Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
STRACHE, TRAVOLTO DAGLI SCANDALI, PRONTO A FONDARE UN NUOVO PARTITO… L’ULTIMO SCANDALO: LA MOGLIE CHE PERCEPIVA 10.000 EURO AL MESE DAL PARTITO E METTEVA ABITI DI LUSSO E PARRUCCCHIERE A CARICO DI FPOE
Dopo lo schiaffone rimediato alle elezioni politiche in Austria la FPOE deve fronteggiare un rischio di scissione.
E ad andarsene sarebbe proprio quell’Heinz-Christian Strache che ha provocato il flop con l’Ibizagate in cui venne beccato a cercare di vendere il suo paese alla Russia e che poi è finito nei guai per i 42mila euro di spese a carico del partito per lui e la moglie. Racconta il Corriere della Sera:
Nel pomeriggio più tragico della Fpà¶, che conferma la sua vocazione autodistruttiva, sono in molti a predire che la signora Philippa sia pronta a chiamarsi fuori, dichiarandosi indipendente, o «wilde Mandatarin» secondo la dizione austriaca. Succederebbe di sicuro se il consorte, inseguito dalla nuova accusa di aver usato a scopo personale i denari del partito, venisse espulso dalla Fpà¶, dove ancora a maggio, prima della pubblicazione del celebre video di Ibiza, regnava indiscusso.
Così certo del suo potere era Heinz-Christian Strache, che aveva nominato la sua coniuge responsabile del partito per la protezione degli animali, incarico retribuito con la non simbolica cifra di 10mila euro al mese.
Ma alla signora Philippa la somma non bastava, visto che è stata accusata di aver usato la carta di credito fornitale dal partito per acquistare borse e vestiti firmati, di avere uno chaffeur personale sempre a spese della Fpචe quant’altro.
Lei respinge le accuse, annunciando querele. Quanto all’incarico animalista, si limita a dire che era un impegno serio e totale.
Ma torniamo a Heinz-Christian, che in caso di espulsione minaccia di fondare un nuovo partito: Philippa ne sarebbe la prima e non la sola deputata, riproducendo uno schema scissionista già sperimentato nel 2005 quando Jà¶rg Haider diede vita l’Alleanza per il futuro dell’Austria. L’ambizione di Strache sarebbe quella di ripartire, candidandosi a sindaco di Vienna nel 2020.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
DA OGGI A GIOVEDI’ MANIFESTAZIONI NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL’ACCOGLIENZA
“Siamo sulla stessa barca” è lo slogan. Come dire che l’umanità e l’uguaglianza uniscono tutti, chi sale si barconi per cercare di attraversare il Mediterraneo e chi sta dall’altra parte.
Sono passati quasi sei anni dal tragico naufragio del 3 ottobre 2013 e Lampedusa si prepara a rendere omaggio a quelle vittime e alle migliaia di altre che in questi anni purtroppo hanno perso la vita, con una serie di manifestazioni che quest’anno assumono un sapore particolare. Nella speranza che, superata la stagione di Salvini al Viminale, la gestione dei flussi migratori possa essere garantita nel nome della solidarietà e della dignità umana.
Per il quinto anno consecutivo il Comitato 3 ottobre porta a Lampedusa più di duecento studenti di 60 scuole provenienti da 20 paesi europei per un progetto supportato da Unchr, Oim, Medici senza frontiere, Save the children, Amnesty International, Associazione nazionale vittime civili di guerra, Cisom, Legambiente Lampedusa, Esther Ada.
A Lampedusa, a comfrontarsi con i ragazzi che da oggi daranno vita a laboratori internazionali su diritti dei migranti e dei rifugiati, soccorsi in mare, razzismo e discriminazione, torneranno alcuni dei superstiti del naufragio del 3 ottobre in cui morirono 366 migranti e di quello dell’11.
