Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
GLI OPPOSITORI INTERNI ORA VOGLIONO SCALARE IL PARTITO ED ENTRARE AL GOVERNO
«Luigi Di Maio e i suoi amici devono scomparire dal nuovo governo». Il tono si indurisce in un disprezzo freddo e sincero alla parola “amici”, quando un colonnello di peso del Movimento 5 stelle, seduto su un divanetto a Montecitorio, mostra il putiferio scoppiato nelle chat interne. Il nodo della nomina di vicepremier e ministri è il terreno di battaglia più aspro perchè è lì, nella trattativa sui nomi, che le sempre più folte truppe di oppositori di Di Maio vedono il tentativo del loro capo di salvare se stesso.
Mentre il desiderio è quello di vederlo in un ruolo minore, se vorrà rimanere nel governo. E una volta chiuso l’accordo, depotenziarlo all’interno del partito.
Da una parte mettendo in soffitta gli uomini a lui più vicini, tra cui Pietro Dettori, Alessio Festa e Cristina Belotti; dall’altra, affiancandogli un direttorio allargato, costruito sulla falsariga dei vertici di questi giorni, quando insieme ai capigruppo di Camera e Senato si sono seduti al tavolo i capigruppo delle commissioni parlamentari.
La corrente interna che spinge per cancellare il nome di Di Maio dalla rosa degli aspiranti vicepremier si sta ingrossando e ha abbandonato quell’inedia coltivata nei 14 mesi di convivenza con la Lega.
Adesso c’è spirito di iniziativa. Tanto da avviare, in questi giorni, vere e proprie trattative parallele con gli uomini del Pd. Con alcune telefonate intercorse nelle ultime ore è stato avviato un lavoro silenzioso per portare l’ex capo della Polizia Franco Gabrielli al ministero dell’Interno, la poltrona sulla quale si diceva avesse posato gli occhi il capo politico del Movimento.
E si cercano convergenze con i nuovi alleati per evitare che il ruolo di vicepremier, qualora Pd e M5S ne chiedessero uno per parte, venga ricoperto proprio da Di Maio o da uno dei suoi due uomini di fiducia, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Nel Pd circola il nome del senatore M5S Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, visto come uomo di garanzia nei rapporti tra i due partiti, mentre dai Cinque stelle è stato chiesto di indicare un nome di emanazione non renziana.
Resta in campo, però, la possibilità che si vada verso un premier senza vice. Renderebbe meno forte l’impronta politica dei partiti sul governo, ma si eviterebbe a Di Maio la trappola dei suoi e al Pd la necessità di contrattare per non averlo in quel ruolo.
Ma le trattative segrete infastidiscono il leader grillino, ancor di più quando si capisce che stanno dando i loro frutti, e in serata i due capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli sono costretti a diramare un messaggio preciso: «Il nostro capo politico è Di Maio e si parla con lui». Un’ovvietà , se non ci fossero trame segrete in fase di tessitura.
Le pressioni non hanno però solo natura vendicativa. C’è una riscossa delle anime del Movimento più in sintonia con i valori della sinistra in cui figura anche chi non osteggia il capo, e che ora spinge per avere una rappresentanza di rilievo al governo.
Nei corridoi del Palazzo si vocifera di un peso maggiore per Morra (se non sarà vicepremier), così come ai deputati fichiani Luigi Gallo e Giuseppe Brescia e al senatore Pierpaolo Sileri in ruoli di sottogoverno, all’attuale ministro delle Pari opportunità Vincenzo Spadafora e a Patuanelli, che potrebbe sedere al posto di Danilo Toninelli al ministero dei Trasporti.
(da “La Stampa”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
IN REALTA’ LA CONSULTAZIONE NON E’ VINCOLANTE E GRILLO E DI MAIO POSSONO ANNULLARE IL RISULTATO COME DA STATUTO ART 4
Non è decisivo. Si tratta di una “consultazione” non vincolante. E Di Maio o Grillo possono chiederne la ripetizione annullandola.
C’è un’altra cosa da spiegare a chi sta facendo confusione in queste ore: si parla di un possibile veto di Mattarella se la scelta di Giuseppe Conte come premier del governo-bis grillino con il Partito Democratico al posto della Lega venisse sottoposta preventivamente a Rousseau. Se così fosse, si tratterebbe in effetti di una questione di incostituzionalità palese.
