Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
FINO A 25.000 EURO SENZA ALCUNA VALUTAZIONE DEL MERITO DEL CREDITO, DA 25.000 A 800.000 EURO SENZA VALUTAZIONE AMBIENTALE CON 90% GARANTITO DALLO STATO… INTERESSI ZERO PER SEI ANNI DI RATEAZIONE: SE NON PAGHI PAGA LO STATO, OVVERO I CONTRIBUENTI… NESSUN OBBLIGO DI EVITARE LICENZIAMENTI O ASSUMERE LAVORATORI… ALTRO CHE 10 MILIARDI, ALLO STATO POTREBBE COSTARE UNA CIFRA ENORME
Aiuti a tutte le imprese, piccole e grandi e a tutte le attività costrette a chiudere per l’emergenza Coronavirus.
C’è l’accordo nel governo per un nuovo decreto, approvato stasera dal Consiglio dei ministri, centrato sul sostegno all’economia.
Tra gli interventi, sostegno alle Pmi, che potranno beneficiare di garanzie da parte dello Stato al 100%, sia per gli autonomi sia per le imprese.
Per quelle meno piccole la percentuale dell’impegno pubblico scende al 90%, fino all’80% sul ruolo delle imprese.
«Con il decreto appena approvato — ha detto il premier Giuseppe Conte — diamo liquidità immediata per 400 miliardi di euro alle nostre imprese, 200 per il mercato interno, altri 200 per potenziare il mercato dell’export. È una potenza di fuoco».
Creato un fondo da 1 miliardo al ministero dell’Economia e delle Finanze per sostenere le garanzie. E sarà Sace a concedere le garanzie per la liquidità alle imprese, fino a 200 miliardi di cui almeno 30 dedicati a piccole e medie aziende, autonomi e partite Iva che abbiano già usato appieno il ricorso al Fondo di garanzia per le Pmi.
Sace resterà a Cassa depositi e prestiti, ma non sarà più soggetta «all’attività di direzione e coordinamento» di Cdp. Sarà il Mef a ricoprire il ruolo di indirizzo e coordinamento. Altri 200 miliardi sono dedicati all’export, fondi che vanno a sommarsi ai 350 miliardi già previsti
La garanzia pubblica
Rimane quindi al 100% la garanzia sui prestiti per imprese piccole e medie, come confermavano già nel pomeriggio fonti del Ministero dello Sviluppo citate dall’Ansa. Quindi: prestiti garantiti al 100% fino a 25mila, euro senza alcuna valutazione del merito di credito; 100% (di cui 90% Stato e 10% Confidi) fino a 800mila euro senza valutazione andamentale (ovvero il monitoraggio operato dalla banca sui rapporti che l’azienda intrattiene con il sistema bancario e la banca affidante; 90% fino a 5 milioni di euro senza valutazione andamentale.
Per le piccole e medie imprese, ma anche per i professionisti, la garanzia sarà del 100 per cento. Ma con delle differenze.
I prestiti fino a 25mila euro non avranno la valutazione del merito di credito, cioè non dovranno aspettare l’esito del check sull’affidabilità dell’impresa a restituire il prestito. Un check basato sullo stato di salute del’anno scorso. I prestiti, in questo caso, saranno diretti: le banche non dovranno aspettare il via libera del Fondo di garanzia – il contenitore dei soldi – per erogare le risorse. È una misura per gli artigiani, gli idraulici, i commercianti.
Da 25mila a 800mila euro la garanzia sarà al 100%, ma lo Stato coprirà solo il 90 per cento. Il restante 10% sarà coperta da Confidi, cioè dai fidi privati.
Da 800mila euro e fino a 5 milioni di euro, la garanzia statale sarà al 90 per cento.
