Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
POCHI MILIARDI PER IL CUNEO FISCALE, IL TUTTO RINVIATO ALL’ANNO PROSSIMO… ALTRO CHE DISCONTINUITA’, MANCA IL CORAGGIO DI AUTOCRITICA DEL M5S, CERTE MISURE ANDAVANO RIDOTTE, ALTRE RIMODULATE, QUALCUNA AZZERATA… FINO A CHE SI CERCHERA’ SOLO IL CONSENSO SAREMO SEMPRE NELLA BRATTA
Sono passati appena tre minuti dall’inizio della conferenza stampa a palazzo Chigi per presentare la manovra quando Giuseppe Conte ne fissa i limiti: “Tutto non possiamo fare nel primo anno”.
E infatti nel 2020 ci sarà solo un timidissimo taglio delle tasse sul lavoro, appena un miliardo per il green, qualche spicciolo per finanziare asili nido, il pacchetto industria 4.0 e altre micromisure.
Su una manovra di 29 miliardi, ben 23 vengono fagocitati dalla necessità di evitare l’aumento dell’Iva. Numeri e misure della prima legge di bilancio 5 stelle-Pd dicono una cosa chiara: altro che discontinuità .
La scelta va nella direzione opposta: pagare l’eredità del governo gialloverde. E tenere in piedi gran parte della manovra dello scorso anno: restano il reddito di cittadinanza, quota 100, la mini flat tax per le partite Iva. Per la discontinuità l’appuntamento è già rinviato.
La manovra è il primo banco di prova del governo giallorosso, ma i titoli approvati dal Consiglio dei ministri con l’aggiornamento al Def sono striminziti, identificano una legge di bilancio di pura transizione, con il piombo ai piedi degli impegni che arrivano dal passato e l’impossibilità di dare un segnale di slancio, qualcosa che possa dare un’identità fresca al nuovo esecutivo.
D’altronde in questo governo, come nello scorso, ci sono i 5 stelle e il Pd deve fare conto con l’arrembaggio dei renziani. Anche il contesto politico non aiuta.
Eppure la flessibilità che l’Europa si appresta a concedere è imponente come non mai, qualcosa come oltre 14 miliardi.
Qualcuno – leggere Matteo Renzi – ha finanziato una misura come il bonus 80 euro, qualcun altro – i 5 stelle – ha usato la benevolenza di Bruxelles per portare a casa il reddito di cittadinanza. Non il nuovo governo.
Per il taglio del cuneo fiscale – la misura su cui si punta – ci sono appena 2,7 miliardi: partirà da giugno, non da gennaio. Soprattutto si tradurrà in un impatto debole sulle buste paga degli italiani: la famosa mensilità aggiuntiva, 1.500 in più all’anno, lascerà il posto a un bonus dimezzato.
I titoli della manovra si fermano qui, il resto sono briciole.
Questa è la portata limitatissima e a rendere ancora più vulnerabile un disegno castrato da impegni obbligati sono le coperture. In sintesi: non è solo una manovra timida nei contenuti, è anche una manovra che si regge su una gamba zoppicante.
Dei 29 miliardi necessari per coprire lo stop all’aumento dell’Iva (23,1 miliardi), le spese indifferibili (2 miliardi), il taglio del cuneo (2,7 miliardi) e altre poche micromisure ci sono i circa 14,5 miliardi che arriveranno dall’Europa.
E questa è una gamba stabile perchè si inserisce nei nuovi e fluidi rapporti politici tra Roma e Bruxelles. L’altra gamba, però, è costituita dalla lotta all’evasione fiscale. Qui l’ambizione del governo è imponente: incassare 7 miliardi attraverso operazioni che incentivano l’utilizzo del bancomat e della carta di credito al posto del contante.
Questa gamba è precaria non solo perchè le operazioni di recupero dell’evasione dei recenti governi sono sempre state inferiori alle attese. Lo è anche perchè ancora non si è deciso come intervenire per recuperare questi 7 miliardi.
È vero che la sede opportuna è la manovra e che ci sono ancora quindici giorni di tempo, ma la prima ipotesi in campo – la rimodulazione dell’Iva – ha provocato appena ieri tensioni dentro al governo e nelle sue appendici.
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha escluso che ci sarà un aumento dell’Iva, ma non la sua rimodulazione. Il problema è superato per ora, ma non cancellato.
