Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
LA LOMBARDIA ORA LA RENDE OBBLIGATORIA, BORRELLI DICE CHE LUI NON LA PORTA, NESSUNO CHE ASSICURI CHE IN REALTA’ CI SIANO PER TUTTI
Attilio Fontana obbliga tutti a mettersi la mascherina. Il capo della Protezione civile Angelo Borrelli
che dice che lui non la porta. Nessuno che assicuri una volta per tutte la copertura del fabbisogno italiano dei suddetti dispositivi, al punto che, non senza una nota polemica, invita a munirsi di “sciarpe e foulard” in mancanza di meglio e nonostante la temperatura vada di gran carriera mitigandosi, rendendo l’indicazione ai limiti del grottesco. E intanto medici, regioni e governo fanno filtrare la preoccupazione per la troppa gente in giro.
In Lombardia si potrà uscire solo con la bocca e il naso coperti da mascherine. L’inasprimento delle misure di distanziamento sociale disposto solamente sul territorio della Regione dal presidente Fontana arriva nel quadro della concessione da parte di Palazzo Chigi della proroga delle misure restrittive regionali, ma fa un passo avanti.
A livello locale è una prima risposta alla lettera che Beppe Sala e gli amministratori Dem hanno inviato negli scorsi giorni, mettendo in discussione la gestione dell’emergenza da parte del Pirellone.
A livello nazionale è un chiaro segno a chi, a Roma, spinge per una riapertura rapida, un segnale che chi governa il settentrione rema in direzione esattamente opposta.
Per capire il succo della storia bisogna però fare un passo indietro.
Venerdì sera Giuseppe Conte si siede dietro la scrivania del suo studio, in videoconferenza tutti i governatori. Non per il consueto punto di aggiornamento. La riunione è stata richiesta con una certa veemenza da Stefano Bonaccini, presidente Pd dell’Emilia Romagna.
Da capo della Conferenza delle Regioni ha accolto una serie di proteste, di colleghi del Nord, soprattutto, ma anche del Meridione, e ha mandato una lettera al premier, sottolineando come il paese “non ha bisogno di scelte unilaterali”.
Molti governatori si sono sentiti tagliati fuori dalla decisione di come e per quanto prolungare il lockdown, la stesura del Dpcm non era stata concordata.
Conte cerca di mediare, chiede un azzeramento delle polemiche e un’unità in un momento di crisi, in molti rumoreggiano.
Il punto di caduta si trova nella proposta di Nicola Zingaretti di istituire una cabina di regia per programmare e gestire la Fase 2, quella della riapertura. Ma, sotto la spinta del fronte del Nord, Conte concede anche un’allungamento delle misure locali ulteriormente restrittive. Quando si alza, pensa di aver disinnescato una mina.
Ma quando a Roma arrivano i dettagli della nuova ordinanza del Pirellone, si registra una fortissima irritazione.
Da domani e fino al prossimo 13 aprile, spiega la Regione Lombardia in una nota conformemente a quanto ci si aspettava, “restano in vigore le misure restrittive già stabilite per l’intero territorio lombardo lo scorso 21 marzo con ordinanza regionale”. In più, però, il nuovo testo di Fontana “introduce anche l’obbligo per chi esce dalla propria abitazione di proteggere sè stessi e gli altri coprendosi naso e bocca con mascherine o anche attraverso semplici foulard e sciarpe”.
Un componente dell’esecutivo allarga le braccia: “Uno fa tanto per mediare, per mettere tutti sulla stessa linea d’onda, e poi…”.
Non c’è una risposta secca, perchè, è la valutazione di chi lavora sul dossier, una polemica su questo aspetto non verrebbe capita.
“Certo – continua la stessa fonte di governo – non cade il mondo, il problema è squisitamente politico, una provocazione”. L’ennesima indicazione data in difformità rispetto a quelle di Roma provoca un certo fastidio a Palazzo, dopo che nelle rassegne stampa della mattina era già planato l’esplosivo titolo dell’intervista de La Verità a Fontana: “Erano già arrivati i militari per la zona rossa a Bergamo. Poi Conte ha cambiato idea”.
“Falsità pure”, spiega un parlamentare vicino al presidente del Consiglio.
Inutile tuttavia sollevare un caso, la confusione è tanta, la misura non impatta in maniera sostanziale, il fastidio viene confinato nelle stanze del governo. E’ dato mandato ad Angelo Borrelli e Franco Locatelli di rispondere.
