Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNO LAVORA A UN SUPERBONUS DEL 19% FINO A 2500 EURO DI SPESA CON CARTE DI CREDITO O BANCOMAT
Un “superbonus” del 19% fino a 2500 euro di spesa: è questa l’ipotesi cui si starebbe lavorando in queste ore.
L’entità del bonus, spiegano fonti di governo, dipenderà dalle risorse, ma l’idea è quella di restituire fino a 475 euro ai contribuenti che nell’anno precedente abbia speso fino a 2500, con carta o bancomat, per spese in alcuni settori che sono più a rischio evasione.
La novità dovrebbe essere abbinata al meccanismo del cashback mensile su tutti i pagamenti tracciabili e da dare tutto in una volta, magari a inizio anno (tanto che già sarebbe stato ribattezzato appunto “bonus della Befana”).
È questa, scrive l’Ansa, una delle ipotesi allo studio in vista della manovra per incentivare la moneta elettronica.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
SI ALZA LA STIMA DELLA LOTTA ALL’EVASIONE, MA IL RISCHIO E’ CHE IN FUTURO SERVANO ALTRE TOPPE PER FAR FRONTE AL PARTITO DELLA SPESA
Sul tavolo del Consiglio dei ministri appena iniziato a palazzo Chigi ci sono le carte dell’aggiornamento al Def, il primo atto della manovra.
Queste carte dicono quanto si può spendere e quali sono le coperture.
Entrate e uscite devono ovviamente combaciare e fino a domenica sera questa sincronia c’era a patto però di recuperare 5 miliardi mancanti attraverso una rimodulazione dell’Iva.
Poi è venuto il vertice notturno a palazzo Chigi, con l’altolà di Di Maio e dei renziani. E così a via XX settembre i tecnici hanno dovuto lavorare tutto il giorno per dare forma alla toppa che si è decisa di mettere sul buco che nel frattempo si era creato.
La toppa è una maggiorazione della stima degli incassi dalla lotta all’evasione fiscale: 5 miliardi, proprio quelli che servono per far quadrare i conti.
Nessun riferimento al ritocco dell’Iva. Problema superato? No, solo rinviato.
Perchè tra due settimane le misure andranno dettagliate e il ritocco all’Iva resta tra le operazioni ritenute necessarie all’interno della più articolata operazione di contrasto all’evasione. Da qui a quindici giorni, però, molte cose possono cambiare.
Il governo giallorosso prova a ricomporre così la prima frattura che si è aperta al suo interno proprio nel momento in cui l’aggiornamento al Def è entrato nella fase cruciale, quella in cui vanno tirate le somme.
Cinque miliardi non costituiscono un buco enorme e non è detto che bisognerà ricorrere all’aumento dell’aliquota Iva al 10% per mettere in cassa i 5 miliardi che si attendono dal contrasto all’evasione.
C’è la possibilità di trattare ancora con l’Europa, allargando il perimetro della flessibilità e quindi dei miliardi che possono servire per chiudere definitivamente il quadro dei conti e delle misure.
Lo spazio di azione del governo non è così stretto, ma il significato della toppa messa oggi dice molto di più della possibilità di scavallare la presentazione della nota di aggiornamento al Def senza rompere il tabù dell’aumento dell’Iva.
Dice che questa legge di bilancio, proprio a causa delle scarse risorse a disposizione, rischia di ritrovarsi costantemente di fronte alla necessità di mettere delle toppe.
Come fronteggiare, infatti, le richieste che arriveranno da Leu e dai renziani in Parlamento? Insomma, la toppa di oggi rischia di non bastare, di essere solo l’apripista a nuove e obbligate toppe.
La fragilità della toppa odierna viene comunque già fuori. La coperta è corta e quindi se si tira da una parte, l’altra resta scoperta.
Ne farà le spese il taglio delle tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale, il cavallo di battaglia comune di Pd e 5 stelle. Tra l’altro l’unica iniziativa degna di nota di una manovra che deve rispondere a spese obbligate, e cioè 23,1 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva e 2 miliardi per coprire le spese indifferibili.
Il taglio del cuneo partirà solo da giugno, come anticipato da Huffpost, proprio perchè i soldi sono pochi. Così costerà 2,5 miliardi invece che 5 miliardi.