Ma in realtà Di Maio ha specificato che non si vota sull’incarico a Conte per il governo con il PD, ma sulla “Proposta di progetto di governo che sarà stata condivisa tra le forze politiche che intendono entrare in maggioranza”.
Chi dice che non è mai successo poi dovrebbe ricordare il precedente dello scorso anno, quando Rousseau ratificòa larghissima maggioranza il patto gialloverde, ovvero il contratto di governo tra grillini e Carroccio che nel frattempo è diventato carta straccia.
All’epoca su 44.796 partecipanti al voto, 42.274 votarono sì e 2.522 no, con una percentuale di sì superiore al 94%.
Ma rispetto al 2018 una differenza quest’anno c’è e si chiama Giuseppe Conte. Nel 2018 Rousseau si espresse sul contratto di governo quando il nome dell’incaricato ancora non c’era. Anzi il voto della piattaforma fu un ulteriore elemento per sancire l’accordo tra i partiti e consentire al presidente della Repubblica di affidare l’incarico.
Ecco quindi come appare chiaro che a differenza di quanto sostengono i parlamentari, tutto quello che è stato indetto finora è nella perfetta “legalità grillina”
E ancora. L’AGI riporta, senza attribuirlo a un parlamentare preciso, queste obiezioni uscite nell’assemblea dei parlamentari:
Il problema non è dare la parola alla rete, visto che questo è uno dei principi fondanti del Movimento, ma la tempistica. Siamo sempre e saremo sempre favorevoli a mettere ai voti le nostre decisioni, afferma una voce qualificata, ma in questa situazione, dopo il mandato pieno dato ai capigruppo di trattare con il Pd, le consultazioni in corso al Quirinale, la prospettiva di un Paese che bisogna continuare a difendere con i nostri obiettivi da raggiungere, il tempo limitato per arrivare ad una soluzione, il rischio è che dalla rete non arrivi un voto ponderato, ma di pancia.
Ora, sentire un esponente del partito del Vaffanculo che si lamenta del voto di pancia, quando è stato il voto di pancia a permettergli di finire in parlamento a guadagnare soldi pubblici come nostro dipendente (copyright: Beppe Grillo), fa già ridere di per sè. Ma è la riga successiva a stupire ulteriormente:
Può essere un sì o un no, ma bisognava deciderlo prima di avviare la trattativa. Conte per altro si sarebbe fatto interprete, riferiscono ancora fonti parlamentari, dei dubbi di tutti coloro che ritengono un voto a ridosso delle decisioni del Colle circa un eventuale incarico al nuovo premier possa essere vissuto come una possibile interferenza con quanto il capo dello Stato stabilirà .
In primo luogo la storia e l’esperienza del M5S da prima della sua fondazione a oggi ci dicono che non “bisognava deciderlo prima”: le decisioni le prendono Grillo, Casaleggio Jr. e Di Maio (prima le prendevano Grillo e Casaleggio Sr.) e le prendono quando dicono loro.
Se non vi piace, quella è la porta in omaggio alla Democrazia Diretta da Beppe.
Ma bisogna anche aggiungere che se non vi piace, dovevate lamentarvi prima (quando cacciavano gli oppositori, chi criticava, chi esprimeva semplice dissenso) e non oggi che avete il culo al caldo.
Infine, a rassicurare i parlamentari M5S dovrebbe esserci il quarto comma dell’articolo 4 dello Statuto grillino, oggi giustamente ricordato dall’avvocato Lorenzo Borrè:
Ovvero: la democrazia del MoVimento 5 Stelle è talmente diretta che il Garante (cioè Beppe Grillo vita natural durante, se non lo sapete) e il Capo Politico (cioè Luigi Di Maio eletto nel 2017 e in carica per appena 7 anni, come il presidente della Repubblica), possono farvi votare su Rousseau finchè non esce il risultato che dicono loro
Tra l’altro, la votazione si annulla se non c’è il quorum che hanno deciso loro.
