricevuto la fiducia per l’incarico da presidente del Consiglio e a questo consesso tornerò ove mai dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata del mio incarico”.
Un annuncio della parlamentarizzazione di un’eventuale crisi che non ha lasciato indifferente Salvini, che in serata ha ammonito: “Le maggioranze non si raccolgono come funghetti”.
Schermaglie, almeno a guardare il sonnacchioso Palazzo. Nel Transatlantico di Palazzo Madama non si respira aria di crisi.
Alla buvette Patuanelli prende un caffè con Daniela Santanchè, a qualche centimetro Lucia Borgonzoni scherza con Lucia Ronzulli. Passa Gianluca Castaldi, ha una sigaretta in mano, sorride: “Che ci fate tutti qui, oggi non è mica una giornata importante, è scemata”.
Poco più in là  un collaboratore parlamentare si domanda: “Perchè teniamo aperto il Senato anche la prima settimana di agosto? Non si potrebbe chiudere prima?”. Due senatori annuiscono.

(da “Huffingtonpost”)

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SVOLTA NELLE INDAGINI SUI RUBLI: PER LA PROCURA DI MILANO SAVOINI ERA AL METROPOLITAN COME “UOMO DELLA LEGA”

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

SMENTITA LA TESI DI SALVINI SECONDO LA QUALE RAPPRESENTAVA L’ASSOCIAZIONE ITALIA-RUSSIA… AGIVA E TRATTAVA PER CONTO DELLA LEGA

Mentre Giuseppe Conte è in Senato per rispondere alle domande sul Russiagate in chiave italiana, emergono nuove informazioni sull’inchiesta aperta dalla Procura di Milano. Le agenzie di stampa riportano che ora gli inquirenti guarderebbero a Gianluca Savoini come «uomo delle Lega».
La posizione ufficiale di Matteo Salvini infatti è sempre stata che Savoini non fosse un rappresentante del partito, ma solo il presidente dell’associazione culturale Lombardia-Russia.
Una versione quindi che ora sarebbe messa in crisi da chi sta indagando per capire se invece ha agito per conto di qualcuno.
Anche il premier Giuseppe Conte ha smentito, in parte, la versione ufficiale della Lega su questo argomento. Durante il suo intervento in Senato ha spiegato: «Gianluca Savoini era nella delegazione ufficiale del ministero dell’Interno nella visita a Mosca del luglio 2018».
Intanto i senatori del Pd, guidati dal capogruppo Andrea Marcucci, hanno ufficializzato una mossa di cui si parlava da giorni: verrà  presentata una mozione di sfiducia per il ministro dell’Interno.
Per la procura di Milano l’ex portavoce del vicepremier Matteo Salvini è sotto la lente degli inquirenti non come presidente dell’associazione Lombardia-Russia, “ma come uomo del Carroccio”.
E in questa veste che viene letta la sua presenza all’hotel Metropol di Mosca dove avviene, il 18 ottobre scorso, l’incontro tra funzionari russi e tre italiani al centro dell’indagine guidata dal procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e dai pm Gaetano Ruta e Armando Spataro. Una lettura che in qual modo spiegherebbe l’assenza di sequestri nella sede dell’associazione.
Le indagini dovranno chiarire se il presidente dell’associazione Lombardia- Russia, tra gli indagati per corruzione internazionale, abbia agito o meno per conto di qualcuno e di chi.
Quello che appare certo è che Savoini, che si è avvalso della facoltà  di non rispondere ai magistrati, non riveste e non ha rivestito incarichi formali eppure risulta presente con il vicepremier Salvini in una missione ufficiale a Mosca.