In attesa di capire come si sostanzieranno le operazioni per recuperare i 5 miliardi su cui oggi si è messo una toppa, dal governo filtrano le prime informazioni su misure appetibili e alla mano solo se si paga con il bancomat o la carta di credito.
Arriva la Befana, un “superbonus” del 19% fino a 2.500 euro di spesa.
L’entità del bonus dipenderà dalle risorse, ma l’idea è quella di restituire fino a 475 euro ai contribuenti che nell’anno precedente abbia speso fino a 2.500, con carta o bancomat, solo per le spese in alcuni settori che sono più a rischio evasione. Nel sacco della Befana, però, c’è ancora il rischio di trovare il carbone.
Perchè altre operazioni sull’Iva, ancora in piedi, fanno riferimento sempre alla necessità di aumentare l’aliquota al 10 per cento. Ma questa è storia che sarà chiara nelle prossime settimane. Oggi si può scrivere che l’Iva non si tocca.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
SE L’EX BRIGATISTA FEDERICA SARACENI PERCEPISCE IL REDDITO DI CITTADINANZA E’ PERCHE’ NE HA DIRITTO GRAZIE ALLA NORMA VOTATA DA LEGA E M5S, ALTRO CHE GRIDARE ALLO SCANDALO
I capigruppo della Lega Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari sono due tipi tutti d’un pezzo, che non hanno alcuna intenzione di soprassedere e quando minacciano poi mantengono.
Per questo bisogna prenderli sul serio quando dicono che “la Lega non parteciperà a nessun lavoro d’aula e di commissione finchè il governo non spiegherà questo scandalo e quest’ingiustizia sarà sanata”.
A cosa si riferiscono? Ma al “reddito di cittadinanza all’ex brigatista Federica Saraceni condannata per l’omicidio di Massimo D’Antona”, che per loro “è un insulto intollerabile per i parenti della vittima e per tutte le persone perbene”.
Ora quindi toccherà spiegare alla Lega che:
a) l’ex brigatista Saraceni percepisce il reddito di cittadinanza in virtù del fatto che la condanna per il reato che ha commesso risale a più di dieci anni fa: la sentenza definitiva della Saraceni risale infatti al 28 giugno 2007
b) l’ex brigatista Saraceni percepisce il reddito di cittadinanza nonostante sia ai domiciliari perchè secondo le regole non può ottenere il sostegno chi è sottoposto «a misure cautelari personali» prima della sentenza: non è questo il caso, visto che la Saraceni è già condannata;
Quando tutto questo sarà stato finalmente introiettato dalla coppia del goal Romeo-Molinari, toccherà , con le dovute cautele e avendo fatto bere a entrambi prima una camomilla, che queste regole sono state:
a) approvate dal governo Lega-M5S
b) modificate dalla maggioranza Lega-M5S alla Camera nel marzo 2018 (il famoso “emendamento anti-clan Spada”);
E poi votate, sia alla Camera che al Senato, anche da da Molinari e Romeo oltre che da Lega e MoVimento 5 Stelle.
Adesso che lo sanno, possono anche scioperare contro norme votate da loro.
(da “NextQuotidiano“)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
NON C’E’ DA STUPIRSI DEL REAZIONARIO DI MAIO O DEI PRUDENTI REANZIANI DEL “NON E’ IL MOMENTO”…. A LORO DEI DIRITTI DEI BIMBI IMMIGRATI NATI IN ITALIA NON FREGA UNA MAZZA
Si riprende esattamente dal punto in cui M5S e Partito Democratico avevano dimostrato la loro irriducibile diversità . Era il dicembre del 2017, il M5S non si presentò in Aula al Senato per il voto sullo Ius Soli facendo mancare il numero legale e la legge finì in un cassetto.
Oggi che il MoVimento 5 Stelle e il PD sono al governo assieme si parla invece di ius culturae, che è sostanzialmente la stessa cosa, ma con un nome diverso.
Ed infatti non piace al Capo Politico del MoVimento 5 Stelle Luigi Di Maio che ieri a Non è l’arena ha detto che le priorità sono altre: «ragioniamo un attimo, voglio essere molto chiaro. Il governo ha delle priorità , il 7 ottobre il taglio dei parlamentari, entro il 31 dicembre la riforma della giustizia, poi la legge di bilancio, nella quale si decidono le tasse degli italiani, che non aumenteremo, e il salario minimo».
