Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile IL SINDACO: “CI VOLEVA LA ZONA ROSSA, ERAVAMO TROPPO VICINI A CODOGNO”
“Le misure che bisogna adottare le abbiamo adottate, ma quando si è deciso di contenere la zona di Codogno e del Basso Lodigiano forse era il caso anche di valutare misure restrittive di un certo tipo anche per il Piacentino”.
Così Patrizia Barbieri, sindaco di Piacenza, interviene ai microfoni di Fanpage.it per commentare l’ultimo dato allarmante fornito dall’Istat.
Secondo l’istituto di statistica, infatti, nella “Primogenita” (soprannominata così perchè nel 1848 fu la prima città italiana a votare con un plebiscito l’annessione al Regno di Sardegna) le morti sarebbero aumentate di oltre il 200% negli ultimi anni, superando addirittura il 300% se si considera l’intera provincia.
Nello specifico, solo nel comune piacentino si è passati, ad esempio, dalle 75 persone deceduto dall’1 al 21 marzo del 2019 alle 279 registrate nello stesso periodo di quest’anno.
“I dati veri sono quelli che stiamo elaborando noi, cercando di metterli insieme proprio come territorio piacentino -spiega però Barbieri-. Penso che saremmo in grado di fornire il dato nell’arco di due giorni, perchè questo è il tempo necessario visto anche il numero importante di certificati e di dati anagrafici che si stanno ancora scambiando i vari comuni. Francamente credo che una valutazione realistica si potrà fare solo nel momento in cui avremo questi dati”.
“Stiamo facendo i calcoli come sindaci di tutto il territorio -prosegue la prima cittadina di Piacenza- mettendo insieme i dati di marzo. Alcuni hanno la necessità di registrare i morti che avvengono in altri comuni e queste informazioni spesso vengono comunicate dopo alcuni giorni. Anche perchè ci sono deceduti ad esempio sono di Piacenza ma che in realtà sono residenti in altri comuni che invece devono ancora provvedere alla registrazione”. A proposito dei numeri forniti dall’Istat, dunque, Patrizia Barbieri è netta: “Li stiamo verificando”.
“Abbiamo chiesto la proroga di misure più restrittive rispetto ad altri territori -continua-. Nonostante sia calato il numero degli accessi in ospedale siamo ancora in emergenza e abbiamo ancora tante persone in terapia intensiva. La cautela è ovviamente d’obbligo”.
Patrizia Barbieri, positiva al Covid-19 e guarita poco più di una settimana, infine spiega: “Per come l’ho vissuta questa è una guerra contro un nemico sconosciuto che ti costringe tutti i giorni a dover prendere delle decisioni. Noi siamo stati quelli che fin da subito hanno adottato delle ordinanze rigorosissime perchè vicino alla zona di Codogno e del Basso Lodigiano, chiudendo dall’inizio scuole, centri diurni e centri per disabili e prendendo tutte le precauzioni necessarie. Bisognava e bisogna capire, anche con l’Istituto superiore di sanità , se c’erano situazioni di allerta tali da richiedere interventi di prevenzione già prima”.
(da Fanpage)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile IL DECESSO A CAUSA DEL VIRUS, AVEVA 52 ANNI… IL CORDOGLIO DEL CAPO DELLA POLIZIA E DI TUTTA LA POLITICA
Si è spento nella scorse ore a Roma il Sostituto Commissario della Polizia di Stato Giorgio
Guastamacchia di 52 anni, in servizio presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in seguito alle complicazioni di una polmonite da coronavirus. Guastamacchia faceva parte della scorta del premier Giuseppe Conte
Il poliziotto lascia 2 figli e la moglie. Il Capo della Polizia ha espresso sentimenti di cordoglio e di vicinanza ai familiari attorno ai quali si stringe la grande famiglia della Polizia di Stato.
“Esprimiamo il nostro cordoglio e la nostra vicinanza alla famiglia di Giorgio Guastamacchia e siamo vicini a tutti i colleghi che sono in prima linea a fronteggiare questa emergenza, in primis a coloro che ancora sono in condizioni critiche colpite dal virus”.
Lo scrive Fabio Conestà , segretario generale del sindacato di Polizia, Mosap appresa la notizia della scomparsa del Sostituto Commissario morto stamani al Policlinico Tor Vergata in seguito alle complicazioni di una polmonite da coronavirus.
