Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
RECORD DI VITTIME IN UN SOLO GIORNO
L’Italia registra un nuovo tragico record di morti per coronavirus: sono 793 le persone decedute nelle scorse 24 ore, mentre ieri, 20 marzo, i nuovi decessi erano stati 627. Lo ha detto il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli nel consueto appuntamento quotidiano in cui ha illustrato l’ultimo bollettino.
Il totale delle vittime sale così a 4825. Il numero dei positivi attuali sale a 42.681 pazienti, con 4.821 nuovi casi in un giorno, che portano il totale nazionale a 53.578 persone colpite finora. Quanto alle guarigioni, nelle ultime 24 ore sono guariti 943 pazienti, e dunque il totale delle guarigioni sale a 6.072 persone.
I pazienti ricoverati in strutture ospedaliere con sintomi sono al momento 17.708, di cui 2.857 in terapia intensiva. 22.116 sono invece le persone in isolamento domiciliare in tutta Italia. I numeri più pesanti arrivano ancora una volta dalla Lombardia, dove in un solo giorno si sono contati 3.095 morti e 3251 nuovi contagi. Cifre temute dal presidente lombardo Attilio Fontana, che ha chiesto a più riprese misure più drastiche da parte del governo per limitare gli spostamenti non necessari.
In base ai dati ufficiali della Protezione Civile, il numero di persone al momento positive al SARS-CoV-2 è così distribuito di regione in regione:
17370 in Lombardia
5661 in Emilia Romagna
4214 in Veneto
3506 in Piemonte
1997 nelle Marche
1905 in Toscana
1320 nel Trentino A.A.
1159 in Liguria
1086 nel Lazio
793 in Campania
666 in Friuli Venezia Giulia
642 in Puglia
494 in Abruzzo
447 in Umbria
458 in Sicilia
321 in Sardegna
304 in Valle d’Aosta
225 in Calabria
66 in Basilicata
47 in Molise
(da Open)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
ALTRO CHE APPENA 200 EURO DI MULTA, METTETELI IN GALERA, CI SIAMO ROTTI I COGLIONI DI UNA MAREA DI PERICOLOSI IMBECILLI
Il Viminale ha reso noto, in un comunicato ufficiale, che solo nella giornata di ieri, 20 marzo, le
Forze di Polizia hanno controllato 223.633 persone e 9.888 sono state denunciate.
Gli esercizi commerciali controllati sono stati 91.129, denunciati 104 esercenti e sospesa l’attività di 19 esercizi commerciali.
Complessivamente sono 1.650.644 le persone sottoposte a controllo sin dall’inizio delle operazioni di vigilanza, iniziate l’11 marzo.
Di queste, 70.973 sono state denunciate per mancato rispetto degli ordini dell’autorità , mentre 1.600 persone sono state denunciate per false attestazioni.
Inoltre, complessivamente sono stati controllati 834.661 esercizi commerciali, e 1.977 titolari denunciati per mancato rispetto delle ordinanze per il contenimento del contagio da coronavirus.
(da agenzie)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
MA COSA ASPETTA IL GOVERNO A CHIUDERE TUTTO IN LOMBARDIA? IL DENARO VALE PIU’ DI UNA VITA UMANA?
Il bollettino del contagio da coronavirus in Lombardia conferma che la regione è ancora l’area del Paese che vive la situazione più complicata. L’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera ha dichiarato che i nuovi casi sono 3251, per un totale di 25515. Il totale dei morti è arrivato a 3095, 546 nelle ultime 24 ore.
I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 1093, 8258 il totale degli ospedalizzati.
Gallera ha aggiunto che «tutti gli esperti ci avevano detto che i giorni più duri sarebbero stati sabato e domenica il 13/o e il 14/o giorno dall’introduzione dell’effettiva misura di contenimento e, ahimè, gli esperti avevano ragione, dato che i dati sono tutti in forte crescita».
Il dato dei decessi con 546 morti in un giorno è il più alto fatto segnare finora in Lombardia.
Sono 4672 i Covid positivi nella città metropolitana di Milano, 868 più di ieri, 1829 solo nella città di Milano, in crescita di 279 su ieri.
«Un dato alto ma inferiore a quello degli ultimi giorni» ha commentato l’assessore al Welfare. «Su Milano la voce dai pronto soccorso evidenzia la stabilità di queste ore» ha detto Gallera, che confida che «i dati iniziano a ridursi tra domani e lunedì».
I contagiati in provincia di Bergamo sono 5869, 715 più di ieri, mentre a Brescia sono 5028, in crescita di 380.
A Cremona sono 2733, 341 più di ieri, nel Lodigiano 1693, in crescita di 96, segno che la strada della chiusura, come attuata nella zona rossa del basso lodigiano, «è la strada maestra». In crescita i numeri anche nella provincia di Monza Brianza, più 268 rispetto a ieri.
Intanto oggi 21 marzo i sindaci bergamaschi si sono uniti all’appello dei medici bresciani e hanno chiesto al governo misure più stringenti per contenere i contagi da coronavirus. «È arrivato il momento di fermarci, ma per davvero. Confidiamo in voi»: scrivono 243 sindaci in una lettera indirizzata a Giuseppe Conte e al governatore Attilio Fontana.