C’è ben altro cui pensare. Ed in effetti se la legge sulla cittadinanza delle persone che sono nate in Italia e hanno ultimato un ciclo di studi nel nostro Paese fosse stata fatta due anni fa ora potremmo serenamente parlare d’altro.
Ma non è stato fatto. E quindi rimane aperta la questione che riguarda ragazze e ragazzi che si sentono italiani come i loro compagni di classe ma che per lo Stato non lo sono.
Nel M5S non tutti però la pensano come Di Maio. Il sottosegretario all’Istruzione Lucia Azzolina ha rilasciato oggi un’intervista a Repubblica dove chiede l’apertura di un “sano dibattito” sul tema della cittadinanza a persone di 12 anni. Non uno ius soli all’americana (come del resto non lo era nemmeno quello della proposta del PD della scorsa legislatura) dove la cittadinanza viene concessa alla nascita
Secondo il sottosegretario Azzolina non bisogna avere fretta ma una norma per «integrare i bambini che hanno già concluso un ciclo di studi in Italia, conoscono la lingua, frequentano le nostre scuole e i nostri figli» va fatta: «riusciremo a raggiungere quello che io considero un traguardo di civiltà ».
Al testo sta lavorando il deputato pentastellato Giuseppe Brescia che dal 3 ottobre sarà relatore del provvedimento in Commissione alla Camera. Nemmeno lui ha fretta, anche se dice di essere favorevole, e ci tiene a ribadire che siamo ancora molto lontani da un testo base e che in ogni caso dovrà decidere Rousseau.
Inutile qui ricordare come nei giorni del dibattito sullo ius soli il MoVimento 5 Stelle avesse rilanciato con la proposta di un fantomatico ius europaeum. Perchè quella era una fregnaccia ad uso e consumo di quegli elettori abilmente imboccati con dichiarazioni contro i taxi del mare sul pericolo delle ONG.
Ma non sono solo quelli del M5S ad avere un atteggiamento ambigui sullo ius culturae. Anche il sottosegretario allo Sviluppo Economico Alessia Morani ieri su Facebook ha ribadito che lo ius culturae è un “principio sacrosanto” ma che che non si può discutere o approvare ORA la legge perchè finirebbe per regalare voti a Salvini e alla Lega.
Secondo la Morani bisogna prima “eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini” e dimostrare agli italiani che “c’è un modo efficace e diverso da quello di Salvini di governare i flussi migratori e di fare sul serio politiche di integrazione”.
Non si capisce come mai concedere la cittadinanza a persone che sono nate in Italia e che hanno studiato in Italia e che sono figli di cittadini stranieri che lavorano nel nostro Paese debba essere subordinato alla capacità del governo di regolare l’ingresso degli immigrati. Del resto a parole pure Salvini ritiene che gli stranieri che lavorano in Italia siano cittadini italiani.
Quello della Morani sembra un modo per rinviare sine die la questione dello ius culturae. Ma forse il sottosegretario dimentica che a farne le spese sono dei ragazzini. O forse Alessia Morani sta dicendo che l’unico modo per votare una legge sulla cittadinanza è quello di gestire i flussi migratori per fare entrare meno immigrati? Perchè se si deve interpetare il “sentiment” gli italiani ora gli stranieri non li vogliono proprio. Sembra che le tossine del salvinismo abbiano fatto presa anche nel PD. Non tutti però. Matteo Orfini, che nel 2017 era rimasto l’ultimo a difendere lo ius soli, ribadisce che per lui invece ragionare sullo ius culturae è una delle priorità . A chiedere l’avvio di un dibattito anche l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta mentre per Matteo Renzi la cosa si può fare solo se ci sono i numeri: «Se ci sono i numeri, e Di Maio ci sta, facciamolo. Ma se non ci sono i numeri, perchè i Cinque stelle non ci sono, prendiamone atto. Ma non trasformiamolo in un tormentone come è stato fatto dal governo nel 2017, con un tragico errore».
Insomma bisogna dirlo chiaramente: della cittadinanza ai figli degli stranieri che sono nati in Italia e che hanno studiato nelle scuole italiane non frega quasi a nessuno. E Salvini è solo una scusa per non avere quel poco di coraggio che serve per una legge di civiltà . Ma quelli che sono al governo ora non sono gli stessi che qualche settimana fa ci raccontavano come avevano sconfitto Salvini in Parlamento? E che fine ha fatto il nuovo umanesimo di Giuseppe Conte se non si riesce a trovare un accordo sulla cittadinanza ai bambini?