“Io nemmeno la uso”, taglia corto il capo della Protezione civile. “Quel che è fondamentale è la distanza”, aggiunge. “Sono utili per prevenire il contagio”, concede il presidente del Consiglio superiore di sanità , “ma il distanziamento è la chiave” per arginare il coronavirus.
La conferma di aver evitato di alimentare un dibattito potenzialmente pericoloso arriva quando all’Adnkronos il noto virologo Fabrizio Pregliasco spiega che non solo ”è corretto uscire con la mascherina” perchè “in Lombardia per precauzione dovremmo tutti considerarci positivi”, ma che anche “vedere le persone con naso e bocca coperte rafforza il messaggio di distanziamento sociale”.
E la guerra a bassa intensità tra le autonomie a trazione leghista del Nord e il governo giallorosso continua.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
SIGNIFICHEREBBE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE CHE ESCONO DI CASA CON AUMENTO DEL CONTAGIO ASSICURATO
“Non vedo l’ora che la scienza e anche il buon Dio, perchè la scienza da sola non basta, sconfiggano questo mostro per tornare a uscire. Ci avviciniamo alla Santa Pasqua e occorre anche la protezione del Cuore Immacolato di Maria”
Lo ha detto Matteo Salvini intervistato da Maria Latella, in uno spregiudicato uso della religione per tifare a favore dell’epidemia.
A favore, perchè Salvini propone che per Pasqua le chiese riaprano: “Sostengo le richieste di coloro che chiedono di farli entrare in chiesa. Far assistere alla messa di Pasqua. La Santa Pasqua, la resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere”.
Salvini negli ultimi giorni è stato criticato per l’Eterno Riposo recitato in tv nello studio di Barbara D’Urso. Salvini come sempre fa finta di non capire: non è stato criticato per la preghiera, ma per il modo: per la sua continua, buffonesca ostentazione della religione, sbattuta in televisione, senza alcun rispetto dell’intimità e del pudore che l’atto della preghiera richiede.
Non ha portato conforto a nessuno con quella preghiera di dieci secondi, ma vedere un atto così doloroso parodiato da lui e Barbara D’Urso è stato offensivo per molti italiani, soprattutto credenti.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
E TI PAREVA CHE I SOVRANISTI NON STESSERO DALLA PARTE DI CHI VUOLE SPECULARE SULL’EMERGENZA
Emergenza? O qualcuno vuole usare il pretesto dell’emergenza per far rientrare dalla finestra quello
che era stato cacciato dalla porta?
La bocciatura dell’emendamento al decreto Cura Italia sull’estensione e semplificazione dei voucher in agricoltura non ha indotto le opposizioni parlamentari e le aziende del settore, in prevalenza quelle del Veneto, ad alzare bandiera bianca.
Anzi, il centrodestra è tornato alla carica a sostegno della richiesta del mondo agricolo per il ripristino di voucher semplificati allo scopo di reclutare nelle campagne pensionati, disoccupati, studenti e cassintegrati e far fronte così alla mancanza di manodopera soprattutto dell’Est europeo rientrata in patria a causa dell’emergenza coronavirus.
Le imprese agricole ritengono che allo stato non sia possibile garantire il lavoro nei campi, mettendo in pericolo la raccolta dei prodotti stagionali con il risultato di lasciare sguarniti i banchi dei supermercati.
I sindacati sono però di altro avviso.
“In questi giorni – si legge nella lettera firmata da Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo – le organizzazioni datoriali agricole stanno avanzando con forza la richiesta di estendere e liberalizzare l’uso dei voucher in agricoltura, approfittando del clima di emergenza in cui versa il nostro Paese, sostenuti da diverse forze politiche in Parlamento, non solo di opposizione”.
Secondo i sindacati, l’argomentazione portata a sostegno di questa richiesta “sta nell’auspicio di poter, in questo modo, attirare lavoratori anche italiani nelle imminenti campagne di raccolta affinchè possano sostituire la contingente mancanza di lavoratori dell’Est Europa”
Le misure di contenimento della pandemia starebbero, lamenta la filiera agricola, stanno provocando la rinuncia di decine di migliaia di lavoratori stranieri che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura, fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al comparto.