Per ora il governo ha tirato in ballo il bonus della Befana e Luigi Di Maio ha lanciato un software antievasione, tutte misure che però non bastano a garantire gli incassi programmati, nè a ricompensare i cittadini del cambiamento culturale (dal cash alla carta) che si è assunto a paradigma di questa manovra.
Una manovra che porta una firma nuova, ma che dentro ha contenuti vecchi.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
VOTO’ CONTRO UN EMENDAMENTO DI FDI CHE LI AVREBBERO ESCLUSI: ECCO LE PROVE
“Il reddito di cittadinanza all’ex brigatista Federica Saraceni, condannata per l’omicidio di Massimo D’Antona, è un insulto intollerabile per i parenti della vittima e per tutte le persone perbene. La Lega non parteciperà a nessun lavoro d’aula e di commissione finchè il governo non spiegherà questo scandalo e quest’ingiustizia sarà sanata“: sembra di sentirli i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo mentre minacciano lo sciopero del Parlamento se non viene sanata l’enorme ingiustizia del reddito di cittadinanza ai terroristi.
La deputata Elena Murelli, capogruppo Lega in Commissione Lavoro di Montecitorio, è allo stesso modo indignata: “Abbiamo presentato un’interrogazione al Ministro del Lavoro affinchè il governo faccia subito chiarezza sul reddito di cittadinanza a ex terroristi. Federica Saraceni, condannata a 21 anni e sei mesi per l’omicidio del giuslavorista, non è l’unica ex brigatista ad averne beneficiato”.
E ancora: “Ci sono Massimiliano Gaeta, esponente del cosiddetto Partito Comunista politico militare, condannato per attentati di stampo terroristico, e Raimondo Etro, condannato per concorso nel sequestro di Aldo Moro e per l’omicidio del giudice Riccardo Palma a 20 anni e sei mesi: il primo incassa 500 euro al mese, il secondo la cifra massima pari a 780 euro mensili. È una vergogna, uno schiaffo alla memoria delle vittime e al dolore delle famiglie coinvolte”.
Eppure già qui nasce un primo problema.
Perchè che Raimondo Etro sia percettore di reddito di cittadinanza si sa dal 18 aprile del 2019, ovvero da quando lui stesso ne parlò in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Eppure la Lega all’epoca non protestò per la questione, e forse la spiegazione al curioso silenzio potrebbe risiedere nel fatto che fossero al governo con il MoVimento 5 Stelle.
Oggi che al governo con il M5S non ci sono più, invece, il reddito di cittadinanza a Etro diventa improvvisamente un problema.
Un chiaro caso di “abbiamo delle idee, ma se non vi piacciono ne abbiamo delle altre“.
Ma c’è dell’altro.
In pochi purtroppo ricorderanno che quando il decretone con quota 100 e reddito di cittadinanza entrò in vigore subito le cronache dei giornali si riempirono di malfattori o presunti tali che lo richiedevano, dando così forma e sostanza alle critiche della prima ora alla legge.
Si raccontò dei Rom in attesa del reddito e degli Spada (la famiglia di Ostia) nei CAF per prenderlo.
All’epoca Di Maio promise di rimediare ma Giorgia Meloni ebbe buon gioco nel ricordare che “la conseguenza della bocciatura da parte della maggioranza grillo-leghista dell’emendamento di Fratelli d’Italia per escludere dal sussidio chi ha subito condanne superiori a due anni. Il reddito di cittadinanza andrà anche a delinquenti recidivi, spacciatori, rapinatori, ladri d’appartamento, stupratori, stalker, assassini pedofili, tutte categorie non escluse dalla norma, visto che sono esclusi solo pochissimi reati di mafia e terrorismo. Dal reddito di cittadinanza al reddito di delinquenza”.
Per la cronaca Giorga Meloni non partecipò alla votazione finale del DDL 1637 alla Camera.
Il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni, vicepresidente della Commissione Giustizia, ricorda infatti proprio oggi: “Dispiace però far notare ai colleghi della Lega che sarebbe bastato poco per evitare tutto questo, e cioè che avessero votato a favore degli emendamenti che Fratelli d’Italia aveva presentato, anzichè bocciarli unendo i loro voti a quelli del M5S”.
Ma torniamo a marzo 2019, ovvero a quando i due relatori della legge sul reddito di cittadinanza alla Camera proposero un emendamento all’articolo 2 (comma 1 lettera c) e la nuova formulazione dell’articolo 7 che venne approvata.
