Destra di Popolo.net

SI FILMA MENTRE VA IN GIRO E IRRIDE LE NORME ANTI-CORONAVIRUS: LA POLIZIA LO RINTRACCIA E LO DENUNCIA

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

A BERGAMO 82 DENUNCIATI, TRA LORO ANCHE CHI ERA USCITO PER ANDARE A PROSTITUTE E DUE GIOVANI CHE SONO USCITI PER ANDARE A GIOCARE A TENNIS

Il solito imbecille che non sa quanti rischi si fanno correre soprattutto agli altri con comportamenti simili: andato fuori casa, poi si è ripreso più volte in video con il cellulare, in luoghi sempre diversi, e infine ha postato le immagini sui social irridendo alle direttive del decreto per il contrasto alla diffusione del coronavirus.
E’ successo a Poggibonsi (Siena) dove un 26enne è stato rintracciato e denunciato dalla polizia.
Nel video, secondo quanto riferisce la polizia, diceva che, pur essendo consapevole del fatto che non poteva circolare senza giustificato motivo, aveva deciso di uscire contravvenendo alle norme stabilite in funzione anti-coronavirus
Inoltre avrebbe anche detto, nello stesso video, di poter andare ovunque, dato che non secondo lui non ci sarebbero stati controlli da parte delle forze dell’ordine. A poche ore dalla pubblicazione i poliziotti lo hanno identificato e raggiunto nella sua abitazione facendo scattare la denuncia.
A Bergamo 82 denunciati per la violazione dei decreti: tra loro uno che andava a prostitute
Nelle maglie dei carabinieri c’è finito di tutto: dai giovani che giocavano a tennis al titolare di un negozio di kebab, aperto nonostante i divieti
Molti continuano a non capire: ci sono state 82 denunce dei carabinieri di Bergamo, nelle ultime 24 ore, per chi non è risultato in regola con l’autocertificazione per poter circolare: i controlli nella provincia più colpita dal coronavirus hanno interessato mille persone, in auto e a piedi
Tra i denunciati ci sono un imprenditore che si è recato in banca solo per avere una copia dell’estratto conto che avrebbe potuto scaricare online, un trentanovenne disoccupato sorpreso ad andare a prostitute a Zingonia, quattro giovani intenti a fare volantinaggio, due ventenni che stavano giocando a tennis e una casalinga che si trovava fuori casa nonostante dovesse essere in quarantena.

(da agenzie)

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LA VERGOGNA DELLE MASCHERINE A PREZZI GONFIATI: CONTROLLI A RAFFICA DELLE FORZE DELL’ORDINE, FIOCCANO LE DENUNCE

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

COMMERCIO DI MASCHERINE ARTIGIANALI NON CONFORMI, PREZZI ESORBITANTI ANCHE IN FARMACIE, SEQUESTRI E DENUNCE IN TUTTA ITALIA, PUGNO DURO VERSO GLI SPECULATORI