Altro che “iscritti” che “avranno sempre l’ultima parola“, come scrive Di Maio nel post. Adesso avete capito? Bene. Avanti, marsch. In silenzio, grazie.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
POSSIBILITA’ DI INTESE IN EMILIA ROMAGNA, TOSCANA, VENETO, CALABRIA E UMBRIA
“Davanti a noi abbiamo elezioni difficili in Regioni diverse. L’Umbria tra poche settimane. Poi Calabria, Veneto, la Toscana. E l’Emilia-Romagna. Appuntamenti fondamentali che dovremo affrontare stringendoci accanto a chi li combatterà in prima fila. Dobbiamo fare ogni sforzo per costruire in ciascuna di queste realtà l’offerta politica e programmatica più credibile, anche naturalmente sul versante di alleanze che il nuovo quadro politico potrà favorire”: con questo lungo gioco di parole Nicola Zingaretti annuncia nella relazione approvata stamattina dalla direzione del partito il programma sotteso al governo M5S-PD: un’alleanza con i grillini anche alle prossime elezioni regionali.
Ad annunciare oggi l’intenzione di Zingaretti è stato il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Luca De Carolis, che raccontava di sms inviati dagli eletti del PD al M5S: “Ora dobbiamo accordarci sulle Regionali, pensare a come fermare Salvini sui territori”.
Qualcuno, come Walter Verini, è persino uscito allo scoperto: “Il dialogo con il M5S,a prescindere da quello che accade a Roma, è aperto”. E ancora: “In Umbria non stiamo parlando di una trattativa tra partiti ma dell’incontro su un progetto civico-sociale avviato”.
Il M5S, spiegava il Fatto stamattina, ha aperto anche quella porta, con le nuove regole fatte votare sulla piattaforma web Rousseau lo scorso luglio. (Pochi) iscritti hanno detto sì alla “sperimentazione di alleanze con le liste civiche, solo in alcuni casi, su proposta del capo politico” e comunque “da ratificare” con il voto online.
Tradotto, Luigi Di Maio potrà scegliere dove e come fare accordi.
Naturale quindi che il Pd ammicchi già a progetti civici, a liste magari senza simbolo di partito e con tanti esterni a diluirne la derivazione.
Il banco di prova dell’alleanza tra M5S e PD dovrebbe essere a questo punto l’Emilia Romagna.
La speranza è che il tentativo di Zingaretti di siglare coi 5 Stelle una «alleanza politica» si traduca in una collaborazione anche alle regionali d’autunno. Scongiurando il pericolo che la Lega (ancora prima nei sondaggi e con Salvini pronto a iniziare la sua campagna per Lucia Borgonzoni il 7 settembre in Romagna) usi la vittoria nelle regioni per iniziare a picconare il governo nazionale.
A credere alla possibilità di un accordo coi 5 Stelle anche a livello territoriale c’è pure l’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani. «Quello tra Lega e M5S è stata una maggioranza che non si è riprodotta nei territori, perchè era un’alleanza innaturale — spiega Bersani — Quella tra Pd e 5 Stelle potrebbe invece riprodursi. Perchè si tratta di due forze contigue. Poi io, anche senza un governo giallo-rosso, ai 5 Stelle dell’Emilia Romagna direi: ora avete capito anche voi che in questa regione siamo al pelo, che è contendibile. Davvero volete consegnarla alla Lega? Io credo non lo vogliano».
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
IL RETTORE DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA DI GENOVA ATTACCA SALVINI: “IL CRISTIANO NON SBANDIERA ROSARI PER CACCIARE IL PROSSIMO”
Per migliaia di genovesi le ore chi si avvicinano sono quelle della festa della Guardia «e sono l’occasione per rinnovare la fede di un popolo che non pensa a dire avemarie o sbandierare rosari per cacciare via quelli che danno fastidio» dice monsignor Marco Granara, il rettore del santuario che domina la Valpolcevera.
E poi, per essere più chiaro: il riferimento è a Salvini? «Certo, nessuno può utilizzare la Madonna per finalità così sballate come tenere lontani i profughi. Cinquecento anni fa, quando la Madonna apparve a Benedetto Pareto, c’erano molte cose che non andavano in quella Repubblica di Genova dove si costruivano i palazzi dei Rolli ma la gente si scannava. E, a ben vedere, la situazione non era poi così diversa da quella attuale».