Ci sarà anche il ministro dell’Istruzione Fioramonti che presenterà personalmente il progetto del concorso per la prossima edizione. Mercoledi l’incontro tra i ragazzi e i sopravvissuti del naufragio che racconteranno la loro drammatica esperienza ma anche quella che è diventata ora la loro vita. Tutti hanno lasciato l’Italia e vivono in paesi del Nord europa. Le manifestazioni si concluderanno giovedi con la marcia verso la porta d’Europa e la deposizione di una corona di fiori in mare.
“L’obiettivo – dice Tareke Brhane, presidente del comitato 3 ottobre – è quello di promuovere nelle giovani generazioni europee occasioni di apprendimento per favorire una cultura dell’accoglienza e della solidarietà al fine di contrastare intolleranza, razzismo e discriminazione e favorire processi di inclusione e inserimento sociale dei migranti”.
Negli stessi giorni si svolgeranno le iniziative del progetto “Snapshots from the Borders”, di cui è capofila il Comune di Lampedusa e di cui è partner Amref. “Per costruire un futuro migliore – dice il sindaco Totò Martello – dobbiamo custodire la memoria. Solo ricordando quello che è successo, possiamo impegnarci per impedire che accada di nuovo”
Quest’anno, oltre alle iniziative che si svolgeranno a Lampedusa e Palermo, sono stati organizzati eventi in trenta capitali europee, proiezione di documentari, dibattiti, mostre, flash-mob, concerti, etc) per sensibilizzare i cittadini sui differenti temi ed aspetti legati alle migrazioni e per sostenere la petizione che ha come obiettivo la richiesta alle istituzioni dell’UE di proclamare il 3 Ottobre “Giornata Europea della Memoria e dell’Accoglienza”
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2019 Riccardo Fucile
ARRESTATO PER VIOLENZA SESSUALE… I SOVRANISTI NON FANNO POST DI CONDANNA, VISTO CHE NON SI TRATTA DI UNO STRANIERO
Ha scelto la sua preda tra le persone, poche, presenti sul tram. Quindi, l’ha fissata e le ha rivolto una frase da brividi. Poi, dopo averla molestata, l’ha minacciata con un’arma in pugno per costringerla a restare lì.
Orrore a Milano, dove una ragazzina di diciassette anni è stata palpeggiata e aggredita su un tram della linea 5 da un giovane di ventitrè anni, italiano, poi arrestato.
L’incubo della 17enne è iniziato verso le 7.15, quando il 23enne – mentre il mezzo di Atm si trovava in viale Zara – ha cominciato a fissarla. Poco dopo, secondo quanto accertato dalla polizia, il maniaco si è avvicinato alla vittima, le ha detto “sei violentabile” e le ha palpeggiato i glutei.
La 17enne, nonostante la paura e lo shock, è riuscita a opporsi e si è allontanata, ma l’aggressore ha estratto una grossa mannaia dai pantaloni con la quale ha minacciato la giovanissima.
A quel punto, all’incrocio con viale Marche, la ragazzina è riuscita a scendere dal tram ed è stata subito seguita da una donna, una passeggera che aveva assistito alla scena e che si è fermata per aiutarla.
È stata la stessa vittima a chiamare la polizia, che – anche grazie alla descrizione fornita dalla minorenne – è riuscita a bloccare il 23enne poco lontano.
Anche lui era uscito dal mezzo Atm e aveva cercato di far perdere le proprie tracce. L’uomo è stato portato nel carcere di San Vittore e deve rispondere dell’accusa di violenza sessuale.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
PRIMA IL CHINOTTO ITALIANO? QUALCUNO AVVISI SALVINI CHE LA LURISIA (MAGGIORE PRODUTTRICE DI CHINOTTO IN ITALIA) E’ STATA APPENA ACQUISTATA DALLA COCA COLA
Potere delle multinazionali. Giorni fa, dal palco della Zena Fest, la festa della Lega a Genova, Matteo Salvini ha lanciato pacchi di Kinder Ferrero ai suoi sostenitori, incitando alla “disobbedienza civile” per resistere alla ventilata tassa sulle merendine che il ministro dell’Istruzione, il toninellico Lorenzo Fioramonti, vorrebbe introdurre per aumentare i fondi alle scuole italiane.