C’è chi approfitta dell’emergenza del coronavirus per fare cassa e per aumentare i prezzi dei dispositivi di protezione individuale come le mascherine che nelle ultime settimane sono diventate introvabili.
La Guardia di Finanza, che sta facendo controlli a tappeto in tutta Italia, ha sequestrato, al posto di confine con la Svizzera a Ponte Chiasso (Como), 120 mascherine e 840mila guanti monouso diretti in territorio elvetico in violazione delle recenti norme che ne vietano l’esportazione senza autorizzazione.
La merce adesso verrà  consegnata alle strutture sanitarie della Lombardia, in sofferenza da settimane
Mascherine “artigianali” a Roma
A Roma una sartoria nel quartiere Portuense, approfittando dell’emergenza sanitaria, aveva intercettato un fiorente business, quello della produzione “artigianale” di mascherine, pronte a essere messe in commercio, nonostante non fossero conformi alla normativa comunitaria e nazionale poichè sprovviste del marchio di qualità  CE. Per il titolare l’accusa è di frode in commercio.
Nel retrobottega di una farmacia, sita nella zona di Guidonia Montecelio, sempre a Roma, i finanzieri hanno trovato e sequestrato 228 dispositivi di protezione personale venduti a 35 euro l’uno.
Controlli anche in Sicilia e in Puglia: a Lentini (Siracusa), è stato denunciato l’amministratore di una società  che ha venduto alcune mascherine applicando «ricarichi eccessivi» mentre a Mascali (Catania) rinvenute mascherine chirurgiche non sicure. Nelle province di Bari e Bat sequestrati oltre 5.300 articoli sanitari, mascherine, detergenti e guanti in lattice in nove rivenditori, ferramenta, negozi di detersivi e farmacie. Anche in questo caso rincari eccessivi ed etichette non a norma.
A Palermo, invece, in un distributore di merendine all’interno di due ospedali palermitani (ed è questo il paradosso) erano state messe in vendita delle mascherine al costo di 10 euro. Immediato l’intervento della Guardia di Finanza. A Milano, infine, diversi i venditori abusivi di mascherine nella piazza di fronte la stazione Centrale, come documentato da Open.

(da Open)

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FINALMENTE UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE PARLA CON I FATTI: IERI CONTROLLATE 157.271 PERSONE, 6.942 DENUNCIATI PER INOSSERVANZA AI DIVIETI, CONTROLLATI 83.454 NEGOZI, DENUNCIATI 239 TITOLARI

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

IL VICEMINISTRO SILERI E LA MINISTRA ASCANI POSITIVI

Aumenta ancora il numero delle persone denunciate.
Secondo l’ultimo aggiornamento del Viminale, nella giornata di ieri sono state controllate 157.271 persone e ne sono state denunciate 6.942 (il 49% in più rispetto al giorno precedente) ai sensi dell’articolo 650 del codice penale (“inosservanza dei provvedimenti dell’autorità “) e 276 ai sensi degli articoli 495 e 496 del codice penale (“falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale” o “false dichiarazioni sulla identità  o su qualità  personali proprie o di altri”). Sempre ieri, sono stati controllati 83.454 esercizi commerciali e ne sono stati denunciati 239 titolari, sempre ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.
Il vice del ministro della Salute: “Sono in isolamento dopo contatto con un sospetto contagiato”. Anche la sua collega all’Istruzione Ascani positiva.
Il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, è risultato positivo al test coronavirus dopo esser stato alcuni giorni fa in contatto con un “sospetto positivo”. È stato lo stesso Sileri a dare la notizia, affermando di essersi messo in isolamento “appena mi sono accorto di avere dei sintomi”. “Ho seguito da subito tutti i protocolli come indicato dal ministero – aggiunge – Mia moglie ed il piccolo stanno ancora bene e, seppur nella stessa casa, abbiamo diviso gli ambienti”.
Ed anche la sua collega all’Istruzione Anna Ascani ha detto di essere positiva al virus. “Io sto bene – ha scritto su Facebook – ho qualche linea di febbre e un po’ di tosse. Ci tengo a ringraziare, ancora una volta, il personale medico che sta lavorando assiduamente, con turni senza sosta, prendendosi cura di noi. Insieme ce la faremo, vinceremo questa battaglia, mettendocela tutta. Ne sono sicura, #andrà tuttobene”.
Intanto da due giorni Vo’ non ha nessuno caso nuovo di positività  al Coronavirus, secondo quanto emerge dai dati ufficiali della Regione Veneto.
La cittadina padovana, prima zona rossa insieme a Codogno, ha imboccato decisamente la strada della guarigione. “Abbiamo applicato la quarantena – racconta   il sindaco Giuliano Martini – con grande senso di responsabilità  e fatto due screening a cui ha aderito il 95% della popolazione”. La località  euganea era uscita dall’isolamento domenica scorsa. Proprio a Vo’ era stata registrata la prima vittima veneta del coronavirus, il 67enne Adriano Trevisan.
È la conferma che le misure di contenimento funzionano e per questo, dai comuni di montagna che chiedono il monitoraggio del “turismo da coronavirus”, cioè gli spostamenti di persone verso località  di villeggiatura nonostante il divieto di spostamento, alle città  che chiudono gli spazi pubblici all’aperto per evitare un altro weekend di affollamento, continua la stretta per arginare il contagio.
Che la chiusura funzioni lo dimostrano anche i dati diffusi oggi dall’Ospedale Spallanzani di Roma: “Abbiamo una crescita dei casi costante ma contenuta”, ha detto il direttore sanitario, Francesco Vaia, riferendosi però soltanto alla situazione che riguarda il Lazio, dove i pazienti Covid-19 positivi sono in totale 99, numero inalterato rispetto a ieri. Di questi, 17 pazienti necessitano di supporto respiratorio. Il loro quadro clinico è stabile o in netto miglioramento per alcuni.
Allo Spallanzani oggi è stata accolta una delegazione di 9 persone della Croce rossa cinese, composta da medici e ricercatori che sono stati in prima linea nella lotta al Covid-19 in Cina. Gli esperti hanno scambiato con la comunità  scientifica dello Spallanzani ogni utile esperienza per condividere percorsi diagnostici e terapeutici per la prevenzione e la lotta al nuovo coronavirus. I medici cinesi hanno poi lodato sia le misure prese dal governo italiano, sia le procedure messe a punto dallo Spallanzani.

