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PERCHE’ LA RICHIESTA DI REFERENDUM DELLE 5 REGIONI GOVERNATE DALLA LEGA E’ SOLO PROPAGANDA E NON SARA’ DICHIARATO AMMISSIBILE

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

LE TRE CONTROMOSSE DI M5S-PD CHE FINIREBBERO PER FREGARE SALVINI

L’idea avanzata da Salvini: se 5 consigli regionali chiedono, a maggioranza assoluta, il referendum abrogativo sulla legge elettorale, tutti i cittadini italiani sono chiamati ad esprimersi in una consultazione referendaria ai sensi dell’ art. 75 della Costituzione. Mentre le forze politiche della nuova maggioranza parlano di approvare una nuova legge elettorale di tipo proporzionale per cercare di ingabbiare il leader leghista, Salvini corre ai ripari proponendo ai Consigli regionali di centrodestra, che attualmente sono una decina, di chiedere il referendum abrogativo sulla parte proporzionale del Rosatellum.
L’ attuale legge elettorale attribuisce circa 1/3 dei seggi col sistema dei collegi uninominali a turno unico e circa 2/3 col sistema proporzionale senza preferenze, con listini bloccati brevi e coi nomi dei candidati indicati sulla scheda elettorale.
Si tratta di un sistema con una forte componente proporzionale, ma l’ assenza del voto disgiunto e la possibilità  di formare coalizioni tra liste rappresentano una discreta correzione maggioritaria. Sufficiente per spedire Salvini al governo. Per questo Renzi e Grillo la vogliono sostituire con il proporzionale.
La proposta
Ed ecco che interviene la proposta della Lega: un referendum abrogativo che tolga la parte proporzionale dal Rosatellum e lo trasformi in un sistema puramente maggioritario, all’ inglese, con 618 collegi uninominali alla Camera e 309 al Senato. Vince in ciascun collegio chi prende un solo voto in più degli altri.
Trattandosi di referendum abrogativo, per la sua validità  occorre che si rechino alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Un quorum molto alto che spiega la recente apertura di Salvini a Berlusconi. Tutto il centrodestra al 50% di votanti ci arriva sicuro.
Ma ci sono dei problemi.
Il referendum abrogativo, qualora fosse raggiunto il quorum e vincessero i sì all’ abrogazione, produce effetti giuridici immediati con la diretta caducazione delle norme di cui al quesito referendario. Ciò presenta una grana di natura giuridica.
La giurisprudenza costituzionale è orientata da tempo ad ammettere solo quesiti referendari che, nel caso producessero la conseguenza abrogativa delle norme di cui al quesito, sortiscano l’ effetto di una legge – seppur parzialmente abrogata – immediatamente applicabile senza la necessità  di un intervento parlamentare nel ridisegnare collegi o circoscrizioni.
Nel caso in questione, il quesito riguarderebbe l’ abrogazione dell’ intera parte proporzionale prevista dal Rosatellum, con la conseguente necessità  per il Parlamento di rimetterci le mani nel caso il referendum passasse, quantomeno per ridisegnare i collegi uninominali visto che oggi sono solo poco più di 1/3.
Oggi, a Rosatellum vigente, il territorio nazionale è suddiviso in 232 collegi uninominali per l’ elezione della Camera e 116 per l’ elezione del Senato. È difficile che un referendum abrogativo della parte proporzionale (collegi plurinominali) possa attraverso il quesito proposto agli elettori ridisegnare 618 e 309 collegi uninominali. Fatto sta che, solo per questo problema, il quesito potrebbe essere dichiarato inammissibile. Staremo a vedere
Ammettiamo comunque che il quesito superi il vaglio di ammissibilità . Pd e 5Stelle possono ricorrere a tre contromosse.
Le contromosse
La prima. Entro la data del referendum viene approvata dal Parlamento una legge elettorale proporzionale, in modo da rendere inutile il referendum abrogativo, perchè su una legge (il Rosatellum) che non c’ è più
La seconda.
Ammettiamo che Pd e 5Stelle non si muovano prima e il referendum passi. La maggioranza parlamentare giallo-rossa potrebbe fregarsene del voto popolare e approvare una legge elettorale proporzionale. Questo indipendentemente dal fatto se passi o meno la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Terza contromossa.
Questo nuovo centrosinistra potrebbe addirittura rispettare l’ eventuale esito abrogativo del referendum e approvare una nuova legge elettorale come da indicazione popolare, quindi maggioritaria. Ma a doppio turno, similare a quella francese. In questo modo, al secondo turno, 5Stelle e Pd (unitamente al nuovo partito di Renzi che nascerà  tra poco) sosterrebbero insieme i candidati dell’ uno e dell’ altro in tutti i collegi uninominali in cui si vota al secondo turno, in modo da far perdere i candidati di Salvini.
Insomma, la nuova maggioranza Pd-5Stelle potrebbe utilizzare il risultato per dar vita ad una nuova legge elettorale, sì, maggioritaria, ma col doppio turno alla francese.
Una bella fregatura per Salvini.