Vale qui la stessa considerazione in campo per le grandi imprese: una parte del prestito, in questo caso del 10%, non avrà l’ombrello dello Stato. E per entrambe queste tipologie di prestiti, dal ministero dello Sviluppo economico si spiega che non ci sarà “la valutazione andamentale”. Quando andranno a chiedere i soldi in banca, il check sullo stato di salute non terrà conto dei danni provocati dal virus già dalle scorse settimane.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
L’INIZIATIVA D’INTESA CON POSTE ITALIANE RISCHIA DI LEGITTIMARE UN’ASSURDITA’ CHE DISTOGLIE L’ARMA DAI COMPITI ISTITUZIONALI
L’iniziativa congiunta di Poste e Carabinieri permetterà a una platea di 23 mila pensionati dai 75 anni in su di ricevere la pensione in contanti direttamente a casa per mano delle forze dell’ordine.
L’idea nasce per evitare gli spostamenti degli anziani, la categoria più debole, che nel periodo di riscossione delle pensioni si riversano tutti negli uffici postali correndo, in questo periodo, rischi inutili. Lo scopo è anche quello di «tutelare i soggetti beneficiari dalla commissione di reati a loro danno, quali, truffe, rapine e scippi».
Il nuovo servizio lanciato da Poste e Arma permette a «tutti i cittadini di età pari o superiore a 75 anni che percepiscono prestazioni previdenziali presso gli Uffici Postali» e «che riscuotono normalmente la pensione in contanti» di «chiedere di ricevere gratuitamente le somme in denaro presso il loro domicilio, delegando al ritiro i Carabinieri».
Il servizio di assistenza sarà quindi gratuito e direttamente a domicilio. C’è un unica limitazione del servizio, che non comprenderà quegli anziani che «abbiano già delegato altri soggetti alla riscossione, abbiano un libretto o un conto postale o che vivano con familiari o comunque questi siano dimoranti nelle vicinanze della loro abitazione».
Il servizio, quindi, sarà reso agli anziani che non possono avere assistenza, in questo senso, da membri della famiglia che abitano nelle vicinanze.
I pensionati over 75 che si trovano nelle condizioni previste per usufruire del servizio possono fare richiesta tramite «il numero verde 800 55 66 70 messo a disposizione da Poste o chiamare la più vicina Stazione dei Carabinieri per richiedere maggiori informazioni».
A quel punto i Carabinieri si recheranno presso gli uffici postali per ritirare le indennità pensionistiche e portare direttamente a casa dei beneficiari dopo che questi ultimi avranno «rilasciato un’apposita delega scritta». Il servizio durerà fino a che sarà in vigore lo stato di emergenza Covid-19.
Il provvedimento si presta a molte critiche:
1) Al netto di tutte le clausole ad escludendum il servizio è limitato ad appena 23.000 over 75 in tutta Italia. Molti di questi soggetti godono di buona salute e non si capisce perchè non possano recarsi alle Poste a riscuotere come hanno fatto fino a ieri.
2) Lasciamo perdere scippi e rapine (che sono ormai quasi inesistenti) altrimenti finisce che anche gli uomini d’affari o i commercianti (per limitarci a due categorie) potrebbero chiedere di essere scortati mentre vanno a depositare o prelevare quattrini.
3) Giusto assistere diciamo un 10.000 pensionati che hanno difficoltà di movimento, ma allora si poteva affidare il servizio alle associazioni di volontariato che già adesso consegnano a domicilio beni alimentari
4) In un periodo delicato per i controlli su chi non rispetta le norme anti-coronavirus l’ultima cosa da fare è sottrarre ai servizi istituzionali centinaia di carabinieri in tutta Italia, tramutandoli in fattorini in coda alle Poste per prelevare e poi consegnare a domicilio la pensione. Le forze dell’ordine hanno una dignità , impariamo a rispettare ruoli e funzioni.
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
“LO HANNO FATTO ALTRE REGIONI COME IL LAZIO, LA CALABRIA E LA BASILICATA CON APPOSITE ORDINANZE”
Dal 17 marzo a oggi su TPI.it abbiamo pubblicato un’inchiesta in più parti sulla mancata Zona Rossa, e conseguente chiusura, dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, in provincia di Bergamo.