(da agenzie)

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PRIMA DI TUTTO LA SALUTE DEI LAVORATORI: STILATO CON LA MEDIAZIONE DEL GOVERNO IL PROTOCOLLO D’INTESA TRA IMPRENDITORI E SINDACATI

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

ECCO COSA PREVEDE NEI DETTAGLI

Dopo il passo falso di ieri sera, dopo un lungo confronto andato avanti nella notte, anche in videoconferenza con il governo, questa mattina è stata raggiunta l’intesa tra sindacati e imprese sul “protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
La svolta matura alle 7.30 del mattino. Dopo diciotto ore di trattativa in videoconferenza. Giuseppe Conte è a palazzo Chigi, i rappresentanti di Confindustria e di Cgil, Cisl e Uil sono collegati via pc da casa e dalle sedi.
Nella maratona si alternano anche i ministri Speranza, Patuanelli e Catalfo. I volti sono tirati, stanchi. Alle dieci di ieri sera, il protocollo di sicurezza nelle fabbriche contro il coronavirus ha rischiato di saltare. Ma, come spiega una fonte industriale di primissimo livello, “nessuno poteva permettersi di fare una figuraccia davanti al Paese”. Tutti richiamati di fronte alla camera digitale a mezzanotte.
Da quel momento scattano le sette ore e mezza decisive. Tira e molla, discussioni, veti incrociati. Poi il sì di tutti. Un documento di 12 pagine, con 13 punti a marcare la cifra dell’intesa: prima la salute anche dentro le fabbriche rimaste aperte.
La trattativa a distanza tra le parti sociali ripropone gli elementi tipici di una partita che solitamente si tiene intorno a un tavolo.
Querelle, documenti di parte che non si incastrano con quelli delle controparti, mediazioni che sono legate allo sblocco di altre mediazioni. Anche questa volta si è dovuto faticare, e non poco, per far affiorare quello “spirito costruttivo” che il premier dava già  per scontato alle quattro e mezza del pomeriggio di ieri.
La grande questione che ha bloccato a lungo i lavori è stata quella relativa alla forma e all’applicazione delle nuove regole. I sindacati hanno spinto per un protocollo condiviso, le imprese per un codice di autoregolamentazione meno stringente, volontario e senza sanzioni.
Quello che Cgil, Cisl e Uil hanno messo sul piatto è stato un ruolo avanzato, di fatto la richiesta di cogestire il tutto insieme ai datori di lavoro. Gli industriali hanno voluto capire bene, approfondire, delimitare bene un confine che dentro una fabbrica è tutto perchè perimetra gli spazi di competenza e quindi gli equilibri della barra di comando.
Alla fine, come si legge nel testo del protocollo, spunta una mediazione. Nessun obbligo, ma “va favorito” il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro o con le rappresentanze territoriali se l’impresa è piccola. La modalità  presuppone un obiettivo.
Eccolo: “l’esperienza delle persone che lavorano” contribuirà  a rendere “più efficace” ogni singola norma, tenendo conto delle specificità  della singola fabbrica. Riassumendo: le regole valgono per tutti, ma vanno calate e adattate nei singoli contesti. I sindacati interni non possono essere tenuti dietro alla porta.
Una grande questione, si diceva, immersa in altre micro-questioni, non per questo meno importanti. E così anche l’utilizzo delle mascherine e la misurazione della febbre all’ingresso in fabbrica hanno assunto le sembianze di terreno di scontro tra le parti sociali. Qui le questioni sono quelle della conservazione di dati sensibili e dell’ampiezza dell’utilizzo della mascherina.
Dopo diciotto ore si arriva alla quadra. La premessa è il carattere prioritario della tutela della salute. Se si è arrivati alla necessità  di un protocollo è perchè alcune fabbriche sono rimaste aperte, a fronte di tutte le altre che hanno chiuso secondo quanto previsto dal decreto che ha avviato la serrata.
Qui la grande questione tra sindacati e imprese era se evolvere verso il lockdown, cioè il blocco totale, o se lasciare aperte le fabbriche che sono imprescindibili per rifornire ad esempio i supermercati e le farmacie.
Prevalgono le ragioni della salute senza tuttavia prevedere un lockdown di settimane. Il principio viene messo nero su bianco all’inizio del documento: “La prosecuzione delle attività  produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurano alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”. Quindi le fabbriche potranno chiudere qualche giorno per provvedere alla sanificazione degli ambienti.