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
ORA VEDIAMO SE SPUNTANO FUORI I CINQUE MILIARDI CHE OCCORRONO PER RIDURRE IL CUNEO FISCALE… META’ DEI 23 MILIARDI ARRIVANO IN REALTA’ DALLO SFORAMENTO CONCESSO DALLA UE
L’aumento dell’Iva non ci sarà . Parola di Giuseppe Conte che, dopo un fallimentare vertice notturno, assicura di aver trovato le risorse necessarie per scongiurare lo scatto delle clausole di salvaguardia.
«La prima bella notizia è che sterilizziamo l’incremento dell’Iva, 23 miliardi sono stati trovati, c’è qualche cosa che ci manca ma siamo ambiziosi», ha detto il premier fuori da Palazzo Chigi.
Dunque non dovrebbe esserci alcun aumento selettivo dell’imposta sul valore aggiunto, tema quest’ultimo che ha rappresentato il primo terreno di scontro all’interno del governo giallorosso e ha cristallizzato un inedito asse M5S-Italia Viva, pronti a dare battaglia all’idea lanciata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Conte assicura che semmai il suo obiettivo è abbassare l’Iva, non alzarla. «Stiamo lavorando per far scendere l’Iva sulle bollette dal 10 al 5 così come abbassare all’1% l’Iva su prodotti come il pane, il latte e la frutta».
E ha assicurato che il suo governo non vuole sacrificare nemmeno il taglio del cuneo fiscale: «Il mio obiettivo è più soldi in busta paga ai lavoratori dipendenti, lo abbiamo scritto nel programma».
«C’è ancora qualche copertura che ci manca, ma siamo ambiziosi», dice il premier in vista del Consiglio dei ministri convocato oggi, 30 settembre, alle 18.30 per il varo della Nadef, la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza che rappresenta la base della prossima manovra economica.
Quando poco prima delle dieci di domenica sera si sono aperte le porte di palazzo Chigi per il vertice di emergenza sulla manovra voluto dal premier Conte, Roberto Gualtieri si è presentato con numeri inequivocabili: all’appello mancano 5 miliardi. Tutto quello che si poteva mettere insieme sul fronte delle coperture, compresa una maxi-flessibilità da parte di Bruxelles, non basta.
Se questi 5 miliardi non vengono trovati è evidente che qualcosa deve saltare. E questo qualcosa è il taglio delle tasse sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale. Se si considera che l’intervento per rinvigorire le buste paga dei lavoratori è l’unica azione degna di nota di una manovra che per l′80% deve ottemperare a spese obbligate – Iva e quelle indifferibili – si capisce bene come la posta in gioco è elevata per i partiti di governo.
Alzare il deficit, che permetterebbe quindi di aumentare la quota di soldi in arrivo da Bruxelles, è assai complicato. Già Bruxelles starebbe per accordare all’Italia una maxi-flessibilità da 11 miliardi, consentendo di salire fino al 2,2 per cento.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
UN QUARTO DELL’IVA ELUSA… IL TOTALE EVASO OGNI ANNO NEL NOSTRO PAESE E’ DI 109 MILIARDI, PARI AL 6,4% DEL PIL
Ferruccio De Bortoli sul Corriere Economia oggi presenta uno studio di Prometeia sull’evasione fiscale italiana: secondo i dati ufficiali (che verranno aggiornati dalla Nadef) il tax gap,ovvero la differenza tra le tasse dovute e quelle pagate, è di 109 miliardi l’anno, in media nel periodo, il 6,4 per cento del Pil, il Prodotto interno lordo.
L’Iva è la tassa più evasa.
Secondo la Commissione europea (dati relativi al 2017), gli Stati membri avrebbero perso 137 miliardi di gettito Iva, di cui 33 miliardi in Italia, 25 in Germania, 12 in Francia.
Sostanzialmente un quarto dell’Iva italiana sarebbe regolarmente elusa. Questo fenomeno avrebbe, secondo Prometeia, una stretta relazione con l’evasione da redditi di lavoro autonomo e piccole imprese che in Italia — particolare da non sottovalutare per non fare di ogni erba un fascio — è molto più sviluppato che negli altri Paesi.