Cgil, Cisl e Uil hanno però chiesto a Conte di “intervenire al fine di evitare che il Governo, nel momento della conversione in legge del decreto Cura Italia o nella predisposizione del prossimo, modifichi in peggio la normativa. Scelte diverse ci porterebbero alla precarizzazione del lavoro”
Le imprese agricole “dispongono già di strumenti contrattuali per l’assunzione di braccianti agricoli che garantiscono la massima flessibilità , pertanto, non vi è nessuna necessità di reintrodurre, in agricoltura, uno strumento del tutto improprio come il cosiddetto voucher È importante ricordare alle associazioni datoriali agricole che le produzioni di qualità non possono prescindere da un lavoro di qualità , ben tutelato e ben retribuito”.
“La sburocratizzazione per le imprese agricole non può concretizzarsi nella privazione di tutele per i braccianti, che ancora più in questo momento hanno bisogno di veder rispettate le norme su salute e sicurezza, nei luoghi di lavoro, stabilite anche con il Protocollo del 14 marzo u.s., e di avere contratti più stabili e duraturi”.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
PER QUESTO LA STRADA PERCORRIBILE E’ SOLO QUELLA DI ACQUISTO DEI TITOLI DI DEBITO PUBBLICO DA PARTE DELLA BCE E L’UTILIZZO DEL MES
È bene chiarirlo subito: gli Eurobond, una delle soluzioni proposte per finanziare le economie europee travolte dal Coronavirus, non esistono, quantomeno, non ancora.
Si tratta di uno strumento che deve essere ancora progettato, costruito, realizzato. E c’è una ragione, che vale la pena spiegare.
Il principio di funzionamento degli Eurobond è lo stesso dei bond nazionali: lo Stato emette dei titoli di debito pubblico per “chiedere” fondi ad investitori, in cambio della promessa di un rendimento e di una garanzia.
Rendimento e garanzia sono le parole chiave in questo concetto. La garanzia è data, come per qualunque prestito, da asset, dal capitale dell’ente che emette il debito, esattamente come accade quando chiediamo un mutuo ad una banca.
Questa garanzia, per gli stati nazionali è normalmente data dalla capacità di tassare, di chiedere e riscuotere denaro da cittadini e imprese.
Un Paese la cui economia è in crescita può promettere rendimenti più bassi, proprio perchè l’investitore ha la certezza che questi verranno riconosciuti. Mentre un Paese la cui economia è in crisi, generalmente deve promettere rendimenti molto più alti, per attrarre investitori e potersi finanziare.
Il funzionamento è quindi semplice, almeno per quello che riguarda gli Stati nazionali. Il problema è che l’Unione Europea non è uno Stato, e non avendo una politica fiscale comune, non può, ancora, creare gli Eurobond, proprio perchè non esistono imposte a livello europeo.
L’idea di una politica fiscale comune è una proposta che da tempo viene portata avanti da numerosi esponenti politici europei, ma che si scontra con le posizioni di chi ritiene che sia più utile favorire la concorrenza fiscale tra stati, e chi, come i leader sovranisti, non è disposto a cedere parti di sovranità e di potere ad un organo sovrastatale.
Al momento, quindi, la proposta Eurobond non può essere realizzata proprio perchè mancano sia i capitali a garanzia, sia una politica fiscale comune, ed è da da escludere una riforma dell’Unione Europea in questo senso, per lo meno in tempi brevi.
L’unica ipotesi realistica di finanziamento delle attività dei Paesi in crisi da Coronavirus è quella di acquisto di titoli del debito pubblico, da parte della BCE, il cui processo è stato avviato poco tempo fa, con l’acquisto di 215 miliardi di euro di debito pubblico italiano, e dell’utilizzo del Mes, il fondo di garanzia salva-stati, costruito grazie alla collaborazione di diversi stati, che hanno stanziato dei fondi di “sicurezza” per un totale di 400 miliardi.
Il dibattito intorno alle condizioni dei prestiti è ancora aperto, ma la strada del Mes sembra, ad oggi, l’unica possibile per capacità di investimento e reale fattibilità .
Gli Eurobond garantiti dall’UE, invece, esisteranno solo se vi sarà reale volontà degli stati di rinunciare alla concorrenza fiscale, cedere parti di sovranità fiscale, in vista della realizzazione del progetto di un’Unione Europea che promuova delle politiche fiscali unitarie.
La fotografia del dibattito oggi è questa: i leader dei partiti sovranisti non vogliono il Mes, al tempo stesso reclamano gli Eurobond, ma non sono disposti a cedere parti di sovranità fiscale o politica.