(da Libero)

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INDOVINATE CHI ERA MINISTRO DEGLI INTERNI QUANDO SONO ARRIVATI I TRE “PRESUNTI” TORTURATORI LIBICI A BORDO DELLA SEA WACHT?

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

L’ULTIMA MISERABILE POLEMICA DEI SOVRANISTI   CHE FINISCE PER RITORCERSI CONTRO SALVINI

«Carola ha dato un passaggio anche a tre torturatori libici», titola oggi il Giornale.
Carola è ovviamente la comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete. I tre torturatori libici invece — scrive sempre il Giornale — “sarebbero” arrivati a bordo della nave capitanata da quella che Salvini ha definito in varie occasioni comunista viziata, figlia di papà , vicescafista, sbruffoncella, fuorilegge, pirata, traghettatrice di migranti, delinquente che ha tentato di ammazzare dei militari italiani, complice dei trafficanti.
Salvini e Giorgia Meloni non hanno perso tempo a rilanciare la notizia pubblicata da Chiara Giannini e a puntare il dito contro Carola Rackete e contro i parlamentari del PD che prima dello sbarco dei migranti erano saliti a bordo della nave della ONG tedesca.
«Non solo ha violato le leggi e speronato una motovedetta della Guardia di Finanza — scrive l’ex ministro dell’Interno su Facebook — Carola Rackete avrebbe scaricato in Italia tre immigrati accusati di violenze, stupri, sequestro, omicidio».
Notate come anche il leader della Lega usi il condizionale, evidentemente nemmeno lui ha la certezza che la notizia sia vera.
I “fatti” per come li racconta il Giornale sono questi: tre uomini (di cui il Giornale fa nome e cognome) sono accusati di «associazione per delinquere dedita alla gestione di un centro di prigionia illegale, associazione finalizzata a commettere una pluralità  di delitti, “quali tratta di persone, violenza sessuale, tortura, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”».
Sempre secondo il giornale i tre sarebbero (condizionale) stati a bordo quando sono saliti Fratoiani, Orfini, Delrio e Magi. Motivo per cui Salvini si dice pronto a denunciarli, per cosa
La notizia è che in Libia i migranti sono torturati, stuprati e uccisi, Salvini se ne è accorto?
Non risulta infatti che ci siano indagini o contestazioni di reato a carico dei quattro parlamentari. Ed in effetti come potrebbe, al momento in cui i tre presunti (un po’ di garantismo non fa mai male) torturatori libici erano a bordo della Sea Watch non erano stati identificati.
Questo perchè le operazioni di identificazione avvengono dopo lo sbarco.
Nè i parlamentari nè Carola Rackete quindi potevano sapere chi fossero quei tre. Infatti il Giornale scrive che si è giunti all’arresto dei tre uomini solo dopo che «erano stati riconosciuti da alcuni migranti sbarcati il 7 luglio a Lampedusa dalla nave Mediterranea».
Lo sbarco dalla Sea Watch è avvenuto il 29 giugno, ammesso e non concesso che i tre presunti torturatori non fossero tra coloro che si erano gettati in mare ed erano sbarcati nei giorni precedenti quando la nave era al largo dell’isola. Se sono stati riconosciuti il 7 luglio significa che le forze di Polizia che hanno preso in carico tutti i migranti dopo lo sbarco non avevano ancora scoperto del loro passato.
Il fatto che siano stati riconosciuti dai migranti sbarcati da quella che Salvini definisce “nave dei centri sociali” rende la denuncia del Giornale e di Salvini ancora più ridicola. Chissà : se quei migranti non fossero sbarcati o fossero morti in mare magari i tre “torturatori” l’avrebbero fatta franca.
Un vero garantista, uno che ad esempio difende a spada tratta l’amico Gianluca Savoini o il compagno di partito Siri, dovrebbe sapere che un conto sono le accuse (gravissime in questo caso) un altro sono le sentenze.
Infine un piccolo appunto: Salvini chiede oggi spiegazioni al Viminale. Dovrebbe chiederle a sè stesso visto che quando i tre sono sbarcati e sono stati arrestati il ministro era lui.