“Voglio inoltre esprimere la nostra vicinanza anche alle famiglie dei colleghi sottoposti a terapia perchè ci rendiamo conto di quanta ansia e frustrazione stanno avendo nell’attesa di una guarigione”. Colleghi, ricorda infine Conestà “che sono stati in prima linea a far rispettare la legge e in particolare i decreti contro questo coronavirus e conseguentemente dare sicurezza ai territori”.
L’ex premier e commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, in un tweet, ha ricordato il poliziotto: «Ricordo Giorgio Guastamacchia, poliziotto esemplare, vittima del Covid-19 e mi unisco al dolore della sua famiglia e dei colleghi del servizio scorte».
Anche il leader di Iv, Matteo Renzi, ha dedicato un pensiero a Guastamacchia: «Un signor professionista: garantiva la sicurezza, in un ruolo delicato, con il sorriso sulle labbra e con una dedizione straordinaria. Le condoglianze alla sua famiglia e a tutta la grande famiglia della Polizia di Stato. Ciao Giorgio».
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile IL GOVERNATORE DEL PIEMONTE CIRIO SI SENTE PRESO IN GIRO; SI ERA OFFERTO DI PROVVEDERE LUI MA SI E’ SENTITO CHIEDERE DA FONTANA UN NUMERO ESORBITANTE DI ANESTESISTI CHE NON SI TROVANO
Le mirabolanti avventure di Attilio Fontana e Giulio Gallera alle prese in Lombardia con l’emergenza Coronavirus proseguono.
Oggi il Fatto Quotidiano ci racconta in un articolo a firma di Marco Palombi che il dinamico duo ha dimenticato qualcosa nell’ospedale Fiera di Milano che doveva essere da 600 posti ma ne ha finora attivati soltanto 24: i medici.
E allora la giunta della Regione Lombardia ha proposto uno scambio a quella del Piemonte:
Se la situazione dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) inizia a farsi meno drammatica, al momento nelle regioni più colpite — e quindi soprattutto in Lombardia— quel che manca sono i medici, nonostante il centinaio già arrivato grazie alla Protezione civile: sarà difficile, ad esempio, aumentare i letti dell’ospedale “gioiello” creato in Fiera e affidato al Policlinico di Milano dai 30-35 attuali agli oltre duecento teorici se non arriveranno medici e infermieri.
Curiosamente, la difficoltà di Fontana e soci è venuta fuori grazie a un’offerta avanzata al presidente del Piemonte, Alberto Cirio, centrodestra anche lui: in sostanza, giovedì la Lombardia ha messo a disposizione del Piemonte 53 posti nel nuovo ospedale —pronti tra 10-15 giorni — per sgravare le terapie intensive, a patto però che medici e infermieri per gestirli fossero trovati dai piemontesi. Giusto, ha pensato Cirio, che s’è subito rivolto al governo per avere il personale dalla task forcedi volontari dalle altre regioni (domani, per dire, arrivano altri 100 infermieri nelle aree più colpite). Qui, però, la faccenda s’è complicata.
In una riunione ieri mattina, infatti, i lombardi hanno preteso —per consentire alla cosa — uno staff composto anche da sei anestesisti ogni 7 letti: un numero enorme e per una categoria difficilissima da reperire in questo momento (ad oggi in Regione ne sono stati inviati una quindicina).
Il governo s’è detto disposto a fornire al Piemonte circa 30 medici e 50 infermieri: insomma, sei o sette anestesisti per 53 posti, non certo cinquanta. Basti dire che l’ospedale della Fiera di Bergamo (quello degli Alpini)aprirà lunedì i primi 35 posti gestiti da 14 medici e 45 tra infermieri, Oss e fisioterapisti.
Il risultato è arrivato in serata: Cirio s’è sentito preso in giro e ha risposto un perfido “no, grazie per il bel pensiero”, ma ce la facciamo da soli; medici e infermieri in più andranno direttamente in Piemonte e si troverà il modo, nel caso, di aumentare i letti direttamente lì.
Fontana dovrà trovare altrove i professionisti necessari a far funzionare il suo ospedale spot: non fa prima a chiederli anche lui al governo o il problema è che poi non può più lamentarsi?
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile CLAUDIA, RAGAZZA DE SUD: “NON SONO UNA KAMIKAZE, FIN DA BAMBINA VOLEVO AIUTARE GLI ALTRI”… SUL FRONTE ANCHE 14 ORE AL GIORNO: “SONO UNA PRIVILEGIATA, HO STUDIATO PER QUESTO, NON HO PAURA”
Il senso di Claudia per il lavoro è un solco obliquo che scende dagli zigomi e percorre la guancia
fino alla mascella. Sembra il calco di un guerriero. Quando l’hanno ritratta in questa fotografia – di profilo, i capelli scuri della sua terra raccolti nella cuffia chirurgica, un filo di rossetto che suona come un inno alla resilienza – erano le sette di sera.