Sembrava una scena del film Il dormiglione di Woody Allen, 1973, quando il protagonista, svegliatosi dopo molti anni, scopre i benefici nutrizionali di torte di creme e merendine che i dietologi da sempre avevano demonizzato. Il sonno della ragione crea insani appetiti.
Dopo le merendine, in un sussulto di resipiscenza, il leader del Carroccio ha però assicurato la platea al grido di «Resisteremo con il chinotto».
Il chinotto fa molto km zero (si produce in gran parte nel savonese), presidio Slow Food, stile vintage, orgogliosa tradizione italiana.
Forse Salvini non era stato avvertito che nel frattempo la Lurisia, la maggior produttrice di chinotto (tra gli gli azionisti c’è Oscar Farinetti), era stata venduta alla Coca Cola.
Tanto che Slow Food ha deciso di interrompere subito la collaborazione con l’azienda di acque minerali di Roccaforte nel Cuneese
Addio pane e salame, addio porchetta: sovranismo di testa, globalismo di pancia.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
TRENT’ANNI, NATO IN ERITREA: DAL SEQUESTRO IN SUDAN AL VIAGGIO DI 14 GIORNI NEL DESERTO, DALLA PRIGIONIA IN LIBIA AL VIAGGIO IN MARE
Il 19 settembre di quest’anno, Abraham Tesfai lo ricorderà per sempre. È il giorno in cui si è laureato, il giorno in cui ha coronato un sogno che inseguiva da bambino. Trent’anni, nato e cresciuto in Eritrea, oggi lavora come operatore in una cooperativa. Attivista impegnato per la tutela dei diritti umani dei suoi connazionali, vive a Bologna. Lì ha realizzato quel sogno per cui è scappato dal suo Paese d’origine e nel 2008 ha raggiunto Lampedusa su un’imbarcazione appena più grande di un canotto, scampando alla morte – “eravamo ammassati e il gommone imbarcava acqua”, ricorda – grazie all’intervento di un elicottero e poi di una nave della Marina militare italiana.
In mezzo ci sono il sequestro in Sudan, la fuga e il viaggio di quattordici giorni in mezzo al deserto, l’arrivo e la prigionia in Libia, “lì ho visto tutta la miseria e il male che può esserci su questa terra, lì sono morti i tre amici con i quali ero andato via dall’Eritrea”, racconta e la voce si abbassa di tono.
La sua è la storia di chi crede nella bellezza di un sogno e si impegna per realizzarlo, ma anche di chi si batte per la libertà e i diritti fondamentali, per sollevare il velo sulle sofferenze di milioni di persone contro l’indifferenza montante, in tempi di porti chiusi, invasioni vagheggiate, emergenze umanitarie ignorate, muri reali e simbolici.
Dal suo arrivo in Italia sono passati undici anni, durante i quali Abraham, che allora di anni ne aveva diciannove, ha dovuto ricominciare daccapo. Una volta, due, tre. Quando da Lampedusa è stato destinato in un centro di accoglienza a Caltanissetta e, dopo tre mesi, si è ritrovato per strada, in tasca un visto umanitario.
Conosceva quasi niente di italiano – “purtroppo nelle strutture di accoglienza la lingua si insegna poco” – insieme a un paio di migranti conosciuti da poco, ha deciso di saltare su un treno e raggiungere Bologna.
Racconta Abraham: “Amici eritrei mi ospitarono, ma mi consigliarono di andare in Svizzera”. E lui ci va, prova a ripartire da lì, ma, essendo sbarcato e avendo dunque impresso le sue impronte digitali in Italia, in base a quanto stabilito in linea con l’Agenda europea, viene rimandato indietro.