(da Open)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
UNA LETTERA CHE DOVREBBE FAR RIFLETTERE
«Non bevo e non mangio perchè ho paura — scrive Michela Venturi — che con un solo gesto
sbagliato e fatto in un piccolo momento di distrazione, io possa infettarmi e di conseguenza infettare altre persone di questa nazione. E allora ogni tanto ho un calo di zuccheri e di pressione ma rimango comunque in piedi a fare il mio lavoro e non mollo»
Una lettera su Facebook al premier Conte da un’infermiera nella trincea della battaglia al coronavirus. Il rifiuto dei 100 euro di premio e il racconto di questi giorni difficili per chi deve, nelle corsie, affrontare l’emergenza.
Buongiorno Signor Presidente Conte
Sono un’infermiera di 39 anni e attualmente lavoro presso il reparto covid positivi dell’Ospedale di Senigallia. Ho terminato da poco il turno della notte che ho trascorso con i miei pazienti purtroppo infettati da questo maledetto virus. Sa Signor Presidente Conte, ho letto la bozza del decreto emanata in questi giorni per far fronte a questa maxi emergenza e mi ha colpito molto la parte dei 100 euro di premio agli operatori sanitari, 100 euro esentasse. Sa Signor Presidente Conte, io ringrazio Lei e il Governo tutto ma vorrei dirle che io NON LI VOGLIO…..NO NO DAVVERO GRAZIE MILLE, MA NON LI VOGLIO.
Sa Signor Presidente Conte, i miei turni vanno dalle 7 alle 10 ore. Sa Signor Presidente Conte, nonostante la popolazione di Senigallia continui a portarci doni culinari per ringraziarci, io, durante i miei turni, NON BEVO E NON MANGIO perchè HO PAURA che con un solo gesto sbagliato e fatto in un piccolo momento di distrazione, io possa infettarmi e di conseguenza infettare altre persone di questa nazione. E allora ogni tanto ho un calo di zuccheri e di pressione, ma rimango comunque in piedi a fare il mio lavoro e non mollo.
Sa Signor Presidente Conte, io durante i miei turni NON VADO IN BAGNO perchè HO PAURA che con un solo gesto sbagliato e fatto in un piccolo momento di distrazione causato da stanchezza lavorativa e mancanza di acqua e cibo, io possa infettarmi e di conseguenza infettare altre persone di questa nazione. E allora ogni tanto mi scappa qualche goccia di pipì e mi bagno gli slip ma rimango comunque in piedi a fare il mio lavoro e non mollo.
Sa Signor Presidente Conte, ovviamente,durante i miei turni MANTENGO E USO SCUPOLOSAMENTE I DPI perchè, nonostante facciano male, HO PAURA che solo spostandomi gli occhiali o la mascherina o togliendomi il primo paio di guanti, io possa infettarmi e di conseguenza infettare altre persone di questa nazione. E allora ogni tanto mi prendono momenti di sconforto e mi si inumidiscono gli occhi con le lacrime, ma rimango comunque in piedi a fare il mio lavoro e non mollo.
Sa Signor Presidente Conte, quando finisco il mio turno e finalmente mi svesto, esco fuori e ho cosi FAME DI ARIA che respiro troppo profondamente, i mie polmoni che per 7/10 ore non erano abituati a tutta quell’aria si riempiono affannosamente…lo so dovrei respirare più lentamente quando sento l’aria fresca, ma forse HO PAURA che arrivi troppo presto il momento in cui dovrò rimettere la mascherina e di conseguenza dosare nuovamente ogni mio respiro per non andare in affanno. Spesso quell’aria fresca, introdotta così voracemente, mi va anche nello stomaco. E allora spesso mi vengono un pochino di conati ma rimango in piedi perchè domani dovrò fare ancora il mio lavoro e non mollo.
Sa signor Presidente Conte, quando arrivo a casa entro dal garage, mi spoglio e appendo i vestiti lontano da tutto e tutti, mi faccio la doccia bene bene, mi metto una mascherina chirurgica che porterò sul viso per tutto il giorno e solo allora saluto i miei cari , poi non mangio a tavola con loro ma sulla penisola per mantenere la distanza di almeno un metro e poi viene la cosa più difficile: quando mia nipote mi si avvicina le devo dire “AMORE NON STARE ATTACCATA AL VISO DI ZIA!” e lei mi chiede “Perchè zia? Hai il coronavirus?” e io le rispondo “Non lo so, sai a me i tamponi non li fanno!”. Questo perchè HO PAURA che solo con un respiro troppo profondo o con una parola di troppo io possa infettare i miei cari. E allora spesso mi sento sola, ma rimango in piedi perchè domani dovrò fare ancora il mio lavoro e non mollo.