Questa aggiungeva, come questione ostativa a percepire il reddito, “per il richiedente del beneficio, la mancata sottoposizione a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonchè la mancanza di condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 3”.
E chi erano i relatori di maggioranza che proposero questa modifica? Si trattava di Dalila Nesci del M5S e di Elena Murelli della Lega.
Esatto, la stessa Elena Murelli che oggi si sta lamentando.
E la stessa Murelli che oggi continua nella sua polemica assolutamente immotivata: “Ricordiamo che la legge vieta espressamente il riconoscimento del reddito di cittadinanza a chi è sottoposto a misure cautelari personali e a chi è stato condannato in via definitiva per reati gravissimi nei dieci anni precedenti la richiesta”, dice ancora. E dice bene. Ma proprio per questo Saraceni può percepire il reddito di cittadinanza.
Come abbiamo già spiegato, l’ex brigatista percepisce il reddito di cittadinanza in virtù del fatto che la condanna per il reato che ha commesso risale a più di dieci anni fa: la sentenza definitiva della Saraceni è del 28 giugno 2007; in più, secondo le regole non può ottenere il sostegno chi è sottoposto «a misure cautelari personali» prima della sentenza: non è questo il caso, visto che la Saraceni è già stata condannata ( nel febbraio 2009, in virtù dei cinque anni e mezzo scontati tra carcere e arresti domiciliari dal 2005, della sua dissociazione dal terrorismo, dei benefici di legge e della sua situazione famigliare, è stata posta in detenzione domiciliare su richiesta della procura di Roma; la detenzione domiciliare non è una misura cautelare ma un modo alternativo al carcere di scontare la pena).
Anche Etro è stato condannato nel 1998 in via definitiva mentre per Massimiliano Gaeta forse la possibilità di prendere il reddito deriva dal fatto che è caduta la finalità terroristica all’epoca della sua condanna in secondo grado che risale al 2012.
A questo punto è giusto ricordare che la Lega votò per l’approvazione del decreto così modificato nelle persone del capogruppo Molinari Riccardo, che oggi minaccia lo sciopero del Carroccio e della deputata — nonchè relatrice per la maggioranza del provvedimento — Murelli Elena.
Una questione che anche oggi Meloni ricorda benissimo, anche se evita nel suo status di citare la Lega — come ha fatto invece il suo senatore — perchè nel frattempo con Salvini sono tornati amichetti.
Ma questo non cancella un fatto: ovvero che quelle modifiche vennero votate dal Carroccio all’epoca.
Per escludere chicchesia dovrà essere votata una modifica alla legge, come ha giustamente detto Olga D’Antona, vedova del giuslavorista.
Approvando il limite dei dieci anni e quello sulla custodia cautelare, la Lega ha consentito ai terroristi che erano condannati da più di dieci anni di prendere il reddito di cittadinanza.
Di più: tecnicamente i deputati della Lega si stanno lamentando di una norma che hanno scritto e approvato in due occasioni, sia alla Camera che al Senato, evidentemente a loro insaputa. Non è fantastico?
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
UNA NARRAZIONE CHE FA COMODO A CHI VUOLE FAR PASSARE IL MESSAGGIO DEGLI ISLAMICI CHE VOGLIONO ASSOGETTARE I CRISTIANI E UNA MANCANZA DI RISPETTO VERSO LA FAMIGLIA DI SILVIA… LE NOTIZIE NON VERIFICATE SPESSO SONO BUFALE PER DEPISTARE: E IL CONTO NON LO PAGA NESSUNO
No comment della Farnesina alla notizia, diffusa su alcuni organi di stampa questa mattina, secondo i quali Silvia Romano sarebbe viva e sposata con un uomo di religione islamica, che le avrebbe fatto il lavaggio del cervello e la terrebbe prigioniera.
Il ministero degli Esteri, contattato da Fanpage.it, ha chiesto di fare attenzione alle “informazioni di dubbia provenienza che stanno circolando nelle ultime ore” sul destino della cooperante italiana, scomparsa in Kenya dal 20 novembre scorso.
Silvia Romano “è viva, ma è stata costretta a sposare un uomo islamico che la tiene come prigioniera”.
La tesi sul destino della cooperante italiana di 24 anni, scomparsa in Kenya dallo scorso 20 novembre mentre si trovava nei pressi di Malindi con l’associazione Africa Milele, ha cominciato a correre da questa mattina, rimbalzando dai social network fino ai media.