(da “NextQuotidiano”)

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CASO DJ FABO: DUE ANNI FA SALVINI CHIEDEVA CHE FOSSE GARANTITA “LA LIBERA SCELTA”, OGGI E’ DIVENTATO CONTRARIO

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

IL SOLITO VOLTAGABBANA CHE SOSTIENE TUTTO E L’INCONTRARIO DI TUTTO SECONDO CONVENIENZA ELETTORALE

Dalla libera scelta alla contrarietà  al suicidio assistito. Le opinioni possono cambiare facilmente. Anche quelle del leader della Lega, Matteo Salvini.
Che sul caso di dj Fabo sembra aver cambiato idea dal febbraio del 2017 — quando Fabiano Antoniani morì in una clinica svizzera — ad oggi.
Quando la Corte costituzionale ha deciso di sentenziare per una storica apertura al suicidio assistito proprio con la sentenza sul caso di dj Fabo. Le idee possono cambiare da un anno all’altro, certo.
Ma il punto è che anche Salvini sembra aver dimenticato quali fossero le sue opinioni sul tema solo poco più di due anni fa.
Subito dopo la sentenza della Consulta, infatti, Salvini si è subito lanciato in un commento indubbiamente critico verso la decisione dei giudici: “Sono e rimango contrario al suicidio di Stato imposto per legge”. Una frase dalla quale si evince che l’opinione del leader leghista sul tema sia sempre stata la stessa. Ma così non è.
Salvini solo ieri sera ha sottolineato la sua posizione, commentando a caldo la sentenza: “Parliamo con i medici, parliamo con le famiglie, però la vita è sacra e da questo principio non tornerò mai indietro”, sono le parole pronunciate a margine di un’iniziativa a Tavernelle, in Umbria, programmata in vista delle elezioni regionali del 27 ottobre.
Ma le dichiarazioni di Salvini di due anni fa, per l’esattezza del febbraio 2017, sembrano essere ben diverse.
Allora, subito dopo la morte di dj Fabo, il leader leghista invocava il diritto di scelta per ogni cittadino.
Lo dimostra, per esempio, anche un suo post su Facebook: “Dolore, rispetto e una preghiera per la morte, e per la nuova vita, di Dj Fabo. Garantire la libera scelta di ogni cittadino, ma soprattutto assicurare una vita dignitosa a chi invece vuole continuare a combattere e ai suoi familiari: questo dovrebbe fare un Paese serio, cosa che oggi l’Italia non è”.
Non c’è solo il post su Facebook. Salvini ha espresso quel concetto in più occasioni, anche durante una conferenza stampa in via Bellerio.
In quel caso diceva espressamente: “Rispettando la libertà  di scelta di ciascuno l’Italia oggi dovrebbe legiferare”. Quasi le stesse parole pronunciate dai giudici della Corte costituzionale. E, ancora, Salvini affermava: “L’Italia non è un paese civile. La libertà  di scelta assolutamente sì, quello che può fare un paese civile è aiutare economicamente” chi si trova di fronte a situazioni di questo genere.
Parole ben diverse, dunque, da quelle pronunciate ora. Dopo un’esperienza di governo e con una campagna elettorale in corso.

