Destra di Popolo.net

ALTRO CHE DISCONTINUITA’, DI MAIO E CONTE PENSANO DI CONTINUARE A FARSI GLI AFFARI LORO

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

CONTE CHE SI FINGE “SUPER PARTES” E NON MUOVE UN DITO PER FAR RISPETTARE LA LEGALITA’ SULLA MARE JONIO, DI MAIO CHE NON VUOLE MOLLARE LA POLTRONA

Altro che discontinuità , i padroni del governo restano i 5Stelle. In una sola giornata piombano tre elementi che descrivono alla perfezione il clima che sta portando alla nascita del nuovo governo M5s-Pd.
Il presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte, noncurante delle consultazioni ancora in corso, va alla festa del Fatto Quotidiano e da qui rivendica di essere super partes: “Inappropriato – dice – definirmi premier M5s”. Queste parole inevitabilmente costituiscono un assist per Luigi Di Maio, il quale vorrebbe replicare nell’esecutivo il vecchio schema.
Ovvero vuole essere confermato vicepremier e lo pretende a tal punto che neanche risponde alla proposta lanciata dal Pd per uscire dall’impasse: “Nessun vice, nè del Pd nè del Movimento”.
In un quadro pieno di nubi che non si dipanano, si inserisce la Mare Jonio, l’imbarcazione della Ong Mediterranea bloccata da quattro giorni davanti Lampedusa, con il benestare di tutto il governo dimissionario.
Si potrebbe dire quindi che la verità  arriva dal mare. E la “discontinuità ” invocata da Nicola Zingaretti, come precondizione per dare vita al nuovo governo, si ferma sulla nave Mare Jonio e su un discorso relativo alle poltrone e ai posti da occupare nell’esecutivo.
Tutta la giornata ruota attorno a quella che viene vissuta come un’ambiguità  del premier incaricato. Le parole di Conte, che rivendica di non essere un 5Stelle, impattano sull’impostazione che il Pd vuole dare al rush finale della trattativa, quello più delicato, ovvero quello sui vicepremier. In assenza di un chiarimento politico di fondo la formazione del nuovo governo è ancora ferma qui: Di Maio vorrebbe essere confermato numero due a Palazzo Chigi per non perdere il suo potere dentro e fuori il partito, il Pd alza un muro e considera Conte unico interlocutore in rappresentanza del mondo pentastellato.
In questo contesto il video di Beppe Grillo, nel quale il fondatore di fatto invita tutti a non pensare alle poltrone, ha avuto su Di Maio un effetto devastante.
Basti pensare che Dario Franceschini, con una mossa meditata e concordata con il segretario dem, ha abbracciato il messaggio del fondatore M5s proponendo una soluzione per uscire dall’impasse: nessun vicepremier da affiancare a Giuseppe Conte e rimettere la palla al centro con i temi del programma.
Un “nuovo contributo del Partito Democratico” per superare lo stallo e far decollare il governo Conte 2, sottolineano fonti Pd.
Alla base della scelta, viene spiegato, c’è il ritorno di voci insistenti circa una soluzione con il doppio vicepremier, così come era stato con il governo a trazione Lega-M5s. Uno schema sgradito al Partito democratico che casomai vorrebbe un solo vicepremier targato dem. Se ciò non sarà  possibile, il Pd è pronto a rinunciare purchè non ci sia Di Maio vice di Conte. Ecco quindi il ‘sacrificio’ messo sul tavolo delle trattative a distanza fra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.
Di Maio per adesso ufficialmente tace ma la mossa Pd viene vista con sospetto. Ad esporsi, e sembra quasi parlare a nome del capo politico, è Gianluigi Paragone: “Luigi non piace al Pd perchè sta difendendo quello che di buono avevamo fatto nel precedente governo. Deve restare centrale anche a palazzo Chigi”. Poi lo mette in guardia: “Franceschini vuol far fuori Di Maio”.
Insomma il capo politico ha tutta l’intenzione di vendere cara la pelle. Anche se in queste ore, soprattutto dopo il video di Grillo, il pressing su di lui per un passo indietro sta crescendo.
La tensione sale quindi anche all’interno del Movimento 5 Stelle e nelle chat di Whatsapp frequentate dai parlamentari grillini c’è chi chiede al capo politico di rinunciare al ruolo di numero due di Giuseppe Conte.
I messaggi, secondo quanto riporta l’Adnkronos, spaziano dall’irritazione all’insofferenza per lo stallo politico creatosi. “Se hai incaricato Conte, lo lasci lavorare e non lo indebolisci così. Ha ragione chi pensa che vogliano sabotare tutto per i propri interessi personali…”, attacca un eletto riferendosi a Di Maio e al suo ‘cerchio magico’.
C’è poi un altro elemento che frena la nascita del nuovo governo e che il Pd ha fatto emergere.
In queste ore Giuseppe Conte, premier incaricato per formare il nuovo esecutivo, si muove sostanzialmente come se fosse ancora l’alleato di Matteo Salvini e infatti i trentaquattro migranti sono ancora in mezzo al mare sull’imbarcazione della Ong. Su di loro pesa il divieto di ingresso in acque italiane firmato dal ministro dell’Interno, da quello dei Trasporti Danilo Toninelli e della Difesa Elisabetta Trenta.
Tanto che a un certo punto il segretario del Pd Nicola Zingaretti è costretto a intervenire: “La vicenda della Mare Jonio conferma che in Italia sull’immigrazione bisogna cambiare tutto. Coinvolgere con autorevolezza l’Europa, unire sicurezza, legalità , umanità  è possibile”. E poi l’affondo al governo dimissionario e quindi a Conte: “Non faccia finta di niente, stiamo parlando di esseri umani”.
Eccola la fotografia di una scintilla che non scatta in questo matrimonio che ogni giorno sembra più innaturale.
Con il passare delle ore l’insofferenza per lo stallo in casa Pd, che sta per siglare un’alleanza con i 5Stelle, aumenta. E così Marina Sereni della segretaria nazionale twitta: “Ci appelliamo a chi ha l’autorità  e la possibilità  affinchè si faccia prevalere il rispetto della Costituzione, delle leggi e del diritto internazionale e si facciano sbarcare tutte le persone ancora a bordo della Mare Jonio”.
Quindi, il nodo politico sulla vicepresidenza del Consiglio non è ancora stato risolto ma accanto a questo intanto ne è spuntato un altro di sostanza che riguarda non solo il programma ma il cuore stesso di questo nuovo governo.
Ovvero cosa farà  l’esecutivo M5s-Pd sui temi dell’immigrazione. E la nave Jonio dimostra che un’idea comune non c’è e che per adesso a prevalere è quella Conte-M5s.