Su un tema così complesso, però, sarebbe bene fornire posizioni supportate da proposte che siano coerenti e compatibili: il rischio è di trovarsi di fronte a tifoserie, piuttosto che ad un reale confronto costruttivo su posizioni e proposte diverse.
(da TPI)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
IERI 8.200 DENUNCIATI IN TUTTA ITALIA PER VIOLAZIONE DELLE REGOLE, IN TOTALE SIAMO ARRIVATI A 173.000 DENUNCIATI IN TRE SETTIMANE… SI CAMBI IL DECRETO E SI PREVEDA L’ARRESTO, E’ ORA DI FINIRLA CON MULTE RIDICOLE
A Milano ci sono i dati, a Napoli le immagini, a Piacenza le parole del sindaco, in tutta Italia una
sensazione avvalorata dalle denunce delle forze dell’ordine: il numero di persone che decide di uscire di casa non rispettando le misure imposte dal governo è in aumento, il tutto in barba alle raccomandazioni di scienziati e massimi vertici istituzionali che ogni giorno sottolineano l’importanza di osservare le limitazioni per non compromettere il contenimento del contagio.
Una tendenza che preoccupa, specie con l’avvicinamento delle festività pasquali e dei grandi ponti di primavera, 25 aprile e primo maggio in primis, con le scampagnate fuori porta che — complice il bel tempo — sono una tradizione per milioni di italiani.
Regione Lombardia: “Mobilità aumentata, mai così alta dal 20 marzo”
Fabrizio Sala, il vicepresidente di Regione Lombardia, in mattinata ha fornito la prova: “Ieri eravamo al 38% di mobilità urbana, non avevamo un dato così alto dal 20 di marzo”. E ancora: “Questa settimana la mobilità è salita più di due punti percentuali, che equivalgono a decine di migliaia di persone”.
Il picco di movimenti, secondo i dati forniti dal numero due del Pirellone, sarebbe tra le ore 12 e le ore 16, un orario quindi non tipicamente di ingresso e uscita dal lavoro. Insomma: si esce perchè si vuole uscire.
Sindaco di Piacenza: “Città affollata, siete irresponsabili”
Altro esempio è Piacenza. Questa mattina il centro storico era affollato quasi come in un giorno normale, in particolare la centralissima via Calzolai dove si registravano lunghe code di persone fuori dai negozi di generi alimentari, senza il rispetto delle dovute distanze di sicurezza e con la creazione di pericolosi assembramenti. Immagini che hanno costretto il sindaco Patrizia Barbieri a una condanna pubblica: “Questi sono atteggiamenti irresponsabili, non so più cosa dobbiamo inventarci per fare capire che la gente muore, che ci sono ancora persone che stanno lottando in rianimazione, che bisogna stare in casa”.
La prima cittadina, poi, ha sottolineato di non tollerare “questo comportamento in una città che sta pagando un tributo così alto di vite umane, non è ammissibile che ancora oggi ci sia gente senza cognizione“.
Bologna, l’ira del sindaco Merola: “Ora più controlli”
Da Piacenza a Bologna il passo è breve, specie nelle parole di un altro primo cittadino, Virginio Merola, che invoca più controlli per scoraggiare le persone a uscire di casa quando non necessario. “Siamo su un altipiano, lungo e piatto, il virus non perdonerà se cediamo proprio adesso” ha scritto su Facebook il sindaco del capoluogo, che ha invitato i suoi concittadini “a restare a casa e uscire solo per motivi necessari”.
Da Firenze a Napoli, mercati rionali troppo pien
Un fenomeno, quello delle strade affollate nonostante la pandemia, evidenziato anche in altre città . Sono di ieri, ad esempio, le immagini di assembramenti di persone al mercatino bio di Firenze, con persone in coda ai vari stand: tutti con le mascherine, per carità , ma senza rispettare le distanze di sicurezza che evitano il contagio.
Al Sud la situazione è molto simile. In alcuni rioni popolari di Napoli stessa scena: gente in fila nei mercati senza rispettare le distanze prescritte. Il riferimento è al borgo Sant’Antonio Abate e al rione Sanità , in controtendenza rispetto ad altri quartieri, come Fuorigrotta e Bagnoli, dove i controlli dei carabinieri svolti attraverso un drone testimoniavano il corretto comportamento dei cittadini.