«Avevo appena tolto la mascherina dopo dodici ore in reparto. Devi solo aspettare, metti un po’ di pomata ma tanto poi si ricomincia».
L’impronta sul volto di medici e infermieri è ormai segno di virtù e di sacrificio. Racconta quello che noi possiamo solo immaginare: le cose enormi e pietose che succedono là dentro, nella trincea della battaglia contro il coronavirus che ha già falciato 77 medici, 23 infermieri e decine di operatori del 118. L’ “assedio”. Lo chiama così.
«Tutto avrei immaginato tranne che iniziare questo mestiere fronteggiando l’assedio di un’epidemia. Nel suo epicentro». Claudia Paleologo, 33 anni, palermitana.
Anestesista nella terapia intensiva dell’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo (che dal 21 febbraio è stato convertito a ospedale Covid). Alla sua prima esperienza professionale. Attenzione alle date. «L’11 febbraio mi specializzo a Palermo. Il 17 febbraio inizio a lavorare qui».
Quattro giorni dopo, il 21, l’inizio dell’onda di piena bergamasca e dunque la conversione dell’ospedale, che oggi accoglie 218 pazienti Covid. «Mi sente bene se parlo così?». Non può togliere la mascherina. «Io sono ambiziosa, volevo e voglio imparare tanto. Mi interessava iniziare facendo un’esperienza di terapia intensiva. Dalla Sicilia mi sono spostata qui e sapevo che avrei avuto un’opportunità per crescere».
L’opportunità a Claudia gliel’ha offerta il Covid-19: dopo quattro giorni di ambientamento (del medico), è incominciato ad arrivare un flusso ininterrotto di pazienti che boccheggiavano. «Abbiamo convertito gli spazi del blocco operatorio per ampliare la terapia intensiva: da 12 a 33 posti letto. Arrivo alle 7.30 e finisco alle 20, che poi a volte diventano le 22, anche le 23, nei giorni peggiori. Ti dimentichi del tempo».
Cosa pensa, come vive, quanta fatica fa un medico agli esordi sul fronte del “virus sconosciuto”, per usare la definizione di Claudia? «Io sono privilegiata», dice. Perchè? «Ho studiato per questo. Il dramma che stiamo vivendo è un’esperienza tragica ma mi dà la possibilità di fare quello che volevo: è da quando ero bambina che desidero aiutare gli altri. Nella mia famiglia non ci sono medici. Non posso dire “sono una grande intensivista”. Ma poter dare un mio contributo sul campo mi rende felice».
Sono grammi di emozione le parole di Claudia Paleologo. Forse nemmeno lei si rende conto di quanto, nell’abisso dove siamo precipitati, siano foriere di speranza per tutti.
Un camice bianco che muove i primi passi sulla linea di fuoco sanitaria peggiore del millennio. In una città falcidiata dal nemico invisibile. «Le emozioni le hai eccome. Ma le contieni, perchè non aiutano a fare le scelte giuste per il tuo assistito. Quando entri in terapia intensiva devi concentrarti sul paziente, devi essere lucida e fredda. Però certo ci sono momenti di emozione che catturi e tiene con te».
In un mese e mezzo di emergenza, «e lo siamo ancora», ce n’è uno che Claudia non riesce a scansare dalla mente. «Ai malati intubati e sedati sollevi la palpebra per fare l’esame morfologico alle pupille. C’è una paziente. Dopo settimane di intubazione ha iniziato a migliorare. Le palpebre si sono alzate da sole. Ho visto questi occhi azzurri, bellissimi, profondi. Mi sono chiesta: come è possibile che non li avevo notati prima, quando alzavo io le palpebre? Avevano ripreso vita e l’abbiamo estubata. Che bella sensazione».
La storia di Claudia è quella di un medico che non pensava di vedere tutto così velocemente. Nemmeno decine di colleghi morire di coronavirus come i loro pazienti. Ha paura? «No. Prudenza sì, paura no. Noi medici non siamo eroi e nemmeno kamikaze. Bisogna usare i dispositivi di protezione individuale. Sempre. Non azzeri i rischi ma li minimizzi. La mattina arrivo 20 minuti prima. Mi bardo. Tuta, doppi guanti, visiera, occhiali, maschera, calzari, copriscarpa. La “sicurezza della scena” è la prima cosa che ci insegnano. Qui ci sono due persone che controllano nell’area vestizione e svestizione. Poi ogni lavoro ha i suoi rischi: vieni in contatto con malati di meningite, di epatite C, di Hiv. E adesso di coronavirus». È tardi.
