Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
IL SUO NOME TRA I PAPABILI MA COMPLICA LO SCACCHIERE DI VON DER LEYEN… IPOTESI LETTA O CONTE ALLA UE E GIOVANNINI PREMIER
La telefonata di Angela Merkel. Tantissime mail di sostegno arrivate alla casella di posta elettronica di Palazzo Chigi. Il suo intervento in Senato che fa il giro dei social: virale. All’indomani delle dimissioni, Giuseppe Conte trova conforto in questi segnali. Eppure si allontana per due giorni dai riflettori di Roma, rifugiandosi in famiglia, per prepararsi comunque a rappresentare l’Italia al G7 di Biarritz in Francia sabato prossimo, da premier dimissionario. Cosa farà Conte in futuro?
A sentire Nicola Zingaretti non farà il premier di un governo Pd-M5s: il Pd non entra in un governo Conte bis, dice il segretario dopo la direzione dem, serve “discontinuità ”.
Conte commissario europeo? Nei palazzi della politica se ne parla, se ne parla anche a Bruxelles da tempo, almeno come suggestione. L’idea piacerebbe a M5s, specchio delle altre voci che – sempre oggi – fanno salire le quotazioni di Raffaele Cantone e Enrico Giovannini per Palazzo Chigi, entrambi di area dem.
Per la commissione resta in ballo anche Enrico Letta, se il premier fosse invece di area M5s secondo una spartizione di massima che sembra regolare questa complicata trattativa fin dall’inizio. Ma ci sono complicazioni che arrivano anche da Bruxelles.
L’Italia è in ritardo sull’indicazione del nome del commissario. È vero che anche la Francia deve ancora indicare un proprio candidato.
Ed è vero anche che la presidente Ursula von der Leyen non sta col fiato sul collo di Roma ora che si è aperta la crisi di Governo, la scadenza fissata del 26 agosto è più fittizia che vicina. Ma è la stessa crisi di Governo a suggerire altri schemi, riferiscono fonti europee. Schemi diversi da quelli iniziali, quando per l’Italia si prospettava un portafoglio alla Concorrenza con la vicepresidenza della Commissione.
Per uno come Conte, ex premier uscente, questo portafoglio potrebbe risultare troppo leggero – oltre al fatto che la Liberale Marghrete Vestager non fa mistero di volerlo tenere per sè. C’è il precedente del lettone Valdis Dombrovskis, ex premier entrato in commissione Ue con vicepresidenza e portafoglio pesante con delega all’euro. Insomma, non è facile incasellare Conte. Oltre al fatto che, segnalano alcune voci di Bruxelles, è pur sempre l’ex premier del primo Governo populista dell’Europa occidentale e questo complica il suo futuro anche in Europa, oltre che a Palazzo Chigi per i veti di Zingaretti.
C’è dell’altro. Il tempo sta per scadere.
Nonostante la pazienza che sembra prevalere a Palazzo Berlyamont, arrivando ultima Roma rischia di trovare solo ‘posti in piedi’. Con l’aggravante che Ursula von der Leyen ha urgenza di accontentare i paesi dell’est, dalla Polonia di Kaczynski all’Ungheria di Orban, leader che l’hanno sostenuta in Consiglio europeo e all’Europarlamento e che sono ancora in attesa di ricompensa: si aspettano incarichi pesanti.
Anche Conte, certo, ha sostenuto von der Leyen e questa è una carta che userà per accreditarsi ancor di più negli ambienti europei negli incontri a margine del G7 in Francia. Ma certo con la crisi, niente più è scontato malgrado a Bruxelles abbiano tutto l’interesse a trattare bene l’Italia, soprattutto ora che si appresta ad avere un governo filo-europeista, senza le incognite del sovranista Matteo Salvini.
Ed è proprio il filo europeista che conduce all’altro candidato in campo: Enrico Letta. Anche lui è un ex premier, anche per lui dovrebbe prospettarsi un portafoglio importante. Ma c’è anche il fatto che Letta entrerebbe in squadra con una valenza politica maggiore per i due contraenti del nuovo patto di governo.
Il M5s potrebbe così dimostrare di non aver fatto patti con Renzi, l’accusa salviniana che li ferisce di più. Stesso ragionamento per Zingaretti. Le sue quotazioni sono alte. Lui oggi è ospite alla festa di Cl a Rimini ma non commenta.
Il puzzle fatica a comporsi.
I nomi di Cantone, ex capo dell’autorità anti-corruzione, e di Giovannini, ex ministro del Lavoro di Letta premier, ora a capo dell’Asvis, associazione per lo sviluppo sostenibile, girano per Palazzo Chigi.
