Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile QUIRINALE, ORE DI RIFLESSIONE: MATTARELLA PARLA ALLE 20
Nel secondo giorno di consultazioni – in cui il presidente Mattarella ha incontrato i partiti
maggiori – è lo scenario del governo giallo-rosso quello sotto i riflettori.
Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti – dopo l’incontro con il capo dello Stato – dice che serve un “governo di svolta” non un “esecutivo a ogni costo”.
Mentre il leader leghista Matteo Salvini ripete che la “via maestra sono le elezioni” ma non chiude ai 5Stelle. Anzi elogia Luigi Di Maio dicendo che ha “lavorato bene per il Paese”. Insomma, prova a incunearsi nella difficile trattativa tra Pd e Cinquestelle.
Ma Luigi Di Maio – che guida l’ultima delegazione sentita dal capo dello Stato – dice che sono “avviate interlocuzioni su maggioranze”, pur senza citare il Pd. Ed allontana di fatto le elezioni anticipate perchè – dice – “l’economia ci preoccupa”.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile “IDENTIFICARE GLI UOMINI DELLA SCORTA CHE IMPEDIRONO A UN GIORNALISTA DI FILMARE LA SCENA”
La Procura di Ravenna ha aperto un fascicolo contro ignoti sull’episodio accaduto il 30 luglio a Milano Marittima, dove il figlio 16enne di Matteo Salvini fece un breve giro in mare su una moto d’acqua della Polizia di Stato guidata da un agente in servizio.
E’ quanto si deduce dalla richiesta pervenuta nei giorni scorsi al Viminale su delega della magistratura in merito all’identificazione dei due appartenenti alle forze dell’ordine che cercarono di impedire a un giornalista di Repubblica di filmare la scena.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile FLAVIO TOSI, EX LEGHISTA SINDACO DI VERONA, VI SPIEGA CHI E’ REALMENTE MATTEO SALVINI
Eccolo lì, Salvini: a lezione da Giuseppe Conte, che gli ha spiegato il senso delle istituzioni
democratiche e di fronte al Paese lo ha inchiodato davanti alle sue responsabilità definendolo sleale, bugiardo, opportunista, assenteista e completamente ignaro dell’abc costituzionale.
Insomma un incapace, un fannullone e un traditore, come chi scrive ha sempre sostenuto. Del resto chi tradisce una volta, tradisce sempre: e Salvini nella sua vita politica ha tradito nell’ordine Bossi, Maroni e il sottoscritto, ma soprattutto gli ideali federalisti e liberali della Lega.
Ovvio che per esclusivo tornaconto prima o poi arrivasse a tradire anche il suo governo.
Non ho apprezzato il premierato di Conte e l’esecutivo gialloverde, ma con onestà intellettuale riconosco a Conte un’uscita di scena da uomo serio e perbene.
Un gigante rispetto al nanetto politico ex comunista padano. Una grande dignità al confronto della miseria umana e politica di Salvini, che prima nudo in spiaggia faceva il gradasso e chiedeva “pieni poteri”, poi quando ha capito di aver fatto una cazzata ha cominciato a fare passi indietro e a mendicare la pace, sino ad arrivare a proporre premier Di Maio.
Salvini ha mostrato tutta la sua inadeguatezza come leader: non sapeva nemmeno dove sedersi e dove parlare, faceva le faccette isteriche come i ragazzini durante il rigoroso discorso di Conte.
Poi ha utilizzato il Senato per dire le solite puttanate demagogiche, la più grande di tutte che era pronto a mettere 50 miliardi per tagliare le tasse quando sa che non c’è una lira (infatti ha fatto cadere il governo perchè pensava di poter fare la manovra salata e anti-popolo solo dopo un voto che lo bullonasse alla sedia per 5 anni). Infine ha elemosinato a Di Maio un nuovo accordo.
Un buffone! Un buffone senza dignità !
Eccolo lì, Salvini, tanto tracotante nel suo ennesimo vuoto e isterico comizio, quanto piccolo piccolo nella valenza politica e strategica.
Eccolo lì, Salvini: un pallone che si sta sgonfiando nelle contraddizioni della sua miserabilità . Guardatelo: è affannato, paonazzo, straparla, perde il filo, mentre il Conte tradito lo umilia e lo mette con le spalle al muro.