Torna a Bologna, incontra don Giovanni Nicolini, ex direttore della Caritas locale. “Mi ha dato una piccola stanza – spiega Abraham, mi ha aiutato in un momento tanto difficile. Erano anni di crisi, non avevo punti di riferimento. Davvero non sapevo cosa fare”.
Una cosa, in realtà , la sapeva. Voleva laurearsi. Non solo per ambizione personale. Lo studio, per Abraham, significa prima di tutto “radici” e la possibilità di restare connessi alla storia, sua, personale e familiare, e collettiva, dell’Eritrea.
“Sono nato e cresciuto in una famiglia che ha combattuto per l’indipendenza del mio Paese, i miei genitori hanno trasmesso a noi figli il valore dello studio perchè avessimo possibilità che loro non hanno avuto. Mamma e papà sostenevano il Fronte di liberazione e nel ’91, quando si arrivò all’indipendenza, erano felici”, sospira.
Ma nel volgere di pochi anni i liberatori si trasformano in oppressori e il presidente, Isaias Afewerki, concentra tutto il potere nelle sue mani. Abraham ricorda la disillusione dei suoi, lo sconforto “quando, andavo alle scuole medie, mi arrivò la notizia che l’Università ad Asmara era chiusa”. La situazione peggiora, arriva un editto che impone il servizio militare obbligatorio e permanente a uomini e donne.
Tocca anche a lui e in quelle caserme si ritrova faccia a faccia con l’orrore – “cose inenarrabili. Ci legavano mani e piedi, ci torturavano. Avevo diciotto anni, sono arrivato a odiare la vita – dice – L’unica possibilità di salvezza era andare via”.
E così una notte, insieme a tre amici e sotto una pioggia scrosciante Abraham scappa. Nelle orecchie il suono dell’acqua che veniva giù, in corpo la paura di essere scoperto – “ci avrebbero uccisi di sicuro” – in mente il desiderio di riprendere a studiare e laurearsi.
Quando, respinto dalla Svizzera, torna a Bologna, pensa subito di iscriversi all’Università . “In Eritrea avevo preso il diploma di liceo, ma ce lo aveva il regime, era impossibile ottenere il documento. Così sono andato alla scuola serale”.
L’inizio è in salita: la mattina in giro per lavoro – “magazziniere, autista in una ditta di pulizie, ho fatto tanti lavori” – il pomeriggio tra i banchi. E, sempre, la paura di non farcela, “il disagio di trovarmi accanto all’uomo bianco, che io consideravo superiore. Poi a una verifica di matematica presi il voto più alto della classe e ho iniziato ad avere fiducia nelle mie possibilità . E anche grazie a tanti insegnanti che hanno creduto in me, ho preso il diploma da perito meccanico”.
Passo successivo, l’iscrizione all’Università . Abraham ha scelto la facoltà di Agraria, “per aiutare la gente in Eritrea” e infatti ha centrato la sua tesi sullo studio della coltivazione del teff, un cereale tipico e largamente utilizzato nel suo Paese d’origine. Dal 2012 ha iniziato a supportare i suoi connazionali, intanto arrivati sempre più numerosi in Italia, lavorando anche come interprete, pure per la Questura di Bologna. Fa parte della rete di attivisti “Eritrea democratica”, partecipa a iniziative e organizza incontri e diverse volte è stato ospite in Parlamento, in Italia e a Bruxelles, per denunciare le condizioni in cui vivono gli eritrei nel loro Paese e i migranti rinchiusi nelle carceri libiche.
Corre dei rischi Abraham e lo sa – nel suo “La frontiera” Alessandro Leogrande ha scritto che gli eritrei difficilmente parlano di quanto accade sotto la dittatura di Afewerki rinunciando all”anonimato “per la presenza in tutta Europa di agenti dei servizi eritrei” perchè temono possibili ripercussioni sulle loro famiglie.