Ma è ancora presto, alla vigilia della seconda giornata di consultazioni al Colle, quella dei partiti principali. Sergio Mattarella vuole una soluzione al più presto.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
IL PD VUOLE DISCONTINUITA’ DI NOMI DA ENTRAMBE LE PARTI, RISCHIA DI ANDARE A VUOTO IL PRIMO GIRO DI CONSULTAZIONI
Il problema è Conte. È questo il senso della “discontinuità ” di agenda e, soprattutto, di uomini, su cui il segretario del Pd Nicola Zingaretti ottiene il mandato (per acclamazione, e questa è una notizia) dalla direzione del suo partito.
Per trattare su un Governo con i Cinque stelle, ma non a tutti i costi, con uomini buoni per tutte le stagioni.
E nell’ambito di una cornice politica che archivi la logica del “contratto”. Tanto per intenderci: quella del “fuori i verdi, dentro i rossi”, purchè Conte & co. restino nelle ovattate stanze del potere abitate finora.
Diciamo le cose come stanno: è un mandato che, di fatto, rischia di mandare a vuoto il primo giro di consultazioni al Colle.
Perchè lì i Cinque stelle si presenteranno con l’ipotesi di “proseguire con Conte”, senza indicare per ora altri nomi, prima di capire quale potrà essere il suo destino che non può terminare con un “arrivederci e grazie”.
È questo il punto che Di Maio ha compreso in tutta la sua portata politica, leggendo le dichiarazioni di Zingaretti: “Questo di Conte per noi è un problema serio” ha detto ai suoi. Le uniche speranze, in caso di voto, solo legate all’esposizione dell’ex premier, l’unico a tenere negli indici di popolarità e fiducia: “Come facciamo a tenerlo fuori?”.
Comunque la scelta sarebbe foriera di un’ulteriore tensione nel Movimento, tra i due leader, gli staff, il corpaccione dei parlamentari che vive come leader naturale l’avvocato che le ha cantate a Salvini. È così che si spiega il granitico silenzio di un Movimento solitamente ciarliero che con una nota quasi bulgara fa sapere che la posizione sarà nota domani e che è “monolitico” attorno a Luigi Di Maio, proprio nel momento in cui di monolitico c’è poco.
I gruppi, dice qualcuno, “voterebbero Dell’Utri premier, pur di non andare a casa”, ma i big sono divisi alla prima condizione della trattativa col Pd.
Di Battista e Taverna vogliono votare, Di Maio vuole fare il Governo, Conte non pensa affatto di tornare ai suoi amati studi.
Ecco perchè anche un ottimista come Dario Franceschini, a margine della direzione del suo partito, confidava a qualche collega: “Oggi la vedo 50 e 50. Al 50% si fa il governo, al 50% si vota”. Non a caso nei giorni scorsi, il suo suggerimento era quello di tenere l’avvocato con la pochette a palazzo Chigi, in uno schema che prevedesse l’ingresso di Zingaretti al Governo come suo vice, ipotesi che il segretario ha decisamente scartato.
E la novità è proprio la mossa di Zingaretti, che è riuscito a posizionare il Pd, in questo negoziato, in maniera degna, dopo le convulsioni di questi giorni.
Come partito, per una volta, e non come aggregato di bande. Su una posizione autonoma. Se avesse detto “al voto”, si sarebbe sciolto il Pd dopo un minuto; se avesse ceduto alla linea “Governo a tutti i costi”, si sarebbe messo nelle mani di Renzi. Ha invece ottenuto un mandato per andare a vedere, altrimenti si vota. Le condizioni, messe nero su bianco, non ostacolano il confronto, come si dice in gergo, ma ne fissano una cornice.
A partire da un punto non irrilevante, politicamente e culturalmente, che è la richiesta di un riconoscimento della democrazia parlamentare come prassi e terreno del confronto.
È uno “schiaffo” diretto alla Casaleggio Associati, laboratorio culturale della sostituzione della democrazia rappresentativa con la democrazia diretta.
Il passaggio del documento ribalta quel che Davide Casaleggio ripete in ogni intervista: “Il modello della democrazia ottocentesca non resterà ”. Scendendo sul concreto significa che la riduzione dei parlamentari si resetta, e la discussione semmai ricomincia da capo, così come si resetta il referendum propositivo. Insomma, dicono al Nazareno: “Nicola ha messo i titoli, poi su ogni punto si entrerà nel merito”
Ecco, sia pur senza traumi, il Pd entra nella trattativa ribadendo che questo anno non si può rimuovere. Ma, parliamoci chiaro, il problema vero sono i nomi.