(da “Huffingtonpost”)

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IL CONSIGLIERE COMUNALE LEGHISTA CHE SU FB SI DEFINISCE ANTISEMITA

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

IL GORIZIANO ALTINIER ORA SI SCUSA E DICE CHE RISALE A DIECI ANNI FA (MA SE NON SCOPPIAVA LA BUFERA SAREBBE RIMASTO)

Orientamento religioso: antisemita. Lo ha scritto sul suo profilo Facebook Stefano Altinier, 35 anni, consigliere comunale della Lega a Gorizia.
E lo ha tenuto sul social, per sua stessa ammissione, “almeno dieci anni”.
Fino a venerdì scorso quando, allertato della potenziale esplosione di un caso, ha provato a cancellare l’indicazione. Ormai, però, “l’antisemita” era stato salvato – screenshottato – e messo in memoria dalle opposizioni locali. E il caso è esploso davvero.
Sul profilo Facebook di Stefano Altinier, operaio, licenzia di media inferiore, eletto consigliere con le amministrative del giugno 2017, alla voce “orientamento religoso” fino a due giorni fa si trovava l’indicazione “antisemita”.
L’opposizione si è accorta del pesante svarione e, attraverso sedici consiglieri, Cinque stelle compresi, ha scritto questo documento: “Dichiararsi di orientamento religioso antisemita su un social di larga condivisione e, poi, apportare una frettolosa modifica, sperando di passare inosservato, denota in primis ignoranza del termine “orientamento religioso”, se si considera che l’antisemitismo è avversione nei confronti dell’ebraismo, maturatasi in forme di persecuzione, e poi evidenzia ignoranza anche del funzionamento dei social: lo sanno gli studenti più sprovveduti che qualsiasi frase, foto, video una volta postato rimane indelebilmente”.
Infine, si legge nel documento, “l’atto evidenzia ignoranza della Legge Mancino che sanziona e condanna qualsiasi azione, gesto, slogan avente come scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali”.
Questa mattina Il Piccolo ha pubblicato la storia, arrivata alla fine di un’estate infuocata dai rosari branditi da Salvini.
Il consigliere leghista Altinier, imbarazzato, ha provato ad avanzare queste spiegazioni: “Ho sempre ritenuto che i social non rappresentino la realtà . Ci sono profili in cui uno dichiara di svolgere un determinato lavoro o di essere sposato ma nella realtà , magari, non è così. Io non sono mai stato antisemita, ho anche partecipato alla festa ebraica Chanukkah e mi affascinano la storia e le tradizioni di quel popolo”.
E la definizione, allora? “È una cosa vecchia, risale forse a dieci, quindici anni fa. Ero adolescente e quella parola aveva i connotati di uno scherzo, sicuramente sopra le righe. Mi scuso davvero se ho urtato la sensibilità  di qualcuno, tant’è che oggi non c’è più traccia di quanto scrissi, superficialmente, allora”.