(da agenzie)

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COME FUNZIONA LA MACCHINA DELL’ODIO SUI FATTI DI BIBBIANO E CHI TIRA LE FILA

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

QUELLO CHE LA SINISTRA NON HA ANCORA CAPITO: DI FRONTE A UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE AL SERVIZIO DI UNA POTENZA STRANIERA NON SERVONO LE CHIACCHIERE

Nelle ore più calde della crisi tra Di Maio e Salvini l’exit strategy del governo gialloverde prende la strada di Bibbiano. Mentre infuriano le polemiche per il caso Arata e non si placano le domande sulla Moscopoli leghista, l’asse di governo si ricompatta su una comune strategia comunicativa: far passare i mostruosi fatti di Bibbiano sotto la responsabilità  del Pd.
Gli spin doctor sono al lavoro per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi interni al governo e addossare i fatti dell’inchiesta ”Angeli e demoni” alla sinistra. In questi giorni i social sono diventati il campo di battaglia dove la propaganda sovranista sta muovendo il suo esercito digitale per convincere gli utenti a credere che la tremenda rete del business sui minori sia orchestrata dalla sinistra.
La viralità  di tale messaggio è talmente forte che il Partito Democratico è il secondo argomento più correlato alle ricerche degli italiani che vogliono informarsi della vicenda “Bibbiano” su google. Tramite il suo profilo Facebook Salvini ha fatto sapere di volersi recare a Bibbiano, perchè “nel silenzio della sinistra, a Bibbiano pretendono risposte”.
Intorno alla figura del leader leghista si è formata una community online composta da una miriade di pagine facebook non ufficiali che sostengono e rilanciano in maniera aggressiva la sua propaganda.
La popolarità  di questi gruppi arriva a comprendere oltre 5mln di persone: presi nel loro complesso godono di una popolarità  enorme in Italia e sono potenzialmente in grado di indirizzare il sentire comune su vicende come quella di Bibbiano.
Su queste pagine vengono pubblicati da giorni dei post che parlano di “orrore della sinistra” sui bambini, legando i volti di alcuni esponenti del pd come Nicola Zingaretti, Maria Elena Boschi o Laura Boldrini ai fatti di Bibbiano.
In un’altra di queste pagine si arriva addirittura a parlare di pratiche di tortura contro i bambini con scosse elettriche e lavaggi del cervello a opera della “sinistra”.
A sostegno di questa campagna coordinata è sceso in campo anche il movimento 5 stelle. I messaggi dei principali leader, dei gruppi ufficiali e di quelli satellite seguono la stessa strategia comunicativa di quelli appena visti.
Su uno dei gruppi della galassia grillina è stato pubblicato un post che ricalca lo schema di associare i volti di personaggi vicini alla sinistra con la volontà  di oscurare i fatti legati alla vicenda.
Nella comunicazione dei 5 stelle sono presenti moltissimi richiami a tesi cospirative che vedono media e partiti di sinistra legati da un patto di omertà  per insabbiare la vicenda. Anche su questo fronte esistono delle strategie comuni: i movimenti di estrema destra descrivono i fatti di Bibbiano come un complotto del Pd per disgregare la famiglia tradizionale.
Il linguaggio violento dei post, che dipinge il Pd come un’organizzazione criminale che ha messo in piedi un business rubando bambini ai propri genitori, innesca delle spirali di vero e proprio odio. Il risultato di questa strategia di demonizzazione dell’avversario politico è ben evidenziato in alcuni dei commenti sulla pagina ufficiale del Movimento 5 stelle.
La campagna per imporre nell’opinione pubblica digitale l’associazione tra Pd e il caso Bibbiano continua su Twitter, dove è attiva la presenza di una rete di account che scrivono in maniera automatica messaggi a sostegno della propaganda sovranista.
Si evidenzia l’alleanza digitale tra i profili sovranisti, riconoscibili dalla bandiera italiana, e quelli grillini uniti sotto lo stesso slogan.
Questo network, infatti, il 21 luglio è riuscito a imporre per oltre 13 ore tra i trendingtopic di twitter l’hashtag #BibbianoOmertà .
In attesa di conoscere le conseguenze di questa campagna sugli elettori registriamo che il Pd arretra di circa mezzo punto nel sondaggio Swg di La 7 e in modo simile in quello di Pagnoncelli per il Corriere. Cresce invece   il movimento 5 stelle: i primi effetti della campagna iniziano a dare i loro frutti.

