Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
IL FATTO NUOVO SPIAZZA LA COMUNICAZIONE LEGHISTA: LE PIAZZE ORA LE RIEMPIONO PACIFICAMENTE CHI CONTESTA SALVINI
Le sardine danno fastidio a Salvini.
Per il momento sono riuscite a bloccare la passeggiata del leader della Lega a Modena e a dimostrare che i cinquemila al Paladozza non rappresentano la maggioranza dei cittadini dell’Emilia-Romagna.
Eppure Salvini non dovrebbe avere paura delle sardine, persone che scendono in piazza senza bandiere di partito (anzi, rivendicano di essere apartitiche)
E’ questa l’opposizione di cui ha paura la Lega? Una riflessione è d’obbligo a questo punto.
Matteo Salvini viene messo in difficoltà dalle Sardine, che in quanto pesci sono muti e che non hanno poi questi gran contenuti a parte ribadire che l’Emilia-Romagna non si Lega. Decisamente poco per un programma di governo. Ma alla fine quali contenuti, quale proposte è in grado di offrire la Lega in Emilia-Romagna? Fino ad ora non molti. Ci si limita a generici appelli al “cambiamento”, lasciando agli elettori il compito di interpretarne il senso come meglio credono, in modo da non scontentare nessuno e prendere i voti di tutti.
La macchina della propaganda della Lega accusa il colpo e cerca di trasformare in meme le sardine. Al punto da partorire l’idea del secolo “i gattini per Salvini” che si mangiano le sardine.
Chi ha abbastanza memoria ricorderà di quando si facevano i flash mob virtuali sulla pagina Facebook del Segretario della Lega a colpi di “Gattini su Salvini”. Dopo qualche tempo Morisi pensò bene di sfruttare la cosa a suo vantaggio e per un periodo il sedicente Capitano invitò i fan a mandare foto dei loro simpatici felini domestici. Oggi invece Salvini diventa gattaro: «ai vostri bambini felini piacciono sardine e pesciolini? Mettete la foto nei commenti! Miao!».
Il messaggio è chiaro: la Besti(olin)a si mangia la sardina. E manca solo che sulla pagina del Segretario del Carroccio venga pubblicata una foto di un piatto di pasta con le sarde o di sarde in saor. Ma Salvini non è Deng Xiaoping e non può dire «che un gatto sia nero, bianco o rosso non importa, se acchiappa i topi è un buon gatto».
Chissà se ci saranno abbastanza gatti per fermare le sardine. A Modena i proverbiali quattro gatti erano quelli che sono andati ad ascoltare Salvini nel locale di Luca Toni. In Piazza Grande invece un grande banco di sardine cantava e sguazzava sotto la pioggia. A consolare il leader della Lega ci ha pensato ieri Mario Giordano durante il suo Fuori dal coro. Il conduttore di Rete 4, che è stato anche il presentatore della kermesse leghista al Paladozza, ha fatto trovare in studio a Salvini un secchiello di pop corn e due bei panini con le sardine.
E se le papperebbe in un boccone le sardine, se potesse. Ma non ci riesce. Il movimento non ha leader, non ha un’organizzazione. Sfugge alle maglie della propaganda leghista classica, il pesce è difficile afferrare, scivola, scappa. E sfotte. Perchè ieri a Di martedì uno dei promotori delle sardine bolognesi ha risposto così a Sallusti che diceva che Salvini non è il male assoluto: «non lo crediamo, anzi, pensiamo sia umano e più fragile di ciò che si pensi, tant’è che è stato battuto da quattro ragazzi pigiando due bottoni sulla tastiera, contro la Bestia».
Hai voglia allora a cercare di dare la colpa a Prodi, a Soros e ai poteri forti perchè le sardine sono l’esatto contrario: pesci piccoli.
E il fatto che Salvini perda tempo dietro le sardine la dice lunga sul nervosismo dello staff leghista. Perchè uno che sogna di diventare Presidente del Consiglio dovrebbe preoccuparsi di quello che scendono in piazza al grido di “Bologna non si Lega”? Un motivo è perchè le sardine dimostrano che le piazze e la capacità di mobilitarsi non sono prerogative della Lega.