La quantificazione dello stop non è uguale per tutti: un’azienda può metterci un paio di giorni, altre di più. Ma è quello che devono fare in modo prioritario. Anche a costo di ridurre gli orari di lavoro o il personale.
Lo Stato, infatti, sosterrà  i costi della cassa integrazione per quei lavoratori che non potranno recarsi a lavoro. Insieme al ricorso allo smart working è questa la rete che le parti sociali e il governo costruiscono per frenare il contagio del virus.
Se tutti hanno concordato su questa impostazione è perchè nessuno può permettersi una propagazione dell’infezione nei luoghi di lavoro. Nè i sindacati, che hanno il fiato sul collo dei lavoratori che chiedono di alzare le condizioni di sicurezza, nè le imprese, che in caso di contagio sarebbero costrette alla quarantena e quindi alla chiusura.
Nè tantomeno il governo, che deve assolvere al ruolo politico e sociale di garantire che il lavoro si svolga in condizioni di salute e sicurezza adeguati al nuovo contesto. Tutti lo sanno e tutti l’hanno voluto. Vincenzo Boccia, il numero uno di Confindustria, esplicita bene questa consapevolezza quando a metà  mattina commenta il risultato raggiunto: “Le fabbriche si mettono al servizio del Paese”. Conte puntella il passo dell’Italia “che non si ferma”. Dopo diciotto ore l’interesse del Paese prevale su tutto e su tutti.
Ecco cosa prevede nel dettaglio il protocollo per la sicurezza dei lavoratori
Il protocollo è suddiviso in 13 punti: informazione, modalità  di ingresso in azienda, modalità  di accesso dei fornitori esterni, pulizia e sanificazione in azienda, precauzioni igieniche personali, dispositivi di protezione individuale, gestione degli spazi comuni, organizzazione aziendale, gestione dell’entrata e dell’uscita dei dipendenti, spostamenti interni, gestione di una persona sintomatica in azienda, sorveglianza sanitaria e aggiornamento del documento. Ecco i punti principali:
– In presenza di febbre (oltre i 37,5°) o di altri sintomi influenzali, il lavoratore deve rimanere a casa e contattare il proprio medico di famiglia e l’autorità  sanitaria.
– Prima di accedere al luogo di lavoro, il personale potrà  essere sottoposto alla misurazione della temperatura. Se si registrerà  un livello superiore a 37,5°, il lavoratore sarà  isolato e fornito di mascherina. Se i sintomi maturano durante l’orario di lavoro, il dipendente deve avvisare subito il proprio datore di lavoro.
– Gli autisti dei mezzi di trasporto, se possibile, devono rimanere a bordo dei propri mezzi. Non è consentito l’accesso agli uffici per nessun motivo. Per le attività  di carico e scarico, il trasportatore deve attenersi alla distanza di un metro. Va ridotto, per quanto possibile, l’accesso ai visitatori.
– L’azienda deve assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Vanno quindi sottoposti a pulizia   tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, negli uffici come nei reparti produttivi. In generale deve garantire la sanificazione periodica degli ambienti di lavoro. Bisogna pulire anche le tastiere dei distributori di bevande e snack.
– Oltre a lavarsi frequentemente le mani, uno dei punti del protocollo prevede l’obbligo di indossare la mascherina e altre protezioni (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, etc.) se si lavora a distanza minore di un metro rispetto. Non è previsto l’obbligo per chi non manifesta sintomi, come previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità .
– L’accesso a spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi, è contingentato.
– Le imprese, d’intesa con le organizzazioni sindacali potranno disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso allo smart working o comunque a distanza. Prevista anche la rimodulazione dei turni per evitare che le persone si incontrino. Sospese o annullate tutte le trasferte e i viaggi di lavoro.
– Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni. Dove è possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni. Gli spostamenti all’interno del sito aziendale devono essere limitati al minimo indispensabile.
– Utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili. Ricorrere anche all’utilizzo dei periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti.