Sa Signor Presidente Conte, prima del coronavirus potevo definirmi una donnina carina e in ottima salute , sorridente, incazzosa (scusi il francesismo), ma sorridente e mega-positiva grazie a sano sport, sano cibo, sane amicizie, con un pelo i acciacchi…sa quando uno si avvicina ai 40…., oggi ho il viso cadente dalla stanchezza, non sorrido più tanto e anzi sorridere mi costa fatica perchè mi fa male la faccia e il cuore, la fronte segnata dagli occhiali protettivi, il naso sormontato da una bozza rossa e dolente solo al più piccolo sfioramento, lo zigomo sinistro edematoso che ha ormai preso il sopravvento sull’occhio sinistro e quando faccio la pipì brucia perchè ho la cistite perchè sono stressata, disidratata e male alimentata.
Sa Signor Presidente Conte, al mometo la maggior parte degli operatori sanitari hanno le mie stesse DIFFICOLTA’, PAURE E SENSAZIONI.
Lo so Signor Presidente Conte che sono stata prolissa ma vorrei farle capire che lei si immagina quanto sia dura la vita degli operatori sanitari più che mai in questo momento ma in realtà , con rispetto parlando LEI NON SA NIENTE, VOI NON SAPETE NIENTE perchè voi non fate il nostro lavoro E QUESTO LO DIMOSTRA IL FATTO CHE CI PROPONETE COME PREMIO 100 EURO PER IL MESE DI MARZO.
Sa Signor Presidente Conte, io non li voglio questi 100 euro, non perchè non ne abbia bisogno (in fin dei conti prendo 1500 euro al mese netti e festività comprese da ormai 20 anni di lavoro) ma perchè le dirò una sonora verità : IL MIO LAVORO VALE MOLTO DI PIU’ DI 100 EURO, DIGIUNARE DA CIBO E ACQUA VALE MOLTO DI PIU’ DI 100 EURO, BAGNARSI LE MUTANDE DI PIPì E DOVERSELE TENERE COMUNQUE ADDOSSO VALE MOLTO DI PIU’ DI 100 EURO, RINUNCIARE A GUARDARE I MIEI CARI NEGLI OCCHI ANCHE MENTRE MANGIO VALE MOLTO DI PIù DI 100 EURO, RINUNCIARE AGLI ABBRACCI DI MIA NIPOTE DI 4 ANNI E INSISTERE A DIRLE DI STARMI LONTANO ANCHE SE LEI PIANGE PERCHE’ VUOLE ZIA, VALE MOLTO DI PIU’ DI 100 EURO. QUESTA ROBA TI SPACCA IL CUORE!
Signor Presidente Conte io La ringrazio davvero della sua proposta ma rinuncio volentieri ai miei 100 euro e le dico di tenerseli, non per essere maleducata ma perchè vorrei che lei, portandomi veramente rispetto, usasse quei soldi per farmi una promessa, vorrei che Lei, dall’alto del suo ruolo che io rispetto e che credo lei stia ricoprendo con onore e dedizione, mi dicesse: ” FINITO TUTTO QUESTO, NON CI SCORDEREMO DI VOI COME SPESSO ACCADE, DI VOI CHE OGGI AVETE DATO TUTTO E DI PIU’ PER QUESTO POPOLO CHE AMATE E SIETE RIMASTI IN PIEDI NONOSTANTE TUTTE LE DIFFICOLTA’ E NON AVETE MAI MOLLATO, E VI PROMETTO CHE FINITO TUTTO QUESTO, PRENDEREMO IL VOSTRO CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE, LO MIGLIOREREMO METTENDO MANO SIA ALLA PARTE NORMATIVA CHE ALLA PARTE ECONOMICA, ASCOLTEREMO I VOSTRI SINDACATI CON I QUALI CONTRATTEREMO E CHE CI PORTERANNO LE VOSTRE RIMOSTRANZE. IO, IL SIGNOR PRESIDENTE VE LO PROMETTO!”Sarebbe tanto bello, ma tanto tanto, quando tutto sarà finito….perchè TUTTO QUESTO FINIRA’ E ANDRA’ TUTTO BENE E SPERIAMO CHE CE LA CAVIAMO!
P.s. Solo un’ultima osservazione: i Suoi completi e le Sue cravatte sono spettacolari, complimenti per i Suoi dress code e per l’eleganza con cui li porta. Fiera di avere qualcuno al governo che si sa vestire bene!
Michela Venturi
(da Open)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
GUIDA LA TASK FORCE DELLA PUGLIA: “SENZA LE MISURE DI OGGI CI SAREBBERO MILIONI DI MORTI”
E’ possibile che lo abbiate visto in televisione, in qualche video su Internet, che lo abbiate incrociato su Twitter. E’ uno spacciatore di buona scienza, uno scienziato che sa quali parole scegliere, cacciatore di fake news come il suo amico Roberto Burioni, rispetto al quale è però più morbido, compìto, gentile.
E’ un epidemiologo che fino a qualche mese fa era un mestiere complicato anche soltanto da spiegare (“effettivamente facevo fatica a dire agli amici cosa facevo”), mentre oggi è famoso come l’allenatore della Nazionale durante i mondiali di calcio. E, come gli allenatori durante i mondiali di calcio, tutti vogliono fare il suo mestiere: parlano di curve, ascisse e ordinate come fossero 4-4-2 e ripartenze.