La ragazza, riporta per primo Il Giornale, citando anonime fonti dell’Intelligence, sarebbe stata sottoposta ad “un lavaggio del cervello, una manovra di pressione psicologica che punta a recidere i legami affettivi e culturali con la sua patria d’origine, per farle assimilare l’ambiente dove viene costretta a vivere: l’interno della Somalia, il Paese africano dove più forte è la presenza jihadista e dove intere zone, soprattutto nel Sud, sono sotto il controllo delle fazioni integraliste vicine alla guerriglia”.
No comment sulla vicenda è arrivato dalla Farnesina che, contattata da Fanpage.it, ha chiesto di fare attenzione alle informazioni “di dubbia provenienza che stanno circolando nelle ultime ore, non perdendo di vista la difficile situazione personale che sta vivendo la famiglia della ragazza. Al momento non ci sono evidenze investigative, come conferma anche la Presidenza del Consiglio e l’Intelligence. Raccomandiamo a tutti la massima prudenza”.
Eppure, sempre secondo Il Giornale, il matrimonio di Silvia con questo musulmano sarebbe stato “celebrato ovviamente con rito islamico e l’ha fatta diventare proprietà di un uomo del posto, probabilmente legato all’organizzazione che la tiene in ostaggio. Oggi Silvia (o qualunque sia il nuovo nome che le hanno imposto) è una donna costretta a indossare il velo e seguire la legge coranica”.
Ma il condizionale è d’obbligo, soprattutto per garantire il rispetto della famiglia della ragazza, che da mesi sta combattendo contro una situazione ancora coperta dal mistero. Le uniche notizie certe sulla sorte della ragazza, che ha compiuto 24 anni il 13 settembre, risalgono allo scorso Natale, quando Silvia è stata vista sicuramente viva.
Altre novità sono arrivate alla fine di agosto, quando in seguito al terzo incontro tra investigatori locali e quelli della procura di Roma, coordinati dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, è stato confermato che la giovane è stata trasferita proprio in quel periodo in Somalia dal Kenya, dove era sparita nel mese di novembre.
In particolare, sono emersi contatti telefonici, avvenuti prima e dopo il sequestro, tra chi ha rapito la giovane e alcune persone proprio in Somalia, paese dominato dai mujaeddin di Al Shabab, una tra le fazioni più integraliste della jihad.
Intanto, continuano le indagini degli inquirenti locali e dei Ros dei carabinieri sul sequestro della giovane milanese, in attesa di avere notizie più certe sulla sua sorte.
(da Fanpage)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
LA SOLITA PASSERELLA PER FARE DEMAGOGIA SPICCIOLA E DISTRARRE L’OPINIONE PUBBLICA
In questi giorni, Salvini e i suoi riempiono media e social con proclami sul referendum che sta venendo promosso dalle regioni leghiste per introdurre il sistema maggioritario
Il quesito ideato da Calderoli è solo una presa in giro e non può essere ammesso dalla Corte Costituzionale senza cambiare decenni di giurisprudennza.
In materia elettorale, la Consulta ha affermato ripetutamente che il referendum abrogativo è ammissibile solo se la legge elettorale che ne deriva è immediatamente e pienamente operativa, senza necessità di interventi normativi.
Questo perchè “gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti alla eventualità , anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento” (sent. n. 29/1987).
“L’esigenza fondamentale di funzionamento dell’ordinamento democratico rappresentativo non tollera soluzioni di continuità nell’operatività del sistema elettorale del Parlamento: una richiesta di referendum che esponga l’ordinamento a un tale rischio non potrebbe, pertanto, che essere dichiarata inammissibile” (v. sent. n.5/95).
Il referendum leghista non soddisfa i requisiti stabiliti dalla Corte. Infatti, se vincesse il sì, dal “ritaglio” referendario uscirebbe una legge maggioritaria, ma priva di un elemento essenziale per funzionare: i collegi. E la mancanza dei collegi è già stata considerata decisiva dalla Consulta per dichiarare inammissibili altri referendum elettorali (sent. n.5/95 citata sopra).
Nel quesito referendario, si cerca, maldestramente, di ovviare a questo problema, modificando la delega al governo contenuta nella legge approvata quest’anno per adattare i collegi del Rosatellum all’eventuale riduzione del numero di parlamentari.
Ma se anche quella delega fosse operativa (e non lo è, ma non è qui la sede per entrare in dettagli tecnici), il referendum lascerebbe comunque il paese senza legge elettorale fino all’emanazione del decreto legislativo da parte del governo.