È ora di qualche briciolo di vita fuori dall’ospedale. «Vado a fare un po’ di spesa e torno a casa». Quando finirà il tempo sospeso dell’assedio? «Non lo so. Qui adesso va un po’ meglio. Meno accessi in pronto soccorso. Appena si riemerge voglio andare a trovare i miei a Palermo».
(da “La Repubbica”)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile MONICA BETTONI E’ STATA SOTTOSEGRETARIO ALLA SANITA’: ERA IN PENSIONE, ORA VA AL’OSPEDALE DI PARMA
Una bella storia di impegno civile: l’ex sottosegretario alla Sanità Monica Bettoni torna a fare il medico per l’emergenza coronavirus.
La ex senatrice Ds di Arezzo ha risposto alla richiesta di aiuto proveniente dalle regioni del Nord per dare un aiuto ai colleghi impegnati in prima linea contro il virus. Monica Bettoni, settanta anni ad ottobre, è tra gli ottomila camici bianchi volontari
Monica Bettoni in passato ha svolto un ruolo di primo piano nell’attività politica aretina e nazionale, declinando il suo impegno anche in base alle sue competenze mediche.
Dal 1992 al 2006 è stata in Senato, prima eletta con il Pds e poi con i Ds. E’ stata direttore generale dell’Istituto Superiore di Sanità e sottosegretario alla Sanità nel governo di Romano Prodi e in quello di Massimo D’Alema, tra il 1996 e il 2000.
Monica Bettoni, dopo l’intensa carriera politica, è in pensione.
Ora è salita a Bergamo ad altri colleghi medici per dare il suo contributo contro la pandemia. Dopo l’incontro con il sindaco Giorgio Gori, è stata destinata a Parma.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile SOTTO CONTROLLO STAZIONI FERROVIARIE E SNODI AUTOSTRADALI
Il governo pensa a blocchi stradali per fermare l’eventuale esodo al Sud che potrebbe verificarsi per
Pasqua. Il Viminale sta predisponendo un piano che prevede controlli più serrati e nei prossimi giorni verrà emessa una circolare su come limitare “le fughe” dei cittadini.
Il pericolo è che si verifichi di nuovo quanto è accaduto ai tempi delle prime restrizioni, quando il Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 hanno viaggiato insieme a quei cittadini che hanno preso treni, aerei o automobili per tornare “a casa” scatenando così i primi contagi tra Campania, Puglia e Sicilia.
Le regioni del Sud hanno in parte ovviato alla situazione mettendo in quarantena chi arrivava dal Nord, ma è evidente che si tratta di una soluzione-tampone.
E allora ecco che potrebbe verificarsi un bis molto pericoloso per la salute pubblica.
Il Messaggero spiega oggi che sono due le preoccupazioni principali per le forze dell’ordine: quella che riguarda i lavoratori che vivono al Nord ma hanno origini meridionali, e quella su chi possiede una seconda casa in luoghi di villeggiatura.
Il timore è che le migliaia di persone che abitano in Lombardia, in Piemonte e nelle altre regioni industriali stiano pensando in queste ore alla maniera più facile per raggiungere i parenti al Sud. Sono numeri alti quelli di cui si parla, per questa ragione si stanno predisponendo controlli mirati della polizia ferroviaria e stradale.
Sono infatti i treni o le auto il mezzo più usato per cercare di partire. E non saranno ammesse deroghe di alcun tipo, a meno che non si tratti di persone che hanno questioni di salute o altre emergenze.
Il ministero dell’Interno continua a pensare che gli italiani mostreranno senso di responsabilità . Ma in queste ore le immagini che arrivano da varie parti d’Italia non confortano chi, ogni giorno, sta per strada a monitorare“i disobbedienti”.
Intanto a Belluno, in Liguria e in Piemonte, sono già state emesse delle ordinanze con le quali vengono disposti controlli molto più severi proprio per i giorni di Pasqua.
A cominciare dalle strade consolari, dove sono previsti posti di blocco ulteriori rispetto a quelli già attuati sulle autostrade. La fuga verso le seconde case era già avvenuta all’inizio di marzo, quando le scuole sono state chiuse e diversi uffici hanno spostato il lavoro nelle abitazioni.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile “SE AL PRIMO SOLE CI RIVERSIAMO IN STRADA IN QUESTO MODO VANIFICHIAMO TUTTO”
Premessa d’obbligo: in questa foto di gruppo potrei esserci anch’io. Abitando vicino al Quadrilatero, andare a fare la spesa lì è uno dei momenti di svago possibili. Altrettanto sinceramente, mi capitasse di arrivarci e avvistare la folla che si vede in questa foto, scattata ieri alle 13, girerei i tacchi. Avrei paura.