La novena della Guardia è arrivata alla fine, stasera il cardinale Angelo Bagnasco guiderà il pellegrinaggio (partenza alle 19 dallo slargo detto “delle acque minerali”) e celebrerà la Messa della vigilia alle 21 al santuario, cui seguirà la veglia notturna dalle 23 alle 7.
Domani sarà la festa popolare con i Crocifissi delle Confraternite, i banchi dei dolci da fiera e il pranzo in compagnia, al sacco o negli spazi attorno al santuario.
Ma si entrerà anche nel cuore della solennità religiosa con la celebrazione di una Messa ogni ora dalle 7 alle 12. A partire dalle 10, alla Cappella di Benedetto Pareto, il rito della “memoria dell’Apparizione” con la lettura del documento notarile di pochi anni successivo ai fatti del 1490 all’origine della nascita del santuario. Quindi la Messa solenne celebrata dal cardinale.
(da “il Secolo XIX”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
IL DOCUMENTO DELL’ASSEMBLEA: “SI NEGANO DIRITTI FONDAMENTALI COME QUELLO ALLA SALUTE, AL LAVORO E ALLA CASA”
La chiesa Valdese contro il decreto Salvini invita i sindaci a disobbedire alle nuove norme.
“Le persone in situazione più marginale sono state esposte al rischio perdere diritti civili e sociali e tutte le chiese sono invitate ad attivarsi nei territori di appartenenza per l’inclusione di tutti e tutte con azioni di sensibilizzazione e pressione nei confronti delle istituzioni locali per il rilascio delle residenze” si legge nel testo che l’assemblea del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, riunito a Torre Pellice fino al 30 agosto, ha approvato.
Un’analisi molto critica nei confronti dei due decreti sicurezza approvati dal governo tra 5stelle e Lega e che ora potrebbero essere cancellati in caso di un Conte bis.
L’assemblea ha chiesto alla Diaconia, organismo che si occupa dell’azione sociale per conto della Tavola valdese, di “predisporre e proporre, a seguito dei tagli ai servizi introdotti dal Decreto Sicurezza, progetti di integrazione e accompagnamento”, di “modulare il proprio lavoro di accoglienza tenendo conto delle concrete situazioni sociali e politiche dei territori e sviluppare, nel medio periodo, interventi per l’inclusione, rivolti in modo trasversale agli ‘ultimi’, sia italiani che stranieri”.
A preoccupare le comunità protestanti in particolare la questione delle iscrizioni anagrafiche e concessioni della residenza a persone italiane e straniere in situazioni di marginalità , come i titolari di protezione umanitaria e sussidiaria, i richiedenti asilo, ma anche le sottoposte a procedimenti penali e amministrativi: “Si prefigurano limiti all’accesso ai diritti fondamentali quali il diritto alla salute e all’assistenza sociale e sanitaria, il diritto alla casa e al lavoro — si legge nel testo approvato – Invitiamo le Chiese a chiedere che nei Comuni dei propri territori i sindaci autorizzino il rilascio della residenza, come già avvenuto in alcuni Comuni o a seguito di talune ordinanze giudiziali”.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
CONTE SCENDE DAL 56% AL 52%, DI MAIO PRECIPITA AL 28%
La popolarità di Matteo Salvini crolla ad agosto dopo la crisi scatenata dal Capitano e la Lega comincia a soffrire nei sondaggi.
Le rilevazioni di IPSOS pubblicare oggi dal Corriere della Sera e illustrate da Nando Pagnoncelli spiegano che il confronto tra Giuseppe Conte e il Capitano è impietoso: il premier uscente (e forse rientrante) ha un indice di fiducia al 52%, mentre il leader della Lega è al 36%.
A luglio – quando ancora tutto doveva succedere – Conte era al 56% (ha perso quindi 4 punti) e Salvini al 51% (e di punti ne ha persi 15).
Se il calo di fiducia nei confronti del leader del Carroccio è evidente, la maggioranza degli elettori ritiene comunque che, se ci fossero nuove elezioni, vincerebbe lo stesso la Lega: la pensa così il 36% degli intervistati (a luglio era il 52%). Solo il 10% ritiene che prevarrebbe il M5S, mentre il 7% punta sul Pd: in questo caso è evidente che i componenti della nuova alleanza che,probabilmente, si appresta a governare non vengono ancora considerati competitivi dal punto di vista elettorale.