(da “Huffingtonpost”)

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I MEDICI CINESI ARRIVATI A ROMA: “CI SONO ANCORA TROPPE PERSONE PER STRADA E COMPORTAMENTI DA MIGLIORARE”

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

IL TEAM DI ESPERTI ARRIVATO PER DARCI UNA MANO: “NON DIMENTICHIAMO LA VICINANZA DELL’ITALIA QUANDO ERAVAMO IN DIFFICOLTA’, ORA TOCCA A NOI RICAMBIARE LA VOSTRA SOLIDARIETA'”… IL PRESIDENTE CINESE HA TELEFONATO A MATTARELLA

“Da quanto abbiamo potuto vedere fino ad ora, e in base alla nostra esperienza, per strada ci sono ancora troppe persone e comportamenti da migliorare”: a dirlo, Liang Zongan e Xiao Ning, rispettivamente professore di medicina polmonare all’ospedale di Sichuan e il vicedirettore dell’Istituto nazionale delle malattie parassitarie e del centro nazionale per la prevenzione, arrivati giovedì notte a Roma e che venerdì hanno visitato la Croce rossa di via Ramazzini insieme con l’ambasciatore Li Junhua, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e Francesco Rocca, presidente Cri.
I due medici fanno parte della delegazione di esperti arrivati dalle zone rosse della Cina per aiutare a contrastare l’emergenza: “In questi primi giorni di permanenza nella Capitale – proseguono Zongan e Ning – ci confronteremo con medici, ricercatori, infermieri dei diversi ospedali della città . Poi andremo al nord. In base alle prime valutazioni, ci sono atteggiamenti da migliorare: non tutti coloro che stiamo vedendo in strada portano le mascherine o le portano in maniera corretta. Bisogna poi aprire le finestre ed evitare assembramenti. Solo se tutti rispetteranno in maniera rigorosa queste indicazioni il 3 aprile se ne potrebbe uscire”.
Yang Huichuan, il vicepresidente della Croce Rossa cinese responsabile del team di esperti arrivato in Italia, una volta atterrato ha commentato: “Siamo venuti per ricambiare gli aiuti ricevuti poco tempo fa dall’Italia”.
I medici cinesi sono arrivati con macchinari per la respirazione, tute anti-contagio, mascherine antivirus e altre protezioni, oltre che con dei medicinali e del campioni di plasma da utilizzare nella ricerca. “Con questo ci auguriamo di poter aiutare per combattere questa battaglia contro il virus. Abbiamo portato con noi 31 tonnellate di materiali. In questo modo, ci auguriamo di poter aiutare l’Italia a combattere questa battaglia e a vincerla. Siamo riusciti in pochissimo tempo a raccogliere tutti i materiali necessari. Il percorso per venire qui non è stato facile, abbiamo preso un volo ad hoc dalla Cina a Roma. Abbiamo portato anche la settima versione della soluzione clinica contro il Covid 19, la versione più aggiornata in questo momento, e quella del piano di controllo e prevenzione del virus. Sono risultati che sono il frutto del duro lavoro dei nostri colleghi cinesi e ci auguriamo che possano essere utili all’Italia”.