(da agenzie)

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I VERDI EUROPEI E IL M5S CHE E’ IN MANO A UNA SOLA PERSONA (CASALEGGIO)

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

IN EUROPA IL M5S HA FATTO RICHIESTA PER ENTRARE NEL LORO GRUPPO MA I VERDI SONO PERPLESSI: “E’ UN PARTITO AZIENDA”

Oggi il MoVimento 5 Stelle Europa incontrerà  i Verdi, veri vincitori delle elezioni europee 2019, per cercare di trovare un’intesa che permetta ai grillini di entrare nel loro gruppo dopo il clamoroso fallimento della strategia di alleanze con il primo che passa decisa dal Capo Politico Luigi Di Maio.
Tuttavia il co-presidente dei Verdi europei, l’eurodeputato Philippe Lamberts, interrogato sulle aspettative per l’incontro di oggi con il M5S, non sembra essere esattamente entusiasta della questione: “Incontreremo i cinque stelle e ascolteremo quello che hanno da dire. Le nostre preoccupazioni sul M5s sono note. Nonostante votino come noi su moltissimi temi, abbiamo a che fare con un’organizzazione che non è un partito, ma un’azienda nelle mani di una sola persona” e questo “non è in linea con i criteri democratici”.
“Abbiamo visto che il signor Casaleggio, il vero capo del partito — ha sottolineato Lamberts — si sente perfettamente a suo agio quando incontra Steve Bannon, che non è esattamente uno dei pensatori chiave dell’ideologia ‘verde’. Siamo molto sospettosi sull’organizzazione, anche se cooperiamo molto bene con le persone” nel Parlamento Ue.
Lamberts ha dimostrato anche di aver perfettamente compreso le dinamiche della politica italiana: “Se vogliamo una cooperazione strutturale” con il M5s “gli ostacoli devono essere rimossi. Dopo la fine della coalizione con la Lega, un importante ostacolo è stato eliminato. Ma voglio sottolineare che è stato tolto da Matteo Salvini, non da Luigi Di Maio, Davide Casaleggio, Beppe Grillo”.
E ancora: “Se Salvini non avesse tentato il suo colpo quest’estate, i M5s sarebbe ancora insieme alla Lega”, ha aggiunto.

(da “NextQuotidiano”)

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L’USO DEL CONTANTE IN ITALIA E IN EUROPA

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

NEL NOSTRO PAESE SI PAGA IN CONTANTI L’86% DEGLI ACQUISTI CONTRO UNA MEDIA EUROPEA DEL 78,8%

In Italia si paga in contanti l’86% degli acquisti. In Europa la quota di pagamenti cash si ferma al 78,8%.
Questi sono i numeri che deve affrontare chi oggi propone la guerra al contante e le detrazioni per chi paga con il bancomat e con la carta di credito.
Mentre il resto del mondo ha già  ampiamente raggiunto la frontiera dei pagamenti con app e telefonini, con addirittura l’Africa subshariana saltata direttamente dal baratto al mobile payment, qui da noi ancora si discute di cash e carte di credito.
Nel Paese degli oltre cento miliardi di evasione, almeno dal 2002 si prova a mettere mano alla questione, con una schizofrenica altalena di innalzamenti e abbassamenti delle soglie all’uso del contante.
Spiega oggi Repubblica che dal 2002 al 2016 la soglia “generale” al contante è stata modificata per otto volte (l’ultima, l’innalzamento da 1000 a 3000 euro targato Renzi) e potevano essere nove in caso di governo gialloverde ancora in piedi («Fosse per me — la dichiarazione dell’allora ministro degli Interni Salvini — non ci sarebbe alcun limite ai contanti. Ognuno sia libero di spendere come e quanto vuole»).
Un ciclico allentamento delle soglie, in barba agli altrettanto periodici allarmi di Bankitalia: «Il contante — si leggeva, ad esempio, in un rapporto dell’Unità  di informazione finanziaria di Palazzo Koch — offre opportunità  per la corruzione e l’evasione fiscale». Concetto rafforzato un anno fa dall’indagine, sempre di Bankitalia, su 6810 Comuni, che dimostra come ogni 2 milioni in più di versamenti cash, i reati della criminalità  organizzata crescano.
Senza contare l’attuale giungla di limiti diversi per professionisti, famiglie e imprese: sono 17, dai 15 mila euro per gli acquisti degli stranieri ai 1000 per le rimesse dei money transfer, con in mezzo le regole sui pagamenti di pensioni, stipendi, affitti, tracciabilità  delle detrazioni fiscali.
Un mare magnum dove sguazza, appunto, l’evasione fiscale.
Proprio ieri l’Osservatorio Assofin-Nomisma-Ipsos-Crif, ha certificato che nel 2018 in Italia il numero di transazioni con moneta elettronica è cresciuto del 6,8%: «Ma l’Italia è ben al di sotto della media Ue e nel rapporto tra il valore delle transazioni e il Pil, si posiziona al 24° posto su 28 Paesi».