(da “Huffingtonpost”)

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SALE LA TENSIONE PER IL CORTEO NO TAV DI SABATO, SI TEMONO SCONTRI CON LE FORZE DELL’ORDINE

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI VENAUS: “TEMO DISORDINI, IL GOVERNO ISTIGA ALLA VIOLENZA”… PREVISTE MIGLIAIA DI PERSONE ANCHE DALL’ESTERO

I segnali sono diversi: i proclami bellicosi sui siti ufficiali, l’annunciato arrivo di “rinforzi” da altre regioni e dall’estero, con gli anarchici segnalati da Francia, Spagna, Svizzera, lo scontro tutto interno al Movimento che non ha ancora un vincitore tra chi punta ad azioni sempre più dure e chi, invece, non intende superare quella linea.
Le parole con cui il premier Giuseppe Conte ha certificato il sì alla Torino-Lione hanno avuto come primo effetto quello di far tornare a salire la tensione sul Tav: in Val di Susa soprattutto, dove Digos, antiterrorismo e 007 hanno già  cerchiato in rosso il corteo previsto per il 27 luglio, ma anche in tutti quegli ambienti anarchici dove la battaglia dei No Tav è considerata da ormai un decennio come l’emblema di tutte le lotte ambientaliste.
Una “convergenza di interessi”, dicono gli investigatori, che potrebbe produrre una serie di azioni, diverse tra loro ma orientate tutte nella stessa direzione.
Del resto che il clima in Val di susa si stia surriscaldando, lo dimostra la sfilza di dichiarazioni di sindaci ed esponenti del Movimento No Tav.
A partire da Nilo Durbiano, sindaco di Venaus: “Si respira, nella migliore delle ipotesi, aria di delusione. Questi stanno scherzando col fuoco. Io ho paura della violenza, ma questa è istigazione alla violenza”.
“Credo che il M5s abbia deciso di scrivere il proprio testamento politico – aggiunge il primo cittadino -. La loro avventura è conclusa. Il Governo e il ministro Salvini non si rendono conto del disastro sociale che questa scelta comporterà ”.
Alberto Perino, storico leader No Tav rincara la dose: «La tensione in Valle c’è sempre stata e la decisione del premier Conte non cambia niente nemmeno da quel punto di vista. Quello che però voglio dire a tutti è che facciano attenzione perchè se pensano di inasprire le sanzioni e la repressione fanno un grande errore. Se vogliono fare dei martiri in Valle si ricordino che i martiri possono essere molto pericolosi».
Il primo banco di prova di questo nuovo (vecchio) clima sarà , appunto, la manifestazione in programma sabato. A partire da domani arriveranno in valle migliaia di persone per il campeggio No Tav che già  prima dell’annuncio del premier era stato per la prima volta ufficialmente aperto “a tutti i movimenti che lottano per la salvaguardia del clima e contro le grandi opere inutili e dannose che distruggono i territori”.
Tra Venaus, Chiomonte e Susa, spiegano infatti gli analisti, già  da tempo erano consapevoli che i cinquestelle non avrebbero retto alla pressione di tutti gli interessi che ruotano attorno al ‘Sì Tav’ e, dunque, si erano “portati avanti”.
“La lotta contro il Tav – spiega un esperto investigatore che da anni segue quelle dinamiche – si è sempre giocata su più fronti: quello ‘istituzionale’, che ha visto in prima fila alcuni sindaci e i leader storici del Movimento, quello che fa riferimento agli autonomi, che si è sempre mosso con azioni in valle, ultime quelle di sabato scorso con il lancio di razzi e pietre verso il cantiere, e quello anarchico, che spesso ha agito con azioni clandestine di sabotaggio” non solo in Val di Susa.
Tra questi fronti non c’è mai stata una ‘saldatura’ definitiva. Anzi, più volte le diverse componenti sono entrate in contrasto, come accadde ad esempio nel 2014 dopo i sabotaggi sull’alta velocità  a Bologna e Firenze: i No Tav se la presero con i fanatici del ‘gesto individuale’ che andava a danno dell’intera battaglia collettiva; gli anarchici risposero attaccando gli “sbirri in divisa militante” che si arrogano il potere di decidere quali sono gli attacchi giusti e quali no.
Ma tra i vari fronti ci sono delle “convergenze di interessi”. Significa ad esempio che, ragionano gli investigatori, non c’è alcun legame tra le iniziative in Val di Susa e chi ha mandato in tilt la circolazione ferroviaria in Italia dando fuoco alla centralina dell’alta velocità  a Firenze. Ma tutte hanno allo stesso obiettivo: bloccare l’alta velocità , esistente o in costruzione.