Il possibile nome per palazzo Chigi ancora non c’è. E non c’è uno schema condiviso sul resto, finchè non si dipana la questione Conte.
Anzi, nella parola “discontinuità ” si intravede anche un’altra possibile traccia di lavoro, che al Nazareno qualcuno ha in mente: “Fuori tutti quelli che sono stati al Governo con Salvini e fuori anche tutti quelli che sono stati nei Governi passati”. Per ora è una suggestione, ma c’è nella formula “il migliore dei Governi possibili”.
Che darebbe il senso della novità rispetto all’immagine del Governo degli sconfitti. Il problema, al momento, è l’inquilino di palazzo Chigi. Come hanno capito bene al Colle, dove continua a prevalere lo scetticismo. E sbaglierebbe chi pensa che, in qualche modo, il nome possa essere suggerito da Mattarella.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
SAREBBE UN COLPO PER CONTE E DI MAIO, MA LIBEREREBBE LA PRESIDENZA DELLA CAMERA PER UN ESPONENTE PD
Si fanno sempre più insistenti le voci sul nome del prossimo inquilino di Palazzo Chigi
In realtà tra le due forze politiche quasi nessuno la porta avanti; i grillini la vivrebbero come una sconfessione sia di Conte sia di Di Maio, entrambi nel caso costretti a star fuori dal governo (e per il secondo sarebbe di fatto intaccato anche il ruolo di capo politico del Movimento).
Le due anime del Pd ne resterebbero spiazzate: soprattutto i renziani, che puntano a un premier neutrale ma amico (candidato ideale per loro: Cantone) e a un governo destinato a durare solo fino alla prossima primavera. Zingaretti in realtà diffida sia dei grillini sia soprattutto dei renziani, e prefererirebbe andare al voto per poter avere la certezza di gruppi parlamentari allineati al partito.
Ma la delegazione Pd che lui guiderà al Quirinale non potrà che fare buon viso a cattivo gioco se il nome che Mattarella sceglierà sarà proprio quello di Fico. E lo stesso dovranno fare i 5 stelle. Ma perchè il capo dello stato dovrebbe orientarsi su Fico?
Per molti buoni motivi: perchè si entra in terra incognita, con un’intesa tutta da costruire, e ci vuole un “nocchiero” già investito di un ruolo istituzionale. Perchè il presidente della Camera fu investito già lo scorso anno di un mandato esplorativo per verificare la possibilità di un accordo di governo M5s-Pd, che fu poi vanificato dall’intesa diretta Di Maio — Salvini.
E perchè un governo Fico, guidato da chi è fino a oggi la terza carica dello stato avrebbe una corazza istituzionale che ne potrebbe garantire la durata, anche perchè darebbe in pegno agli alleati del Pd proprio la guida dell’assemblea di Montecitorio.
Per Franceschini oppure — come polizza vita del governo — per un renziano come Rosato o Guerini…
(da Open)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
DECINE DI INSULTI, CENTINAIA DI PROTESTE DI QUANTI CI AVEVANO “CREDUTO”… ORA I SOCIAL SI RIVOLTANO CONTRO IL SEQESTRATORE DI PERSONE, MORISI NON RIESCE A TAMPONARE, SONO PIU’ I COMMENTI NEGATIVI CHE I FAN
“Buffone”, “falso”, “sei finito”. La discesa del ‘Capitano’ inizia dai social.
Dopo la giornata di ieri – con il durissimo discorso di Conte e il tentativo di ricucire con il ritiro della mozione di sfiducia al premier -, Matteo Salvini si ritrova, forse per la prima volta, in minoranza anche su Facebook e Twitter.
Migliaia sono infatti i commenti sui profili del leghista che lo invitano ad “andare a casa”, decine e decine gli insulti, centinaia le proteste di quanti ci avevano “creduto”, ma che ora si dicono “pentiti amaramente” dopo quello che giudicano “un tradimento”.
“Capitan Coniglio” lo chiamano, sperando “nell’oblio” del leader del Carroccio, colpevole di “incoerenza” ed “eccesso di protagonismo”, incapace secondo alcuni di rinunciare al “ruolo di prima donna” per il bene di quegli italiani “che dicevi di voler mettere al primo posto. Tutte balle”.
Migliaia i commenti indignati, insomma, che sorpassano, doppiandoli, quelli dei sostenitori irriducibili, ora impegnati a denunciare il complotto Pd-M5S contro il leader padano nell’ultimo post di Salvini.