(da agenzie)

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SARA’ UN FRIDAYS FOR FUTURE SENZA PRECEDENTI: 160 CITTA’ IN ITALIA, 27 PAESI IN PIAZZA

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

SI PREVEDE UNA MAXI ADESIONE

Sciopero per il clima, si replica. In 160 città  italiane, giovani (e meno giovani) scendono in piazza per chiedere a governi e imprese azioni forti e immediate contro la crisi climatica.
È la terza volta che il movimento Fridays For Future, ispirato dall’attivista 16enne Greta Thunberg, organizza uno sciopero globale: la versione maxi di quelli che dall’inizio dell’anno si tengono ogni venerdì in tante città  del mondo, grandi e piccole.
E per rispondere a questa mobilitazione, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S) ha annunciato che il governo presenterà  il suo decreto ambiente il 3 ottobre.
Sarà  un decreto legge, cioè un provvedimento urgente, e non un semplice disegno di legge. Perchè, ha spiegato Costa “se c’è un’emergenza climatica, c’è anche un’emergenza legislativa”.
Il primo Global Strike sul clima è stato il 15 marzo, il secondo il 24 maggio.
Ma stavolta, il movimento ha fatto le cose in grande. Ha indetto una settimana intera di manifestazioni, dal 20 settembre al 27, la #WeekForFuture.
Venerdì scorso si è cominciato con cortei e presidi in 130 Paesi e quattro milioni di persone in piazza (secondo gli organizzatori). Per il resto della settimana, ci sono stati eventi di tutti i tipi: convegni, concerti, pulizie di spazi pubblici, sit-in, performance.
Il programma di massima è comune in tutte le città . Corteo e comizio in centro alla mattina, dalle 10 alle 13. Poi, ogni comitato locale può organizzare iniziative particolari.
Le richieste del movimento a livello nazionale sono quelle di sempre: abolizione dei sussidi alle fonti fossili, dichiarazione di emergenza climatica da parte del governo e degli enti locali (oggi l’ha dichiarata il Comune di Roma), decarbonizzazione dell’economia, giustizia climatica per i popoli più esposti.   Poi, ogni comitato locale porterà  le proprie battaglie: a Milano si chiederà  al Comune di ridurre il consumo del suolo, a Napoli ci sarà  un focus su rifiuti e roghi, a Roma si parlerà  di trasporto pubblico e piste ciclabili.
“La sensazione è che domani supereremo la partecipazione delle volte precedenti – spiega Vincenzo Mautone di FFF Napoli -. Per strada, sugli autobus, sentiamo gli studenti che parlano dello sciopero, che si organizzano per andarci”.
Per Francesca Travaglino, romana, “siamo cresciuti tantissimo. Al primo sciopero per il clima a Roma eravamo 12, per lo più adulti. Col tempo il movimento è cresciuto attraverso le assemblee, sono arrivati sempre più ragazzi”.
“Non ho avuto nessuna difficoltà  stavolta ad organizzare l’evento – racconta Miriam Martinelli, milanese -: I giovani oramai fanno da soli, arrivano in autonomia. Andremo in piazza tantissimi e determinati”.
Il ministro dell’Istruzione, il pentastellato Lorenzo Fioramonti, nei giorni scorsi ha mandato una circolare ai presidi invitandoli a giustificare gli studenti che andranno alle manifestazioni. La cosa ha suscitato molte critiche da parte delle opposizioni. Il movimento ha apprezzato, ma ha chiesto anche al ministro di fare qualcosa di concreto: soprattutto, inserire nei programmi lo sviluppo sostenibile e i danni delle fonti fossili.
Numerosi presidi hanno concordato con gli studenti di partecipare alle manifestazioni con uno striscione del proprio istituto, per dimostrare l’adesione dell’intera scuola. La preside del liceo Orazio di Roma ha dichiarato per l’istituto lo “stato di emergenza climatica” per giustificare gli studenti.
L’Università  di Genova aderisce allo sciopero. Nei cortei ci saranno anche le ong ambientaliste, Slow Food e Coldiretti.