(da “Huffingtonpost”)

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LA PRIMA FOTO DI LUCA ED EDITH LIBERATI IN MALI DOPO UN BLITZ DELLE FORZE ONU: STANNO BENE

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

SONO GIA’ ARRIVATI NELLA CAPITALE BAMAKO

Sono arrivati a Bamako, la capitale del Mali, il giovane italiano Luca Tacchetto e la sua compagna di viaggio canadese Edith Blais: sono stati liberati venerdì dopo 15 mesi di prigionia.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha avuto contatti con il suo omologo canadese Franà§ois-Philippe Champagne e ha anche telefonato al padre di Tacchetto, che vive in Veneto. La missione Onu in Mali ha spiegato che i due “sono stati ritrovatì venerdì pomeriggio nei pressi di Kidal, sono in buone condizioni e adesso sono in sicurezza a Bamako”.
I due giovani erano stati rapiti in Burkina Faso nel dicembre del 2018 mentre erano impegnati in un viaggio turistico nella regione del Sahel. Successivamente, erano stati trasferiti in Mali, probabilmente da uno dei gruppi di contrabbandieri in contatto con milizie jihadiste che da anni sono presenti nella regione. Milizie che da tempo si sono affiliate all’Isis e ai gruppi che negli anni hanno lavorato con Al Qaeda.
Tacchetto e Blais erano partiti in auto il 20 novembre 2018 da Vigonza, in provincia di Padova, dove vive la famiglia di Tacchetto. Il loro piano era arrivare in Togo per collaborare come volontari alla costruzione di un villaggio. I due erano riusciti ad arrivare in auto in Burkina Faso dopo avere attraversato Francia, Spagna, Marocco, Mauritania e Mali
Il 15 dicembre, il giorno prima della scomparsa, erano stati nella città  di Bobo-Dioulasso ospiti del francese Robert Guilloteau, un pensionato di 64 anni che si era trasferito nel paese africano dieci anni prima, dopo avere fatto l’agricoltore a La Rochelle.
I due erano ripartiti la mattina successiva: erano diretti prima alla moschea di Bobo-Dioulasso e poi verso la capitale Ouagadougou, dove dovevano presentarsi all’ufficio immigrazione per chiedere un visto valido per Togo e Benin. Ma in quell’ufficio non sono mai arrivati.
I governi di Canada e Italia avevano chiesto immediatamente aiuto alle forze di sicurezza del Mali e del Burkina, ma anche al governo e ai servizi di sicurezza francesi: la Francia mantiene nella regione una forza militare anti-terrorismo impegnata a combattere proprio quei gruppi che potrebbero essere dietro il rapimento dei due giovani.
Corinne Dufka, direttrice di Human Rights Watch per l’Africa Occidentale, al New York Times ha confermato che i due da tempo erano stati trasferiti in Mali: i loro rapitori avevano attraversato il confine non più tardi del gennaio 2919, ovvero poche settimane dopo il rapimento. Al New York Times un funzionario americano informato del rilascio ha detto che i due sono stati liberati venerdì a Kidal, nel Nord del Mali, e che non è ancora ben chiaro quale gruppo li abbia catturati e chi li abbia poi tenuti in ostaggio.
Tutta la regione del Sahel da anni è infestata da gruppi e bande paramilitari che inizialmente agivano per interessi economici (contrabbando di armi, droga, rapimenti di occidentali). Nel tempo queste bande di sono affiliate a gruppi jihadisti oppure di separatisti tuareg che nel Mali sono sempre stati molto attivi.
Le formazioni più importanti sono l’Isis nella versione “Stato Islamico del Grande Sahara” ma soprattutto il “JNIM”, un cartello a cui hanno aderito fazioni come Ansar-El-Din, Al Qaeda nel Maghreb islamico e i Murabitun. Il loro capo è il leggendario Iyad Ag Ghali, un capo politico tuareg che da anni è passato alla lotta armata sostenuta da commerci e contrabbando di ogni genere.