Pierluigi Lopalco – ordinario di Igiene a Pisa, per molti anni a Stoccolma dove ha coordinato le strategie vaccinali per il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie – purtroppo, però, non si occupa di pallone. Ma della salute nostra e del resto del mondo.
E’ stato tra i primi a capire cosa sarebbe diventato il Coronavirus. E, quando i fatti gli hanno dato ragione, ha fatto la scelta più inattesa: ha accettato l’invito di Michele Emiliano ed è tornato a casa, la sua Puglia dove è nato e dove mancava da molti anni, a fare il coordinamento scientifico della Task force contro il Coronavirus.
Vive in una piccola stanza della Protezione civile. Chi lo ha frequentato in queste settimane racconta di non averlo mai visto senza un numero a meno di un metro. “Quelli, almeno, non sono contagiosi”.
Professore, partiamo dalla domanda più quotata in questo periodo: quando ci sarà il picco?
“Due, tre giorni dopo che osserveremo scendere la curva in maniera costante potremo dire che c’è stato il picco. Non ha alcun senso oggi poter fare delle previsioni: i modelli previsionali sul Covid19 sono oggi come le previsioni del tempo. Funzionano a 24 ore, son buoni a 48 ma già dopo le 72 ore non sono più affidabili. Le variabili in gioco sono così tante che rendono impossibile una previsione che vada al di là dell’immediato. Chi lo fa o ha una sfera di cristallo o strumenti di calcolo che io non conosco”.
Quanto durerà ?
“Non poco. Su questo bisogna essere molto chiari con la gente. Ho sentito dire cose incredibili anche a chi ha la responsabilità del ruolo: il ministro dello Sport ha dichiarato che il campionato di calcio potrebbe riprendere ai primi di maggio, “a porte aperte o a porte chiuse”. Ma di che parliamo? Prima di ottobre penso sarà impossibile riavere gente allo stadio. La mia previsione è che le misure restrittive dureranno almeno fino all’estate: ci potrà e dovrà essere una mitigazione delle misure, torneremo a lavorare, a uscire, ma si dovrà fare tutto con molta calma e cautela”
Ma allora tutto questo sforzo non sta servendo a nulla?
“Al contrario, ci sta salvando. I numeri raccontano che già c’è stata una frenata e in queste ore immagino ne vedremo un’altra. Ci sono delle fortezze, e penso soprattutto alla Lombardia, che devono essere ancora espugnate. E poi c’è un caso Milano che, evidentemente, ci preoccupa moltissimo: se il virus rompe l’argine delle città metropolitane, dei centri urbani a grande densità di popolazione, diventa un problema ancora più importante”.
Sta dicendo che non sappiamo quando finirà ?
“Sto dicendo che il problema non è quando ma come finisce. Noi dobbiamo augurarci che il picco non ci sia e che tutto questo duri il tempo più lungo possibile. Soltanto così, spalmando l’epidemia nel tempo, potremo avere la certezza di curare e di fare guarire più persone possibili. Perchè anche su questo dobbiamo essere chiari: di Covid19 si guarisce”.
Sembra di no.
“Purtroppo il numero di vittime è altissimo, è vero. Perchè il virus provoca una polmonite grave che può essere letale per le persone fragili. Ma si cura. Servono però medici e reparti disponibili. Il contagio è così veloce che potrebbe non esserci tempo. Rallentare la velocità di trasmissione è un esercizio di democrazia: tutti dobbiamo curarci. Perchè, parliamoci chiaro, questa è la Spagnola del 2020. Il Covid assomiglia molto all’influenza che tra il 1918 e il 1920 fece 500 milioni di ammalati e 50-100 milioni di morti. Andrebbe così anche oggi se non avessimo le terapie intensive e se non avessimo preso misure drastiche per limitare il contagio, come quelle che abbiamo preso. Tutto durerebbe un mese e ci lasceremmo 100 milioni di morti alle spalle. Possiamo mai accettare un orrore del genere?”.
Il Governo ha fatto tutto quello che doveva?
“Secondo me si è comportato benissimo. Ha fatto scelte giuste e coraggiose prima degli altri. Bisogna dargliene atto. Mi permetto però di dare un consiglio: la comunicazione è interamente affidata al Bollettino delle 18 della Protezione civile. Ma quello è un bollettino di guerra, sono numeri tremendi che non fanno altro che spaventare ancora di più le persone. E’ un errore. Io penso invece che serva raccontare quello che si sta facendo, che si spieghi il perchè ci siano scelte queste misure di mitigazione e dove vogliamo arrivare. Gli italiani sono persone intelligenti, lo stanno dimostrando anche in questo caso. Hanno però bisogno di capire”.
C’è ancora troppa gente per strada.