Il piccolo Salvini è talmente sfatto, disperato e impaurito da mendicare ancora, fino all’ultimo. Cosa non si farebbe per salvare la poltrona!
Ha la faccia di tolla Salvini e in un visibile gioco di specchi afferma il contrario di ciò che pensa. Dice che non ha paura perchè ha una fifa blu di perdere il potere.
Afferma che rifarebbe tutto perchè sa di essersi fregato da solo. Dice che la Lega è compatta perchè si rende conto che anche con molti dei suoi ha perso credibilità (Giorgetti in primis). Invoca le piazze perchè è consapevole che fra qualche mese non lo seguirà più nessuno. E questo piccolo omino disperato sarebbe un leader?
Purtroppo i suoi alleati di centrodestra non riescono a capire a chi si sono messi in mano. Registro infatti ancora oggi il totale asservimento di un parte di Forza Italia e di Fratelli d’Italia a questo piccolo “guappetto” ridicolo.
Sono appiattiti, senza nessun slancio e nessuna visione. Il centrodestra vuole morire con Salvini. Ma la gran parte dei suoi elettori, che sono liberali, popolari e riformisti, no.
Flavio Tosi
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile PER LA PRIMA VOLTA DA ANNI SALVINI HA PERSO CONTATTI SUI SOCIAL
Luca Morisi, che tra poco dovrà lasciare le stanze di governo insieme a Matteo Salvini, oggi a colloquio con Repubblica ammette che la Bestia è in difficoltà , come avevamo notato tempo fa: «Beh, non svelo un segreto se dico che sui social in questa crisi Conte è cresciuto tantissimo. Ha avuto un exploit in-cre-di-bi-le».
La battaglia in Senato ha chiuso una parabola infernale lunga dodici giorni. Per la prima volta da anni, Salvini ha perso contatti sui social, like, follower. Ed è come se gli avessero tolto l’aria.
«È vero — non si sottrae Morisi — nei giorni della crisi siamo calati. Sì, Conte cresce da giorni. Perchè prende i like di quelli di sinistra, tantissimi like».
Perchè parla ai mondi lontani da Salvini, dice il guru che dissemina post lungo la rete. «Piace a sinistra. Come Fini con Berlusconi? Mah, in parte. Però Conte ha un profilo più alto. Ha sempre scelto argomenti in cui si mostrava “esterno”. Una faccia nuova, non contaminata dalla politica».
Lo ascoltasse Rocco Casalino, che è un po’ il Morisi del premier dimissionario, brinderebbe di gioia. Perchè Morisi e la sua Bestia sono potenti, assetati di like e senza scrupoli social
Molti pensano che questa macchina di propaganda costi tantissimo, sia benvoluta ad Est e rischia di restare senza benzina quando Salvini lascerà il Viminale. «Ma no, non c’è nulla di vero. Se la Bestia costa tanto? Siamo gli stessi di quando avevamo al 3%».
E questo sarà anche vero. Ma quando avevano il 3% prendevano gli stessi stipendi di adesso?
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile LA VANITA’ E UMANA, MA A TUTTO DOVREBBE ESSERCI UN LIMITE (ANCHE A CONTINUARE A TRADIRE LA DESTRA LIBERALE ITALIANA)
Che l’ex Cavaliere curi in maniera maniacale l’immagine e cerchi di nascondere la vecchiaia è
umano. Ma qualche volta questa tendenza diventa imbarazzante
Lui ha detto “Un governo non può nascere in laboratorio. Mettiamo in guardia dal rischio di un esecutivo frutto di maggioranza improvvisate, tra diversi, che esiste in parlamento e non nel Paese”
E poi la solita tiritera sulla sinistra, su chi vuole mettere le mani nelle tasche degli italiani e via cantando
Ma un brivido è corso per il Quirinale. Non per quello che Berlusconi ha detto (dice le stesse cose dal 1994) ma per come si è presentato.
Truccato è stato sempre truccato. Ma stavolta ha esagerato. Sembrava una via di mezzo tra Barbie al maschile è Mickey Rourke dopo il lifting
Per carità , la vanità è umana. Ma, al pari del famoso Pippo della canzone, Silvio Silvio non lo sa…
E i suoi collaboratori si guardano bene dal dirglielo.