Un altro è che se sei gattino ti preoccupi del pesciolino, non del pesce grosso. E questo Salvini lo ha ampiamente dimostrato anche quando era ministro dell’Interno e faceva la voce grossa in Italia mentre in Europa non si faceva vedere.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
COSTRETTA AD AMMETTERE CHE LA SANITA’ IN EMILIA-ROMAGNA FUNZIONA BENE, SBAGLIA PURE I CONTI : “82 MILIONI PREVISTI SI PAGANO IN TRE TRANCHE DA 135.000 EURO”
Il dubbio, a dire il vero, ci era venuto già dopo la serata del Paladozza. La senatrice Lucia Borgonzoni non ha bene in mente come funziona il sistema sanitario della regione che vorrebbe governare. Una settimana fa a Bologna aveva promesso di tenere aperti gli ospedali dell’Emilia-Romagna anche di notte. Dopo che il suo avversario Stefano Bonaccini le aveva fatto notare la gaffe la Borgonzoni aveva corretto il tiro: intendeva per le visite specialistiche.
Ieri durante il confronto Borgonzoni-Bonaccini a Cartabianca il tema della sanità regionale è tornato fuori. E di nuovo la candidata della Lega ha dimostrato di avere le idee poco chiare. Succede quando l’unica proposta politica è un generico e non meglio specificato “cambiamento” e una voglia di cambiamento che deve essere assecondata. Il rischio è di promettere che si vogliono cambiare cose che in realtà funzionano.
E il problema è che i cittadini e gli elettori dell’Emilia Romagna sanno bene cosa non va e cosa invece funziona nella loro regione.
Ad esempio Bonaccini contesta che il governo precedente ha stanziato solo 21 milioni di euro sui 103 richiesti per interventi sul dissesto idrogeologico, la Borgonzoni replica per ben due volte che quella è «solo la prima tranche di tre tranche da 135 mila euro». Un lapsus?
Ma Lucia Borgonzoni vuole parlare di temi concreti. E la sanità è un tema concretissimo: a patto di affrontarlo seriamente. Secondo la senatrice della Lega «la sanità per me è uno dei punti più importanti». Non a caso Lucia Borgonzoni dice che la prima cosa che cambierebbe in Emilia-Romagna è proprio la sanità . La candidata della Lega insiste con la proposta di adottare il modello Veneto di Luca Zaia di tenere aperti gli ospedali le sere o la domenica per smaltire le liste di attesa, Bonaccini le ricorda che è una cosa che già si fa.
Bianca Berlinguer fa notare però che «secondo quello che è un sistema di valutazione fatto dal Ministero della Salute» la sanità dell’Emilia Romagna è tra le migliori d’Italia ed è seconda solo al Veneto.
Borgonzoni non può fare altro che ammettere che è così. Il problema però sono i tempi di attesa, spiega la senatrice della Lega. Quando la conduttrice le chiede se è vero che il tempo medio per le liste d’attesa è di soli 30 giorni la Borgonzoni annuisce.
E del resto è stato il governo precedente quello di cui faceva parte la Borgonzoni a indicare l’Emilia Romagna (assieme a Piemonte e Veneto) come regione benchmark per i costi standard del servizio sanitario nazionale.
È davvero difficile sostenere che la sanità in Emilia-Romagna sia un disastro, perchè non lo è. Tant’è che è una delle prime regioni per la mobilità sanitaria interregionale, ovvero una di quelle dove i pazienti di altre regioni si spostano per farsi curare. Certo, le cose si possono migliorare, ma per il momento le proposte della Lega o sono già operative o non cambiano la situazione.
E la Borgonzoni lo sa bene, infatti evita accuratamente di fare terrorismo sulla sanità dicendo che va tutto male e che è colpa del PD. Ma se la Lega non può presentarsi come argine al disastro (che sia l’invasione dei migranti o la crisi del sistema sanitario) cosa le rimane?
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
E’ IL NUOVO AYATOLLAH DELLA ILLEGALITA: SOLO I COGLIONI PAGANO LE TASSE, COSI’ I SOVRANISTI CAMPANO SULLE SPALLE DI CHI LAVORA
Ecco cosa il sovranismo salviniano. Una pace fiscale totale.
Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a “Fuori dal coro”, su Rete 4.