(da agenzie)

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TAV, CINQUESTELLE PERSI NEL TUNNEL

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

LA BASE SI RIBELLA, DAL PIEMONTE TONI PESANTI, LA LOMBARDI METTE IN DISCUSSIONE L’ALLEANZA CON LA LEGA

Cene, colazioni, riunioni più o meno carbonare e conciliaboli.
Dalle 20 di ieri sera, da quando il premier Giuseppe Conte ha detto sì alla Tav, il Movimento 5 Stelle è sconvolto come se su di sè stesse passando una tempesta che sta buttando giù ogni punto di riferimento.
“Siamo turbati. Abbiamo saputo della decisione dal Facebook live del presidente del Consiglio. Devo aggiungere altro?”, domanda retorica di un parlamentare piemontese al termine di uno dei tanti colloqui.
Qualcuno si spinge oltre e in discussione, adesso, c’è l’alleanza con Matteo Salvini: “Serve decidere cosa vogliamo fare da grandi. Dobbiamo decidere — scrive la pasionaria Roberta Lombardi – se rinunciare a fare la stampella della Lega e riprendere la nostra identità . Domandiamoci se siamo ancora utili al governo”.
È una voce tra le tante, mentre dal territorio iniziano a muoversi i No-Tav che sabato marceranno verso Chiomonte mettendo pressione ai grillini che in Piemonte hanno sempre trovato in questo movimento il loro zoccolo duro.
I dubbi amletici vengono esternati in maniera più o meno velata. Nicola Morra, il presidente della commissione Antimafia, di buon mattino apre il caso: “Inaccettabile il sì alla Tav, abbiamo perso i nostri valori”.
Chi ha minacciato le dimissioni da senatore, come Alberto Airola, ci ha ripensato ma il rischio che il Movimento si spacchi è reale.
Soprattutto in Piemonte, dove l’abbandono in massa degli iscritti potrebbe essere dietro l’angolo. Basti pensare alla nota dei consiglieri piemontesi grillini che senza mezzi termini chiedono il rispetto del contratto di governo: “Se dovesse presentarsi in Parlamento una maggioranza trasversale del partito unico delle opere inutili, con il voto determinante della Lega, si sancirebbe di fatto la violazione di un importante punto”.
Dal Senato risponde al telefono Emanuele Dessì, colui che ha apostrofato quanto successo ieri come “una giornata di m…”: “Sto parlando con colleghi. Di cosa? Di Tav ovviamente, qui non si parla d’altro”.
Negli stessi minuti alla Camera si vedono tutti i parlamentari del Piemonte: “E ora cosa facciamo?”. Ci sono Carabetta, Dadone, Saritella, Pirro, Matriciano e altri.
Carabetta, che nell’ultimo anno ha lavorato per produrre documenti su documenti da presentare alla Francia e alla commissione Europea, ha l’aria di colui che non ha dormito tutta la notte: “Abbiamo fatto di tutto per portare avanti quello che c’è nel contratto di governo, cioè la riduscussione generale dell’interno progetto ma la Francia vuole andare avanti in quella direzione e noi in maniera unilaterale non possiamo disdire l’accordo”.
Eccone un’altra, reduce anche lei dalla riunione: “La Tav è il primo errore politico di Conte. Non comprendo le parole del presidente del Consiglio perchè alla luce di una modifica degli stanziamenti Ue non viene pubblicata ulteriore analisi costi benefici dell’opera. Il Presidente avrebbe dovuto motivare meglio le scelte personali e con modi consoni alle istituzioni”.
A cena ieri sera in un noto ristorante del centro a due passi da Montecitorio si sono visti i vertici pentastellati. I capigruppo D’Uva e Patuanelli, il ministro Fraccaro, Pietro Dettori, tra i più vicini a Luigi Di Maio, il sottosegretario Stefano Buffagni, la senatrice Paola Taverna. Tutti attorno a un tavolo. Sguardi spenti e amarezza. Nessuno si aspettava una decisione così netta e chiara. Qualcuno sperava in una nuova richiesta di rinvio, in una possibilità  di ridiscutere l’opera.
Non ci sarà  niente di tutto questo. Solo un voto parlamentare, proposto dai 5Stelle, contro la Tav il cui esito è già  scritto. Sarà  respinto.
L’imbarazzo è evidente: “Deciderà  il Parlamento, non c’è nessuna giravolta. Non abbiamo i numeri per fermare la Tav? Vedremo”, dice il ministro dei Rapporti con il Parlamento. C’è anche Michele Dell’Orco, sottosegretario alle Infrastrutture: “Fare un passo indietro? Il Parlamento dovrà  votare per annullare questi trattati. Siamo in minoranza? Mi interessa che il Movimento mantenga la coerenza con quanto detto in questi mesi”.
Nessuno si dimette, nessuno lascerà  il suo posto nel governo, neanche il ministro Danilo Toninelli, nè i parlamentari grillini lasceranno il loro scranno. La delusione è molta, la base che si è rivoltata contro agita i deputati e i senatori che provano a gestire la situazione.
Dai territori invece arriva il grande abbandono. “E adesso come torniamo a casa?”, si chiedono i parlamentari piemontesi.