(da Globalist)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile SEGUIRE I DISCORSI DEI POLITICI ITALIANI PER GENTE NORMALE NON E’ FACILE
Il giornalismo politico italiano è un mondo a sè. A volte sembra più un esercizio di scrittura che di cronaca, i volti dei politici diventano misteri da decifrare per i nostri giornalisti, che citando e immaginando ricostruiscono drammi, sentimenti, pulsioni che vanno ben oltre le loro parole.
Ma le stesse parole pronunciate dai nostri politici, da un lato o dall’altro, sono spesso difficili da decifrare se non si è immersi nel contesto: battute, frecciatine, riferimenti al passato, termini creati ad hoc.
Il mondo della politica italiana è come quello delle creature fantastiche: nulla è mai come sembra, c’è sempre qualcosa in più. Ma cosa succede ai giornalisti turisti — no, non della democrazia, a riconferma di quanto appena detto — che cercano di decifrarci? Capita che non capiscano più nulla.
La crisi italiana sta invadendo anche i giornali esteri: gli occhi sono, una nuova volta, puntati su di noi.
Il terrore che il nostro Paese crei un terremoto finanziario, il timore di un altro paese nazionalista all’interno della Comunità Europea. E poi, c’è il fascino che solo noi italiani riusciamo ad avere (anche se, anche gli inglesi ci stanno tenendo testa ormai). Ma la politica italiana è piena di riferimenti, non ci si può perdere una puntata perchè ricostruire tutto sarebbe infinitamente complesso.
Lo è per i giornalisti italiani, figuriamoci per quelli stranieri.
A manifestare il proprio disagio su Twitter è stato Matt Steinglass, corrispondente europeo dell’Economist. Caustico ha cinguettato che «La traduzione di Google Translate della cronaca politica Italiana è completamente incomprensibile».
Che Google Translate non sia proprio il modo migliore per tradurre, lo sa chiunque abbia cercato di andare oltre il famoso “the cat is on the table”. Ma stavolta, c’è pure lo zampino della complessità politica. In molti condividono la sua difficoltà .
«Non che l’originale sia molto più chiaro ad essere onesti» scrive Jeremy Cliff dell’Economist, «O è quello, o l’Italia sta impazzendo. Un lancio della moneta immagino» aggiunge Connor Clerx di BNR Nieuwsradio e Plaat & Speler.
Ecco allora giungere in suo aiuto Naomi O’Leary, corrispondente irlandese di Politico Europa. «È una lingua a sè — cinguetta la giornalista da Dublino — Ho scoperto che impararla è una delle cose più affascinati dello scrivere dell’Italia. Devi essere al passo con la storia politica per comprendere molti dei riferimenti».
Studiare, studiare e ancora studiare, è l’unico modo secondo O’Learly: «È un clichè pensare che sia stato scritto solo per 1500 esperti di politica».
Tanto che la giornalista irlandese riporta come link utile un articolo scritto da lei stessa nel maggio 2013, spiegando tutti i termini “intranducibili”.
Il titolo dell’articolo, pubblicato su Reuters, si spiega da sè: «Dal bunga bunga al pianista — lo slang della politica italiana». La guida, volenti o nolenti, è ancora attuale. Tra i termini spiegati ci sono Casta, Celodurismo «un riferimento non molto sottile ad un pene eretto», compravendita, esodati, grillini, inciucio, olgettine e via dicendo.
Ma il problema non è solo il vocabolario, ma anche il retroscena. Come è possibile che quel giornalista abbia saputo le parole esatte pronunciate da quel politico in un incontro a porte chiuse?
Una domanda che mette in crisi moltissimi giornalisti stranieri, che si arrovellano su come riuscire a ottenere le stesse dichiarazioni, su quali siano i contatti da avere, sul perchè quel giornalista italiano un po’ sbarbato abbia la dichiarazione e loro no. Ebbene, il segreto è molto più semplice: l’invenzione, o meglio, il retroscena. Una tipologia di giornalismo politico che nasce per dare colore alla cronaca politica ma che ad oggi ne ha preso il posto.
E questi articoli, come spiega saggiamente anche O’Learly sempre nello stesso thread di Twitter, sono pieni di «teorie per aria e citazioni che in realtà significano “si pensa che abbia detto”». E lo sa per esperienza diretta: «Non dimenticherò mai un comunicato stampa dal palazzo presidenziale che citava un suo stesso annuncio a fonti anonime».