(da agenzie)

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CORONAVIRUS, BERLUSCONI ABBANDONA L’ITALIA E SI RIFUGIA NELLA VILLA DI NIZZA

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

PER EVITARE POSSIBILE CONTAGIO, L’EX PREMIER E’ ANDATO IN FRANCIA…. UN BELL’ESEMPIO DI PATRIOTA

Silvio Berlusconi ha deciso di abbandonare l’Italia, e in particolar modo Milano e la Lombardia in piena emergenza per il Coronavirus, per rifugiarsi nella villa della figlia Marina, che si trova a Nizza.
Da qualche giorno, infatti, il Cavaliere si trova nella residenza di Chà¢teauneuf-de-Grasse, comune francese della Costa Azzurra, distante poco più di 30 chilometri da Nizza.
Secondo quanto rivelato da La Stampa, l’ex premier si sarebbe recato nella residenza della figlia Marina sotto consiglio medico.
I dottori, infatti, avrebbero prescritto al leader di Forza Italia un periodo di riposo cautelativo da trascorrere al di fuori dell’Italia per evitare qualsiasi possibilità  di contagio del Covid-19, così come anche raccontato da Antonio Tajani nei giorni scorsi.
Berlusconi starebbe trascorrendo le sue ferie nella villa di metà  Ottocento, che vanta centomila metri quadri di terreno, in compagnia di Marta Fascina, la deputata trentenne che molti indicano come nuova fiamma del Cavaliere dopo la rottura con Francesca Pascale.

(da agenzie)

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SONDAGGIO IPSOS SU CORONAVIRUS: RADDOPPIA LA PERCEZIONE DEI RISCHI, CRESCE LA FIDUCIA NELLE MISURE DEL GOVERNO

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

DUE ITALIANI SU TRE RITENGONO ADEGUATE LE MISURE ADOTTATE

Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera oggi illustra i numeri di IPSOS sul Coronavirus: il primo numero che fornisce il sondaggista è quello della consapevolezza del rischio di essere contagiati che è più che raddoppiata in una settimana, passando dal 22% al 48%.
E oltre uno su due (53%) ritiene che la malattia sia una minaccia elevata per la propria famiglia, il 62% per la propria comunità  locale e la propria città , l’86% per l’intero Paese e l’82% per il mondo intero
La minaccia percepita a livello personale è molto trasversale, accomuna le diverse aree geografiche (con punte più elevate al Centro-Sud), le diverse generazioni (a dispetto delle polemiche sull’incuranza dei giovani che non si rassegnano a rinunciare alla movida) e i diversi livelli di istruzione (mentre solitamente sono le persone meno istruite ad essere più sensibili agli allarmi sociali).
Quasi due italiani su tre (62%) ritengono molto o abbastanza efficaci le misure adottate dal governo, mentre il 32% è di parere opposto, giudicandole poco o per nulla efficaci. La differenza tra i fiduciosi e gli scettici è molto aumentata a vantaggio dei primi, passando da 10 punti di due settimane fa, ai 18 della scorsa settimana ai 30 odierni.
E l’efficacia percepita prevale tra tutti gli elettorati, con punte più elevate tra i dem (83%) e i 5 Stelle (75%) e valori più contenuti tra gli elettori di FI e FdI (53%) e tra i leghisti(51%).
Le comunicazioni intercorse tra governo e istituzioni locali riguardo alla gestione dell’emergenza sono giudicate chiare e tempestive dal 53%.
Identica percentuale di chi considera chiare e tempestive le comunicazioni delle istituzioni alla popolazione sui motivi e le conseguenze delle misure adottate con i decreti d’urgenza.
E, ancora, il 52% è   convinto che i cittadini della propria zona abbiano capito che il rallentamento del contagio dipenderà  in larga misura dal comportamento individuale, indipendentemente dall’essere controllato o meno dalle autorità .