(da agenzie)

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NESSUNO LO DICE MA IL VERO SCONTRO E’ TRA GRILLO E DI MAIO E LO STA VINCENDO IL FONDATORE

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

TUTTI GLI INTERVENTI DI GRILLO PER BLOCCARE LE SCELTE DI DI MAIO

Chiunque assista dall’esterno, comune cittadino o addetto ai lavori della politica, alle vicende del Movimento 5 stelle resta disorientato: cosa sta succedendo?
Eppure la realtà , sia pure indicibile per iscritti e eletti, si staglia evidente davanti agli occhi di tutti: la crisi dell’alleanza con la Lega ha portato allo scoperto una forte divergenza tra Luigi Di Maio e il fondatore del Movimento, Beppe Grillo.
Uno scontro vero e proprio, inimmaginabile da quando Di Maio era stato eletto capo politico e Beppe si era di fatto ritirato dopo il trionfo elettorale e la nascita del governo gialloverde, come a lasciare al suo destino la creatura ormai in grado di badare a se stessa senza padri o tutori.
Per fatalità  scoppia tutto nella data delle stelle cadenti, il 10 agosto.
Alle 10.49 Di Maio pubblica sulla sua pagina Facebook un post con cui “dà  la linea” al Movimento. Non a caso comincia con queste parole: «Da leggere tutto, per la verità ». E la verità  di Di Maio è che «gli italiani stanno affrontando una crisi di Governo assurda voluta dalla Lega». Il governo ha fatto cose eccezionali, è la sua tesi, andando contro lobbies e poteri forti. E la Lega «forse lo ha fatto cadere proprio per questo: quando i sondaggi gli hanno detto che poteva staccare, lo hanno fatto. Così la Lega potrà  tornare a difendere gli interessi di Autostrade e simili».
Ma qui vengono le affermazioni politiche impegnative: «Ora, siccome la Lega è in difficoltà , ha iniziato a buttarla in caciara con un fantomatico inciucio Pd-M5S. È sempre stato così, credo ve lo ricordiate. Lo hanno sempre fatto, per tentare di screditarci agli occhi delle persone deluse da loro. La destra diceva che eravamo di sinistra, la sinistra diceva che eravamo di destra. Non avevano null’altro da fare o da proporre e provavano a colpirci con questi mezzucci Oggi non è cambiato nulla e, come al solito, da ieri qualche quotidiano (non tutti, per fortuna) in malafede dà  respiro alla nuova bufala del dialogo con il Pd. Del resto basta andare a ritroso di 24-48 ore per capire chi la sta diffondendo. Ad ogni modo, noi siamo stati chiari. Il M5S non ha paura delle elezioni, anzi. Anzi, in questo momento siamo ancora più uniti, con Alessandro, Davide, Max Bugani, Paola Taverna, Nicola Morra, i capigruppo, i nostri ministri e tutti coloro che per il MoVimento hanno dato l’anima. Andiamo a votare subito».
Come dire: siamo tutti d’accordo, e la citazione dei personaggi più lontani da Di Maio nel M5s lo certifica. La linea è e resta: mai al governo col Pd, subito al voto.
Una linea ferma, che però dura solo tre ore.
Alle 14 sul blog di Beppe Grillo appare il post della svolta: «Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni». Bastano queste tre righe, in un testo comunque di rottura definitiva con la Lega, a ribaltare la linea-Di Maio.
L’apertura di Grillo troverà  la altrettanto imprevedibile sponda di Matteo Renzi, e in 48 ore diventerà  la posizione del Pd. Ma non di tutto il M5s.
Sarà  infatti necessaria la riunione nella villa al mare di Grillo, a Bibbona, per allineare tutti almeno sull’idea di provarci, e di dire definitivamente addio a Matteo Salvini. In realtà , come i fatti ci ricordano, a dare il benservito al leader leghista con toni di inattesa, ricercata, durezza sarà  il 20 agosto il premier Conte, in mezzo al silenzioso Luigi e al furioso Matteo.
Seconda scena: il governo si è dimesso, Mattarella ha avviato le consultazioni, l’ultima delegazione a essere ricevuta al Quirinale è quella del M5s. E all’uscita Di Maio dedica solo poche parole al governo possibile: «Sono state avviate interlocuzioni per una maggioranza solida», dice, senza citare il Pd, e senza vincolarle al nome di un premier. Le voci dicono che potrebbe essere un tecnico, con Di Maio stesso vice premier, sacrificando Conte e non lui sull’altare della “discontinuità ” pretesa da Zingaretti.
Ma ancora una volta Grillo non ci sta, e lo scrive sul blog, tutto dedicato all’altro Giuseppe: «Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura ed il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità  persa di fronte al mondo intero. Se dimostreremo la capacità  di perdonare le sue virtù sarà  un passo in avanti per il paese, qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico-politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto… l’esperienza di avere governato questo strano paese… benvenuto tra gli Elevati».
Detto, e fatto. Imperturbabile Di Maio pone al Pd la condizione preliminare: o Conte premier o niente governo. Zingaretti vorrebbe andare a vedere il gioco, ma a sua volta nel partito è solo: una solida maggioranza vuole il governo col M5s a tutti i costi. E semmai a pagarne le spese sarà  Di Maio, ok al premier, ma no al vice 5 stelle.
Qui Di Maio si muove con durezza, ricordando di essersi già  sacrificato le due volte in cui il premier avrebbe potuto essere lui, e ponendo molti altri punti di sbarramento, all’uscita del secondo colloquio al Quirinale, e soprattutto venerdì scorso, dopo l’incontro con Conte. Una durezza incomprensibile, a meno di non pensare a una guerra furibonda per preservare quel ruolo di vice premier. Lo dicono a mezza voce i suoi, lo comprende bene anche Conte.
E qui arriva l’ultima scena, con il terzo colpo di Grillo a Di Maio, quello del kappaò. Questa volta con in video, in apparenza giocato su altri registri.
Ma a un certo punto Beppe va diretto all’obiettivo:   «Questa pena che vedo, questa mancanza di ironia, dovete sedervi a un tavolo e essere euforici perchè appartenete a questo momento straordinario di cambiamento. Abbiamo da progettare il mondo, invece ci abbruttiamo, e le scalette e il posto lo do a chi e i dieci punti, i venti punti, basta»
Anche il più distratto degli osservatori non può non vedere il riferimento diretto al discorso di 24 ore prima: fate l’accordo senza pregiudiziali sui punti inderogabili o sulle poltrone…
Così il fondatore del Movimento toglie di mano al capo politico anche le ultime carte, e dal Pd hanno buon gioco nel completare l’opera, rinunciando a loro volta al vice premier.
Ora Luigi Di Maio, fino a un mese fa vice premier e dioscuro del governo, ministro del Lavoro e dello Sviluppo industriale, e capo politico del M5s, rischia di perdere quasi tutto, e di essere al massimo un ministro non di primo rango nel governo guidato da un Elevato all’empireo grillino.
La politica ci ha abituato ai colpi di scena, e non è ancora detto che finisca così. Ma se così fosse, l’avrebbe deciso l’uomo senza il quale nè Di Maio nè Conte nè tutti gli altri del M5s sarebbero mai arrivati sulla scena pubblica.
Perchè l’ha fatto? Forse per punire Salvini, e anche un po’ chi ha permesso che si prendesse tanta parte della scena, prima di questo fatidico agosto