“Dipendesse da noi faremmo una Pace fiscale totale e globale per chiunque abbia una cartella d’Equitalia o dall’Agenzia delle Entrate. Ripuliamo: lo Stato incassa quello che può e lo mette nel taglio delle tasse e gli italiani tornano a vivere”, ha dichiarato.
“Se devo scegliere fra il tassare i pannollini, l’insalata e i biscotti o fare un condono, scelgo tutta la vita il condono e di non tassare le famiglie che sono già abbastanza tassate”, ha concluso.
Una dichiarazione allucinante: le tasse , se qualcuno non si fosse fottuto 49 milioni, servono per far funzionare scuole, ospedali, riparare strade, offrire servizi, pagare i dipendenti pubblici e questo cosa propone? L’ennesimo condono agli evasori, grandi e piccoli.
Uno Stato dove i coglioni che lavorano pagano per mantenere quelli che incassano e sputtanano i quattrini.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
L’ANIMA DEL COTTOLENGO E EX CONSIGLIERA DELLA COMPAGNIA DI SAN PAOLO: “RAGIONI GIUSTE, BASTA MENZOGNE E SARCASMO”
«Sono pronta ad andare in piazza», dice suor Giuliana Galli, presidente dell’Associazione torinese Mamre, ex consigliera di amministrazione della Compagnia di San Paolo e tra le anime del Cottolengo.
Da tempo attiva sui social tanto da aver captato rapidamente la novità dell’Arcipelago di Sardine che si sta diffondendo in tutta Italia.
Il suo messaggio su Facebook e la sua adesione alle Sardine di Torino ha suscitato molti consensi e qualche critica
Suor Giuliana, se ci sarà il flash mob darà la sua adesione per partecipare?
«Sì, credo proprio di sì. Credo che se si organizzerà un evento a Torino ci sarò. Condivido le ragioni di questo movimento, trovo giuste le ragioni che lo ispirano».
Lei si è iscritta, una delle prime, al gruppo di Torino con un post ironico. Perchè le piacciono le sardine?
«Ho scritto un messaggio che voleva essere divertente, per sdrammatizzare un po’: “Mi piace la trota, mi piace il salmone e mi piacciono anche le alici e anche le sardine. E a voi?”. Era un modo leggero per sollecitare una discussione»
Scherzi a parte, ci racconta perchè le piace questa nuova onda civica anti-leghista?
«La mia disponibilità non è contro qualcuno, ma a favore di qualcosa. In questo momento penso sia il caso di sollecitare un nuovo modo di parlare, dire quello che si pensa senza menzogne e senza atteggiamenti sarcastici»
Contro l’odio dei social qual è la ricetta?
«Se posso usare degli aggettivi direi “buono”, “pacifico”. Queste dovrebbero essere le caratteristiche di questa ondata che, ripeto, io non intendo “contro” qualcuno, anche Salvini. Serve invece un nuovo linguaggio, è importante cercare la verità »
Pensa che questo sia un fenomeno destinato a durare?
«Non so, ma trovo divertente che sia nato così spontaneamente e che in poco tempo abbia creato un movimento così partecipato. Persone diverse, ma spero con un obiettivo che mi sento di condividere”.
Non la intimorisce una piazza di sardine?
«Proprio no, questo non mi spaventa affatto. Ogni occasione per condividere buoni principi è benvenuta».
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
“SERVE OPPOSIZIONE SERIA OPPURE E’ SOVRANISMO DA OPERETTA”
“Oggi abbiamo scoperto che c’è un negoziato che è da un anno in corso: il delirio collettivo sul Mes è stato suscitato dal leader dell’opposizione, lo stesso che qualche mese fa partecipava ai tavoli discutendo di Mes, perchè abbiamo avuto vertici di maggioranza con i massimi esponenti della Lega, quattro incontri” e ora c’è chi scopre che era al tavolo “a sua insaputa”.
Lo dice il premier Giuseppe Conte a margine dell’assemblea dell’Anci ad Arezzo. Il premier comunque riferirà in Senato il 10 dicembre.
“Ci si meraviglia e lo stesso partito che partecipava a vertici di maggioranza sul tema – aggiunge il presidente del consiglio – scopre l’esistenza del Mes e grida allo scandalo: questo è un atteggiamento irresponsabile”.