La decisione di non dichiarare una Zona Rossa, che era stata fortemente raccomandata da una nota dell’Istituto superiore di sanità (ISS) già lo scorso due marzo (nota che noi di TPI abbiamo reso pubblica in esclusiva), ha causato un incremento considerevole di decessi in quel territorio, come certificato dai dati Istat incrementati fino al 2.000 per cento proprio in concomitanza della mancata chiusura.
Questo ritardo è avvenuto nonostante il governo il 23 febbraio abbia varato un decreto (il n.6) in cui si dichiarava che “allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19 nei comuni dove risulta positiva almeno una persona le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contentimento”.
Quella domenica 23 febbraio, come documentato dalla prima parte della nostra inchiesta, nell’ospedale di Alzano Lombardo “Pesenti Fenaroli” erano già stati accertati due casi di Coronavirus, focolaio dal quale è partita una vera e propria strage silenziosa di migliaia di morti.
Senza considerare poi che fino al 9 marzo non è stato istituito alcun blocco e addirittura fino al 23 marzo le aziende sono rimaste aperte nella Val Seriana, polo industriale fondamentale per l’export italiano, con circa 400 imprese presenti sul territorio, e uno scambio di persone e merce di livello incredibile.
Ma di chi era la responsabilità , chi doveva agire: il governo o la Regione Lombardia? E perchè non si è deciso di chiudere?
A una nostra richiesta di chiarimento avanzata il 27 marzo scorso in seguito alla pubblicazione della nostra inchiesta, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha oggi inviato una nota formale di risposta a TPI: “Non vi è argomento da parte della Regione Lombardia per muovere contestazioni al Governo nazionale o ad altre Autorità locali. Se la Regione Lombardia ritiene che la creazione di nuove zone rosse andava disposta prima, con riguardo all’intero territorio regionale o a singoli comuni, avrebbe potuto tranquillamente creare “zone rosse”, in piena autonomia”.
“A conferma di questo assunto — continua Conte a TPI — si rileva che la Regione Lombardia ha adottato — nel corso di queste settimane — varie ordinanze recanti misure ulteriormente restrittive, le ultime delle quali il 21, il 22 e il 23 marzo 2020″.
In merito alla nota del’ISS, pubblicata in esclusiva da TPI lo scorso 26 marzo, dopo la conferma che quel documento era stato recepito e valutato dalla Protezione Civile, ora arriva anche la conferma di Palazzo Chigi: “Nella tarda serata di giovedì 5 marzo, il presidente dell’ISS rispondeva con una nota scritta, nella quale segnalava che, pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni della Regione, i dati in possesso (l’incidenza di nuovi casi e il loro incremento, nonchè la stretta vicinanza a una città ) rendevano opportuna l’adozione di un provvedimento volto a inserire i comuni di Alzano Lombardo e di Nembro nella cosiddetta “zona rossa””.
“Il giorno successivo, il 6 marzo — continua il Presidente del Consiglio — maturava l’orientamento di superare la distinzione tra “zona rossa”, “zona arancione” e resto del territorio nazionale in favore di una soluzione ben più rigorosa, basata sul principio della massima precauzione, che prevedesse la distinzione del territorio nazionale in due sole aree: la Lombardia e province focolaio di altre regioni e il resto d’Italia”.
Continua così la ricostruzione a TPI del presidente del Consiglio in merito alla mancata chiusura di Alzano e Nembro: “La notte stessa del 7 marzo, sentite le Regioni e i Ministri interessati, veniva dunque adottato il decreto del Presidente del Consiglio, che reca la data di domenica 8 marzo, in quanto firmato nelle primissime ore del mattino, con il quale l’intera regione lombarda diventava “zona rossa”, in quanto l’intero territorio regionale veniva sottoposto a un regime uniforme di misure particolarmente restrittive”.