Una minoranza rumorosa, ma pur sempre minoranza per il leghista, che anche attraverso un sapiente uso dei social aveva costruito nel tempo l’immagine di politico ‘pop’, guadagnando consensi, voti e bagni di folla virtuali.
Oggi, invece, ecco arrivare il duro primo colpo per ‘la Bestia’, testimoniato anche dalle reazioni al tweet del social media manager del ministro, Luca Morisi, dopo il discorso di Salvini in Senato. Un intervento “stratosferico” per l’esperto social, che è stato però letteralmente massacrato nei commenti fra accuse di vivere “in una realtà parallela”, battute e gif dal contenuto inequivocabile.
Come quella, ad esempio, con il gesto ormai virale di un altro Capitano, il senatore ex 5S Gregorio De Falco, che a Palazzo Madama ha puntato il dito contro Salvini, invitandolo senza mezzi termini a tornare a casa.
(da Globalist)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
I NODI CONTE, DI MAIO, RENZI
Il barometro degli umori in casa 5 stelle oscilla come fosse un orologio impazzito. A metà giornata la lancetta punta verso l’alto. Le cinque condizioni poste da Nicola Zingaretti e approvate per acclamazione alla direzione del Pd sono sembrate tutto sommato digeribili. Un uomo vicino a Luigi Di Maio si lascia prendere dall’emotività : “Sono il segnale che vogliono fare il Governo con noi”.
La situazione è assai più complessa. E l’ipotesi elezioni subito è ancora ben concreta all’orizzonte. Ma se queste sono le condizioni del segretario — il ragionamento che si fa in queste ore nella war room del capo politico — ci possiamo sedere a parlare. Sul fatto che questo dialogo dia frutti concreti l’aura di scetticismo avvolge ancora i vertici stellati.
I nodi di difficile districabilità sono tre. E portano i nomi di Giuseppe Conte, Matteo Renzi e dello stesso leader M5s.
Lo schema d’ingresso al momento prevede la sola blindatura del capo politico. “Di Maio è la guida del Movimento, il Pd non può pretendere che stia fuori, non possono dettare le condizioni”.
La blindatura del politico di Pomigliano è anche un modo per metterlo al riparo dalla bufera che lo sta lambendo in queste ore. Accettare un diktat per lasciarlo senza incarico ministeriale sarebbe interpretato internamente come un ulteriore segno di debolezza.
Ecco a cascata il secondo nodo.
Perchè i 5 stelle sanno perfettamente che al Nazareno non si accetterebbe un esecutivo con dentro anche Conte, troppo simile a una riedizione del Governo che fu con la Lega che esce e i Democratici che entrano.
L’avvocato del popolo italiano è il nome che ancora viene speso in queste ore, ma sul suo ruolo non si vede la stessa inflessibilità .
Un problema, dopo che il premier dimissionario si è accreditato davanti al paese come il baluardo dell’antisalvinismo, con una giornata a Palazzo Madama che gli ha fatto guadagnare un bel bottino di punti anche al di fuori del perimetro consolidato dei 5 stelle. La domanda sul che fare con Conte è al momento quella che più fa arrovellare i vertici. Perchè è chiaro che il presidente del Consiglio si sia ritagliato un ruolo importante nell’universo pentastellato, e non lo si può mettere in soffitta come se nulla fosse. Anche perchè il nome che più circola in queste ore, quello di Roberto Fico, fa storcere assai il naso al leader e agli uomini a lui più vicini.
Dai fattori esogeni a quelli endogeni. Il fattore MR sta agitando i sonni dei 5 stelle.
Uno iato profondo quello che segna la sofferenza del dover necessariamente far conto sul voto dei renziani, di voler a tutti i costi evitare nomi pesanti del renzismo in prima fila (a partire dal fu rottamatore, passando per Maria Elena Boschi e Luca Lotti), e di dover comunque inchiodare l’altro Matteo a palesi responsabilità in modo che gli sia difficile staccare la spina.
Nel mondo 5 stelle girano già i nomi di Luigi Marattin, Andrea Marcucci e soprattutto Graziano Delrio, come spendibili per una cosa giallorossa.
Legati a doppio filo al senatore di Rignano, ma non così esposti da creare coliche al mondo pentastellato.
Ce la farete? Risponde chi ha partecipato alle riunioni di questi giorni: “Difficile, dobbiamo prepararci al voto”.
Poco dopo richiama un altro: “Certo, non si può far altro che chiudere per minimizzare i danni”. Intanto ai piani alti ci si tutela.