Più combattuta invece la sfida sulla fiducia che gli elettori attribuiscono ai singoli partiti: la Lega è in testa (20%), segue il Partito democratico (15) e il Movimento 5 Stelle(14),ma ben il 41%«non sa o non risponde».
A proposito degli scenari che si aprono, infine, c’è una risposta che – al di là degli schieramenti – dà il segno della preoccupazione suscitata da questo terremoto di mezza estate: il 49% degli interpellati ritiene che lo scontro politico, mettendo in difficoltà i conti del Paese, esponga l’Italia a «gravi rischi».
Solo il 17% pensa, invece, che aprire la crisi sia stato un «bene».
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
CERTI RAPPORTI CON LA RUSSIA SI PAGANO E FORSE I SERVIZI AMERICANI HANNO IN MANO ELEMENTI PER SOSTENERLO
Sarà anche stata in parte cortesia istituzionale, di quella che si usa tra capi di Stato e di Governo nelle occasioni ufficiali. Ma la dichiarazione del Presidente USA Donald Trump su Giuseppe (o come lo chiama lui Giuseppi) Conte è sicuramente qualcosa di più.
Certo, nel tweet precedente Trump lodava il presidente brasiliano Bolsonaro ma quella sul premier italiano è una delle due dichiarazioni spassionate su uno dei leader politici presenti a Biarritz.
L’altra — ed anche questo è interessante — era stata sul Primo Ministro britannico Boris Johnson, che Trump ha definito “l’uomo giusto al posto giusto”.
Si può anche pensare che alla fine Trump sia uno che in nome della realpolitik preferisca difendere e sostenere lo status quo.
Ma quello che è importante non sono tanto le parole di elogio (sperticato) nei confronti di Conte quanto il semplice fatto che abbia deciso di twittare sulla situazione italiana “con la speranza che Conte rimanga Primo Ministro”. E chissà chi è stato quel genio che è riuscito a far sembrare Conte uno statista di prima grandezza
Non ci si poteva aspettare un intervento a gamba tesa nella politica italiana, anche se Trump non è tipo che va troppo per il sottile. Ma il messaggio è chiaro. E a quanto pare il Presidente USA ha dimenticato che in Italia c’è anche il suo grande amico Matteo Salvini
La situazione sul versante leghista è davvero tragica. Per ribadire la sua amicizia e la sua stima nei confronti di Trump il nostro ministro dell’Interno aveva toccato vette estreme di masochismo.
Come quando si era detto d’accordo con i dazi punitivi che gli USA volevano imporre nei confronti dei prodotti europei. «Conto che le aziende italiane possano essere al riparo dai dazi. Se altre aziende di altri Pesi europei non avranno la stessa fortuna, non è un problema mio», dichiarò il nostro astutissimo vicepremier dimostrando di non aver capito nulla della questione.
E come lo ripaga l’amico Trump? Appoggiando Conte, quello che in Senato gliele ha date di santa ragione. E possiamo usare tutte le cautele del caso, ricordare che Trump è quello che voleva comprare la Groenlandia e si è offeso perchè il premier danese non ha accettato, oppure quello che pensa che fare esplodere qualche bomba atomica sia la soluzione perfetta al Global Warming (che non esiste).
Ma il dato di fatto rimane: Trump oggi sta con Conte e non sembra preoccupato che i sondaggi diano Salvini in testa in un’ipotetico confronto elettorale o che il leader della Lega voglia andare a nuove elezioni.
Ci si deve a questo punto chiedere come mai Trump abbia deciso di sostenere in maniera così decisa Giuseppe Conte di fatto scaricando il suo grande amico Salvini. Magari Trump ha capito che, come tutti i paesi, anche l’Italia ha bisogno di un governo stabile e una leadership coerente e non di uno che vuole andare al voto non appena vede che i sondaggi sono favorevoli e che è stato beccato a flirtare con Putin per tramite di un suo ex portavoce.
Eh già : la Russia. I rapporti tra Trump e il Presidente russo non sono propriamente pacifici (ma nemmeno di puro odio), quello che è certo però è che Trump non ha alcuna intenzione di togliere le sanzioni economiche alla Russia.