Poi, la stoccata finale al governatore della Lombardia Attilio Fontana, circa la responsabilità nella competenza territoriale per la decisione sulla Zona Rossa: “Quanto invece alle competenze e ai poteri della Regione Lombardia, si fa presente che le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti”. “Al pari di quanto hanno fatto altre Regioni — conclude Conte — come il Lazio, la Basilicata e la Calabria, nei cui territori, con ordinanza, sono state create “zone rosse” limitatamente al territorio di specifici comuni”.
(da TPI)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
GRAN SENSO DELLE ISTITUZIONI PERMETTERE SUL SUO PROFILO PUBBLICO UN COMMENTO DA DENUNCIA E SCHERZARE CON L’AUTORE (AMICO SUO)
Nel proprio privato ognuno può scherzare come e quanto vuole. Se si è rappresentante di un’istituzione, però, non si può scherzare e ridere pubblicamente — dato che la bacheca social in questione è pubblica — con chi fa un richiamo alle armi per cacciare i membri del Parlamento.
Eppure tutto ciò è accaduto sul profilo Facebook di Alessandro Ciriani, di professione sindaco di Pordenone, sotto a una foto postata dallo stesso primo cittadino in compagnia della sua famiglia
Completamente fuori dal contesto dell’immagine, tra i commenti con cui ha interagito Alessandro Ciriani — primo cittadino di Pordenone dal giugno del 2016, candidato con la propria lista civica sostenuta da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega — con un personaggio che, a leggere la dialettica del messaggi, sembra essere un suo amico.
E proprio questa persona scrive un messaggio delirante con tanto di richiamo alle armi contro Montecitorio.
«Facciamo così. Prendo un po’ di alpini, parà e carabinieri, coi coglioni quadrati. Facciamo un salto a Montecitorio con una dozzina di carriarmati. Destituiamo quei quattro farabutti inetti traditori della patria. Sistemate due cosine che so io, ci mettiamo te, Alessandro, a capo del governo. Io intanto riapro la zecca nazionale, e ricomincio a stampare Lire, e tu comunichi l’uscita unilaterale dell’Italia dall’Eurozona».
Questo il messaggio che non solo non è stato censurato da Ciriani, ma ha dato vita a un ironico scambio di battute: «Ovviamente ci portiamo dietro Max — risponde il sindaco di Pordenone -. E una folta squadra di avvocati!».
La stessa persona ha poi risposto: «non servono. Avremo il popolo dalla nostra parte! Com’era quello slogan? ‘Senza paura’, no?».
Si dirà che era solo una battuta. Forse, ma occorre ricordare ai personaggi che rappresentano un’istituzione della Repubblica che il loro comportamento debba sempre essere d’esempio per i cittadini.
Scherzare sui social, per di più in un profilo pubblico, su temi come la chiamata alle armi non è segno di responsabilità .
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
HA FILMATO ARBITRARIAMENTE E PUBBLICATO SUI SOCIAL UN PRESUNTO TRASGRESSORE DEL DIVIETO DI USCIRE QUANDO INVECE AVEVA DIRITTO ALL’ATTIVITA’ MOTORIA PER PRESCRIZIONE MEDICA
Un paio di giorni fa abbiamo raccontato la vicenda del vicesindaco di Ferrara Nicola Naomo Lodi all’inseguimento di un runner per le vie di Ferrara e della scoperta successiva del fatto che il presunto colpevole del reato di jogging fosse invece un paziente psichiatrico a cui erano state prescritte le corse come terapia.
Oggi l’uomo, con il nickname di Ulix, scrive a Estense.com e racconta altri dettagli interessanti sulla storia.
Naomo lo aveva infatti definito come uno che “che in barba alle restrizioni sbeffeggia tutti, forze di controllo comprese. Ogni giorno assieme all’inseparabile apparato musicale, rigorosamente ad alto volume ed accompagnato dal povero cane, il fenomeno corre per tutta Ferrara fregandosene dei divieti” e diceva che la polizia aveva denunciato il runner. Beh, pare che non sia vero, anzi.