Coinvolge il 23,8 per cento degli occupati contro il 14,9 nella media europea. Per questi redditi il tax gap, è cresciuto dal 64,2 per cento del 2011 al 67,8 del 2016 mentre, nel corrispondente periodo, il tasso di evasione dell’Iva si è seppur di poco contratto, dal 27,5 al 26,4 per cento.
Come se ci fossero due vasi comunicanti: riduco il livello di evasione da una parte, si accresce dall’altra. «Il grosso dell’evasione sta qui — commenta Lorenzo Forni, segretario generale di Prometeia — e dunque una seria lotta al nero passa dall’Iva, anche da una eventuale rimodulazione delle aliquote e soprattutto da strumenti che incentivino la tracciabilità delle transazioni, come la fatturazione elettronica — che secondo le stime dà un gettito di 2 miliardi superiore alle attese — e dai pagamenti digitali. Ma non mi aspetterei miracoli.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
PARLANO TUTTI MA NON SONO CLIMATOLOGI… E IL 97% DEL MONDO SCIENTIFICO DA’ RAGIONE A GRETA
L’umanità è ad un bivio: può scegliere se combattere il cambiamento climatico oppure se combattere una ragazzina di sedici anni. Incredibilmente una nutrita schiera di uomini di mezz’età (qualcuno anche più anziano) ha deciso che la cosa migliore era prendersela con Greta Thunberg.
Perchè è più facile attaccare una ragazzina, puntualizzando magari che il suo stile di vita non è poi così “ecologico” o che dovrebbe studiare di più prima di parlare che cercare di confutare in maniera scientifica le affermazioni dell’attivista svedese.
Lo strano caso degli scienziati che si preoccupano di “confutare” una ragazzina ma non le ricerche scientifiche sul global warming
Ed è incredibile che a questi illustri pensatori, giornalisti e scienziati sfugga un particolare così importante: Greta Thunberg non ha mai detto di aver condotto studi scientifici, non ha mai detto che il global warming esiste perchè una mattina si è svegliata e ha deciso di non andare a scuola.
Ad esempio qualche sera fa il professor Franco Battaglia — che da diversi anni sostiene che il cambiamento climatico non sia colpa dell’uomo ma un fenomeno naturale — ha dichiarato ad Otto e Mezzo che «Greta è una vittima di mercanti di bambini». Da mesi sul Foglio, un giornale autorevole per i fan della Scienza con la esse maiuscola, si accusa Greta di ogni nefandezza. Altrettanto fanno importanti giornalisti e giornali italiani, tutti diretti da maschi bianchi oltre la cinquantina le cui speranze di arrivare vivi al 2050 sono molto basse e quindi chissenefrega del futuro.
Eppure il convitato di pietra in questa discussione a senso unico sono i dati scientifici. Quelli che Greta ha letto e studiato e che dicono che il cambiamento climatico esiste ed è davvero provocato dall’uomo. Perchè questi negazionisti del global warming invece che prendersela con le treccine dell’attivista svedese non ci spiegano come mai lache il riscaldamento globale abbia cause antropiche? Perchè la maggior parte degli studiosi che si occupano del fenomeno siano concordi nel nel ritenere che il riscaldamento globale abbia cause antropiche?
E se credete che quando si parla di “consenso scientifico” lo si stia facendo per modo di dire vi sbagliate, perchè sono stati fatti degli studi per calcolarlo e quantificarlo. Nel caso del riscaldamento globale si tratta di 97 scienziati su 100. onsenso non significa che sono state fatte delle votazioni (in questo senso la scienza non è democratica), significa che una serie di ipotesi sono stata validata, ampliate e integrate tra loro in una teoria.Badate bene che non si tratta di un’invenzione degli ultimi due mesi. Già nel 2001 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) scriveva che il cambiamento climatico era reale e causato dall’attività umana. Sono passati quasi vent’anni e sono stati raccolti dati che hanno ulteriormente confermato questa ipotesi.
Questo non significa che non ci siano scienziati che la pensano diversamente. Del resto a quanto pare esistono tutt’ora scienziati che ritengono che i batteri non siano la causa delle malattie, come quello intervistato mesi fa dal Fatto Quotidiano.