(da “Huffingtonpost”)

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DECRETO SICUREZZA, LA CONSULTA BOCCIA IL POTERE SOSTITUTIVO DEI PREFETTI VOLUTO DA SALVINI

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

TROPPO DISCREZIONALE”…   SMONTATO ANCHE IL DASPO URBANO IN CASO DI BISOGNOSI DI CURE MEDICHE

No al potere sostitutivo dei prefetti perchè troppo discrezionale, sì al Daspo urbano ma con dei paletti significativi.
Sono le motivazioni della decisione della Corte Costituzionale, che nella giornata del 24 luglio ha depositato la sentenza 195.
La Consulta ha esaminato due aspetti del cosiddetto Decreto sicurezza del 2018: il potere sostitutivo dei prefetti, previsto dall’articolo 28, primo comma (impugnato dalla Regione Umbria) e l’estensione del Daspo urbano ai presà­di sanitari prevista dal primo comma, lettera a, dell’articolo 2 (censurata dalle Regioni Emilia Romagna, Toscana e Calabria). Illegittimo il primo; legittima la seconda purchè, però, la disposizione sia interpretata in modo costituzionalmente orientato. Nella fattispecie, il potere sostitutivo del prefetto nelle attività  di comuni e province è illegittimo perchè lede l’autonomia degli enti locali e contrasta con il principio di tipicità  e legalità  dell’azione amministrativa.
È invece legittima l’estensione ai presà­di sanitari del cosiddetto Daspo urbano (divieto di accedere a taluni luoghi per esigenze di decoro e sicurezza pubblica) a condizione, però, che il divieto non si applichi ha chi ha bisogno di cure mediche o di prestazioni terapeutiche e diagnostiche, poichè il diritto alla salute prevale sempre sulle esigenze di decoro dei luoghi e di contrasto alle condotte sanzionate in via amministrativa, quali lo stato di ubriachezza, gli atti contrari alla pubblica decenza, il commercio e il parcheggio abusivo (presupposti del Daspo urbano).
Così interpretata, la norma è legittima: il diritto alla salute di chi ha bisogno di cure o di accertamenti sanitari rimane infatti pienamente tutelato e non vi è alcuna incidenza sul l’organizzazione dei presidi sanitari, sicchè non è violata la competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute.
La Corte ha invece cancellato l’articolo 28, primo comma del Dl 113/2018, che ha inserito nell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (Tuel) — sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti mafiosi degli amministratori locali — un nuovo sub-procedimento per l’attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto sugli atti degli enti locali. In particolare, il decreto prevede(va) che, se dalla relazione prefettizia non emergono i presupposti per l’esercizio del potere governativo di scioglimento dei consigli comunali e provinciali nè quelli per l’adozione di provvedimenti correttivi dell’azione dell’ente o sanzionatori dei dipendenti coinvolti nelle infiltrazioni mafiose ma emerge comunque una situazione di “mala gestio” dell’ente, scatta(va)no i nuovi poteri sostitutivi dei prefetti.
E secondo la norma, si ha “mala gestio” in tutte quelle situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità  delle amministrazioni locali nonchè il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati.
In queste situazioni il prefetto individua(va) i prioritari interventi di risanamento, indica(va) gli atti e assegna(va) un termine non superiore a 20 giorni per la loro adozione, scaduto il quale scatta(va) la sostituzione all’amministrazione inadempiente, mediante la nomina di un commissario ad acta.
La Corte ha osservato che la norma, oltre a violare la complessiva autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali (riconoscimento di funzioni amministrative proprie, autonomia regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, autonomia finanziaria), introduce un nuovo potere prefettizio fondato su presupposti generici ed eccessivamente discrezionali, violando così il principio di tipicità  e legalità  dell’azione amministrativa.
Infine, la sentenza mette in rilievo anche che il potere sostitutivo del prefetto, considerata la sua ampia incidenza nell’attività  di comuni e province, avrebbe dovuto essere rispettoso della leale collaborazione, nel senso che la norma censurata avrebbe dovuto prevedere l’adozione della delibera del Governo o il decreto del ministro dell’Interno.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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CAROLA IL 3 OTTOBRE PARLERA’ AL PARLAMENTO EUROPEO DELL’IMPORTANZA DEL SALVATAGGIO IN MARE