Anche a Palermo i mercati rionali sono aperti. Ma nei giorni scorsi il Direttore UOC Oncologia Medica presso Ospedale Buccheri La Ferla Paolo Borsellino ha fatto un appello via Facebook alle forze dell’ordine, alle istituzioni e ai cittadini dopo le segnalazioni di code anche all’ingresso del mercato di Ballarò: “E’ una cosa di una gravità inaudita. Il rischio è di trovarsi in una situazione simile a quella della Lombardia. Vi prego, non uscite”.
Il Viminale: dall’11 marzo oltre 173mila denunce
Il fenomeno che si era riscontrato nei primi giorni delle misure anti-Covid e che sembrava essersi attenuato con l’aumento dei controlli, quindi, sembra invece esser tornato d’attualità . Il tutto nonostante le regole stabilite anche da chi gestisce i mercati rionali e i singoli banchetti: guanti e mascherine, sorveglianza per contingentare gli ingressi, nastri per delimitare gli spazi di distanziamento minino.
Il risultato, però, non sempre è apprezzabile. Lo dicono gli appelli degli amministratori comunali, lo confermano i dati forniti dal Viminale. Ieri le forze di polizia hanno controllato 254.959 persone e 93.064 esercizi commerciali: le sanzioni per i divieti sugli spostamenti sono state 8.187, 83 i denunciati per false attestazioni nell’autodichiarazione, 30 le persone denunciate per violazione della quarantena 30.
I titolari di esercizi commerciali sanzionati sono stati 136 e 29 i provvedimenti di chiusura delle attività .
Dall’11 marzo, data d’inizio delle prescrizioni, sono state controllate complessivamente oltre 4,6 milioni di persone e più di 2 milioni di esercizi commerciali. I denunciati sono stati oltre 173mila.
Quelli per violata quarantena negli ultimi 9 giorni sono stati 384: rischiano il carcere da uno a 4 anni per aver attentato alla salute degli altri cittadini.
Eppure si esce di casa, più di prima, nonostante la battaglia contro il Covid-19, come ha detto in mattinata il commissario straordinario Arcuri, non sia vinta.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
CON TUTTI QUELLI PRESUNTI SANI DI MENTE CHE SE NE FOTTONO DELLE REGOLE ERA IL CASO DI PUBBLICIZZARE IN UN VIDEO UN POVERETTO? … E ORA RISCHIA PURE UNA DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE AGGRAVATA
Nicola Naomo Lodi, vicesindaco di Ferrara con delega alla sicurezza e alla protezione civile già famosissimo per altri motivi, ha pubblicato ieri su Facebook un video che lo vede protagonista all’inseguimento di un runner “che in barba alle restrizioni sbeffeggia tutti, forze di controllo comprese. Ogni giorno assieme all’inseparabile apparato musicale, rigorosamente ad alto volume ed accompagnato dal povero cane, il fenomeno corre per tutta Ferrara fregandosene dei divieti”.
Lodi ha fatto sapere su Facebook che il tizio è stato denunciato dalla polizia, mentre mostrava un filmato in cui inseguiva il tizio che intanto ascoltava Baglioni a tutto volume e si portava dietro un cagnolino che assecondava la sua voglia di jogging.
Estense.com ha scritto che quella persona ha dei disturbi psichiatrici e ha almeno due certificati medici che indicano la necessità di svolgere attività motoria
Estense.com è in grado di confermare che invece si tratta, non di un furbetto indisciplinato che non rispetta i divieti imposti per l’emergenza Covid-19, ma di un invalido civile, anche conosciuto in città , con due tentativi di suicidio alle spalle, con una pesante patologia psichiatrica in essere e attualmente in cura, i cui medici hanno individuato nell’intensa attività fisica un parziale rimedio — oltre alle cure farmacologiche — per i suoi disturbi
Va ricordato che chi posta foto e video di quelli che trasgrediscono la quarantena, come ha spiegato Il Sole 24 Ore, oltre a un eventuale risarcimento in sede civile, rischia di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata se la fotografia viene accompagnata da post che etichettano come trasgressori o peggio ancora chi avrebbe violato le disposizioni anti contagio.