“E’ vero. Ma non serve soltanto punire. Ma anche spiegare. E non avere paura di farlo: io in questi anni ho lavorato principalmente ai programmi vaccinali. Ne ho viste e ascoltate di tutti i colori: complotti, movimenti No Vax. Noi siamo un paese di filosofi e di poeti. E anche gli scienziati alle volte si appassionano più alla storia della Biologia che alla Biologia stessa. Ma bisogna avere pazienza. E non perdere mai la speranza. Il messaggio da comunicare è molto chiaro: restate a casa. E se avete necessità di uscire, al ritorno lavatevi benissimo le mani con sapone e acqua calda”.
Si discute molto sulla necessità dei tamponi a tappeto.
“Farli a tappeto non serve a nulla. E’ necessario invece farli a tutti i sintomatici e a chi è entrato in contatto con i positivi”.
Il Nord sta soffrendo. Le immagini che arrivano dal bergamasco, da Brescia non le potremo mai dimenticare. C’è grande paura per il Sud, dove lei ha scelto di andare a combattere. Qual è la situazione?
“Toccando ferro, la crescita è più bassa rispetto a quello che è successo al Nord. Ma l’epidemia è dietro l’angolo. Stiamo avendo il tempo per organizzare al meglio la rete ospedaliera. Si sta facendo un grandissimo lavoro”.
Perchè ha scelto di tornare in Puglia?
“Mi ha chiamato il presidente della Regione, Michele Emiliano. Mi ha detto: i tuoi corregionali hanno bisogno di te. Serve un coordinamento scientifico. Come facevo a dire di no?”.
(da “La Repubblica“)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA HA CHIESTO UN COMMENTO SULLA SUA PAGINA FB ASSOCIANDO A OGNI REGIONE IL NUMERO CORRISPONDENTE… GLI ITALIANI MUOIONO LUI PENSA AD AUMENTARE LA VISIBILITA’
Una cartina dell’Italia e un numero per ogni regione italiana. 
Matteo Salvini ha lanciato una sorta di contest sui social network che ha in qualche modo un collegamento con il coronavirus: «Buongiorno Amici, diamoci un abbraccio virtuale, ce n’è bisogno. Voi da che numero? E da quale città ?».
È il solito giochino della call-to-action sui social network, per far aumentare l’engagement delle pagine Facebook, dell’account Twitter o di Instagram.
Un modo, in realtà , anche piuttosto superato — e spesso anche penalizzato dagli algoritmi — per invitare i propri followers a commentare, ad aumentare la visibilità della pagina e a renderla quindi più virale per i post successivi.
Oggi, invece assistiamo al lancio di Salvini abbracci virtuali.
Insomma, in questo caso — anche se Salvini non nomina mai il coronavirus — il riferimento alle varie regioni italiane (che in questo momento stanno vivendo tutte l’emergenza) e quello agli abbracci virtuali (ovviamente, a causa del coronavirus, non ci si può abbracciare realmente) sembrano sposarsi bene con l’attuale, drammatica situazione che l’Italia sta vivendo.
Una sorta di giochino del buongiorno che, tuttavia, sembra funzionare se è vero che — in poco più di un’ora — Matteo Salvini ha raccolto quasi 30mila commenti su Facebook.
Ci si chiede, in condizioni normali, che necessità ha un uomo politico, una persona che occupa un ruolo strategico nelle istituzioni, una figura di vertice del partito di maggioranza relativa (stando agli ultimi sondaggi) in Italia, di postare una fotografia del genere?
Il tutto rientra nella strategia della comunicazione. Tutto legittimo: ma inglobare in questa stessa strategia una tragedia globale come il coronavirus sembra almeno di pessimo gusto.
Nulla a che vedere, chiaro, con gli esperimenti del tipo Vinci Salvini: lì l’obiettivo era quello di creare una community per scopi elettorali. Adesso, invece, sembra un tentativo di aumentare la propria visibilità sui social per parlare di un argomento su cui il leader della Lega — stando anche alle ultime rilevazioni — sembra in difficoltà nel ritagliarsi uno spazio all’interno del dibattito pubblico.
(da “Giornalettismo”)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
INTERVISTA A ROSSELLA MICCIO, PRESIDENTE DELLA ONG CHE STA AIUTANDO IL COMUNE: “STIAMO PAGANDO I TAGLI ALLA SANITA’ PUBBLICA”
Vittime due volte del virus. Perchè più esposti al rischio e con minor accesso al sistema sanitario.
Sono i senzatetto, i migranti, i minori stranieri non accompagnati che ruotano attorno al sistema dell’accoglienza milanese: circa 5000 persone.
Persone che non possono “restare a casa” perchè una casa non ce l’hanno, e quindi rischiano di ammalarsi e far ammalare gli altri.
A loro è dedicato uno degli interventi messi in campo da Emergency, ong che dal 1994 si impegna per garantire il diritto alle cure in contesti di marginalità sociale. Da giorni Rossella Miccio, presidente di Emergency, non si ferma un attimo: le sue equipe stanno aiutando il Comune a individuare e isolare i casi sospetti di Covid-19 tra gli “ultimi” di Milano.