Lo dice il premier Giuseppe Conte a margine dell’assemblea dell’Anci parlando della posizione di Matteo Salvini sul Mes. “Come i cittadini pretendono dal governo un atteggiamento responsabile, così io pretendo un’opposizione seria, credibile, perchè difendiamo tutti gli interessi nazionali, altrimenti è un sovranismo da operetta”, sottolinea.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
NEI DOCUMENTI UFFICIALI ANCHE 173 EURO PER L’UTILIZZO DEL MOBILIO PER UN TOTALE DI 314 EURO…. UNA CIFRA BEN INFERIORE A QUELLA INDICATA DALL’EX MINISTRO
Elisabetta Trenta aveva detto in un’intervista a Radio Capital che pagava 540 euro di affitto per la casa a San Giovanni che era stata assegnata prima a lei e poi al marito Claudio Passarelli e a cui ieri i due hanno ufficialmente rinunciato.
Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera oggi spiega che il canone mensile era invece di 141,76 euro.
A questo punto saranno l’indagine amministrativa avviata dallo Stato maggiore e quella della Procura militare a dover stabilire se la procedura sia stata corretta.
Quanto accertato finora dimostra che sono bastate poche ore per avere la certezza che l’assegnazione sarebbe stata trasferita dalla moglie al marito. Il 5 settembre, giorno delle dimissioni del governo Conte, ha segnato l’uscita dal dicastero di Trenta. Nemmeno 24 ore dopo il marito è stato infatti nominato aiutante di campo del segretario generale della Difesa.
Trenta – così come prevede la legge– aveva 90 giorni per liberare l’alloggio e tornare nel proprio appartamento al quartiere Pigneto.
Invece il 2 ottobre la pratica è stata chiusa e le carte relative a quella stessa casa sono state intestate a Passarelli.
Secondo la versione fornita dallo Stato Maggiore «Passarelli aveva dichiarato di possedere un immobile a Roma e un altro a Campobasso che ai fini dell’assegnazione non rappresentava motivo ostativo perchè il personale titolare di alloggio Asi può usufruire di un appartamento di servizio pur disponendo di proprietà alloggiativa nella stessa circoscrizione».
Spetterà ai magistrati accertare se davvero questo iter sia legittimo, se possano esserci stati favoritismi.
La Difesa stabilirà invece se Passarelli abbia diritto a un nuovo alloggio di servizio. Di certo rimane che la cifra pagata ogni mese dalla coppia è ben inferiore a quella comunicata pubblicamente dalla ex ministra. E anche questo sarà sottolineato in Parlamento.
Secondo quanto risulta alla Difesa «il canone mensile è di 141,76 euro mentre vengono versati 173,19 euro per l’utilizzo del mobilio». Totale 314,95 euro, arredamento compreso.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
UN CONTO E’ PORTARSELO CON SE’ AL LAVORO, ALTRA COSA FARLO ANDARE A PRENDERE CON L’AUTO MINISTERIALE DI SERVIZIO
Si chiama Pippo, è uno schnauzer nano ed ha avuto l’onore di salire sull’auto blu del ministero della Difesa quando al comando c’era la grillina Elisabetta Trenta, che nel frattempo ha deciso di traslocare dall’appartamento a San Giovanni dopo che la storia dell’assegnazione a suo marito Claudio Passarelli è stata raccontata da Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera.
Oggi Mario Ajello sul Messaggero racconta la storia del cagnolino dell’ex ministra:
Fu donato alla Trenta da un ufficiale dell’esercito e lei ci si è affezionata tanto. Al punto che, da ministra della Difesa, lo voleva avere spesso al fianco, nei giorni in cui non era in missione in qualche parte del mondo. Un cane, cioè Pippo, scorrazzava al ministero della Difesa? Ma certo. Qualche militare lo andava a prendere con l’auto di servizio nella casa di via Amba Aradam e lo “scortava” fino al dicastero.
Pur non essendo lui un quadrupede dall’aria marziale ma magari, sotto il pelo, nascondeva doti da da consigliere politico d’area grillina, perchè il grillismo in grigio-verde l’allora ministra cercava di creare. E comunque: che gioia avere Pippo nelle austere stanze istituzionali. I più fidati collaboratori della Trenta avevano il privilegio di poterci giocare con frasette così: «Pippo, vieni qui, daiiiii, fatti vedere…. Bacini? Sììì, bacini…bacini….bacini…». Gli veniva lanciata la pallina e lui la rincorreva «Bravo Pippo, bravo… bravo…» lungo il corridoio del primo piano.