La regola è semplice: non sappiamo perchè quella persona sta uscendo di casa e, in ogni caso, eventuali condotte illecite devono essere segnalate alle autorità competenti, polizia o carabinieri, come precisa da ultimo il decreto legge n.19 del 25 marzo da oggi in vigore. Saranno infatti le autorità competenti a doversi fare carico di dare esecuzione alle misure prescritte. L’emergenza sanitaria non sospende le norme che disciplinano il rispetto dell’altrui riservatezza e reputazione. Dal punto di vista tecnico tutto ciò che identifica una persona fisica è un dato personale che, salvo eccezioni, non può essere divulgato senza il consenso dell’interessato. Il mezzo non conta, il reato di diffamazione si può configurare anche se si condividono i contenuti su gruppi WhatsApp o via mail comunicando con più persone.
Se si è stanchi di vedere persone che infrangono la legge, si possono segnalare i casi sospetti alle autorità competenti, anche ai vigili urbani, che poi trasmetteranno tutto, compresa l’eventuale documentazione fotografica, alla polizia o ai carabinieri per le valutazioni del caso. Ma chi finisce ritratto in queste foto può chiedere la rimozione e sporgere querela: anche chi commenta può essere chiamato a risponderne. Si può anche presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei dati personali per chiedere la cessazione immediata del trattamento dati che ci riguarda e quindi la rimozione della fotografia.
(da “NextQuotidiano“)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
FINISCE L’ERA CORBIN, AL SUO POSTO VA UN MODERATO DI 57 ANNI, EUROPEISTA
È finita ufficialmente l’era del socialista radicale Jeremy Corbyn. Inizia quella del moderato Sir Keir
Starmer, baronetto figlio di operai, appena eletto nuovo leader del Labour britannico.
Nette le preferenze in suo favore, perchè Starmer ha vinto al primo turno con il 56,2% nei confronti della sua sfidante, Rebecca Long-Bailey, la “Corbyn senza barba” spinta dalla tuttora ampia base di sinistra radicale cresciuta notevolmente negli ultimi anni nel partito laburista.
È dunque un mandato forte quello per Starmer, che chiede una decisa virata rispetto agli ultimi anni, anche sulla questione antisemitismo, per cui Sir Keir oggi ha chiesto “scusa”: “Sradicherò il problema il prima possibile dal partito”.
“È l’onore della mia vita” ha dichiarato Starmer in un video messaggio pubblicato dal partito dopo l’annuncio ufficiale, “in un momento difficilissimo come l’emergenza coronavirus che però, nel dramma, ci ricorda l’amore che c’è tra di noi, il senso di comunità , l’aiutarsi l’un l’altro. Ho molta speranza nel futuro”.
Non solo: pur senza rinunciare a chiedere sempre conto all’esecutivo, Starmer ha aperto anche a una collaborazione con il governo Johnson per fronteggiare la crisi epidemica.
È la prima prova del deciso distacco dal suo precedessore Corbyn, che in un’intervista al Telegraph l’altro ieri aveva esortato il Labour a evitare esecutivi di emergenza insieme a Johnson.
Sir Keir Starmer prende in mano un Labour devastato dalla sconfitta alle ultime elezioni di dicembre, la peggiore dal 1932, stravinte da Boris Johnson.
Cinquantasette anni, ex avvocato e celebre difensore delle cause per i diritti umani (anche se i critici gli rinfacciano di aver fatto indirettamente uscire dal carcere Usmail Khan, il terrorista dell’ultimo attacco al London Bridge), Starmer è decisamente più moderato ed europeista rispetto al suo predecessore Jeremy Corbyn, che tra l’altro non appoggiò nella sua elezione a leader nel 2015.
Starmer ha fatto esplicita campagna contro la Brexit, per cui è stato “ministro ombra” negli ultimi anni ed è stato l’artefice della svolta, poi inutile e per alcuni controproducente, del partito sulla richiesta di un secondo referendum.
Sir Keir è nato 57 anni fa a Southwark, uno dei quartieri più popolari di Londra almeno fino a due decenni fa, ma poi – per merito – è riuscito ad entrare ad Oxford ha fatto carriera forense, è diventato baronetto e oggi è uno dei parlamentari più ricchi di Westminster.
Ma Starmer, che si definisce in ogni caso “socialista”, tiene sempre a sottolineare le sue origini umili, il padre operaio, la mamma infermiera della sanità pubblica, il suo nome, Keir, guarda caso come quello del primo deputato laburista inglese di sempre, sindacalista e uno dei fondatori del Labour Party in Regno Unito, e cioè Keir Hardie (1856-1915). “È un radicale sensibile”, sintetizza il settimanale della sinistra britannica New Statesman.