“Il lavoro da fare è enorme e soprattutto urgente: in pochi giorni di attività , abbiamo già individuato una decina di casi sintomatici, predisponendone l’isolamento per ora negli stessi centri d’accoglienza. Da oggi entrerà in funzione una struttura messa a disposizione dal Comune dove potranno essere trasferite fino a 70 persone da mettere in isolamento. Finora a nessun caso sintomatico è stato fatto il tampone: il test si fa solo in ospedale in presenza di sintomi gravi. Dall’inizio del nostro intervento abbiamo avuto solo un caso di ospedalizzazione”.
Dottoressa Miccio, in cosa consiste il vostro intervento sulle fasce più deboli ed esposte all’epidemia?
“Abbiamo messo a disposizione le nostre competenze per supportare la gestione durante l’epidemia di tutta la fascia della marginalità , cioè senza fissa dimora, migranti, minori stranieri non accompagnati, eccetera. Si tratta di persone che sono vittime due volte del virus, perchè sono sicuramente più esposte al rischio e allo stesso tempo hanno meno accesso al sistema sanitario. Contemporaneamente, si possono ammalare con molta facilità , e — se non gestiti e non controllati – possono diventare anche un veicolo di diffusione del virus”.
Come si fa a “gestire e controllare” migliaia di persone che di solito la nostra società non vuole vedere?
“Se l’indicazione per noi è ‘stai a casa e non uscire’, se una casa non ce l’hai o se il posto in cui vivi non ti permette di garantire l’isolamento nel caso ne avessi bisogno, la situazione diventa problematica. Abbiamo messo in piedi delle squadre con infermiere, logista, medico, che stanno facendo dei sopralluoghi quotidiani in varie strutture gestite dal Comune in collaborazione con varie cooperative. Quello che facciamo è una valutazione dell’idoneità della struttura e un’attività di formazione del personale: in ciascun centro abbiamo implementato una serie di protocolli per il controllo delle infezioni (lavaggio delle mani, misure di igiene, gestione dei pasti, distanziamento tra i letti, etc) e attivato una sorveglianza sanitaria volta all’identificazione e al monitoraggio dei sintomi tra gli ospiti di queste strutture”.
Come vi comportate in presenza di sintomi sospetti di Covid-19?
“Abbiamo i nostri medici che rispondono immediatamente alle chiamate che arrivano da chi gestisce questi centri. Insieme a loro e ovviamente insieme al Comune decidiamo come monitorare e gestire i casi che manifestano sintomi. Quando ci sono condizioni particolarmente gravi, attiviamo il 112 per l’ospedalizzazione; altrimenti, visto che uno degli obiettivi è evitare il sovraccarico di un sistema ospedaliero già allo stremo, contribuiamo a una gestione il più sicura possibile di tutti i casi che possono non essere inviati in ospedale e in Pronto Soccorso. Ad oggi non abbiamo ancora definito con il Comune l’eventuale gestione di pazienti positivi (che hanno fatto il tampone); per ora stiamo gestendo solo casi di pazienti sintomatici che vengono identificati nelle strutture. Ufficialmente non abbiamo ancora gestito casi conclamati, ma solo pazienti sintomatici. I tamponi ormai vengono fatti a chi arriva in ospedale, non prima. Il principio che stiamo cercando di utilizzare è proprio quello della massima cautela: in presenza di sintomi, consideriamo comunque il paziente come positivo, e quindi mettiamo in atto tutte le misure per garantire la quarantena sua e delle persone con cui è entrato in contatto”.
Come si fa ad applicare le misure di isolamento e quarantena in un centro d’accoglienza?
“Tutti gli operatori di questi centri sanno che devono stare a distanza di sicurezza (almeno un metro e mezzo), indossare la mascherina, lavare continuamente le mani e le superfici con i disinfettanti. Se la persona ha dei sintomi resta in una camera da sola; la consegna dei pasti avviene con delle procedure specifiche; viene monitorata la temperatura più volte al giorno con dei termometri a distanza. Se durante il monitoraggio la persona dovesse sviluppare dispnea grave, seri problemi di respirazione e febbre oltre i 38-38,5, allora si chiama il 112 perchè c’è necessità di essere portati in ospedale. Finora è capitato una volta”.
Quante persone con sintomi avete individuato/isolato finora?
“Dall’inizio dell’intervento, pochi giorni fa, abbiamo isolato una decina di persone all’interno delle strutture. Da oggi è possibile trasferire questi casi in una struttura messa a disposizione dal Comune in via Carbonia (zona Quarto Oggiaro)”.
Come funzionerà l’accesso a questa struttura?
“La struttura potrà ospitare fino a 70 persone che necessitano di isolamento per motivi sanitari: pazienti che non hanno fatto il tampone e perciò non possono dirsi Covid-positivi, ma hanno tutti i sintomi. Si tratta di un edificio di tre piani composto da monolocali e bilocali, che doveva essere adibito a edilizia sociale. Vista l’emergenza, il Comune ha deciso di sospendere il progetto e mettere la struttura a disposizione. Nei giorni scorsi abbiamo fatto insieme al Comune una serie di modifiche necessarie, e da oggi è possibile cominciare a trasferire in totale sicurezza chi verrà identificato sulla base dei sintomi sanitari”.