(da agenzie)

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“CORONAVIRUS, UNA SCUSA PER GLI ITALIANI PER NON FARE NIENTE”: IL COMMENTO INFELICE DI UN PRESENTATORE BRITANNICO

Marzo 14th, 2020 Riccardo Fucile

CI MANCAVA IL COMMENTO DI UN COGLIONE   RAZZISTA INGLESE

“Il coronavirus? Una scusa degli italiani per prolungare la loro siesta”.
Un commento a dir poco vergognoso, specie davanti a 15mila malati e oltre mille morti nel nostro Paese, quello del dottor Christan Jessen, 43enne medico britannico, scrittore e presentatore televisivo di show stile tabloid, come “Embarassing   bodies” (Corpi imbarazzanti) e “Supersize vs Superskinny” (Supergrassi contro supermagri).
Ha anche prodotto e narrato un documentario intitolato “Cure me, I am gay” (Curatemi, sono gay), su presunte terapie per “curare l’omosessualità ”.
Che le sue parole siano imbarazzanti è lui stesso ad ammetterlo, durante l’intervista radiofonica alla rete Fubar, secondo quanto riporta il quotidiano Independent: “Quello che dico potrebbe essere un po’ razzista, e mi toccherà  scusarmi, ma non pensate che il coronavirus sia un po’ una scusa? Gli italiani, sappiamo come sono, per loro ogni scusa è buona per chiudere tutto, interrompere il lavoro e fare una lunga siesta”. Usa proprio il termine spagnolo, “siesta”, diffuso anche in inglese, alludendo a un prolungato riposino pomeridiano, ovvero nelle ore lavorative.
A quel punto il conduttore gli domanda se è d’accordo con la decisione di Boris Johnson di ritardare la chiusura delle scuole. “Concordo in pieno”, risponde il dottor Jessen. “Penso che sia un’epidemia vissuta più sulla stampa che nella realtà . In fondo anche l’influenza uccide migliaia di persone ogni anno”.
Il che è vero: le vittime della normale influenza sono circa 8mila l’anno soltanto in Gran Bretagna. Ma a parte che il coronavirus a detta di medici e scienziati non sembra una “normale” influenza, l’intervistatore gli fa notare che comunque già  10 persone sono morte nel Regno Unito per l’infezione arrivata dalla Cina.
“Lo so, è tragico per le persone coinvolte, ma non si tratta di grandi numeri. Non colpisce le madri, non riguarda le donne incinte, e nemmeno i bambini per quanto sappiamo, perciò perchè questo panico di massa? Diciamo la verità , è solo un brutto raffreddore. Non è una vera epidemia, o meglio, ovviamente lo è, ma ci preoccupiamo troppo. Beh, spero di non dovermi rimangiare queste parole!”
Laureato in medicina al prestigioso University College London, il dottor Jessen ha una specializzazione proprio alla London School of Hygiene & Tropical Medicine, la facoltà  che studia i nuovi virus. Esercita tuttora la professione di medico presso una clinica privata di Harley Street a Londra, anche se il suo principale mestiere è diventato fare la star delle tivù sensazionale.

(da agenzie)

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