(da Open)

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NUGNES: “DA DENTRO IL MOVIMENTO STA NASCENDO UN FORTE ‘BASTA DI MAIO'”

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

“LO HANNO MESSO ALLA GUIDA NON PER MERITI MA PERCHE’ HANNO INVESTITO SU DI LUI, ORA ANCHE GRILLO NE AUSPICA LE DIMISSIONI”

In qualche modo per lei, cacciata per aver contestato più degli altri i diktat di Salvini è in qualche modo il mondo del riscatto.
“Sta cercando di restare quello che era, con troppo potere nelle sue mani, leader, doppiamente ministro e pure vicepremier, ma è proprio da dentro il Movimento che sta nascendo un forte ‘basta Di Maio'”.
Lo dice Paola Nugnes in un’intervista a ‘Qn’.
“La stessa struttura che lo ha creato -aggiunge- adesso lo sta lentamente abbandonando. Lui è diventato leader del Movimento non perchè avesse dei meriti, ma perchè questa struttura ha investito su di lui. E la stessa struttura ora che la sua figura non è più utile, è molto più utile quella di Conte. Nell’ultimo vertice, a quanto ne so, persino Grillo ha chiesto le dimissioni di Di Maio”.

(da agenzie)

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VOTO SU ROUSSEAU: LE BALLE CHE RACCONTA IL M5S

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

LA VERIFICA SU QUELLE CHE IL M5S CONSIDERA FAKE NEWS PER SCREDITARE IL SISTEMA DI VOTO

Secondo il M5s circolano 10 false notizie sul voto di Rousseau.
Ecco la verifica
«La verità  sul voto su Rousseau. Le 10 fake news a cui non credere», così si intitola il comunicato del Movimento 5 Stelle pubblicato il 31 agosto 2019 su Il Blog delle Stelle. Proviamo a vederle assieme
La piattaforma e la Casaleggio Associati Srl
«La piattaforma Rousseau è gestita da un’azienda privata, la Casaleggio Associati Srl. FAKE NEWS», titola il primo dei 10 punti pubblicati nel comunicato.
Di fatto la piattaforma non è gestita dalla Casaleggio Associati, ma dall’Associazione Rousseau, e non è la prima volta che si associano le due cose. Che l’Associazione Rousseau sia nata da un’idea dei soci della Casaleggio Associati non è una novità , così come non è una novità  che l’attuale Presidente della società  milanese Davide Casaleggio sia anche il Presidente dell’Associazione come riportato nell’area «Trasparenza» della piattaforma
Legalmente l’Associazione Rousseau e la Casaleggio Associati Srl sono due soggetti differenti, mentre il legame tra le due rimane il loro Presidente — lo stesso — e la vecchia sede. Attualmente l’Associazione Rousseau opera in via Morone 6 a Milano, uffici dove risiedeva in precedenza la Casaleggio Associati che da un po’ di tempo si è trasferita in via Visconti di Modrone 30, sempre a Milano.
I soci sono quelli elencati dal comunicato: Massimo Bugani (socio e responsabile organizzazione eventi), Enrica Sabatini (socio e responsabile ricerca e sviluppo), Pietro Dettori (socio e responsabile editoriale). Da Statuto gli associati sono inizialmente i Fondatori, ma possono partecipare altre persone fisiche o giuridiche la cui ammissione è deliberata dall’Organo amministrativo della stessa.
Non ci sono prove che la Casaleggio Associati tragga guadagno diretto dall’Associazione Rousseau, dunque non si può sostenere che la suddetta società  percepisca compensi o denaro dalle casse dell’associazione.
L’attuale piattaforma e il Garante
«Il voto per il Progetto di Governo non è sicuro. La piattaforma su cui si voterà  è stata multata dal Garante della privacy . FAKE NEWS», titola il secondo punto.
Di fatto, come già  riportato da Open, il Garante aveva avviato in data 12 e 13 novembre 2018 un accertamento ispettivo di natura prettamente tecnica avente lo scopo di verificare in concreto la robustezza dei sistemi di sicurezza adottati, attività  che poi ha portato al «Provvedimento su data breach — 4 aprile 2019 [9101974]» dove la stessa Associazione Rousseau è stata multata per 50 mila euro e rivelando i timori dei critici.
Da allora non si hanno verifiche da parte di un ente terzo che la piattaforma di voto sia stata corretta a seguito delle criticità  riscontrate dal Garante. In tal caso non è possibile sostenere che l’attuale situazione sia la stessa rilevata dal Garante e la stessa, dunque, degli attacchi subiti dal blackhat R0gue_0.