“I miei genitori non hanno avuto il visto per raggiungermi nel giorno della laurea, – va avanti Abraham – più volte hanno tentato di tapparmi la bocca, ma io vado avanti. Sapere come stanno le cose è fondamentale. Gli eritrei sono forzati alla migrazione da una situazione insostenibile. Io, e come me, la gran parte dei miei connazionali, non ho mai voluto lasciare il mio Paese d’origine”.
E qui si tocca un’altra questione, che riguarda direttamente una certa narrazione sui migranti. Deformata e deformante, secondo studiosi, esperti e attivisti, eppure negli ultimi anni molto diffusa, sempre più accreditata.
“Se un Paese chiude i suoi porti – spiega Abraham – significa che vuole chiudersi, e questo non va bene. L’Italia non è questa, è un Paese aperto, che vuole guardare al futuro con serenità e noi abbiamo il dovere di impegnarci perchè prevalgano le ragioni della solidarietà e dell’integrazione”.
Dice “noi”, Abraham “perchè, “mi sento cittadino italiano nonostante abbia l’obiettivo di tornare in Eritrea, per avviare una collaborazione tra i due Paesi e so che non potrò farlo fino a quando non cade la dittatura – aggiunge – l’Italia, che all’Eritrea è profondamente legata, può fare qualcosa per cominciare ad affrontare quella che è una vera e propria emergenza umanitaria, al pari di quanto accade nelle carceri libiche. Mi sento cittadino italiano, sì, anche se avendo una carta di soggiorno ufficialmente non lo sono. Ma sono riconoscente a questo Paese, nel quale resterò a vivere fino a quando non potrò tornare in Eritrea, per avermi restituito alla vita, quando quasi avevo perso la speranza, e per avermi consentito di laurearmi, realizzando il sogno di una vita”.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
MA NON ERANO IL PPE E LA MERKEL I NEMICI PRINCIPALI DEI SOVRANISTI E GLI ALLEATI DELLE BANCHE?
“La Lega nel Ppe? Non lo escluderei a priori. Con la Csu bavarese, ad esempio, ci sono molti elementi di consonanza”: Giancarlo Giorgetti, che passa per il braccio destro di Salvini a giorni alterni sui giornali, oggi a In 1/2 Ora in più da Lucia Annunziata ha completamente rivoltato la politica europea del segretario della Lega.
Mentre il capitano si è dedicato a costruire il partito dei sovranisti (che però, tranne che in Italia e in Francia, hanno perso ovunque) Giorgetti immagina l’entrata del Carroccio nel grande partito dei popolari europei che oggi annovera tra le sue figure la CDU di Angela Merkel.
La cosa quindi sarà particolarmente sgradita all’ala antieuro del partito di Salvini, anche se non è escluso che questi vengano convinti che alla fine anche la Merkel sia contraria sotto sotto all’euro: d’altro canto gente che credeva che Paolo Savona li avrebbe portati fuori dall’euro potrebbe credere più o meno a tutto.
In ogni caso l’abbandono del fronte sovranista da parte della Lega potrebbe essere una buona idea, visto che gli alleati intanto se la stanno vedendo malissimo: proprio oggi la FPOE ha preso una scoppola epocale alle elezioni in Austria.
Ma è anche possibile che la frase di Giorgetti sia indirizzata proprio a spegnere i bollenti spiriti di alcuni dei suoi eletti e a preparare una svolta moderata e conservatrice ma europeista di Salvini.
L’apertura di Giorgetti ha subito riscosso il favore di Forza Italia.
Restano due piccoli problemi: perchè mai il Ppe dovrebbe accettare la richiesta della Lega? In secondo luogo: cosa racconterà poi Salvini alla base sovranista a cui fino a ieri ha addidato il poteri forti della Merkel come causa di tutti i nostri mali?