È la politica italiana, bellezza.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile IL M5S NON PUO’ PENSARE DI GOVERNARE COME PRIMA, IL PD FA BENE A ESSERE COERENTE, NON HA NULLA DA PERDERE DA ELEZIONI ANTICIPATE… IL M5S PAGA L’ERRORE DI FONDO: DOPO LE EUROPEE DI MAIO E SOCI ANDAVANO SOSTUTUITI DA UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE GRILLINA, QUESTI SONO IN SINTONIA CON LA LEGA E DISTRUGGERANNO IL PARTITO
I 5 punti della direzione di ieri. Eppoi i “veri” 3 punti presentati oggi a Sergio Mattarella dalla
delegazione del Partito democratico.
Sono secchi e raffigurano la discontinuità netta col passato governo voluta da segretario dem Nicola Zingaretti. Ora vanno fatti digerire al Movimento 5 stelle.
Punto numero uno: il passaggio sull’accettazione della democrazia rappresentativa non è un titolo per un convegno, ma significa che il Pd non è disposto a sostenere il disegno di legge costituzionale sulla riforma del numero dei parlamentari; se nasce un Governo, si resetta e si ricomincia dall’inizio, legando semmai la riduzione a un disegno più ampio di riforma costituzionale che affronti il nodo del bicameralismo. E, anche, a una nuova legge elettorale. Reset, dunque. Che vale ancor di più per il referendum propositivo di iniziativa popolare che, per come è stato concepito, è l’incarnazione della democrazia plebiscitaria che seppellisce quella parlamentare, come del resto Casaleggio ha più volte affermato. Per avviare il dialogo questi due disegni di legge, ha spiegato Zingaretti, vanno ritirati.
Punto numero due: la “svolta” sulle politiche migratorie, significa tabula rasa dei Decreti Sicurezza, sfornati senza tanti distinguo nell’era gialloverde, perchè cozzano con quei principi di accoglienza e tutela dei diritti umani che, per il Pd, “non sono negoziabili”.
Punto numero tre: la manovra. Il segretario del Pd, sostanzialmente ha detto questo: non è concepibile che prima si fa il Governo, poi si vede la manovra, per due forze che, proprio sul terreno della politica economica, hanno avuto finora visioni alternative. Non è un dettaglio che, più volte in questi giorni, Zingaretti ha parlato di disastro. Alla Vetrata ha spiegato che l’impostazione della manovra si definisce contestualmente alla formazione del Governo.
Questa lista è la discriminante per dare vita a un governo Pd-M5s e viene prima di tutto il resto. Come si vede l’asticella della trattativa si alza ulteriormente, perchè sembra proprio che la formula della discontuinità in questo modo diventi la richiesta di un’abiura.
Zingaretti resta intenzionato a trattare ma sulla base di un nuovo corso politico. Su queste basi si può dire che oggi il borsino della crisi cominci a pendere verso il voto anticipato. Ma dipende da Di Maio e da Casaleggio, che nei giorni scorsi ha avuto un colloquio con Zingaretti. Dalla loro risposta. Non solo alle condizioni del Pd ma alla domanda principale del negoziato: chi fa il premier. Il Movimento pensa che tocchi a loro indicarlo. Il Pd pensa che debba essere frutto di un accordo.
Le tre condizioni poste da Zingaretti hanno provocato “sconcerto” fra i renziani. “Ci aspettiamo che vengano smentite” dice un big dell’area ricordando che è stata data “piena fiducia e pieno sostegno al segretario” e che “in Direzione non abbiamo nè discusso nè votato quei 3 punti”. A quanto viene riferito, durante il colloquio al Colle, il più stringente sulla “non negoziabilità ” dei 3 punti sarebbe stato in particolare l’ex-premier, Paolo Gentiloni.
La risposta non tarda ad arrivare: “Le tre condizioni poste da Zingaretti sono le traduzione dei 5 punti compresi nell’Ordine del giorno votato all’unanimità , per acclamazione, dalla Direzione del Pd”, affermano fonti Pd
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile GIUDICE COSTITUZIONALE, DOCENTE DI DIRITTO COSTITUZIONALE A MILANO-BICOCCA, UN GRANDE CURRICULUM PROFESSIONALE… CONTRARIA AL DECRETO SICUREZZA
È nata a San Giorgio sul Legnano nel 1963 ed è giudice costituzionale dal 2011: Marta Cartabia potrebbe essere la prima presidente del Consiglio donna in Italia e potrebbe presiedere il governo PD-M5S.