Voto multiplo?
«Errori e bug potrebbero consentire ad un utente di votare più volte per il Progetto di Governo. E’ possibile ricondurre il voto alla persona che l’ha espresso. FAKE NEWS» è il terzo punto.
Per quanto riguarda i bug e gli errori ci rimettiamo al punto precedente, siccome non è al momento dimostrabile che ce ne siano dei nuovi e dunque delle nuove intrusioni da parte di blackhat.
Casi di voto multiplo erano stati riscontrati in passato dove Rogue_0 si era introdotto usando gli account di altri iscritti a loro insaputa. Tra questi Davide Gatto, un attivista di lunga data che all’epoca risultava amico su Facebook di Luigi Di Maio. Questi episodi sono al momento riconducibili al periodo precedente alle analisi tecniche effettuate dal Garante, ma veniamo alla questione legata alle iscrizioni alla piattaforma riportata nel punto 9
«Non si possono affidare le decisioni ad un voto su Rousseau perchè è piena di profili fake e non si conosce neanche il numero di iscritti. FAKE NEWS»:
Per poter votare è necessario essere iscritti certificati. La certificazione viene rilasciata solo se l’iscritto è identificato da un documento ufficiale (dalla carta d’identità  alla patente, al passaporto), da un indirizzo e- mail e da un numero di telefono che vengono verificati. La certificazione di un iscritto avviene in 3/5 giorni lavorativi a seguito di ulteriori controlli sulla validità  delle informazioni fornite.
Proprio durante le Europarlamentarie del Movimento 5 Stelle, avvenute dopo le verifiche del Garante, una donna aveva segnalato di essersi trovata iscritta a sua insaputa e il suo voto sarebbe stato dato a uno dei candidati. A seguito della segnalazione lo stesso Davide Casaleggio avrebbe denunciato in Procura la creazione di «profili clone» creati ad hoc senza il consenso di persone reali per effettuare voti a loro insaputa.
Visto che si parla di voti multipli o di voti in qualche modo fasulli, trattiamo subito il punto 8 dove leggiamo «Migliaia di persone di altri partiti si stanno iscrivendo in questi giorni e potranno falsare il voto su Rousseau. FAKE NEWS».
Per poter votare bisogna essere iscritti da più di sei mesi, ma da nessuna parte c’è la certificazione che qualcuno provenga da un altro partito e che voti per dare fastidio al risultato delle consultazioni. Non è possibile, se non per eventuale iniziativa della stessa Associazione Rousseu, verificare quanti siano gli iscritti occasionali o che hanno effettuato l’accesso al solo scopo di votare contro le tendenze del partito.
Tuttavia, guardando i numeri diffusi, al momento gli iscritti dichiarati sono 115.372 e durante il voto per la conferma di Luigi Di Maio — avvenuta a maggio di quest’anno — avevano espresso la loro preferenza 56.127 iscritti. L’80% di questi aveva votato a favore dell’attuale capo politico del Movimento e non sono stati rivelate iscrizioni di massa negli ultimi 6 mesi da parte dell’Associazione stessa tali da sconvolgere quel risultato
La piattaforma e la gestione del traffico
«La piattaforma Rousseau è impreparata a gestire un elevato traffico per il voto sul Progetto di Governo. FAKE NEWS», riporta il punto 4.
Secondo il Movimento 5 Stelle c’è stato un miglioramento dell’infrastruttura ed un’allocazione ad hoc di risorse hardware che secondo loro avrebbero dimostrato buone performance negli ultimi 5 mesi. In quel periodo si era tenuto anche il voto per Luigi Di Maio e loro stesso sostengono che ci sono stati degli attacchi DDos «sventati» e che ci sarebbero stato un lieve rallentamento durato meno di 30 minuti. Dovremmo attendere il prossimo voto per verificare se ciò che hanno dichiarato risulta certo.
Il voto è manipolabile?
«Il voto degli iscritti sul Progetto di Governo può essere facilmente manipolato. FAKE NEWS», riporta il punto 5.
Nel comunicato si parla di modifiche al codice tracciate e che il database con i risultati dei voti non è accessibile direttamente da parte degli amministratori. Leggendo ciò sembra che abbiano operato al fine di risolvere le criticità  riportate nel «Provvedimento su data breach — 4 aprile 2019 [9101974]» de Garante