(da “NetxQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
SARA’ UNA MANOVRA DA 30 MILIARDI CON IL DEFICIT AL 2,2%
Quella che Roberto Gualtieri si trova a tirare su in queste ore è una manovra in mezzo al guado. Per un governo appena nato, il provvedimento simbolo della programmazione economica è occasione irripetibile per imprimere un marchio, una svolta. Non è così per quello giallorosso.
Alla prima apparizione in tv dopo la nomina, intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su Rai3, il ministro dell’Economia lo mette in chiaro da subito: “Dobbiamo pagare il conto del Papeete”.
Al luogo simbolo dell’arrembaggio estivo di Salvini vengono dati i connotati della zavorra che condiziona gli impegni odierni: l’Italia deve saldare il conto della perdita di credibilità e delle risorse bruciate sui mercati.
Però c’è anche la volontà di uno slancio in avanti, facendo sponda con la benevolenza dell’Europa. La vulnerabilità della manovra è frutto dell’incrocio di queste due dimensioni. Nel guado maturano disegni ambiziosi, come sul green, ma anche rotture di tabù, come quello sull’aumento dell’Iva.
Alla presentazione della Nota di aggiornamento al Def – la cornice della manovra – mancano poco più di 24 ore e per la prima volta Gualtieri dà volto e significato alle operazioni che si stanno conducendo nel gran cantiere del Tesoro.
La manovra si aggirerà intorno ai 30 miliardi. Considerando che servono 23,1 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva e un altro paio di miliardi per le spese indifferibili, si capisce già come il menù sia avaro di sogni di gloria. Il conto del Papeete va collocato proprio qui.
Dove trovare 30 miliardi? Risposta: il grande serbatoio è Bruxelles. E qui Gualtieri, senza citare direttamente il numero, dà un’indicazione precisa del valore su cui il governo intende collocare il deficit.
È questo numeretto che misura la flessibilità che sarà concessa all’Italia. “Forse – dice il ministro – è meglio non dichiarare il 2,4% e poi fare il 2,04% e nel frattempo avere un’impennata dello spread. È preferibile collocarsi meglio dall’inizio per non avere turbative, è una saggia via di mezzo che noi percorreremo”.
Eccolo Gualtieri il mediatore, uno degli uomini chiave che Bruxelles ha messo a blindatura dei nuovi rapporti con Roma. Il deficit si collocherà al 2,2%: sono 11 miliardi.
La caccia alle coperture del conto del Papeete si incrocia con quelle che servono per finanziare le nuove misure. Irrompe qui la rottura del tabù sull’Iva.
La viva voce di Gualtieri apre lo spazio all’ipotesi di un aumento dell’aliquota per i beni a più alta evasione e un contestuale abbassamento di quella che grava sui beni di maggior consumo.
Certo ci saranno meccanismi di compensazione, come la possibilità di pagare di meno se si usa il bancomat invece del contante, ma il dato è che l’Iva non è più intoccabile.
Il paradosso rischia di essere questo: un governo nato con la mission di scongiurare l’aumento dell’Iva rischia di essere costretto a fare rimodulazioni o aumenti selettivi della stessa imposta per trovare le risorse necessarie.
Se ne parlerà più avanti perchè il cantiere non è giunto al termine dei lavori, ma queste dinamiche caratterizzano appieno il guado in cui si trova la manovra.
Fin qui quello che questo governo è obbligato a fare per mettere una pezza a un vaso che gli è stato consegnato rotto. Contemporaneamente, però, si lavora al tentativo di dare una discontinuità .
Insomma, un segnale bisogna pur darlo. Di elementi di continuità , tra l’altro, ce ne sono parecchi: il reddito di cittadinanza e la quota 100, così come la mini flat tax per le partite Iva restano in piedi così come ideate da Lega e 5 stelle. “Non è un governo serio quello che cambia subito le carte in tavola”, spiega il ministro dell’Economia.
Non ci saranno tagli a scuola, università e sanità . L’abolizione del superticket, battaglia cara a Leu, ci sarà ma non subito.