Pippo davanti a tanto affetto sembrava sorridere. Anche se non c’è niente da ridere, se non per il fatto — dicono al ministero che la coppia Trenta & Pippo ha lasciato la sede della Difesa ma adesso dovrà lasciare anche il bel salotto di casa. E al povero Pippo toccherà , dopo le carezze dei generali, la compagnia degli spacciatori del Pigneto.
Speriamo che il cane non soffra per il cambio di ambiente. Povera stella, lui.
(da “NextQuotidiano“)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
L’ATTACCANTE DEL MILAN RISPONDE A TONO AL COMMENTO DEL LEGHISTA
Matteo Salvini si fa blastare anche da Suso. Ieri il Milan ha fatto gli auguri di compleanno a Jesàºs Joaquàn Fernà¡ndez Sà¡enz de la Torre e nei commenti il Capitano, che è un tifoso rossonero anche se spesso quando va allo stadio poi si lamenta del risultato, ha voluto richiamare l’ala destra a un maggiore impegno in campo: “Auguri! Nella speranza che Babbo Natale ti porti un po’ di velocità , di grinta e di voglia di giocare”.
Suso però è andato di corsa a replicare nel merito al Capitano colpendolo dove gli fa più male: “Grazie. Nella speranza che Babbo Natale ti porti un po’ di velocità , di grinta e di voglia di amministrare meglio, molto meglio, un paese che amo”.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2019 Riccardo Fucile
7.000 SU 14.000 DEI TALENTI “RICHIAMATI” GRAZIE AGLI INCENTIVI HANNO LASCIATO DI NJUOVO IL PAESE NEGLI ULTIMI 5 ANNI: I PREMI FISCALI PROMESSI SONO CONTRADDITTORI
I cervelli che hanno riassaporato il rientro in Italia stanno ripartendo. Settemila (e trentatrè) su quattordicimila, tornati negli ultimi otto anni in università ed enti di ricerca nazionali, alle professioni private altamente qualificate – grazie alle agevolazioni fiscali che si sono succedute dal 2010 -, ora hanno scelto di riapprodare in un ateneo nordeuropeo, un laboratorio londinese, una multinazionale con sede lontana sia da Roma che da Milano.
Un report costruito dal Gruppo Controesodo racconta come dal 2011 al 2017, seguendo i dati dell’Agenzia delle Entrate, ogni anno sono rientrati in Italia duemila top workers in media, di cui una parte (residuale) professori e ricercatori pubblici. Sono, questi, soggetti “con requisiti di elevata specializzazione, in possesso di un titolo di laurea e hanno maturato un’esperienza lavorativa estera almeno biennale o hanno conseguito un titolo di studio di livello accademico all’estero”.
Già dal 2012, seguendo la tabella offerta, di questa corte di duemila rientranti ne sono usciti cinquecento, nel 2013 sono stati 875 i ripartiti e, stagione dopo stagione, 1.156, 1.367, 1.525 fino al 2017 quando il numero di coloro che hanno lasciato per la seconda volta l’Italia quasi ha pareggiato i nuovi rientri: 1.610 (sempre contro duemila arrivi). In sette stagioni si possono stimare quattordicimila cervelli italiani riaccasati e poco più di settemila ripartiti, il 50,23 per cento. Metà ha riassaggiato il nostro Paese ed è tornato all’estero.
L’imbuto delle agevolazioni fiscali
La “seconda fuga” è dettata da tre ordini di motivi. Un’offerta di lavoro irrinunciabile, per esempio, per professionisti abituati per biografia all’internazionalizzazione. Ancora, una nostalgia per le buone pratiche scoperte nel resto d’Europa. Secondo il Gruppo Controesodo molti, però, sono stati spinti nuovamente via dall’impossibilità di accedere alle agevolazioni fiscali che i vari decreti hanno introdotto, a volte contraddicendosi, altre volte costringendo laureati e ricercatori a pagare le differenze previste tra una legge e la successiva (questa battaglia, tuttavia, gli “impatriati”, si chiamano così, l’hanno vinta contro l’Agenzia delle entrate).