(da agenzie)

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RAFFAELE MARRA CONDANNATO A 1 ANNO E 4 MESI PER ABUSO D’UFFICIO

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

IL PROCESSO SULLA NOMINA DEL FRATELLO RENATO

Raffaele Marra, ex braccio destro della sindaca della capitale Virginia Raggi, è stato condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione per abuso d’ufficio.
Ex capo del personale del Comune di Roma, Marra era stato accusato del reato in relazione alla nomina del fratello Renato a responsabile del dipartimento del Turismo del Campidoglio.
Nuovo passo nell’inchiesta delle nomine in Campidoglio. Il pm Francesco Dall’Olio aveva sollecitato una condanna a due anni di reclusione, ma o giudici della ottava sezione penale hanno fatto scattare la condanna ad un anno e 4 mesi per Raffaele Marra.
L’ex alto funzionario del Campidoglio è stato riconosciuto colpevole di aver commesso reato di abuso di ufficio nominando il fratello Renato responsabile del dipartimento Turismo del Campidoglio.
La nomina, che avrebbe determinato un aumento dello stipendio pari a 20mila euro annui, era stata prima congelata e poi revocata dalla sindaca Virginia Raggi.
La prima cittadina è stata però assolta in primo grado dall’accusa di falso lo scorso novembre.   Marra era già  stato condannato a 3 anni e sei mesi per corruzione lo scorso dicembre.

(da agenzie)

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TRAPANI, 31 ANNI FA L’OMICIDIO DI MAURO ROSTAGNO

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

LA SORELLA: “APRITE GLI ARCHIVI DI STATO, UN PEZZO DI VERITA’ E’ LI'”… IL GIORNALISTA SOCIOLOGO INDAGAVA SU UN TRAFFICO D’ARMI

“Che grande amarezza – sussurra Carla Rostagno – non sappiamo ancora i nomi degli assassini di mio fratello. Ogni anno che passa è un’altra coltellata in pancia. Anche perchè nessuno più indaga sulla morte di Mauro”.
Di anni ne sono passati trentuno, ma la sorella del sociologo che voleva cambiare Trapani con la sua Tv non vuole arrendersi.
“Dopo un lungo silenzio e tanti depistaggi, la magistratura ha fatto tanto – dice – adesso, però, è necessario che intervenga la politica. Perchè un pezzo di verità  è ancora custodito dentro qualche archivio di Stato”.
Carla Rostagno lancia un appello: “Vorrei che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte desse un segnale chiaro in questa direzione. Disponendo l’apertura di tutti gli archivi”
La sera del 26 settembre del 1988, entrò in azione un commando per uccidere suo fratello. L’anno scorso, l’unico killer finito sotto processo, Vito Mazzara, è stato assolto dalla corte d’assise d’appello di Palermo, che ha invece confermato la condanna per uno dei mandanti, il capomafia di Trapani, Vicenzo Virga.
Una “sentenza illogica” l’ha definita lei. Ne è ancora convinta
“Dopo aver letto le motivazioni della decisione, ancora di più. Mi conforta che la procura generale diretta da Roberto Scarpinato abbia fatto ricorso in Cassazione. C’era una prova scientifica contro Mazzara: una traccia del suo Dna era emersa su un pezzo di fucile ritrovato sul luogo del delitto. Ma non è bastato”.
Mazzara ha messo in campo l’ex comandante del Ris di Parma, il generale Luciano Garofano, per smontare la perizia
“Gli esperti che sostenevano l’accusa erano altrettanto bravi e autorevoli. Confido nella Cassazione”.
Dall’esame sul pezzo di fucile era emersa un’altra traccia.
“Era stata avviata un’ulteriore inchiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo, ma non ha portato a nessun sviluppo. E i componenti del commando di sicari sono rimasti senza nome. Mauro non merita questo destino, lui che ha lottato sempre per la ricerca della verità “.
A Trapani è in corso il processo a tredici testimoni che in corte d’assise non avrebbero detto tutto quello che sapevano.
“Spero che la prescrizione non spazzi via quest’altro percorso. È ormai passato molto tempo. Sono comunque grata al presidente Angelo Pellino, che ha presieduto la corte d’assise del primo processo, ha fatto una ricostruzione certosina”.
In questo caso giudiziario, il depistaggio nelle indagini non è più solo un’ombra, ma una certezza. E anni fa, i vertici del Sismi, l’ex servizio segreto militare, opposero il segreto di Stato ai magistrati di Trapani che volevano approfondire il ruolo svolto da alcuni agenti in Sicilia. L’inchiesta ruotava attorno all’ipotesi che suo fratello avesse scoperto un traffico d’armi nel vecchio aeroporto di Kinisa
“Ci vorrebbe un’iniziativa chiara da parte della politica, del governo. Chissà  quante verità  sulle vicende siciliane sono conservate dentro gli archivi di Stato, quelli dei ministeri, delle forze dell’ordine”.
Dopo 31 anni ha ancora fiducia che si possa arrivare a una verità ?
“Per anni ho combattuto in solitudine la battaglie per la verità , studiando le carte delle richieste di archiviazione e proponendo opposizione. Oggi, c’è bisogno dell’impegno di tutta la società  civile per continuare questa ricerca su un delitto che fu politico-mafioso”.
Da dove ricominciare
“Nelle carte ci sono molti spunti, che riguardano ad esempio personaggi che gravitavano attorno a Francesco Cardella, morto improvvisamente all’estero mentre all’interno del processo veniva ripetutamente citato per varie circostanze. Sarà  morto davvero? Questa, di certo, è una storia ancora piena di misteri”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A NICOLA MORRA: “TORNIAMO AL M5S SENZA LEADER”