Un nome che metterebbe d’accordo sia grillini che piddini e che non a caso viene indicato come frutto di un’idea del Quirinale, che evidentemente la conosce bene visto che Sergio Mattarella è stato presidente della Corte.
Oggi a chiamarla in causa è il Corriere della Sera nell’articolo di Tommaso Labbate: il suo nome sarebbe gradito anche al MoVimento 5 Stelle e rappresenterebbe una scelta di rottura per tanti motivi: perchè è donna — è stata la terza donna a essere nominata alla Consulta, tra i più giovani e vicepresidente dal 2014 — e perchè ha i titoli necessari per muoversi nell’alveo della Costituzione: dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università di Milano nel 1987, è stata Reaserch fellowship nella Michigan Law School, Ann Arbor.
Nel 1993 ha conseguito il PhD nell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, con menzione della Commissione.
Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Milano-Bicocca, è titolare del modulo Jean Monnet, Diritto costituzionale europeo, nell’Università di Milano-Bicocca.
È componente del comitato di direzione della rivista Quaderni costituzionali e componente del FRALEX.
Cartabia, che era stata vicina a Comunione e Liberazione, sembrava dovesse diventare ministro di Carlo Cottarelli quando l’ex FMI era stato incaricato di un mandato esplorativo nel 2018 subito dopo il fallimento del primo tentativo di portare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi a causa della scelta di Paolo Savona come ministro dell’Economia.
Ha scritto, racconta il Corriere, un libro insieme a Luciano Violante, “Giustizia e Mito”,.
Racconta il Corriere che in un incontro nel carcere di San Vittore a Milano nel 2018, Cartabia ha spiegato ai detenuti l’inesauribilità dei valori della Carta Fondamentale: «Il fatto che voi percepiate una distanza tra le parole della Costituzione e la realtà non significa che quelle parole non siano vere, sono gli ideali a cui continuamente aspiriamo anche se la realtà li contraddice, a volte duramente. Come tutte le cose della vita, hanno un’attuazione inesauribile (…) Nelle questioni legate agli alti valori morali non è come nella scienza, nulla può mai essere dato per scontato, si fa un passo avanti e uno indietro».
Secondo alcune ricostruzioni, Marta Cartabia si sarebbe fortemente opposta all’introduzione dei cosiddetti superprefetti nel decreto sicurezza bis dal ministro dell’Interno uscente Matteo Salvini.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2019 Riccardo Fucile ANCHE QUESTA SAREBBE UNA SVOLTA
Si gioca tutto tra le ore 11, quando nello studio del presidente Sergio Mattarella entrerà la
delegazione del Partito democratico, la prima volta al Quirinale di Nicola Zingaretti, e le cinque del pomeriggio, quando sarà la volta del Movimento 5 Stelle, il partito più grande e dunque l’ultimo a essere consultato.
Nella notte, le quotazioni dell’Accordone erano in aumento, dentro Forza Italia si dà per certo il governo M5S-Pd già fatto, con un bel sospiro di sollievo per i parlamentari berlusconiani che manterranno il seggio, pur restando all’opposizione.
Ieri, nelle consultazioni presidenziali, con la pletora delle sottoformazioni accalcate nei gruppi misti di Camera e Senato che si è esibita davanti alle telecamere, si è manifestato il partito di gran lunga maggioritario in Parlamento: quello del Non Voto.
Mattarella chiede (e si aspetta) una disponibilità di Pd e M5S per fare un governo insieme.
La direzione del Pd ha concesso a Zingaretti i pieni poteri, per usare l’espressione cara a Salvini, il mandato a fare un nuovo governo. Tutti uniti, voto all’unanimità , l’ultima volta era successo quando nel 2013 la platea del teatro Capranica aveva applaudito la proposta di candidatura al Quirinale di Romano Prodi avanzata dal segretario Pier Luigi Bersani.
Risultato: la sera Prodi fu pugnalato alle spalle da 101 parlamentari infedeli e Bersani si dimise. Non è un gran precedente. Oggi nel Pd c’è una tregua provvisoria. Fino a due settimane fa un sorriso di troppo di Zingaretti nei confronti di un esponente dei 5 Stelle avrebbe scatenato la reazione dei pretoriani renziani, sentinelle dell’impossibilità di parlare con i grillini.