E questo per la giurisprudenza citata della Corte è inammissibile.
Insomma, la Lega, per la seconda volta, promuove e strombazza in giro un referendum pur sapendo benissimo che è inammissibile.
Lo aveva già fatto nel 2015 col referendum sulla legge Fornero. Almeno questa volta a farne le spese sono stati i consiglieri regionali, che hanno partecipato a sedute inutili e non, come nel 2015, migliaia di militanti leghisti che si sbatterono a raccogliere firme senza sapere che erano già carta straccia
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DI LETTA TROVA CONCORDI DI MAIO E ZINGARETTI… SOLO I SOVRANISTI SUL WEB COME AL SOLITO NON HANNO CAPITO UNA MAZZA
Oggi l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha rilanciato sullo ius culturae e ha proposto di abbassare il limite d’età per il diritto di voto.
Secondo Letta i tempi sono maturi per consentire anche a chi ha compiuto 16 anni la possibilità di votare. «Una riforma costituzionale da fare in un anno: il voto ai sedicenni», ha dichiarato l’ex premier durante un’intervista a Repubblica. L’idea è piaciuta un po’ a tutti, dal Capo Politico del M5S Di Maio al Segretario del PD Nicola Zingaretti passando per Carlo Calenda.
Luigi Di Maio dopo aver ricordato che si tratta di una vecchia campagna del suo partito (ma già nel 2007 fu un’idea di Veltroni) ha affermato che «se a 16 anni un giovane può lavorare e pagare le tasse, dovrebbe almeno avere il diritto anche di votare e scegliere chi decide della sua vita».
Zingaretti ha twittato in sostegno della proposta di Letta: «La passione civile di tante ragazze e tanti ragazzi che incontro tutti i giorni rafforzano questa idea». Estendere il diritto di voto ha chi ha compiuto i 16 anni non è una novità , e viene rilanciata oggi alla luce del successo della mobilitazione mondiale partita dall’esempio dell’attivista svedese Greta Thunberg.
I sedicenni di oggi, dicono in coro i politici, sono maturi per poter decidere e votare. In Austria ad esempio possono farlo in tutte le elezioni (l’elettorato passivo però parte dal compimento dei 18 anni). In Scozia gli under 18 hanno potuto votare al Referendum per l’Indipendenza (ma non a quello sulla Brexit). In Germania i 16enni possono votare per il Parlamento di alcuni Land mentre fuori dall’Europa chi ha 16 anni può decidere se votare in Argentina e in Brasile (dove il voto è obbligatorio nella fascia d’età tra 18 e 65 anni) ed anche a Cuba, in Ecuador e in Nicaragua
Quando Salvini voleva dare il voto ai sedicenni
A parole quindi la maggioranza che sostiene il Conte bis è compatta. Il diritto di voto a 16 anni si può fare. L’idea però non piace a molti patrioti sovranisti che hanno visto la proposta di Letta accolta dal PD come un modo per raccattare voti. In molti rinfacciano a Zingaretti che questo è l’unico modo con cui il Partito Democratico può sperare di prendere qualche voto ed evitare di sparire. Altri invece riciclano il leit motiv di qualche settimana fa, quello sul PD che impedisce agli italiani di andare a votare.
Insomma la sinistra dopo aver perso i voti degli operai e delle periferie va a cercare quelli dei “figli dei radical de sinistra” perchè in tenera età siamo stati tutti sinistroidi o comunisti. Che vergogna, twitta un’utente commentando l’articolo di Repubblica, i sedicenni sono poco più che bambini. E manca solo qualcuno che dica che è ovvio che il PD voglia far votare i ragazzini: è pur sempre il partito di Bibbiano. Anzi: chi ci dice che il sistema Bibbiano non sia servito per creare schiere di agguerriti elettori piddini.
Ma chissà se quelli che sarcasticamente propongono di far votare “anche i poppanti attaccati alla tetta delle mamme che arrivano con i barconi a Lampedusa” (ma come non sono tutti grandi e grossi i migranti?) sanno che un altro entusiasta sostenitore del diritto di voto a 16 anni è stato proprio Matteo Salvini.
Nel 2015 la Lega aveva presentato anche una proposta di legge a prima firma di Massimiliano Fedriga per consentire l’estensione del diritto di elettorato attivo ai sedicenni.