Diciamolo – anzi, diciamocelo -: se al primo sole e oltre il ventesimo giorno di isolamento ci riversiamo in strada in questo modo, diamo un calcio al secchio.
Lo diceva Asa Nikolic, leggendario coach del basket, quando i suoi perdevano nel finale dopo essere stati in vantaggio: “Abbiamo raccolto latte nel secchio, poi abbiamo dato calcio al secchio”.
Ecco, noi nella fattispecie non siamo nemmeno in vantaggio rispetto al Virus, stiamo solo risalendo faticosamente la china. Lo dicono gli esperti, tutti, di ogni ordine e grado. E reclamano a gran voce, perfino ci implorano, di mantenerci a distanza. È impegnativo, frustrante, a tratti angosciante. Ma non diamo un calcio al secchio per tre zucchine o due etti di roastbeef. Altrimenti non ne usciamo più. E non tutti vivi.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile LA DENUNCIA DI GERMANIA, FRANCIA, CANADA E BRASILE: “METODI DA FAR WEST”
La lotta al Coronavirus sta diventando sempre più una guerra, in cui gli stessi Paesi coinvolti si
fronteggiano in una lotta all’ultima mascherina.
Vince, a quanto pare, chi ha maggiori possibilità economiche: chi offre di più si aggiudica il carico di ventilatori e dispositivi medici, a dispetto di contratti già stipulati e della solidarietà tra alleati.
Al momento a uscirne vincitori sono gli Stati Uniti che secondo le denunce dei Paesi europei e del Sud America, stanno portando avanti un conflitto sleale, pagando a peso d’oro carichi di mascherine e ventilatori.
«Sono disposti a pagare qualsiasi prezzo perchè sono disperati», dice, citato da Reuters, un ufficiale di alto livello vicino ad Angela Merkel.
E così, secondo quanto riporta il Guardian, 200mila mascherine destinate alla Germania e prodotte in Cina sono bloccare a Bangkok in quello che è stato definito dal segretario al ministero dell’Interno tedesco, Andreas Geisel, come «un atto di moderna pirateria». «Non dobbiamo usare metodi da Far West nemmeno in un momento di crisi globale come questo», ha aggiunto Geisel.
La Francia denuncia gli stessi metodi. «Gli americani tirano fuori i loro contanti e pagano il triplo di quanto offriamo noi», ha detto alla radio Rtl France il governatore Jean Rottner. A nulla valgono contratti già stipulati e ordini già eseguiti, chi paga di più ottiene la partita.
Anche Canada e Brasile affermano che gli Stati Uniti stanno utilizzando questi metodi per rifornirsi. La conferma arriva anche da un ufficiale statunitense che ha detto, sempre a Reuters, che gli Usa stanno pagando sopra prezzi di mercato per assicurarsi rifornimenti di materiale sanitario.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2020 Riccardo Fucile PENE FINO A CINQUE ANNI DI CARCERE… CHIEDERE A UN OSPEDALE SE ALCUNI MEDICI HANNO CONTRATTO IL VIRUS DIVENTA REATO… CHE NE PENSA LA MELONI?
Una delle misure decise dal nuovo governo autoritario di Viktor Orban in Ungheria prevede pene detentive fino a cinque anni per chiunque diffonda fake news sulla pandemia. Ma i giornalisti ungheresi sono preoccupati, perchè sostengono che le nuove misure stabilite enderanno più difficile fare informazione obiettiva della pandemia e li lasceranno esposti al rischio di cause, multe e al carcere
I giornalisti, consultati dal Guardian, affermano che la nuova legge viene già utilizzata per negare loro l’accesso alle informazioni e, a volte, per minacciarli.
Un giornalista con sede a Budapest, che ha richiesto l’anonimato data l’attuale situazione nel paese, ha affermato di aver chiamato un ospedale durante il fine settimana per avere conferme di una notizia relativa a un gruppo di medici che avrebbero contratto il coronavirus .
“Pochi minuti dopo, il responsabile della comunicazione dell’ospedale mi ha richiamato e mi ha chiesto se ero proprio sicuro che fosse una buona idee domandare cose del genere alla luce delle nuove misure di legge”. Praticamente una minaccia, conclude il giornalista parlando al Guardian.
(da agenzie)
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