Dopo la giravolta del capo, sono diventati tutti sostenitori del governo con Di Maio. Nei 5 Stelle la capriola è altrettanto spettacolare: dal Pd partito di Bibbiano sono passati alla trattativa a tutto campo. Sulle poltrone, soprattutto. La compiuta trasformazione di M5S da movimento di rottura del sistema a partito del restare al governo a tutti i costi. La reincarnazione del corpaccione pronto a votare qualsiasi cosa pur di sopravvivere.
Colpisce la facilità con cui il Pd e il Movimento 5 Stelle sono disposti a fare adesso, in poche ore, quello che non fecero nel 2013, quando il povero Bersani fu sottoposto alla gogna dello streaming con i capigruppo di M5S Roberta Lombardi e Vito Crimi, e un anno e mezzo fa, quando Renzi mise il veto a un governo Di Maio, dopo aver trattato in segreto fino all’ultimo minuto e aver fatto saltare il tavolo in serata con un’intervista in tv da Fabio Fazio.
Era il 29 aprile 2018, quella mattina Di Maio aveva pubblicato una lettera sul Corriere della Sera con la mano tesa verso il Pd. Lettera che i vertici del Partito democratico, Matteo Renzi compreso, avevano letto e approvato. Saltò tutto in giornata, non sui contenuti di programma, ma sull’organigramma di governo, sui nomi più indigesti per il Movimento, a partire da quello di Maria Elena Boschi che oggi annuncia di non voler entrare nel governo, una concessione gentile.
Negli anni Sessanta servì tempo per la Dc e per il Partito socialista per costruire un governo di centrosinistra “organico”, con ministri socialisti accanto a quelli democristiani, e per vincere le resistenze che la prospettiva scatenava nei rispettivi campi.
Nel 1976-1978 il Pci impiegò quasi due anni per passare dall’astensione al voto favorevole al governo monocolore Dc presieduto da Giulio Andreotti, oggi sembrerebbe un passaggio impercettibile, quasi metafisico, ma all’epoca fu drammatico e il passaggio finale avvenne nel giorno più tragico, quello della strage di via Mario Fani e del rapimento di Aldo Moro, il tessitore dell’operazione.
La nuova politica, post-ideologica, leggera, indifferente ai contenuti, cambia fronte e schieramento senza troppa difficoltà : un cambio di abito per l’aperitivo serale.
Per arginare l’effetto trasformista, Zingaretti prova la mossa più hard: chiedere a Grillo, Di Maio e Casaleggio un’alleanza politica, non un contratto di governo come fu quello tra Lega e M5S, con la richiesta ai5 Stelle di un’abiura sulla democrazia diretta, con la difesa della centralità del Parlamento, e sulle politiche sui migranti che Di Maio (e il premier Giuseppe Conte, fino all’altro ieri) ha condiviso in tutto con Matteo Salvini.
Su un altro punto di Zingaretti, lo sviluppo e la sostenibilità ambientale, si intravede l’influenza del professor Enrico Giovannini, uno dei candidati a guidare il nuovo governo, già ministro del Lavoro nel governo Letta, l’uomo che di recente ha accompagnato Greta Thunberg nella visita a Roma.
Sulla lotta alle disuguaglianze, ci sono le proposte del Forum di Fabrizio Barca, che i lettori dell’Espresso conoscono bene : ecco un’altra figura che qualsiasi governo di svolta dovrebbe ambire a reclutare in squadra, chissà se ci penseranno.
Per la poltrona di presidenza del Consiglio, scendono le quotazioni del Conte bis, giù anche il presidente della Camera Roberto Fico (Di Maio non lo vuole), Zingaretti resiste a chi lo vorrebbe a Palazzo Chigi, si cerca, al solito, il nome terzo.
Un tecnico-politico con qualche esperienza istituzionale: il magistrato Raffaele Cantone, l’avvocato Paola Severino che fu ministro della Giustizia nel governo Monti, la giudice della Corte costituzionale Marta Cartabia .
La crisi macha potrebbe partorire la prima presidente del Consiglio donna della storia italiana. Sarebbe una svolta, almeno questa.
(da “L’Espresso”)
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