Ulix interviene per far capire che “quando si parla bisognerebbe conoscere i fatti e non come quel carissimo vicesindaco che pensa di essere intoccabile”.
Proprio a Naomo, che già questa mattina dovrebbe essere querelato dall’avvocato del signore, si rivolge parte del commento: “Quella brava persona che mi ha inseguito, che mi ha offeso, che mi ha costretto a chiedere l’aiuto della Polizia per mandarlo via, al quale è stato anche intimato dalla Polizia stessa di cancellare il filmato e di non postarlo, lui che fa, se ne frega lui per primo”.
Insomma, a quanto pare la polizia ha fatto il contrario di quello che aveva raccontato il vicesindaco sulla sua pagina facebook. E non finisce qui:
Insomma “un vero paladino della giustizia che nonostante tutto sfrutta la casa popolare addobbata in stile hollywoodiano, usa il pass invalidi sebbene la sua malattia ormai non lo preveda più, rincorre i neri spacciatori… Poveretto, guadagna solo 4800 euro e deve riuscire a mantenerli ed anche a mantenersi la sua sedia ed allora che fa? Il paladino della giustizia, se la prende con lo sfigato di turno che voi, suoi sostenitori, chiamate per segnalare sto matto che corre, che trascina il cane, che suona, che se ne frega di tutto”.
Ulix spiega anche che la corsa (“intensa attività fisica”) gli è stata prescritta dai medici come “unica strategia” per fronteggiare lo stress cui in certi periodi lo affligge.
Uno stress talmente elevato che l’ha portato a cercare di togliersi la vita in due occasioni. “Ora sto pensando al terzo suicidio — scrive Ulix -. Ecco il perchè devo correre: devo uscire, non devo avere barriere altrimenti la mia vita finisce”.
E quei certificati “che ho in mio possesso dal Centro di salute mentale di Ferrara (verificati dalla redazione, ndr)” sono stati redatti dopo l’entrata in vigore dei vari decreti del Coronavirus, “quindi i medici sapevano benissimo come si dovevano comportare”.
E stamattina l’avvocato di Ulix presenterà una querela nei confronti. di Naomo. D’altronde, chi si comporta come lui rischia esattamente questo.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
I MANCATI INVESTIMENTI NELLA SANITA’ PUBBLICA ALL’ORIGINE DELLA PAUROSA DIFFERENZA DI VITTIME RISPETTO AI TEDESCHI
Una corsa contro il tempo per salvare la vita di molti italiani.
È la sfida a cui è chiamato il Servizio Sanitario nazionale ad appena due anni dai suoi primi 40 anni. E se da circa un mese un intero Paese assiste al rito quotidiano dei contagi e, tragicamente, dei decessi da Covid-19, la locuzione “terapia intensiva” usata fino a ieri prevalentemente da sanitari e addetti ai lavori, è diventata ormai lessico quotidiano.
Parliamo di interi reparti o singole postazioni dedicate a pazienti che hanno bisogno di assistenza continua per il mantenimento delle loro funzioni vitali.
Un’unità di terapia intensiva è generalmente dotata di specifici macchinari come respiratori automatici, sistemi di monitoraggio continuo delle funzioni vitali, defibrillatori manuali e molto altro. Tecnologie che, nelle polmoniti più critiche innescate dal nuovo coronavirus, possono fare la differenza fra la vita e la morte.
Le unità di terapia intensiva disponibili in Italia, prima dello tsunami da Covid-19, erano 5.293, una media di 8.7 ogni 100.000 abitanti non distribuita uniformemente sul territorio nazionale.
Dal primato positivo della Liguria a quello negativo della provincia autonoma di Bolzano, il loro numero variava (e varia) da regione a regione.
«I reparti di terapia intensiva sono essenziali, al di là dell’emergenza da Covid-19, per la cura di patologie critiche come ictus o infarto, ma anche nel caso di eventi traumatici, penso banalmente a gravi incidenti. Sono poi fondamentali come supporto a diversi interventi chirurgici: quando parliamo di liste d’attesa lunghe per specifici interventi, parliamo anche di scarsità di postazioni di terapia intensiva » spiega Carlo Palermo, presidente dell’Anaao-Assomed, associazione di medici e dirigenti sanitari.