Questa sarà una delle sue sfide principali per Starmer, ovvero riconciliare il partito dopo due sconfitte alle ultime elezioni (di cui l’ultima catastrofica) e quasi cinque anni di leadership corbyniana che hanno radicalmente cambiato il tessuto ideologico e politico della base del partito, trascinandolo verso posizioni di sinistra radicale e aumentando contemporaneamente in maniera esponenziale il numero degli iscritti.
Starmer ha una visione molto più progressista di Corbyn ma non potrà ignorare l’ampia fetta di militanti nostalgici del corbynismo. Possibile che, almeno inizialmente, il nuovo leader formi un “governo ombra” che rappresenti tutti le anime conflittuali del partito e la scelta della giovane Angela Rayner come vice va in questo senso.
Non solo: pur mai sostenendo la leadership di Corbyn alle precedenti primarie, Starmer ha sempre ottenuto un ruolo nel “governo ombra” del 71enne leader uscente e questo gioca sicuramente un punto a suo favore.
La seconda sfida per Starmer sarà ovviamente Boris Johnson, uno schiacciasassi sinora alle urne, sia al referendum del 2016 che alle elezioni generali del 2019. In tempi di crisi o guerra, ogni previsione politica è avventata.
Ma è chiaro che Starmer spera in un epilogo simile a quello di Winston Churchill, idolo del premier Johnson, che pur avendo guidato il Paese al trionfo contro i nazisti nella Seconda guerra mondiale, venne poi sconfitto alle elezioni del 1945.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LE DENUNCE DEI SINDACATI E’ STATO PRECIPITOSAMENTE RITIRATO: CERCAVA DI MANLEVARE I DIRIGENTI SANITARI (NOMINATI IN MOLTE REGIONI DALLA LEGA) DA RESPONSABILITA’ PENALI E CIVILI, APPIOPPANDOLE A MEDICI E INFERMIERI
Un emendamento presentato dalla Lega, con primo firmatario il senatore Matteo Salvini, al ddl di conversione del decreto Cura Italia scaricava sugli operatori sanitari le responsabilità penali e civili nell’emergenza Coronavirus.
L’emendamento è stato successivamente ritirato dal Carroccio dopo le denunce dei sindacati.
L’emendamento recitava: “(Responsabilità datori di lavoro operatori sanitari e sociosanitari) — Le condotte dei datori di lavoro di operatori sanitari e sociosanitari operanti nell’ambito o a causa dell’emergenza Covid-19, nonchè le condotte dei soggetti preposti alla gestione della crisi sanitaria derivante dal contagio non determinano, in caso di danni agli stessi operatori o a terzi, responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa, se giustificate dalla necessita’ di garantire, sia pure con mezzi e modalita’ non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare. 2. Dei danni accertati in relazione alle condotte di cui al comma 1, compresi quelli derivanti dall’insufficienza o inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale, risponde civilmente il solo ente di appartenenza del soggetto operante ferme restando, in caso di dolo, le responsabilità individuali”.
Dopo le proteste dei sindacati della Funzione Pubblica l’emendamento è stato ritirato: “Ritiriamo un emendamento su tutele e responsabilità che si presta a fraintendimenti, confidando che il governo si faccia carico della questione della difesa di chi sta lavorando in prima linea per salvare vite” ha fatto sapere il segretario della Lega, Matteo Salvini.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile
CHIEDERE ALLE CASE DI RIPOSO DI OSPITARE PAZIENTI CON SINTOMI DA CORONAVIRUS E’ STATA UNA FOLLIA… UNA MATTANZA DI ANZIANI
«Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid 19 è stato come accendere un cerino in un
pagliaio: quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle».
Luca Degani è il presidente di Uneba, l’associazione di categoria che mette insieme circa 400 case di riposo lombarde.
La sua è un’accusa precisa. Tira in ballo le responsabilità dell’assessore alla Sanità Giulio Gallera e del presidente Attilio Fontana.
Altri direttori e altri responsabili di Rsa hanno scelto il silenzio o si sono rifugiati nella retorica del lutto. Una forma di protezione dal dolore. Che accomuna tutti, infermieri, medici, personale. Nel tempo si erano stabiliti legami non solo professionali. C’è chi, a causa del Coronavirus, ha perso pazienti, chi amici, chi colleghi.