Alcuni sono quelli della famosa “petizione”: 500 studiosi che dicono che Greta (non gli altri scienziati) sbaglia. Molti di loro non sono climatologi, altri non hanno mai scritto nulla sull’argomento. Prendiamo ad esempio Il Giornale. Il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti pubblica oggi un intervento di Antonino Zichichi dove spiega alla “cara Greta” che inquinamento e clima sono due cose diverse e che dovrebbe studiare di più.
Zichichi è uno di quegli scienziati che ritengono che l’anomalia delle temperature registrata nell’ultimo secolo non sia dovuta all’attività umana ma da quella del Sole. Zichichi è un fisico e non un climatologo e non risulta che si sia mai occupato di clima dal punto di vista scientifico. Zichichi però consiglia a Greta Thunberg di non interrompere gli studi, di studiare perchè «Per risolvere i problemi climatologici è necessario studiare la Matematica delle equazioni differenziali non lineari e gli esperimenti da fare affinchè questa Matematica corrisponda alla realtà ». Curiosamente Zichichi non dice a coloro che hanno elaborato i dati e scritto i rapporti sul clima di fare altrettanto. Forse non sono interlocutori degni? O forse Zichichi è in grado di misurarsi solo con una ragazzina di sedici anni?
Perchè sembra impossibile ma nessuno si è accorto che Greta Thunberg non ha mai detto di aver condotto delle ricerche scientifiche, non ha mai detto di essere una climatologa, non ha mai detto di essere qualcosa di più di un’attivista preoccupata per il futuro del Pianeta. Greta Thunberg invece ha più volte detto di aver letto e studiato i rapporti dell’IPCC e altri studi scientifici che confermano che il global warming esiste ed è dovuto in gran parte alle attività umane. Secondo Zichichi «attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico».
È vero il contrario: è scientificamente appurato che la CO2, l’anidride carbonica, emessa dalle attività umane sia la causa principale del riscaldamento globale. Ma quali prove porta a sostegno di questa sua affermazione? Quali dati mostra? La risposta è nessuno. Perchè quando ti rivolgi alla “cara Greta” (per caso è sua nipote che si permette di rivolgersi così?) lo fai per dirle di studiare, perchè tu hai studiato tanto.
Ora a questo punto dovrebbe essere sufficientemente chiaro che la storiella dei 500 scienziati che “smontano” le teorie di Greta Thunberg è una favola.
Perchè molti di loro non sono scienziati, altri non hanno condotto studi sull’argomento e soprattutto perchè non sono “contro Greta Thunberg” ma contro la quasi totalità della comunità scientifica.
Quei 500 “studiosi” rappresentano al massimo sè stessi e chi usa quell’argomentazione (fatti e logica) per dimostrare che Greta Thunberg è da sola perchè centinaia di scienziati la pensano diversamente vi sta ingannando. Perchè non vi dice che “dietro” l’attivista svedese c’è una mole di dati e di studi impressionante.
E non deve essere un caso che negazionisti del Global Warming trovino spazio soprattutto laddove si parla con insistenza di invasione di migranti e ci si sgola per spiegare che “tutta l’Africa in Europa non ci sta”. Ma sono proprio i climate change denials che dovrebbero impegnarsi per invertire la rotta e salvare la Terra. Perchè le migrazioni, il global warming, la desertificazione, la distruzione degli habitat naturali sono tutti fenomeni interconnessi.
Un aumento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai costringerebbe milioni di italiani a diventare migranti climatici perchè le città costiere non sarebbero più abitabili. Ma tra gli effetti del cambiamento climatico non c’è solo l’ingressione marina (il fenomeno della sommersione di terre emerse da parte del mare).
Ci sono anche il collasso degli ecosistemi naturali, l’inaridimento del suolo con la drammatica conseguenza della difficoltà dell’agricoltura globale di sfamare miliardi di persone. Altri milioni di persone a causa della crisi idrica invece saranno costrette a spostarsi altrove. Questo al solito non lo dice una “ragazzina svedese con le treccine”. Lo dicono i soliti scienziati, lo dice la Banca Mondiale che ha calcolato che entro il 2050 almeno 140 milioni di persone saranno costrette ad emigrare solo per avere la possibilità di sopravvivere.