Da Rousseau è partita questa mattina una mail, direzione parlamentari ritardatari: mettetevi in pari con le rendicontazioni, “in vista di eventuali elezioni e dei relativi controlli da farsi per le candidature”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
DICE A QUANDO E’ CONVENIENTE DIRE A, DICE B QUANDO CONVIENE DIRE B E STA ZITTO QUANDO CONVIENE STARE ZITTI… COME HA FATTO AVALLANDO LE PEGGIORE LEGGI SALVINIANE… NON E’ RIPROPONIBILE UN SOGGETTO DEL GENERE, IL M5S DEVE RINNOVARE LEADER SE VUOLE DARE UNA SVOLTA
L’intervento del presidente Giuseppe Conte in senato ha provocato insospettabili entusiasmi e legioni di nuovi ammiratori. In un paese dove non si riesce a parlare di politica seriamente, è bastato dimostrare una certa combattività e risolutezza contro l’odiato Salvini per diventare improvvisamente uno statista.
C’è un piccolo problema però, Conte non ha alcun tipo di credibilità , non ce l’ha neanche per quelle pochissime cose condivisibili che ha detto (peraltro affogate in una lunga serie di banalità e concetti confusi).
La credibilità personale in politica è importante perchè le idee camminano sulle gambe degli uomini e se l’uomo non è credibile le idee e i valori diventano solo abiti da vestire e svestire a seconda dell’occasione.
Conte è una nullità politica, dove il concetto di nullità è parametrato all’importanza dell’incarico che ha ricoperto. Come tutte le nullità Conte dice A quando è conveniente dire A, dice B quando è conveniente dire B e sta zitto quando è più conveniente stare zitto (peraltro la scelta che ha seguito nella maggior parte della sua esperienza da primo ministro).
Conte è il primo responsabile della politica del governo e non può pretendere di rifarsi una verginità in salsa anti salviniana per cercare di assicurarsi un futuro politico. Non bastano le letterine in cui cerca di dimostrare un atteggiamento più morbido sulla vicenda della nave Open Arms, quando in passato ha rivendicato come diretta emanazione di tutto il governo le decisioni di Salvini.
Forse è il caso di rinfrescarci la memoria ricordando un estratto della lettera che il novello statista ha inviato alla Giunta delle Immunità del Senato che doveva dare un’indicazione sulla “processabilità ” di Salvini per il caso Diciotti:
“Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte in quell’occasione dal ministro dell’Interno sono riconducibili a una linea politica sull’immigrazione che ho condiviso nella mia qualità di presidente nel Consiglio con i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo”
Forse è il caso di ricordare la fiducia posta dal governo (a sua insaputa?) sulla conversione in legge del Decreto Sicurezza bis.
D’altronde Conte sarebbe un abile uomo politico (come ama ripetere Travaglio e lui stesso ha rivendicato ieri con orgoglio) per avere evitato due procedure d’infrazione all’Italia. C’è un piccolo particolare, quelle procedure sono state sostanzialmente una diretta conseguenza di una Legge di Bilancio che Conte, in qualità di primo responsabile dell’esecutivo, ha avallato e ha difeso.
Sarebbe come vantarsi di essere a capo di una banda di piromani, di aver appiccato un incendio e di averlo spento prima che questo causasse dei disastri irreparabili.
Non vi ricordate quando nell’autunno del 2018, con una spocchia insopportabile, prometteva che avrebbe “spiegato” la “manovra del cambiamento” alla commissione europea?
Certo, i poveri ignoranti della commissione non l’avevano capita e aspettavano Conte che gliela spiegasse bene.
Per il resto Conte si è limitato a cedere alle richieste sin troppo tenere della commissione in ambedue i casi d’infrazione (altro che euro burocrati spietati).
Ha ceduto dopo che i due galletti Di Maio e Salvini avevano giurato di non cedere di un millimetro (prima procedura) e che non ci sarebbe mai stata una manovra correttiva (seconda procedura).
Ha ceduto su mandato e con il consenso dei due galletti che hanno così potuto dimostrarsi duri e puri di fronte agli elettori (il vecchio giochino del poliziotto buono e di quello cattivo).
Nessuna procedura d’infrazione per deficit o per debito è mai giunta a conclusione, non è davvero un grande merito avere evitato che l’Italia fosse il primo stato a subirla, ma stiamo scherzando?