Nell’ottobre del 2016 il leader della Lega aveva proposto abbassare l’età per votare. Con grande entusiasmo da parte della Lega Giovani dei suoi addetti alla comunicazione, ad esempio quello che spiegava che «i nostri giovani sono molto più informati rispetto al passato. Dare il diritto di voto ai sedicenni è segno di progresso e buonsenso, significa credere ed investire nel loro futuro».
Oggi che è il PD a proporre per l’ennesima volta di abbassare l’età del voto spuntano fuori quelli che ci spiegano che «Hanno impedito a 60milioni di Italiani di votare e ora vogliono dare il voto ai sedicenni». Non manca nemmeno l’esperta di condizionamento operante che twitta tutta contenta dopo aver scoperto che il voto ai sedicenni è solo l’ultimo tassello dell’indottrinamento impartito a scuola i cui frutti si sono già visti con la mobilitazione per il Friday for Future. Perchè è risaputo che il PD non solo comanda in Italia ma in tutti i paesi dove i ragazzi sono scesi in piazza venerdì scorso.
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
E QUANTI SONO I NUOVI POSSIBILI ELETTORI?
Il voto ai sedicenni «è una proposta che portiamo avanti da sempre e che sosteniamo con forza», dice oggi il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, seguito a ruota dal suo collega di maggioranza, il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti.
Posizioni che si aggiungono alle tante voci favorevoli alla proposta susseguitesi nel tempo: non ultimo, l’ex premier Enrico Letta Ma di quanti voti stiamo parlando?
Come spiegano a Open oggi dall’Istat, i ragazzi e le ragazzi che in Italia hanno compiuto 16 e 17 anni al 1 gennaio 2019 sono 1.144.682: 293.142 sono i ragazzi di 16 anni, 275.768 le loro coetanee. 278.257 sono le diciassettenni, 297.515 i loro coetanei.
Una stima dei possibili nuovi voti contesi dalla politica l’aveva fatta già nel 2011 l’economista Tito Boeri nel suo libro Riforme a costo zero.
«Bisogna allargare ulteriormente il fronte di chi sostiene le riforme. I giovani non possono rimanere soli», dice. «Bisogna far pesare di più la loro voce, per esempio imitando l’Austria, che ha esteso il diritto di voto a sedicenni e diciassettenni», scrive Boeri, che argomenta così il suo sì.
«Vorrebbe dire aumentare l’elettorato di poco più di un milione di italiani — con un peso elettorale corrispondente a quello di chi ha superato gli 85 anni — e contribuirebbe a ridurre l’età dell’elettore mediano da 47 a 46 anni. Sarebbe un piccolo segno, ma significativo, di un maggior interesse verso i giovani e il loro peso nell’arena politica».
Una stima che, dopo otto anni, conferma a Open anche Lorenzo Pregliasco di YouTrend.
Come funziona all’estero
Fuori dall’Unione Europea, tra i paesi che prevedono il voto per chi ha compiuto 16 anni spiccano il Brasile, Cuba, l’Argentina, il Nicaragua e l’Ecuador.
E in Europa? È da 12 anni, dal 2007, che chi ha 16 anni può votare in Austria: 18 sono gli anni necessari per poter essere eletti, 35 invece per essere eletti a presidente della Repubblica.
Lo dimostrano ancora una volta le ultime elezioni, in cui ha votato più del 75% degli aventi diritto e ha appena vinto — di nuovo — il 33enne Sebastian Kurz: si tratta del più giovane capo di governo in tutto il mondo.
Nel 2014 hanno partecipato al voto per il Referendum per l’Indipendenza in Scozia gli under 18. E dall’anno successivo possono votare alle tornate elettorali politiche, che siano locali o nazionali.
Il diritto di voto ai e alle sedicenni è garantito nelle elezioni dei Parlamenti di alcuni Là¤nder tedeschi, mentre la Norvegia ha esteso 8 anni fa il diritto di voto ai sedicenni per le consultazioni locali.
(da Open)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
LA QUESTIONE AMBIENTALE PRENDE CAMPO
La questione ambientale può diventare il tema destinato a dominare l’agenda pubblica nei prossimi mesi. Non è troppo presto per immaginare un futuro in cui un le politiche verdi riusciranno a imporsi nel dibattito pubblico superando anche la questione delle migrazioni, il dominus di questi ultimi anni.
Qualcuno potrebbe obiettare che da anni si parla di ambiente e di cambiamenti climatici ma che questi temi non sono mai riusciti ad uscire da una discussione di nicchia.