Anzi di recente ha approvato l’imposizione di ulteriori sanzioni. Al contrario di Salvini Conte ha dimostrato di poter essere incisivo in politica estera, ha saputo diventare un leader ascoltato in Europa anche grazie all’appoggio dato all’elezione della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Salvini invece ha fatto la figura di quello che non ha saputo capitalizzare la grande vittoria sovranista ed è finito messo all’angolo. A Trump come a Salvini interessa creare delle spaccature in seno alla UE, ma a differenza di Salvini Trump ha capito che per farlo bisogna avere un peso politico.
Alla fine la spiegazione sta tutta qui: a cosa serve l’amicizia di Salvini a Trump? A nulla, perchè con la sua scelta di mettersi fuori dal governo e l’incapacità di costruire un vero fronte sovranista in Europa (ricordate la brutta fine che ha fatto l’austriaco Strache, amico di Salvini?) lo rendono un politico assolutamente non influente.
A questo aggiungete le accuse e i sospetti sul fatto che i sovranisti europei e italiani possano in qualche modo essere finanziati da Putin (lo è di sicuro Marine Le Pen e anche Salvini ci sperava) e capirete come mai per Trump Salvini è sicuramente tanto simpatico ma non a sufficienza da meritarsi un bel tweet.
In fondo che piaccia o no l’Italia è ancora un paese membro della NATO (e chissà , Trump ha capito che è stata la ministra della difesa Trenta a non bloccare l’acquisto degli F35).
E certi flirt con la Russia non passano inosservati. Di sicuro non era facile farsi scaricare da Trump, ma Salvini ci è riuscito.
Conte però non dovrebbe crogiolarsi sugli allori, perchè il Presidente USA è uno che ci mette il tempo di un tweet a cambiare idea su una persona. E questo è il motivo per cui politicamente il Presidente Trump non è un amico affidabile, non lo era per Salvini e non lo sarà per Conte.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
PARLAMENTARI M5S CONTRO LA DECISIONE DI DI MAIO DI FAR VOTARE L’ACCORDO SULLA PIATTAFORMA DI CASALEGGIO: “DA NOI NESSUN MANDATO, DI MAIO LO RITIRI”
Sono ore febbrili per il Movimento 5 stelle. E a scatenare il malcontento di alcuni parlamentari è l’ultima decisione di Di Maio: quella di sottoporre l’accordo con il Pd per il prossimo governo alla piattaforma Rousseau.
C’è chi chiede che il capo politico del Movimento 5 stelle ci ripensi: “Di Maio – dice all’Adnkronos la deputata Flora Frate – ritiri il voto su Rousseau. Ieri, durante l’assemblea dei parlamentari, non abbiamo preso nessuna decisione in tal senso. Anzi, sono emersi molti pareri negativi. Vincolare il Conte bis all’esito di un voto su una piattaforma gestita da una società privata, senza alcuna garanzia di trasparenza, è scelta assurda. Al Quirinale il M5S deve presentarsi con una proposta seria e credibile”.
Ma l’elenco degli scontenti non sembra essere cortissimo, e include persone che siedono sia a Montecitorio che a palazzo Madama.
Elena Fattori su Facebook definisce questa scelta “la decisione di non decidere”. Ed esprime le sue perplessità : “Sia chiaro che anche in questo caso gli iscritti non potranno scegliere se fare questa alleanza o no perchè Mattarella deciderà oggi in base a cosa gli comunicherà la delegazione 5 stelle. A cosa serve quindi questo annuncio in piena notte ? Un richiamo a una democrazia diretta mai attuata e solo sbandierata maldestramente a buon bisogno per deresponsabilizzazione in scelte controverse e mantenere un consenso che comunque scivola via o un modo altrettanto maldestro per riservarsi una via di fuga nel caso in cui non si abbiamo i ruoli desiderati nei ministeri richiesti?
Su Facebook il deputato Michele Nitti si dice “sorpreso” che “si sia fatta passare per una decisione deliberata in assemblea ciò che non è stato affatto deliberato”.
Ed evidenzia come “la votazione sulla piattaforma non sia, in questo delicato momento, lo strumento più opportuno, viste la tempistica e l’urgenza dei passaggi da esperire con il Quirinale, peraltro regolamentati dalla Costituzione”.