Nel discorso di ieri l’apprendista statista Conte, nel tentativo di dipingere un Salvini irresponsabile a cui si contrapporrebbe un presidente del consiglio saggio e giudizioso, ci ha anche ricordato il pericolo costituito dall’aumento dell’IVA e dello spread. Evidentemente deve essere colpa dei marziani se il governo da lui presieduto ha firmato una cambiale da 23 miliardi senza avere la più pallida idea di dove trovare i soldi e se lo spread da quando si è insediato il suo esecutivo è ridiventato una minaccia incombente per l’Italia.
Poi c’è il Conte dei silenzi prolungati, i tipici silenzi di chi non sa che pesci pigliare e spera che le cose si risolvano da sole. Cosa faceva Conte mentre il mondo incuriosito si domandava se davvero volevamo suicidarci così velocemente implementando quell’assurdità che sono i minibot? Taceva, nicchiava, tergiversava, prendeva tempo e dopo un po’ (preso il coraggio a due mani) ci informava che c’erano delle “criticità ”. Dov’era Conte (e aggiungerei il ministro degli esteri Moavero) mentre i capi di stato e di governo del mondo prendevano posizione sulla crisi venezuelana? Taceva, nicchiava, tergiversava, ci faceva sapere che si auspicava una soluzione pacifica (grazie al c…), per poi virare tardivamente e molto timidamente verso una posizione un po’ più allineata a quella dei partner occidentali.
Dove era Conte (e aggiungerei anche qui il ministro degli esteri Moavero) mentre i galletti Di Maio e Salvini sparavano a palle incatenate contro il presidente francese Macron? In un’escalation che ebbe il suo culmine nel ritiro dell’ambasciatore francese? Taceva, nicchiava, tergiversava, però ci rassicurava con le sue inutili riflessioni da passante della strada sul fatto che il rapporto tra Italia e Francia aveva delle radici antiche di ordine culturale ed economico (grazie al c…).
Il Conte che accusa Salvini di pensare solo agli interessi personali e che ci informa con ipocrisia insopportabile che non bisogna “farsi condizionare dai sondaggi”, è lo stesso Conte che in fuori onda con la cancelliera tedesca Merkel raccontava che il M5S era preoccupato per il calo di sondaggi ed era in cerca di un tema che li potesse risollevare elettoralmente, dando così la sua spiegazione degli attacchi a Macron.
Perchè Conte non fa le stesse accuse a Di Maio? Forse perchè non gli conviene farlo?
La realtà è che in moltissime occasioni il presidente del consiglio si è comportato più da presidente della repubblica, il quale ha sì il dovere di non farsi coinvolgere nell’agone politico e di intervenire solo in rare occasioni e con molta prudenza.
Poi c’è il Conte vanaglorioso e narcisista, quello del curriculum taroccato, l’avvocato degli italiani, quello che tra un silenzio e l’altro si vantava (nel già citato fuori onda con la Merkel) di poter controllare le intemperanze di Salvini e Di Maio: “La mia forza è che se dico ora la smettiamo loro non litigano”.
Evidentemente si è scordato di dirlo. Quante risate si farà fatta Angela Merkel? E quante se ne saranno fatte gli altri capi di stato e di governo per ingenuità simili di cui non abbiamo nessun fuori onda?
Andiamo avanti, solo ora Conte accusa con decisione Salvini di non aver voluto condividere nessuna informazione su un tema di rilevanza eccezionale per il paese come potenzialmente potrebbe essere il caso Savoini.
Se non si fosse arrivati alla rottura per Conte la questione non avrebbe meritato una durissima presa di posizione. Solo ora Conte è preoccupato per i toni e i comportamenti di Salvini. Fino a un paio di settimane fa, evidentemente, si teneva tranquillamente come ministro dell’interno un aspirante dittatore.
A rendere tutto questo ancor più surreale è il fatto che non è stato Conte a interrompere l’esperienza di governo in un sussulto di dignità , fosse dipeso da lui tutte le criticità che si è preoccupato di denunciare ieri con “trasparenza” sarebbero rimaste chiuse in un cassetto.
Conte non avrebbe lanciato un ultimatum a Salvini neanche se il ministro dell’interno avesse proposto la fucilazione immediata per gli immigrati.
Probabilmente sarebbe stato zitto qualche giorno per poi esprimere le sue perplessità e avviare le necessarie interlocuzioni per risparmiare almeno i minori.
Se davvero bastano due buffetti verbali a Salvini per gridare al nuovo De Gasperi, allora il paese ha davvero smarrito ogni buon senso. Specialmente se si pensa che Conte ha difeso tutti i provvedimenti approvati sotto il suo governo, compresa quella schifezza inemendabile che è Quota 100.