Tutto questo era vero in un mondo in cui la comunicazione politica e la propaganda dei partiti non erano dominate dall’uso della rete.
Il predominio del web sui media tradizionali ha comportato due fattori interconnessi tra loro: numeri straordinari che si muovono a una velocità senza precedenti.
Il risultato è la nascita di un’opinione pubblica digitale che forma il pensiero collettivo in maniera quasi istantanea sui trend che si impongono online.
Per fare un esempio concreto possiamo vedere come nelle ultime settimane il dibattito europeo sulle tematiche ambientali in Europa abbia toccato in rete vette mai raggiunte prima.
Venerdì 27 settembre #fridayforfuture si è imposto come una delle prime tendenze mondiali con picchi di oltre 5 mila tweet all’ora, rimanendo tra i trending topic italiani per oltre 21 ore.
Lo slogan della manifestazione studentesca a favore del clima, #climatestrike, è stato il secondo argomento più discusso nella twitter-sfera mondiale, restando nelle tendenze mondiali per oltre 13 ore.
Nel nostro Paese lo sciopero per ridurre le conseguenze del riscaldamento globale è arrivato ad essere la tematica più discussa su twitter, con un sentiment totalmente positivo. Ogni 100 messaggi su #climatestrike sono state raggiunte oltre 270 mila utenti unici, mentre le parole più associate a questo hashtag sono state: #climateemergency e #fridayforfuture.
Grazie a questa campagna molto virale abbiamo potuto rilevare come negli ultimi giorni ci sia stata un’impennata delle ricerche degli italiani sulle tematiche verdi. La manifestazione del 27 settembre a sostegno del clima è stata, con oltre 200 mila ricerche su Google, il quarto argomento più cercato dagli italiani, superato soltanto dalle partite di calcio.
Allo stesso tempo l’attivista Greta Thunberg è risultata lunedì 23 settembre il personaggio maggiormente cercato sulla rete in Italia e quello più menzionato sugli hashtag #climateemergency e #fridayforfuture.
Un personaggio come Greta Thunberg in queste ultime settimane è riuscita a coinvolgere su Facebook un numero maggiore di persone di quello ottenuto da leader mondiali come Donald Trump. Gli ultimi 100 messaggi di Greta sono stati condivisi da una media di oltre 5.539 utenti per singolo post, contro i 4 mila a favore di Trump.
Si può quindi tranquillamente affermare che il ruolo degli influencer “verdi” è stato e sarà sempre più determinante nel riuscire a imporre delle campagne pro-ambiente capaci di sovvertire l’agenda setting della rete.
Per capire nel dettaglio di cosa parlano questi attivisti in rete ci siamo affidati a un report elaborato da Onalytica. Le conversazioni degli influencer “verdi” che vanno per la maggiore tra gli utenti online sono: riduzione degli sprechi alimentari; rimboschimento; infrastrutture verdi; natura e tecnologia.
Sembra incredibile ma solo qualche mese fa, durante la campagna delle europee, monitoravamo tra i termini più usati nelle conversazioni online parole come “immigrazione”, “Islam” e “sicurezza”. Grazie alla capacità di coinvolgimento di alcuni personaggi molto popolari in rete il tema dell’ambiente è cresciuto esponenzialmente negli ultimi tempi.
Basterebbe ricordare la conferenza “cop21”, che registrò un vero e proprio flop sui social media: utenti italiani e europei rimasero totalmente indifferenti rispetto a tematiche oggi invece molto virali. Se il tema delle migrazioni è stata la bandiera dei partiti populisti, l’agenda verde deve diventare la chiave per costruire una comunità online di riferimento per quei progressisti che non hanno paura delle elezioni.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
PERDE LO 0,4% IL M5S, STABILE IL PD, CALA RENZI, SALE FDI
L’ultimo sondaggio Swg diffuso dal TgLa7 mostra il calo della Lega, che rispetto al 23 settembre scorso ha perso l’0,8% assestandosi su un 32,8%.
Scende anche Italia Viva. Il neo partito di Matteo Renzi passa in una settimana dal 5,4% al 4,9%.
Perde consensi anche il Movimento 5 stelle, che scende sotto il 20%. Stabile, invece, il partito democratico fermo al 19.4%.
A crescere è invece Fratelli d’Italia che guadagna un 0,6% rispetto a sette giorni fa, passando dallo 6,7 al 7,3%.
Invariato invece il dato per Forza Italia che rimane attorno al 5%.