L’ente terzo che certifica il voto?
Passiamo alla nota dolente. Il punto 6 riporta: «Non esiste nessun ente terzo che certifichi nè il numero dei votanti, nè i risultati finali di ogni votazione. FAKE NEWS». Le votazioni, secondo quanto dichiarato dallo stesso Movimento 5 Stelle, sono certificate da un notaio che ha accesso in tempo reale al monitoraggio del sistema di voto permettendogli di verificare e certificare eventuali anomalie. Chi è questo notaio?
Il notaio che certifica i voti della piattaforma Rousseau è Valerio Tacchini, noto per aver prestato le sue competenze presso trasmissioni televisive come l’Isola dei Famosi. Ecco cosa ha dichiarato lo stesso Tacchini in un’intervista al Corriere della Sera del 31 agosto 2019:
Tacchini: «No no, ci sono stati investimenti economici spaventosi. Tanta tecnologia. Io certifico, ci metto la faccia. Ma poi è Davide che si assume la responsabilità  civile e penale. Non ci sono state anomalie».
Tacchini: «Guardi, è tutto controllato secondo per secondo. Ma io sono un tecnico. Certifico solo il voto. È un po’ come il televoto di Ballando sotto le stelle e XFactor».
Non risulta un esperto di sicurezza informatica, ma ci troviamo di fronte a una persona che «certifica solo il voto». Ecco il suo CV pubblicato nel sito del ministero dei Beni Culturali di cui era diventato nel 2018 consulente del ministro M5s Bonisoli:
Il CV di Tacchini dal sito del ministero dei Beni Culturali.
Tacchini aveva già  certificato dei voti in passato, infatti è lui lo stesso notaio che aveva consegnato il risultato delle Primarie del Movimento 5 Stelle durante il quale venne scelto Luigi Di Maio capo politico del partito. Le analisi tecniche del Garante erano state fatte successivamente a quella consultazione riscontrando la possibilità  che il voto potesse essere manipolabile.
Lo stesso Tacchini era stato candidato al Senato nelle liste del Movimento 5 Stelle. Nella sua pagina Facebook (@valeriotacchiniM5S) riporta tutto, nella massima trasparenza.
La pagina Facebook di Tacchini dove leggiamo «Un notaio non ordinario per un paese straordinario».
In merito al punto 6 «Non esiste nessun ente terzo che certifichi nè il numero dei votanti, nè i risultati finali di ogni votazione. FAKE NEWS» è contestabile il fatto che ritengano — di conseguenza — che esista un ente terzo accertato che lo stesso è un attivista che fa parte integrante da anni del Movimento 5 Stelle.
Al momento le uniche due volte che il voto del partito fondato da Beppe Grillo era stato certificato da un ente terzo, la Dnv Business Assurance, sono state le Quirinarie del 2013 e il voto per il «Non Statuto» del 2016.
«La piattaforma Rousseau riceve 1,6 milioni di euro di soldi pubblici. FAKE NEWS», riporta il punto 7. Nel comunicato leggiamo che la piattaforma è sostenuta da donazioni di iscritti e dai portavoce — i parlamentari — per un totale nel 2018 di 1.254.031 euro.
Quando si parla dei 1,6 milioni di soldi pubblici si fa riferimento ai 300 euro mensili che i parlamentari del Movimento sono tenuti a versare all’Associazione Rousseau a seguito del loro stipendio («li paghiamo noi, sono nostri dipendenti pubblici»). P
agella Politica, tramite Agi, in un articolo del 28 marzo 2018 aveva verificato quanti soldi sarebbero arrivati alla piattaforma dai parlamentari eletti quell’anno: 101.400 euro al mese e 1 milione 216 mila e 800 euro in 12 mesi. Cifre che lo stesso Movimento non ha contestato a Pagella Politica e ad Agi: «Le cifre sono corrette».
Tenendo conto di questa conferma ufficiale non bisogna fare altro che conteggiare le mensilità  depositate fino ad agosto 2019 e moltiplicarle per 101.400 euro: se consideriamo che le prime sedute di Camera e Senato di questa legislatura sono avvenute a fine marzo 2018 raggiungiamo una cifra vicina ai 1,6 milioni di euro di «soldi pubblici».
Come mai risultano più dei soldi dichiarati nel comunicato del Movimento? Perchè considerano, e lo dicono apertamente, le cifre relative all’anno 2018.