Un paese che scopre improvvisamente il talento di Conte è un paese incapace di ragionare sulle politiche economiche disastrose che tutti i partiti portano avanti con piccole differenze da anni, un paese incapace di giudicare lo spessore morale, la coerenza e la visione di società che un leader dovrebbe avere, un paese che si aggrappa al leader più simpatico, più cazzuto o con il sorriso più smagliante a seconda delle circostanze.
È sufficiente che attacchi il politico che a noi sta più antipatico. La politica è “sangue e merda” diceva con una fortunata e rude espressione Rino Formica (politico di peso del PSI craxiano e più volte ministro).
In parte lo è davvero, non si può fare politica se non si è disposti a ingoiare qualche rospo, ad accettare compromessi e a soprassedere a qualche risentimento personale.
Ma, come si diceva all’inizio, le idee camminano sulle gambe degli uomini e se gli uomini sono inadeguati, se non hanno una precisa idea di società , un nucleo di valori non trattabili, una sostanziale coerenza di comportamenti e la forza di mettere a repentaglio la propria posizione per testimoniare quello in cui credono, allora la politica è solo “sangue e merda” e Giuseppe Conte è uno statista.
(da “NexQuotidiano”)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
DAL VIGNETTISTA MARIONE A KILGORE: IERI PRONI A SALVINI ORA SI SCOPRONO ANTI-SOVRANISTI
Gli influencer (chiamiamoli così) grillini si stanno già riposizionando. Scaricato “il traditore” Matteo Salvini (ma è stato lui a mollare il M5S e Conte) è tempo di guardare avanti. E perchè no, vedere se è possibile gettare il cuore oltre quell’ostacolo insormontabile e inconcepibile che è l’ipotesi di un’alleanza con il PD in vista, chissà , di un Conte-bis.
La situazione è disperata, ma non seria. Perchè di questi tempi tweet, post e vignette vengono via a poco, e altrettanto è il loro valore.
È però indicativo che molti sostenitori del governo Conte di sponda pentastellata siano rapidamente e precipitosamente scesi dal carro di Salvini sul quale, quando faceva comodo, si erano seduti.
Un caso da manuale è Mario Improta, in arte Marione, vignettista cantore del M5S.
Dopo la seduta di ieri al Senato il nostro ha prodotto una vignetta dal titolo bimbominkia e uomo. Dove il primo è naturalmente Salvini — ritratto come un lattante vichingo con il crocifisso in mano — mentre il secondo è l’eroe del giorno: Giuseppe Conte.
Quello che per un anno (14 mesi per l’esattezza) ha lasciato che il suo vicepremier facesse quello che voleva, senza dire nulla.
Eppure c’è stato un tempo in cui anche Marione andava pazzo per Salvini. All’epoca dedicava al Governo Conte vignette corali sul “Natale dell’onestà ”, un delizioso quadretto, con Salvini nei panni di San Giuseppe, Di Maio che fa la Vergine Maria e Conte che aleggia sulla Sacra Famiglia gialloverde come lo Spirito Santo.
Sarebbe sbagliato dire che quello dei 5 Stelle è stato un amore incondizionato. Ha avuto delle fasi, momenti di grande sintonia alternati ad altri di critiche feroci. Questi ultimi in concomitanza delle elezioni europee, regionali o amministrative, dove M5S e Lega correvano l’uno contro l’altro.
Marione non è certo l’unico. Anche l’account Twitter Ermanno Kilgore (@ErmannoKilgore) in questi giorni va all’attacco di Salvini senza se e senza ma.
Oggi Kilgore cinguetta #Salvinivattene e scrive che il ministro dell’Interno «ha perso l’occasione delle vita, poteva con il miglior Presidente del Consiglio di tutti i tempi Conte e con il M5S riformare e modernizzare il paese».
Oppure propone raffinate analisi politiche dove consiglia al M5S di fare tutti i tentativi per rimanere al governo ed evitare le urne (e sappiamo bene quale sia l’alternativa ad un’alleanza con la Lega).
Ma se oggi Salvini viene dipinto come lo scorpione che punge la rana della famosa favola in tempi meno recenti le cose stavano diversamente.
Lo ricordiamo impegnato a difendere la scelta del M5S di salvare Salvini dal processo per il caso Diciotti. O mentre al grido di #nessunoTocchiSalvini spiegava che l’avviso di garanzia a Salvini era un attacco al M5S. Dietro quell’atto della magistratura — spiegava rispondendo ad un tweet dell’avvocato Antonio Bordin il nostro influencer di area pentastellata — “ci sono sono i soliti noti”.