«Dipendiamo per un buon 30% dai finanziamenti della Regione -riprende Degani — logico che molti abbiano paura di perderli. Non parlano e io li capisco, Ma noi, che facciamo parte del Terzo settore e siamo no profit, certe cose dobbiamo dirle: i nostri ospiti hanno una media di 80 anni, sono persone con pluripatologie. Come potevamo attrezzarci per prendere in carico malati spostati dagli altri ospedali per liberare posti-letto? Ci chiedevano di prendere pazienti a bassa intensità Covid e altri ai quali non era stato fatto alcun tampone. Il virus si stava già diffondendo. Stavamo per barricarci nelle nostre strutture, le visite dei parenti erano già state vietate».
Il fuoco è divampato all’improvviso e l’incendio non si è ancora spento, facendo strage di anziani. Talmente tanti che nella Bergamasca e nel Bresciano il numero dei decessi è ancora incerto. Forse duemila in più di quelli ufficiali. Una mattanza tenuta segreta, separata dalla contabilità quotidiana della Protezione civile.
La delibera della giunta Lombarda — la numero XI/2906, 8 marzo 2020 — chiedeva alle Ats, le aziende territoriali della sanità , di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani strutture autonome per assistere pazienti Covid 19 a bassa intensità .
Il presidente di Uneba spiega: «Dopo la delibera abbiamo chiesto chiarimenti, maggior parte delle nostre strutture non hanno dato seguito alla richiesta della regione. Ma c’è chi l’ha fatto e poi si è pentito. Come potevamo accettare malati ai quali non era stato fatto alcun tampone nè prima nè dopo? Senza dire, che il nostro personale sarebbe stato comunque a rischio. Si sono infettati medici e sanitari in strutture molto più attrezzate della nostra. Non ci hanno dato i dispositivi di protezione ma volevano darci i malati… insomma».
Ipotizzare la presenza di pazienti Covid è ritenuto — si legge nella lettera inviata alla Regione — «estremamente complesso, difficile e potenzialmente rischioso». Le Rsa ospitano, infatti, per lo più anziani che hanno già malattie gravi e conclamate. Che non possono essere più assistiti a domicilio. In totale dispongono di 70mila posti letto, tra privati, (80%), enti vari e strutture pubbliche.
In quei giorni l’assessorato alla Sanità aveva avviato una ricognizione dei posti letto. Con la delibera dell’8 marzo si disponeva il blocco, da lunedì 9 marzo, dell’accettazione di pazienti provenienti dal territorio, l’anticipo delle dimissioni verso il domicilio dei pazienti ricoverati e del 50% del turn over nelle Rsa in grado di offrire assistenza medica e infermieristica H24 e presenza di medici specialisti. Tra le richieste, anche la capacità di garantire ossigenoterapia.
Non tutti, però, purtroppo, hanno detto di no. C’è chi li ha presi i malati. Chi ha rischiato di far entrare il l virus dalla porta principale: Don Gnocchi e Gleno a Milano, Sacra Famiglia a Cesano Buscone, la Fondazione Uboldi a Paderno Dugnano e altre ancora.
Tutto questo non sarebbe venuto fuori se il direttore sanitario di una Casa di riposo milanese — intervistato da Irene Benassi durante la trasmissione Agorà , su Rai3 — non avesse accennato alla “strana” richiesta della giunta lombarda. Una mezza verità venuta fuori poco alla volta. Anche se in realtà i primi a contestare la strategia della giunta lombarda, chiamando in causa l’assessore alla Sanità Gallera e il governatore Fontana, erano stati Matteo Piloni e Antonella Forattini, consiglieri regionali dem.
«Le Rsa sono luoghi di persone fragili, molto spesso immunodepresse, lo stesso personale, tra l’altro decimato, non è istruito a trattare tale patologia, l’isolamento di piani Covid in una Rsa è puramente fisico e non esclude il contagio».
Quando il dietrofront è partito era ormai troppo tardi, «la necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti» — come si legge nella delibera, ha prevalso su tutto. Forse anche sul più comune buon senso.
In molte case di riposo lombarde ancora si aspettano le mascherine. C’è chi ha provato a ordinarle senza aspettare la Regione e la Protezione civile. È riuscito a ottenerle camuffando l’ordine d’acquisto e la bolla di accompagnamento per evitare il sequestro e i controlli in dogana. Mascherine provenienti dall’Azerbaijan ma in realtà prodotte in Cina e spacciate per tessuti: cosa bisogna fare per salvarsi la vita.
(da agenzie)
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