Settembre 26th, 2019 Riccardo Fucile

“PER RISOLVERE I PROBLEMI BISOGNA PARTIRE DALLA BASE”

“La razionalità  prevale sempre. Non stiamo assistendo a una lacerazione, ma a un’evoluzione, una crescita”. Nicola Morra ha un eloquio inconfondibile, cita Dante, Kant e Luciano Canfora.
Butta acqua sul fuoco dell’incendiaria riunione di qualche giorno fa al Senato, ma la sua idea di evoluzione è ben precisa, e non piacerà  a qualcuno: “Dobbiamo ritornare all’intuizione di Gianroberto, secondo il quale la grande forza del Movimento è sempre stata quella di svilupparsi senza leader. Dobbiamo recuperare quel modello visionario”.
C’è qualcosa che non va in come M5s è cambiato nell’ultimo periodo?
Il Movimento è nato circondato da grande entusiasmo, perchè ha permesso a tanti cittadini di sentirsi parte di un progetto comune. Soprattutto soggetti dimenticati, o emarginati, perchè in questo paese c’è una grande domanda di giustizia sociale rimasta inevasa. Molti hanno visto una forza politica che dal basso portava avanti quelle istanze. Se vogliamo alimentare con nuova linfa il Movimento dobbiamo fare in modo che partecipazione non cessi, come in parte sta accadendo, ma che riparta.
Qual è il punto? Perchè state perdendo il contatto con la vostra gente?
La parlamentarizzazione del movimento ha reso alcuni portavoce nazionali più orientati a dare risalto alla loro attività  in Parlamento, o nell’ultimo periodo anche al governo, invece che ascoltare le voci del territorio. Da quando siamo nei Palazzi non ci ricordiamo troppo di frequente Beppe e Gianroberto, che sempre ci ricordavano che dovevamo stare un piede dentro e un piede fuori dalle stanze della politica.
C’è chi ci ha messo le tende, altro che piede fuori.
Questo lo sta dicendo lei.
Non lo dico solo io, lo dicono anche molti suoi colleghi, che si sentono tagliati fuori dal processo decisionale.
Per questo è decisivo ripensare il modello. E ripartire dal basso, dal mondo dei meetup. Devono tornare a essere incubatori di idee, spazi di collaborazione tra persone che hanno esperienze e competenze diverse, dove dare spazio e incentivare analisi e soluzioni dei problemi locali e nazionali. Dai nostri attivisti di Varese, dalla loro esperienza, può uscire una soluzione efficace, non so, per la cooperazione internazionale, che può essere condiviso a tutti attraverso Rousseau.
Scusi, ma non è già  così?
Oggi questa dinamica vale solo per gli eletti, i portavoce in comune regione e Parlamento. Così si mortifica la volontà  di partecipare alla risoluzione dei problemi, servono luoghi fisici e virtuali dove coinvolgere i cittadini.
Pensa a sedi, modello partito tradizionale?
Il meetup dovrebbe essere presente fisicamente in ogni città  o provincia. Guardi Cosenza, la mia città . Ci siamo riuniti più e più volte su un progetto specifico, un parcheggio sotterraneo. Lo abbiamo studiato e ne abbiamo discusso, abbiamo avvicinato persone altrimenti a noi distanti, gli abbiamo fatto vedere un modello di dialogo altrimenti sconosciuto. Noi siamo anzitutto un metodo, siamo intelligenza collettiva.
Nella realtà  che lei vive, quella del Parlamento, le dinamiche sembrano impostate su meccanismi decisionali profondamente gerarchizzati. Almeno per quanto riguarda le scelte più importanti