Quanto è ampia questa “fascia di marginalità ” a Milano, una realtà che conoscete bene perchè sede del vostro quartier generale?
“Al sistema di accoglienza milanese fanno capo circa 5000 persone. Il fatto positivo è che il Comune di Milano ha deciso di prorogare l’apertura di quelli che erano i centri per l’emergenza freddo, che avrebbero dovuto chiudere il 31 di marzo, e di tenere aperti anche di giorno i centri che facevano solo accoglienza notturna, proprio per far sì che le persone restino lì e non vadano via al mattino. Le misure che stiamo cercando di mettere in piedi sono varie e urgenti, con il Comune stiamo collaborando bene. Il telefono non si riesce mai a caricare, è un continuo di urgenze, problematiche nuove che vengono fuori. La situazione è sinceramente molto impegnativa”.
Nel resto d’Italia come avete modificato le vostre attività per rispondere all’emergenza Covid-19?
“In tutto abbiamo dieci ambulatori, dalla Calabria a Brescia, alle zone terremotate del Centro Italia. Da subito, nel momento in cui è scoppiata l’epidemia, abbiamo riorganizzato tutta l’attività dei nostri ambulatori per continuare a garantire l’assistenza di base e orientamento ai nostri pazienti in totale sicurezza anche per gli operatori. Modificando i protocolli, siamo riusciti a restare operativi su tutto il territorio italiano, offrendo un servizio destinato alle fasce più vulnerabili della popolazione: migranti, senza fissa dimora, anziani che hanno bisogno di supporto per malattie croniche e gestione di terapie, un’ampia fascia di persone che tendenzialmente sono quelle che meno hanno accesso ai servizi sanitari. Abbiamo aggiunto un’attività di sorveglianza specifica sui pazienti a rischio: in quel caso, facciamo la segnalazione alla Asl e forniamo indicazioni alle persone su come gestire l’eventuale quarantena o quando andare in ospedale”.
Sul Comune di Milano siete attivi anche nelle consegne a domicilio a over 65 e soggetti a rischio. In cosa consiste il servizio?
“Stiamo collaborando al progetto del Comune “Milano Aiuta”, che consiste nel supporto a domicilio agli over 65 e alle persone che devono rimanere in casa: volontari nostri e di altre associazioni coordinati da noi svolgono un servizio ovviamente gratuito di consegna a domicilio di pasti, farmaci, generi di prima necessit
Il dramma e il pericolo di questa epidemia sulle fasce più deboli ci faranno aprire gli occhi sul fatto che l’Altro siamo noi?
“Spero che da questa esperienza, quando ne usciremo, ne usciremo come una società cambiata in meglio. Un virus sconosciuto ci sta mettendo di fronte a una realtà che dal nostro punto di vista è abbastanza scontata, ma forse per molti non lo è: di fronte a problemi di salute siamo davvero tutti uguali, non c’è barriera nè fisica nè sociale che tenga. Un virus attraversa i confini e non guarda in faccia a nessuno. Questo dovrebbe farci capire che se vogliamo avere un futuro, dobbiamo pensare a un futuro per tutti, con delle garanzie per tutti. Non sono così sicura che impareremo la lezione, però me lo auguro. Il rischio è di ritrovarci nella stessa situazione tra qualche anno, ma con molti più poveri, molti più bisogni e temo ancora più morti, uno scenario che nessuno vuole immaginare”.
Negli ultimi anni la Sanità pubblica ha subito pesanti tagli di cui oggi paghiamo le conseguenze. Almeno questa lezione la impareremo?
Sulla Salute non si può tagliare. La Salute deve costare il giusto, deve esserci una lotta ferrea alla corruzione e agli sprechi, però non può essere un settore su cui si taglia per problemi di budget. Ne stiamo pagando le conseguenze oggi. Il blocco delle assunzioni degli ultimi anni nel sistema sanitario pubblico ci sta mettendo di fronte alla carenza di personale che stiamo verificando in questi giorni. Chapeau per tutti coloro che sono in prima linea, medici, infermieri, personale delle pulizie, tutti: stanno veramente facendo un lavoro eccezionale. Avremmo potuto essere più pronti e preparati se fossimo stati più attenti nel sostenere il nostro sistema sanitario negli ultimi vent’anni. Ora però non c’è tempo per piangersi addosso. È il momento di rimboccarci le maniche, per il bene di tutti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
A WUHAN LA LETALITA’ MEDIA E’ STATA DEL 2%, IN VENETO DEL 2,6%, MENTRE IN LOMBARDIA SIAMO AL 10%
Mentre l’aumento dei contagi a Milano si fa sempre più terrorizzante e a Bergamo i dottori
continuano a lanciare grida d’allarme, gli esperti si interrogano sul perchè si muore di più di Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 in Lombardia.
Se Barbara Palombelli dice che forse è perchè lì sono più ligi al lavoro rispetto al Sud, ieri abbiamo visto anche la sovrapposizione tra mappa dei contagi e aziende aperte in zona.