Invece che chiedervi quale misteriosa agenda stia portando avanti Greta Thunberg chiedetevi quale agenda hanno sposato quei dissociati che da un lato negano il cambiamento climatico e dall’altro si preoccupano per i migranti climatici pronti ad invaderci.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
COSA RISCHIA IL MADE IN ITALY… LA POLITICA SOVRANISTA E PROTEZIONISTA DI TRUMP PUO’ CAUSARE GRAVI DANNI ALLA PRODUZIONE ITALIANA
Le tasse Usa sulle importazioni mettono a rischio uno dei settori più floridi del mercato italiano extraeuropeo. Ecco quali potrebbero essere le conseguenze
La data è vicina: oggi, 30 settembre, l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) potrebbe autorizzare gli Stati Uniti ad applicare dazi (tariffe per i prodotti di importazione) da 7 a 10 miliardi di dollari ai prodotti europei — tra i quali aerei e parti di aerei prodotte in Europa, e prodotti dell’agroalimentare.
L’ombra della svolta — che sarebbe un vero e proprio terremoto per il commercio internazionale — si proietta a tinte fosche anche sul settore agricolo e dell’alimentazione di qualità , come si capisce subito, leggendo l’analisi di Coldiretti sul Made in Italy diffusa dall’ente il 26 settembre. Nei primi 8 mesi del 2019, il mercato italiano negli Stati Uniti ha raggiunto il record storico, balzando del +8,9% , in un contesto che già vedeva gli Usa come il principale mercato di sbocco per l’Italia fuori dai confini europei.
Il 28 settembre, durante il “Parmigiano Day” della Coldiretti a Bologna, migliaia di allevatori, casari, stagionatori, gastronomi e consumatori — il cosiddetto “popolo del Parmigiano” — sono scesi in piazza con mucche, caldaia e zangole al seguito per protestare contro i pericoli legati al divampare delle guerre commerciali.
Se i dazi dovessero essere ufficializzati, la tassa sull’import passerebbe da 2,15 dollari a 15 dollari al kg, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al kg. Secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano, a un simile aumento corrisponderà un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale.
Da dove nasce la questione dei Dazi: lo scontro con la Cina
La strategia protezionista di Donald Trump, già colonna della sua campagna elettorale, ha fatto il suo ingresso sulle scene dell’economia globale durante il periodo del World Economic Forum del 2018, l’evento a cui partecipa ogni anno l’èlite della finanza mondiale.
Sulla base della sezione 201 del Trade Act americano (norma molto elastica che serve soprattutto a tutelare il mercato Usa), Trump aveva annunciato l’introduzione di «tariffe globali di salvaguardia» per frenare l’import di lavatrici e pannelli solari cinesi e coreani.
Lo scontro con la Cina era nei cantieri dell’amministrazione Trump già dall’agosto 2017, quando, ricorrendo alla sezione 301 del Trade Act, il presidente Usa aveva avviato un’indagine sulle politiche commerciali e industriali cinesi per «tutelare la sicurezza nazionale».
Pochi giorni dopo, la Casa Bianca pubblica un report con cui stabilisce che circa 1300 tipi di prodotti cinesi, per un valore che oscilla tra i 50 e 60 miliardi di dollari, «sono dannosi per il commercio statunitense», e che «la Cina conduce e supporta intrusioni informatiche per accedere alle informazioni sensibili delle società statunitensi» (da qui la controversia su Huawei).
Il ricorso alla strategia della «sicurezza internazionale» permette al Presidente americano di ricorrere alla sezione 232 del Trade Expansion Act, che allarga la «difesa» anche al settore di alluminio e acciaio — considerati materiali chiave nella produzione di armi e armamenti.
Il passaggio in Europa
Nel 2019, però, l’accordo con la Cina è ancora lontano (Pechino ha annunciato ritorsioni su 60 miliardi di dollari di prodotti americani). A giugno di quest’anno, Trump è passato all’attacco del multilateralismo con Messico e in Europa.
Stando a fonti di Bruxelles degli ultimi giorni, Washington potrebbe imporre tariffe sui prodotti europei per circa 7 miliardi di euro, colpendo aerei e parti di aerei prodotte in Europa ma anche altri settori, in primis l’agroalimentare.
Il documento del Wto stabilirà l’entità delle compensazioni che gli Usa potranno chiedere all’Ue.