(da Open)

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MARE JONIO, TRE PROFUGHI GRAVI SBARCATI E RICOVERATI DI URGENZA: SADISMO ISTITUZIONALE

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

MARTEDI’ PREVISTO MALTEMPO MA PER I SOVRANISTI E I LORO SERVI GLI OSTAGGI DEVONO SCENDERE SOLO IN BARELLA

L’attesa si sta trasformando in agonia.
Al quarto giorno di detenzione sulla Mare Jonio, i 34 naufraghi rimanenti a bordo, dei 98 raccolti mercoledì scorso al largo di Misurata, cominciano a crollare anche fisicamente.
Le condizioni di tre di loro (due uomini   e una donna) non erano più compatibili con la permanenza coatta su una nave, avevano bisogno immediato di cure mediche importanti, presso una struttura ospedaliera vera, e così sono stati evacuati d’urgenza dalla Capitaneria di porto.
Le condizioni della donna erano così gravi che non riusciva più a camminare ed è stato possibile sbarcarla solo in barella.
Dopo il “trasbordo della vergogna” – quello di due giorni fa, in cui donne incinte e bambini furono lanciati sul gommone della Capitaneria di porto – un altro, fulgido esempio del sadismo istituzionale insito nella ratio dei decreti Salvini tanto cari a Di Maio, il nuovo alleato del Pd nel nascente governo.
“Questa è la volontà  dello Stato italiano, evidentemente: farli sbarcare – perchè sarà  inevitabile alla fine, e lo sanno tutti – ma uno per uno e in barella”, è il commento di Cecilia Strada di Mediterranea.
Stanotte ha piovuto forte, e l’acqua ha sorpreso i naufraghi mentre dormivano a cielo aperto. Le coperte zuppe ora sono appese ai corrimano, ma difficilmente saranno utilizzabili per questa notte. Anche perchè il sole è coperto dalle nuvole. E’ in arrivo il maltempo. Le previsioni meteo dicono che domani entrerà  vento da nordovest, il mare si alzerà  gradualmente. Il peggio è previsto per martedì, presto il comandante sarà  chiamato a fare una scelta: forzare il blocco previsto dal decreto Salvini bis ed entrare in porto a Lampedusa; oppure mettere a repentaglio la vita dei 34 migranti a bordo e dell’intero equipaggio. Qualsiasi   decisione prenderà , sarà  una sconfitta per tutti.

(da agenzie)

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CHI E’ ANDREAS KALBITZ IL LEADER AFD NEL BRANDEBURGO, COSI’ VI FATE UN’IDEA

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

I PRECEDENTI DEL NEONAZISTA “IMPRESENTABILE” CHE E’ ANCORA A PIEDE LIBERO

Alla testa dell’Afd in Brandeburgo c’è un ex paracadutista criticato per le sue frequentazioni con i neonazisti: Andreas Kalbitz, 46 anni
Kalbitz è considerato uno dei politici più potenti di AfD: vicinissimo a Bjà¶rn Hà¶cke, guida con lui la corrente più radicale del partito, l’«Ala».
Sposato e padre di tre figli, ex Republikaner (il partito di estrema destra sospettato di attività  anticostituzionali), è stato membro di associazioni revisioniste fondate da reduci nazisti, ha partecipato a un campeggio della Heimattreue Deutsche Jugend, i «Giovani tedeschi fedeli alla patria», un’associazione eversiva modellata sulla gioventù hitleriana e ora bandita, e nel 2007 ha fatto parte di una missione di estremisti tedeschi ad Atene.
Il gruppo – «14 neonazisti» li definiva un rapporto dell’epoca dell’ambasciata tedesca – sfilò con i neofascisti di Alba Dorata, dopo aver esposto una bandiera con le svastiche dal proprio hotel (Kalbitz ammette la spedizione ma dice di non aver avuto niente a che fare con la bandiera).
Normalmente in Germania basterebbe assai meno per esser considerati impresentabili.
Ma ai suoi elettori tutto questo non sembra far paura. Merito anche della campagna portata avanti da AfD in Brandeburgo e in Sassonia. Per i due Là¤nder orientali il partito neonazista ha invocato una «Svolta 2.0» («Vollende die Wende», «porta a compimento la svolta» è lo slogan in rima su manifesti e siti internet), perchè quella dalla Ddr alla democrazia promessa trent’anni fa – sostiene – non è stata realizzata davvero.
E ha chiesto ai cittadini dell’Est di ribellarsi a coloro che «opprimono chi oggi la pensa diversamente» come si sono ribellati alla dittatura del partito unico.
Una strategia aiutata dal fatto che negli ultimi 30 anni, da quando cioè la fine del Comunismo e la riunificazione hanno permesso libere elezioni, in Sassonia governa la Cdu e in Brandeburgo la Spd, cioè gli stessi due partiti che guidano lo Stato federale (o «Ddr light» come amano chiamarlo i militanti di AfD).
Kalbitz e AfD hanno compiuto il capolavoro del populismo identitario. Anzi micro-identitario: non basta più opporre i tedeschi agli stranieri, secondo la tipica retorica sovranista, ora AfD punta sull’identità  tedesco-orientale.
Dopo le promesse mancate della riunificazione (l’Est rimane economicamente più debole dell’Ovest) e il trauma dell’adattamento all’economia di mercato, molti tedeschi orientali si sono sentiti «colonizzati» dall’Ovest. L’appello in positivo all’Est che deve «rialzarsi» piace. Anche se in realtà  fa vincere un nazionalismo autoritario che è all’opposto dei dissidenti che trenta anni fa combatterono la Ddr dall’interno.