Gualtieri punta tutto sul taglio del cuneo fiscale e, in un’ottica più lunga, sul green. Angela Merkel ha messo 100 miliardi per il clima fino al 2030. Gualtieri posiziona l’Italia sulla scia della Germania: “Istituiremo un grande fondo alla tedesca, nell’ottica della transizione ecologica dell’economia”.
In un arco temporale più ristretto si punta a incassare una partita che vale tanto e cioè fare scorporare le spese per l’ambiente dal deficit. Gualtieri si dice ottimista.
Da buon mediatore ha annusato il nuovo clima che si respira in Europa. Passa anche da qui quella benevolenza europea che si vuole sfruttare a vantaggio dell’economia italiana.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
RISPETTO A GENTILONI AGGIUNTE CLAUSOLE SALVAGUARDIA PER ALTRI 3,9 MILIARDI E CIRCA 9 MILIARDI DI INTERESSI PASSIVI IN PIU’ A CAUSA DELLO SPREAD ALTO
Il nuovo ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha la battuta pronta: “Abbiamo questo grande conto del Papeete che ci è stato lasciato da pagare e dobbiamo farlo in modo equilibrato, senza danneggiare la crescita, trovando le soluzioni e anche la giusta mediazione tra le posizioni in campo”, ha detto, con un chiaro riferimento a Salvini e alla Lega, a 1/2 Ora in più da Lucia Annunziata.
L’erede di Tria ha citato anche in un’altra occasione il Papeete: “Sarebbe stata una deriva pericolosa per l’Italia se l’Opa del Papeete fosse passata”, quindi ora c’è “un grande impegno condiviso per migliorare il Paese”, ha detto successivamente.
Il deputato della Lega Giancarlo Giorgetti ha voluto replicare in diretta: “Volevo dire a Gualtieri che l’aumento dell’Iva non l’abbiamo lasciato noi ma il governo Gentiloni. Quindi si rivolga a lui, per quello. Gli spiegherà bene perchè l’ha fatto, a suo tempo”. Giorgetti evidentemente non si è accorto, anche se all’epoca era sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che il governo a cui partecipava, ovvero il primo di Conte, ha aggiunto clausole per 3,91 miliardi di euro portando il conto di Gentiloni (19,16) a 23,07.
Salvini invece non è stato nemmeno in grado di replicare nel merito, come spesso gli succede: “Questi sanno solo insultare”.
Il dato di fatto, che Salvini dimentica, è che a fine 2018 Bankitalia aveva calcolato 5 miliardi di interessi in più nel 2019 per l’effetto spread, ma aveva anche calcolato fino a 9 miliardi in più di spesa fino al 2020 con i tassi oltre quota 300.
Eccolo, il conto del Papeete causato anche dalla crisi dello spread provocato dal governo Lega-M5S.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2019 Riccardo Fucile
LA BOLDRINI RINGRAZIA, MA LUI LA PRENDE MALE E SOSPENDE L’ACCOUNT
Laura Boldrini si diverte un po’ su Twitter per la vittoria nel sondaggio del sovranista @GigiBuakaw, che aveva lanciato sul suo profilo un sondaggio di gradimento (con tanto di errore di grammatica sul qual è — prima l’italiano!) chiedendo quale donna si preferisse tra Laura Boldrini, Giorgia Meloni, Maria Elena Boschi e Mara Carfagna.
Vince la Boldrini perchè nel frattempo è partito un tam tam nell’hashtag Iostoconlaura:
È successo infatti che molti si sono dedicati a rilanciare il sondaggio chiedendo il voto per Boldrini, giusto per sabotare l’ideona dell’account.
E ovviamente piano piano la cosa ha preso piede…
E l’utente sovranista? Non l’ha presa benissimo.
Prima ha cancellato il sondaggio, poi ha protetto i tweet, infine ha direttamente sospeso l’account.
(da “NextQuotidiano”)
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