Ma ancora: quando quel radical chic di Gad Lerner parlava dell’aggressione a Stefano Origone a Genova da parte di alcuni agenti di Polizia e puntava il dito contro Salvini e CasaPound ecco arrivare il soccorso giallo di Kilgore che in nome di “destra e sinistra sono tutti uguali” e “non siamo negli anni 70” se la prendeva con il giornalista.
In un altro caso invece adottava la logica sovranista per commentare il rifiuto di Sea Watch dell’offerta italiana di far sbarcare solo donne e bambini. Per Kilgore (ma potrebbe averlo scritto uno qualsiasi dei patridioti che affollano le bacheche di Salvini) la ragione era che così l’Ong avrebbe perso “potere contrattuale” perchè agli occhi dell’opinione pubblica donne e bambini valgono di più. Tipico ragionamento dei trafficanti di uomini giusto?
Ai 5 Stelle, a Conte e ai vari corifei di questo “governo del cambiamento” Salvini andava benissimo così. Faceva comodo credere che il “contratto” fosse qualcosa di diverso dall’inciucio del Renzusconi quando politicamente era la stessa identica cosa. E nessuno di loro in questi mesi si è azzardato di attaccare Conte anche fosse per urlargli “dì qualcosa di pentastellato”.
La realtà li ha lasciati con il cerino in mano: chissà quando si accorgeranno che è stato anche grazie a loro che Salvini si è mangiato Conte e il MoVimento 5 Stelle.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
INCREDIBILE MANCANZA DI ELEGANZA: COME SE I QUATTRINI FOSSERO LA COSA PIU’ IMPORTANTE E I PARLAMENTARI CERCASSERO DI SCAPPARE DAL RISTORANTE SENZA PAGARE IL CONTO
“Mettetevi in regola con le rendicontazioni entro il 2 settembre in vista di eventuali elezioni e dei relativi controlli da farsi per le candidature”.
È la email inviata questa mattina ai parlamentari M5S da Rousseau, la piattaforma ideata da Davide Casaleggio che controlla e riceve le rendicontazioni dei parlamentari grillini.
La mail sollecita deputati e senatori del Movimento a completare i pagamenti arretrati entro il 2 settembre, indicando nero su bianco la motivazione: la possibilità di elezioni anticipate e dunque la necessità di procedere ai relativi controlli per le candidature.
Rimborsopoli insegna: se urne saranno, meglio farsi trovare pronti. Parlamentari avvisati, mezzi salvati.
(da agenzie)
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Agosto 21st, 2019 Riccardo Fucile
LA DISCOTECA APPARTIENE A UNA CATENA DI HOTEL DI LUSSO… COME MAI I SEDICENTI SOVRANISTI ITALIANO NON SI INDIGNANO?
Accesso negato in discoteca a Ibiza “perchè napoletani”. Questa la denuncia di un gruppo di ragazzi tra i 20 e i 24 anni in vacanza sull’isola spagnola e tutti originari di Napoli e provincia, diffusa su Facebook da Salvatore Ferraro, padre di una 21enne vittima della presunta discriminazione: “Mia figlia Alessia Ylenia, studentessa universitaria 21enne in vacanza a Ibiza, ieri notte si è vista negare l’accesso al locale in quanto nata e residente nella provincia di Napoli. I buttafuori una volta controllati i documenti hanno detto che loro non accettavano persone della provincia di Napoli nel loro locale”.
La discoteca appartiene a una catena di hotel di lusso e ristoranti nota in tutto il mondo.
“Mia figlia e gli altri amici – prosegue Ferraro – sono andati via addolorati e mortificati e, tra l’altro, tra i cori di scherno di alcuni ragazzi milanesi che erano lì e che li hanno dileggiati. Tale comportamento è inammissibile e razzista ed è da stigmatizzare specialmente in quanto avvenuto in una struttura così nota a livello mondiale. Basta ad essere ghettizzati. Basta essere individuati con Gomorra”.
Al quotidiano ‘Il Mattino’, che ha pubblicato la notizia, la ragazza ha raccontato: “I buttafuori hanno controllato i documenti e, dopo averli visionati, ci hanno comunicato che il party era dedicato esclusivamente ai residenti e alle persone che lavorano a Ibiza, vietandoci l’ingresso. Ci erano arrivate delle voci sulla diffidenza nei confronti dei napoletani e ci siamo allontanati, tenendo d’occhio l’ingresso e notando che facevano entrare italiani e in particolare una coppia di milanesi. Siamo delusi e mortificati, siamo persone perbene, siamo stati educati fino alla fine ma ci hanno umiliato”.
(da agenzie)
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