Nella settimana dello sciopero globale per il clima, dopo le manifestazioni avvenute in tutta Italia, mantengono il loro livello di consensi anche i verdi con il 2% di preferenze.
“Cambiamo!”, il nuovo partito di Giovanni Toti, uscito da Forza Italia, scende di 0.3 punti percentuali, così come Più Europa che perde uno 0.1.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
COPERTURE: 14 MILIARDI DALLA FLESSIBILITA’ E 7 MILIARDI DALLA LOTTA ALL’EVASIONE
Stop all’aumento dell’Iva e avvio del taglio delle tasse sul lavoro, grazie a 14 miliardi di flessibilità e 7 miliardi di proventi dalla lotta alla evasione.
A meno di un mese dalla sua nascita, il governo Conte approva la nota di aggiornamento al Def, il documento che disegna la cornice di una manovra da circa 29 miliardi. Il deficit viene fissato al 2,2% del Pil, come auspicato dal ministro Roberto Gualtieri che assicura il rispetto delle regole Ue.
Il debito però non è nei parametri di Bruxelles, dal momento che il calo è ridotto (dal 135,7% al 135,1% del Pil).
La crescita viene stimata nel 2020 allo 0,6%, anche se Gualtieri afferma che ora “c’è l’opportunità di un vero rilancio economico”, dopo la frenata dell’anno “gialloverde”. Per il governo resta però il nodo, assai spinoso, di indicare come in concreto si ricaveranno i sette miliardi di lotta all’evasione.
E’ il premier Giuseppe Conte, in mattinata, ad annunciare che il Consiglio dei ministri serale avrebbe fermato ogni aumento dell’Iva.
Le sue parole arrivano dopo ore di grande tensione nella maggioranza e dopo un vertice notturno burrascoso, segnato dal “niet” di Luigi Di Maio e Matteo Renzi a ogni aumento selettivo dell’Iva.
La scelta, sul tavolo del governo, di aumentare alcune aliquote, magari con un meccanismo di restituzione per chi paghi con carta di credito, viene stoppata da M5s e Iv. E apre ora il problema di trovare, in due settimane, le risorse necessarie. Tanto che fino all’ultimo i partiti provano a far salire il deficit, vincendo le resistenze del ministero dell’Economia.
Conte prova a rasserenare gli animi: calerà , promette il premier, l’Iva su bollette, pane e latte, ci sarà un “superbonus della Befana” e si avvierà il taglio delle tasse sul lavoro da 2,7 miliardi nel 2020 e 5,4 miliardi nel 2021.
E le coperture? Conte chiede ai leader dei partiti di non limitarsi a criticare e fare “giochini” attribuendo a Palazzo Chigi la volontà di aumentare l’Iva: se volete evitare misure impopolari – dice alle due di notte, dopo un lungo vertice con i capi delegazione di M5s, Pd, Leu e Iv – indicate dove trovare i soldi.
Il clima nella maggioranza è infuocato. Franceschini parla a Di Maio e Renzi quando avverte che la “smania” di visibilità “logora i governi”. Ma al tavolo di governo Teresa Bellanova e Luigi Marattin sono intransigenti: piuttosto che aumentare l’Iva si riveda quota 100 o si rinvii di un anno l’avvio del taglio delle tasse sul lavoro, magari si usino fondi non spesi dei Comuni.
“Franceschini voleva far salire l’Iva per 5 o 7 miliardi”, accusa Marattin. E il ministro della Cultura cita Dante: “Non ti curar di loro…”.
Bloccare il taglio delle tasse sul lavoro è escluso: ribattono i Dem che con Roberto Speranza di Leu hanno posto il tema in cima all’agenda. I toni si alzano, si litiga via social. “Aumentare l’Iva sarebbe uno schiaffo ai più poveri”, tuona Renzi. “Nessuno vuole alzarla. Bisogna tagliare le tasse in busta paga a chi non arriva a fine mese”, ribatte Nicola Zingaretti.
Il clima è pessimo e la discussione su come reperire le risorse per una manovra che si annuncia ad alto tasso “green” (sono previsti due fondi da 50 miliardi per le città e l’ambiente), promette di essere animata. Ci sono 23 disegni di legge collegati alla legge di bilancio, dal cuneo fiscale, al green new deal, alla revisione del superticket, fino a un nuovo disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Nella lista è indicata anche la riforma del catasto.
(da “Huffingtonpost”)
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