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

NELL’ANNIVERSARIO DEL NAUFRAGIO DI LAMPEDUSA DEL 2013 IN CUI PERSERO LA VITA 400 MIGRANTI

Il 3 ottobre Carola Rackete sarà  ascoltata nel Parlamento dell’Unione europea.
“Siamo lieti che interverrà  per parlare dell’importanza della ricerca e del salvataggio nel Mediterraneo, per commemorare la tragedia del 2013 dove morirono in centinaia” a Lampedusa, si legge in un tweet
La comandante tedesca della Sea Watch 3, arrestata — e poi scarcerata — dopo essere entrata in acque italiane forzando il blocco e attraccando a Lampedusa con la nave della ong tedesca a bordo della quale si trovavano ancora 42 migranti soccorsi in acque libiche, sarà  in audizione nella commissione Libertà  civili (Libe) del Parlamento in occasione dell’anniversario del naufragio in cui hanno perso la vita quasi quattrocento migranti.

(da agenzie)

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ARRIVANO ALTRI 77 PROFUGHI A LAMPEDUSA, MOLTE DONNE, MA NON SONO ONG QUINDI SALVINI NON LO DICE

Luglio 24th, 2019 Riccardo Fucile

ERANO SU UNA BARCA ALLA DERIVA, TIPICO STRUMENTO OFFENSIVO PER VIOLARE I SACRI CONFINI DELLA PATRIA

Soccorsi da Guardia costiera e Guardia di finanza, sono giunti nel pomeriggio al molo Favaloro di Lampedusa una trentina di donne – una al nono mese di gravidanza – due bambini di circa un anno e circa 50 uomini.
Sono per la precisione 77 i migranti sbarcati a Lampedusa. Erano su una barca alla deriva, quando sono stati soccorsi dalla Guardia costiera. 36 le donne e 4 minori, fra cui due bambini di poco meno di un anno.
I migranti sono stati trasportati all’hotspot di contrada Imbriacola dove verranno sottoposti ai controlli medici e identificati. Hanno raccontato di essere partiti dalla Libia e di aver viaggiato per oltre tre giorni. Provengono da Costa d’Avorio, Gambia, Camerun, Senegal e Tunisia.

(da agenzie)

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