(da agenzie)

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REGIONALI GERMANIA EXIT POOL, AVANZANO I NEONAZISTI MA L’ANNUNCIATO SORPASSO NON C’E’

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

SASSONIA ALLA CDU E BRANDEBURGO ALL’SPD… AVANZANO ANCHE I VERDI

La marea nera del malcontento ex-Ddr c’è stata, e pure alta, ma gli argini dei due grandi partiti al governo a Berlino – anche se scricchiolando – tutto sommato hanno retto: nelle due elezioni regionali svoltesi nell’est della Germania, in Sassonia e in Brandeburgo, i neonazisti dell’Afd hanno rispettivamente triplicato e raddoppiato i consensi ma non sarebbero riusciti nel colpo storico di diventare primo partito in una regione tedesca, come i sondaggi avevano lasciato ipotizzare almeno a Postdam
Il partito cristiano-democratico (Cdu) della cancelliera Angela Merkel e quello socialdemocratico (Spd) al momento senza una guida – i due pezzi dell’inquieta Grande coalizione al potere a livello nazionale – hanno conservato il primato nelle rispettive roccaforti che governano da tre decenni.
In Sassonia, la regione con capoluogo Dresda e la più popolosa fra le due in cui si è votato, secondo proiezioni l’Afd ha raccolto il 27% dei voti, tre volte di più rispetto al 9,7% che ebbe nelle precedenti regionali del 2014.
La Cdu, perdendo sei o sette punti rispetto al 39,4% di cinque anni fa, si confermata primo partito col 32-33% dei consensi.
Era però in Brandeburgo, la regione che circonda Berlino, che i sondaggi avevano prospettato un testa a testa tra formazione xenofoba e un pilastro della democrazia tedesca, la Spd che fu di Willy Brandt ed Helmuth Schmidt.
Qui l’Afd avrebbe raddoppiato i consensi passando dal 12,2% del 2014 ad un attuale 23-24%. Ma i socialdemocratici, pur perdendo sei punti, avrebbe raccolto il 27%: un margine risicato, ma dunque senza sorpasso.
In entrambe le regioni i Verdi hanno proseguito il loro trend positivo trainato dalle preoccupazioni dei tedeschi per i cambiamenti climatici ottenendo il 10% in Brandeburgo (+4 punti) e l′8,5% in Sassonia (+2 punti).
Soprattutto in Sassonia, dove peraltro la Sinistra sarebbe in calo di otto punti al 10,5%, sarà  problematico proseguire la Grande coalizione al governo a Dresda.
La campagna elettorale è stata dominata dai temi della sicurezza sociale – una vera ossessione, anche in Laender con livelli di criminalità  e migrazione molto bassi – e del clima – sempre più sentito dalle giovani generazioni in particolare.
Malgrado si sia molto insistito, nelle settimane precedenti il voto, sulla difficoltà  dei cittadini della ex Germania Est, sul loro essere considerati cittadini di seconda classe, sul cronico ritardo che registrano rispetto al resto del Paese, secondo un sondaggio di Infratest Dimap l’83 per cento degli intervistati in Sassonia e Brandeburgo si è detto “soddisfatto” della propria situazione economica.

(da agenzie)

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L’ASSESSORE DI FRATELLI D’ITALIA BECCATO A COMPRARE COCAINA AVEVA LA DELEGA ALLE POLITICHE GIOVANILI

Settembre 1st, 2019 Riccardo Fucile

LUCA CAVALIERI, ASSESSORE NEL FERRARESE E MEMBRO DEL COORDINAMENTO LOCALE DEL PARTITO DELLA MELONI, SEGNALATO ALLA PREFETTURA… DA “PRIMA GLI ITALIANI” A “PRIMA UNA DOSE”

L’esponente di Fratelli d’Italia Luca Cavalieri, 29 anni, assessore alle politiche giovanili di Lagosanto in provincia di Ferrara, è stato segnalato come assuntore di cocaina dopo essere stato beccato a comprarla dai carabinieri.
Venerdì pomeriggio i carabinieri lo hanno individuato mentre comprava una dose da 1,16 grammi di cocaina da un noto spacciatore del luogo.
Comprare non è un reato, ma per l’assessore è scattata la segnalazione alla Prefettura quale assuntore.
In galera è invece finito il pusher, Luigi Orlandini, un 54enne del posto, che ha tentato di scappare e poi ha cercato di picchiare con calci e pugni i carabinieri che lo avevano raggiunto, senza però procurare loro lesioni.
La successiva perquisizione personale ha permesso di trovare in suo possesso altri 0,7 grammi di cocaina e un grammo di eroina, oltre alla somma di 780 euro.
Gli sono stati contestati i reati di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente e violenza e resistenza a pubblico ufficiale ed è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso propria residenza in attesa del giudizio direttissimo.
Cavalieri invece è stato costretto a dimettersi: era stato eletto in Consiglio con la lista del centrodestra tra le fila di Fratelli d’Italia (di cui è anche membro del coordinamento locale) e come assessore aveva le deleghe alle Politiche giovanili, Associazionismo e Relazioni internazionali e Pari opportunità .

(da “NextQuotidiano”)

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