Chi rischia di più in Italia
«Una decisione del genere ci farebbe molto molto male», ha detto il premier Giuseppe Conte durante l’evento Coldiretti di questo ultimo weekend, assicurando che «ce la metterà tutta» per evitare i dazi. «Non è facile. Siamo in un quadro di negoziato in cui gli Stati Uniti difendono i loro interessi nazionali e, come sempre, anche noi lo facciamo».
I 10 settori italiani più attivi nell’export statunitense e che potrebbero subire un brusco arresto sono:
macchinari e apparecchiature: 7.878,5 miliardi di dollari;
autoveicoli e rimorchi: 5.111,7 miliardi di dollari
navi, locomotive, aerei e mezzi militari: 3.840,9 miliardi di dollari;
farmaceutica: 3.722,5 miliardi di dollari;
prodotti di altre industrie manifatturiere: 2.239,5 miliardi di dollari;
alimentari: 2.160,4 miliardi di dollari;
bevande: 1.953,0 miliardi di dollari
prodotti chimici: 1.893,9 miliardi di dollari;
prodotti in pelle (no abbigliamento): 1.724,9 miliardi di dollari;
abbigliamento: 1.611,1 miliardi di dollari.
«La produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali con il diffondersi di imitazioni in tutti i Continenti che toglie spazi di mercato ai simboli del made in Italy», ha denunciato Coldiretti, sottolineando il rischio di un’incremento di questo genere di fake a seguito dell’introduzione dei dazi.
Il Parmigiano potrebbe costare in America fino a 20 euro in più al chilo, mentre l’olio, il vino e lo spumante potrebbero costare fino a 28 centesimi in più a bottiglia. Le esportazioni manifatturiere e di autoveicoli vedrebbero un rallentamento della crescita dello -0,2% nel 2019 e -0,6% nel 2020.
(da Open)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
LA SOCIETA’: “INAMMISSIBILE PER UNA SOCIETA’ COME LA NOSTRA DOVE PRIMA DEI VALORI SPORTIVI VENGONO QUELLI MORALI. CI RISERVIAMO LE VIE LEGALI PERIL DANNO ALLA NOSTRA IMMAGINE”
«Vista la gravità di quanto affermato dal signor Casalini — scrive l’Us Grosseto — la società ha provveduto a sollevarlo dall’incarico con effetto immediato, dissociandosi dalle sue affermazioni e riservandosi di procedere per vie legali per tutelare la propria immagine»
Tommaso Casalini, il vice allenatore dei giovani dell’Us Grosseto, ieri è stato licenziato. Alla base della decisione presa dalla società sportiva, gli insulti rivolti dal ragazzo all’attivista svedese per il clima Greta Thunberg.
Nei giorni scorsi Casalini ha infatti scritto sul suo profilo Facebook: «Questa tr**a! 16 anni può andare a battere, l’età l’ha!». Il commento ha fatto subito il giro del web, provocando l’indignazione di chi si è imbattuto nella pagina.
La società sportiva, dopo essere venuta a conoscenza della vicenda, ha predisposto il licenziamento per l’allenatore, comunicandolo sulle sue pagine social.
«In seguito a quanto apparso sui social, l’Unione sportiva Grosseto 1912 — ha scritto — comunica il licenziamento del vice allenatore dei Giovanissimi A, Tommaso Casalini, per un comportamento non consono alla linea tracciata dalla società che punta sui valori morali prima ancora che sui valori tecnici».
E poi: «Vista la gravità di quanto affermato dal signor Casalini — continua il Grosseto -, la società ha provveduto a sollevare lo stesso dall’incarico con effetto immediato, dissociandosi completamente dalle affermazioni lette su Facebook, riservandosi di procedere per vie legali per tutelare la propria immagine nelle sedi opportune».
Casalini ha allora tentato di mettere una toppa a quella infelice frase, scrivendo un post di scuse: «Desidero chiedere pubblicamente scusa a tutti, a cominciare da Greta Thunberg, per il post che ho scritto su Facebook la scorsa settimana», ha scritto.
E si è poi giustificato, dicendo: «Un’esternazione scritta in un mio momento di rabbia contro la giovane attivista svedese con un linguaggio assolutamente sbagliato e con un contenuto del quale mi pento. Non ho mai pensato nè potrei pensare davvero certe cose, a maggior ragione di una minorenne».
(da agenzie)
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