Il decreto legge dello scorso aprile – Governo Lega-M5S – in prima istanza aveva incrementato al 70 per cento (prima era al 50) il reddito esente per i “rientranti”. Per chi tornava in una regione del Sud si arrivava al 90 per cento. Il Decreto crescita aveva quindi vincolato il premio a un “radicamento permanente”: mantenimento della residenza fiscale in Italia per almeno tre anni e allungamento della defiscalizzazione a cinque stagioni. Benefici anche superiori erano previsti per docenti e ricercatori.
“Il problema”, sostiene ora Controesodo, affiancato dagli studiosi rientrati in Italia grazie al Programma Rita Levi Montalcini, “è che ci sono ulteriori regole di retention, trattenimento, che riguardano l’acquisto di un immobile sul suolo italiano o la generazione di figli. In questi casi si può godere di un ulteriore sconto da otto a tredici anni, ma l’ultimo beneficio è reso accessibile solo ai lavoratori che rientrano a partire dal 2020”. Ci sono almeno tre coorti generazionali, i rientrati dal 2017 al 2019, fuori dai benefici extra.
“La perdita di gettito per ogni soggetto che decide di non restare in Italia al termine del periodo agevolato corrisponde al 100 per cento mentre la minore tassazione dei soggetti che sarebbero spontaneamente rimasti corrisponde al 50 per cento”. Lo Stato, con l’indifferenza per i migranti intellettuali di ritorno, ci rimette metà incasso.
Una perdita di gettito di 280 milioni
Il reddito medio dei lavoratori altamente qualificati è alto, dice il ministero delle Finanze: 102 mila euro lordi nell’anno fiscale 2017. La tabella realizzata dall’associazione stima una perdita di gettito per lo Stato pari a 194 milioni di euro di fronte a una “seconda fuga” realizzata tra il 2021 e il 2025. Altri 16,5 milioni di euro non entrerebbero se le extra agevolazioni non fossero applicate alla platea pre-2020. La perdita si può stimare, ora, in 210,5 milioni.
C’è da segnalare che le legge per gli impatriati può riguardare – oltre a calciatori vip, tra cui Mario Balotelli – un’aliquota di ricercatori: 1.624 secondo una stima del 2017. Perdendo questi, la perdita di gettito Irpef sarebbe pari a 70,5 milioni totali. Siamo intorno a un meno 280 negli introiti totali di Stato.
L’età media di chi torna è di poco superiore ai 35 anni, l’83 per cento proviene dall’area europea. Il 33,34 per cento lavora nel ramo Finanza-Assicurazioni, il 6,67 per cento nell’Istruzione e nella Ricerca. Tra coloro che sono rientrati attraverso il Programma Montalcini, un quarto ha vinto grants Erc o è risultato finalista. “L’accesso all’estensione delle agevolazioni ai ricercatori e docenti rimpatriati, trattenendoli in Italia per un periodo più lungo, avrà un impatto positivo anche sulla sprovincializzazione dell’università italiana sopperendo a una comprovata carenza cronica di attrattività dei nostri atenei per gli studenti stranieri”.
Il Gruppo Controesodo ha proposto un emendamento al Senato, fatto proprio dal Pd, per allargare a chi è già rientrato la defiscalizzazione spinta. Entrerà nel dibattito parlamentare di fine anno.
La Germania attira i nostri maturati e i professori
Secondo una ricerca della Flc Cgil, ogni anno 13 mila ricercatori precari lasciano l’Italia e dal 2008 al 2018 sono stati ben 140 mila. In Germania – è questa è una ricerca del Centro studi Daad e Dzhw – la comunità degli accademici italiani è la più forte (3.185 nel 2016) dopo quella autoctona. Il Rapporto Migrantes del 2017 ha contato un raddoppio dei maggiorenni italiani che, ottenuta la Maturità da noi, sono corsi in Germania per l’alta formazione: da 3.976 a 8.550 in sette anni. Solo nel biennio 2016-2017 i ricercatori migranti – quasi tutti partiti senza aver ricevuto una proposta – sono costati al Paese 7 miliardi di euro.
(da agenzie)
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