Questa proposta è finalizzata proprio ad alleviare problemi esplosi con la parlamentarizzazione del Movimento. Non dobbiamo farci assorbire dalle logiche del Parlamento e dei Palazzi della politica. Dobbiamo esportare le dinamiche che vi rimangono rinchiuse, i meccanismi, i temi anche virtuosi, le possibilità  di fare cose e di come farle, che non devono essere proprietà  di pochi eletti.
Luigi Di Maio ha spiegato che prossimamente verrà  costituito un “team del futuro”, dodici persone che lo affiancheranno nella gestione del Movimento.
Come lo stesso capo politico ha asserito, per una forza di maggioranza così ampia come è la nostra non è sufficiente un capo politico. Servono più contributi, i contributi di tutti. Ma dobbiamo partire dalla base della piramide, non dalla testa, per arrivare a uno schema che da verticale diventi orizzontale.
Insomma, questa proposta di riassetto non la convince.
Se noi rivoluzioniamo i meetup rivoluzioneremo quello che verrà  dopo. Costruendo la rete dal basso, un modello che sia quello delle origini, non ci sarà  più bisogno di un primus inter pares, e di conseguenza non ci sarà  più bisogno di queste articolazioni.
E qui ritorna la questione della leadership, affrontata di petto da molti suoi colleghi.
Dobbiamo ritornare all’intuizione di Gianroberto, secondo il quale la grande forza del Movimento è sempre stata quella di svilupparsi senza leader. Dobbiamo recuperare quel modello visionario, che non prevedeva la figura di un leader al comando.
Gli chiede un passo indietro?
Vede, per come si è evoluta la politica e la comunicazione noi vogliamo associare a un volto alcuni contenuti. Più quel volto è efficace, più veicola bene quei contenuti, qualunque essi siano. Questo spiega il successo Facebook, il libro delle facce. Ma noi siamo nati proprio per sfidare questa prospettiva, sostituendo ai volti teste pensanti. Se Nicola Morra non produce cerebrofatti, al posto di manufatti, magari quando va in tv il suo volto comunica bene, arriva al pubblico, ma comunica stereotipi. Mi permetta una citazione di Luciano Canfora: libertà  e libro sono termini etimologicamente da connettere.
Sulla libertà , per esempio quella di eleggere autonomamente il vostro prossimo capogruppo, alcuni suoi colleghi sono arrivati alle urla.
La razionalità  prevale sempre. Non stiamo assistendo a una lacerazione, ma a un’evoluzione, una crescita del gruppo. Dobbiamo saper governare il nostro spontaneismo, ma la discussione, a volte anche aspra, è ricchezza.
Bene, ma la sua posizione?
Mi sembra che alla Camera il capogruppo lo eleggano. Quanto meno c’è una contraddizione da risolvere.
La senatrice Gelsomina Vono è passata con Renzi.
Dante diceva: non ragionar di loro ma guarda e passa. Ma in una fase di crescita come quella tumultuosa che abbiamo avuto dobbiamo perfezionare i meccanismi di apertura alla società  civile. Ricordo che la Vono è stata eletta in un collegio uninominale senza avere un passato da 5 stelle. La prossima volta magari chi di dovere starà  più attento ad ascoltare i suggerimenti. Detto questo, la Vono è una. Fossero stati numeri ben diversi sarebbe stato fenomeno preoccupante.
Il leghista Crippa dice che in almeno venti hanno bussato alla porta della Lega.
Dico a Crippa che sono in duecento ad aver bussato alla nostra porta. Tutti quelli scontenti di come Salvini ha fatto finire lo scorso governo.

(da “Huffingtonpost”)

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