Giampaolo Visetti oggi su Repubblica spiega che gli scienziati stanno accendendo un riflettore su Bergamo e su contagi, malati gravi e morti che fa raggiungere percentuali sconosciute a Wuhan: in Cina la letalità media è stata del 2%, meno della metà in Corea del Sud, in Lombardia muore il 10% dei malati contro il 2,6% del Veneto mentre a Bergamo il 64% dei positivi ha bisogno di essere ricoverato in ospedale: una percentuale doppia rispetto ancora al Veneto.
Richard Peboy, capo squadra in Europa per le emergenze infettive dell’OMS, dice che ci può essere la risultanza di un insieme di fattori.
Nel mirino anche lo smog e le sostanze tossiche, di cui ha parlato qualche giorno fa Mario Tozzi sulla Stampa mettendo in correlazione inquinamento e deforestazione con la diffusione del virus.
Tra Lodi, Milano, Bergamo e Brescia c’è una delle più alte concentrazioni di industrie ma la correlazione tra COVID-19 e inquinamento non ha ancora evidenze scientifiche
C’è anche chi punta il dito tra virus e patologie favorite dallo smog come l’ipertensione, le difficoltà respiratorie e il diabete, che sono quasi sempre presenti nei decessi.
Di qui la distinzione tra vittime “per” e vittime “con” il Coronavirus fatta anche ieri dalla Protezione Civile che però sembra più il frutto di un esercizio comunicativo con il fine di non allarmare la popolazione, visto che nessuno può avere la certezza che chi combatteva con altre patologie non sarebbe sopravvissuto senza COVID-19.
Ilaria Capua osserva anche che Bergamo, Brescia, Cremona e Codogno in comune hanno che l’epidemia è partita dagli ospedali.
La stessa cosa era successa con SARS 1, che aveva cominciato a circolare nel sistema di condizionamento di un hotel di Hong Kong, osserva ancora Capua, che aggiunge che magari il Coronavirus può essere entrato negli impianti di areazione vecchi che hanno accelerato e moltiplicato la sua circolazione.
Poi c’è la questione sollevata dall’assessore al Welfare Giulio Gallera, ovvero la gran fetta di popolazione non mappata: anche le diagnosi non tempestive possono aver aiutato il contagio.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 21st, 2020 Riccardo Fucile
IL PRIMARIO DI INFETTOLOGIA: “I DATI UFFICIALI SONO SOLO LA PUNTA DELL’ICEBERG”
Giovanna Trinchella sul Fatto Quotidiano oggi parla con Marco Rizzi, primario del reparto di Infettivologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in cui lavora del 1987.
Il dottore spiega che in città e in tutta la Lombardia “chi non è malato e non è morto, è contagiato: i dati ufficiali sono solo la punta dell’iceberg”.
Cosa intende professore?
Che la maggior parte delle persone nella nostra zona è contagiata: il serbatoio di persone infettabili è finito. Non abbiamo screening di casi sommersi, ma sappiamo che molti muoiono in casa e nelle Residenze sanitarie assistenziali. Poi ci sono gli altri morti: le emergenze e le urgenze prima venivano gestite in pochi minuti, adesso i tempi sono molto più lunghi. Ci capita tutti i giorni di avere persone che dicono di aver atteso tanto e ci capita dicano che hanno qualcuno in casa che sta male e poi ci ritelefonano per dire: è morto. La tempestività non è la stessa di due mesi fa. Gli ospedali sono correlati al Covid, la disponibilità e l’attenzione alle cure a tutti gli altri si cerca di assicurarla, ma non è tutto come un mese fa. Questo è inutile nasconderlo. Ci saranno due tipologie di morti: quelli per coronavirus e quelli per altre patologie perchè non sono stati curati con la tempestività e qualità che in tempi normali si assicurano.
Quindi i morti per Covid sono molti di più di quello che sappiamo…
Molte persone non ricevono la diagnosi, non fanno l’esame virologico. Il tampone si fa alle persone che arrivano in ospedale con una condizione clinica di gravità tale da meritare il ricovero. Ma la persona che sta a casa con la febbre, con qualche sintomo respiratorio, gli si consiglia di non uscire e fare terapia sintomatica e sentendo il medico di base. Tutta quella parte lì di pazienti non la troviamo nei numeri che circolano.
Come si è arrivati a tutto questo?
Il virus è circolato nelle settimane scorse, prima delle misure più restrittive. Abbiamo avuto un problema all’ospedale di Alzano: pazienti e operatori contagiati e poi la comunità di Nembro. Ci sono stati giorni, forse settimane in cui gli infetti sono stati a contatto con altri pazienti e personale sanitario. Va detto che succedeva in giorni in cui il sospetto coronavirus era associato, secondo le linee guida, alla Cina. Ad Alzano quel dato non c’era ancora per cui chi ha avuto in cura quei pazienti solo dopo ha pensato al coronavirus. Quando si è chiarito era tardi, certo c’era il campanello d’allarme di Codogno, ma tutti col senno di poi potremmo dire che bisognava fare la zona rossa. Misure più precoci non ci avrebbero fatto arrivare a questo punto.
(da agenzie)
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