Il post incassa il like, tra gli altri, della senatrice Orietta Vanin e delle deputate Rina De Lorenzo e Francesca Galizia.
Tra i contrari alla votazione su Rousseau anche Luigi Gallo, fedelissimo del presidente della Camera Roberto Fico, e la deputata Doriana Sarli, che per ora si trincera dietro un no comment senza però nascondere il proprio stato d’animo: “Sono stanca e amareggiata”.
E nel dibattito interviene anche Paola Nugnes, che dal Movimento 5 stelle è stata espulsa a fine giugno. Per la senatrice l’utilizzo della piattaforma Rousseau è un modo per controllare il consenso: “Naturalmente la piattaforma Rousseau, nello specifico, manca di terzietà , di trasparenza, di accesso alle informazioni, di dibattito e finanche, come conseguenza, di una adeguata partecipazione, non è strumento neutro e da tempo viene utilizzato non per la partecipazione ma per il controllo del consenso”.
Critico anche il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti: “Un video di Grillo che dice ‘Dobbiamo farlo per il bene dell’Italia, solo così taglieremo i parlamentari, eccetera’, dice una sfilza di ovvietà , che però piacciono a quelli che vanno a votare, seppure sono sempre meno. Però il voto passa anche se non sapremo mai se queste votazioni siano fedeli o meno. Sono anni che si chiede un ente certificatore terzo sennò ci fidiamo sulla parola ma in questi anni fidarsi sulla parola non ha dato sempre gli esiti sperati. È vero che c’è una base anti-PD ma è anche vero che l’hanno fatta spostare: per senso di responsabilità , contro qualcuno, trovando una scusa qualsiasi”.
(da agenzie)
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Agosto 28th, 2019 Riccardo Fucile
IL M5S HA AVUTO TUTTO IL TEMPO PER CONSULTARE GLI ISCRITTI MA NON L’HA FATTO… IL QUIRINALE NON PUO’ ACCETTARE ALCUN “SI’ CON RISERVA”, CI VUOLE RISPETTO DELLE ISTITUZIONI
Una cosa è chiara, secondo quanto si apprende nella prima febbrile ora della mattinata dalle parti del Quirinale: Mattarella non può accettare una soluzione della crisi “provvisoria” in attesa del voto grillino sulla piattaforma Rousseau.
La sua pazienza è già stata messa a dura prova dagli sviluppi di questa crisi, e non solo dai 5 Stelle.
Ma il capo dello stato è l’arbitro della partita del governo, e nè lui nè il Parlamento nè le forze politiche possono accettare che dopo il fischio dell’arbitro possa essere introdotta surrettiziamente la VAR del voto online tra gli iscritti al M5s.
Il ragionamento che si fa nel palazzo del Quirinale è questo: il perimetro della maggioranza nascente è emerso in sede parlamentare da 15 giorni, con il voto al senato contro la richiesta della Lega di calendarizzare per l’indomani la mozione di sfiducia a Conte.
Lì ci furono i «no» concertati di Movimento 5 stelle, Partito Democratico, Gruppo Misto e Autonomie. Da lì in poi il perimetro della maggioranza alternativa al centrodestra è sempre stato lo stesso.
Nelle consultazioni della scorsa settimana Mattarella ne ha avuta diretta conferma, tanto da accordare sei giorni di tempo ai nuovi “promessi sposi” per cementare l’intesa di governo.
Il M5s, questo è il punto centrale, ha avuto tutto il tempo per consultare i suoi iscritti sul tema dell’accordo col Pd. Ma non lo ha fatto.
E ora il Quirinale non può accettare nessun “sì con riserva”. Questo pomeriggio dalle consultazioni con Pd e M5s possono uscire solo un mandato pieno a Conte o il fallimento del governo giallorosso.
Se alle 19 la delegazione 5 Stelle dovesse confermare, a precisa domanda del presidente della Repubblica, che la nascita del governo può essere messa a rischio nei prossimi giorni dal voto su Rousseau, non darà l’incarico a Conte, ma procederà sulla strada alternativa già fissata dal Quirinale: quella del governo tecnico che porterà alle elezioni in autunno.
(da Open)
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