I posti di terapia intensiva in Italia erano 7.3 per 100.00 abitanti nel 2008, una media che è arrivata 8.7 nel 2018.
Non si può quindi parlare di diminuzione negli anni, ma il loro relativo aumento non è stato certo significativo e non è servito ad arginare le richieste provocate dall’epidemia da nuovo coronavirus. Sono molte le regioni con reparti di terapie intensiva in via di saturazione ed è ormai nazionale la corsa contro il tempo per incrementare le postazioni, una dinamica che sembra purtroppo incidere anche sulla gestione dell’epidemia.
E anche se non esistono dati aggiornati al 2019, il paragone con l’estero lascia perplessi.
“La Germania ha circa 28-29 postazioni di terapie intensive ogni 100.000 abitanti, ovvero 3 volte e mezzo le nostre” argomenta Palermo, citando uno studio del 2012 . Un dato che rende l’idea della diversa gestione della crisi da parte dei due paesi, e dell’enorme costo umano, che la tragedia del Covid-19 sta provocando nello Stivale.
(da Giornalettismo”)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
ISTAT: AL SUD IL 40% DELLE FAMIGLIE SENZA COMPUTER… IL 41% DEI BIMBI VIVE IN ABITAZIONI SOVRAFFOLLATE
Troppi nuclei familiari ancora non hanno a disposizione pc o tablet. E tanti vivono in abitazioni molto piccole, dove per l’emergenza coronavirus sono costretti a passare tutta la loro giornata.
La percentuale di famiglie senza computer supera il 41% nel Mezzogiorno, con Calabria e Sicilia in testa (rispettivamente 46% e 44,4%), ed è circa il 30% nelle altre aree del Paese. Più elevata a Sud anche la quota di famiglie con un numero di computer insufficiente rispetto ai componenti: il 26,6% ha a disposizione un numero di pc e tablet per meno della metà dei componenti e solo il 14,1% ne ha almeno uno per ciascun componente. Lo rileva l’Istat nella ricerca ‘Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi’.
Viceversa, nelle regioni del Nord la proporzione di famiglie con almeno un computer in casa è maggiore. In particolare a Trento, Bolzano e in Lombardia oltre il 70% delle famiglie possiede un computer, e la quota supera il 70% anche nel Lazio. Nel Nord, inoltre, la quota di famiglie in cui tutti i componenti hanno un pc sale al 26,3%.
Rispetto alla dimensione del comune, la percentuale più alta di famiglie senza computer si osserva nei comuni di piccole dimensioni (39,9% in quelli fino a 2.000 abitanti), la più bassa nelle aree metropolitane (28,5%).
Se si considerano le famiglie con minori, la quota di quante non hanno un computer scende al 14,3%, ma le differenze territoriali risultano ancora più accentuate con valori che vanno dall′8,1% del Nord-ovest (6% in Lombardia) al 21,4% del Sud.
C’è un altro elemento di rilievo nella ricerca dell’istituto di statistica: nel 2018 il 27,8% delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo. Questa condizione di disagio è più diffusa per i bambini, il 41,9% dei quali vive in abitazioni sovraffollate.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
TRE STUDI, DI CUI DUE ITALIANI: “NUMERI ALTI PER LA DIFFUSIONE DEL VIRUS, TROPPO BASSI PER CREARE L’IMMUNITA’ DI GREGGE”
Il primo a far decollare il concetto di “contagiati sommersi”, intervistato da Repubblica, fu il riservato capo della Protezione civile, Angelo Borrelli: “Il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile”, disse riferendosi alle stime di chi sa. Oggi, con la sua Protezione civile che individua i positivi totali in 128.948, significherebbe un milione e 300 mila contagiati reali in Italia. Ma lavori medico-statistici aggiornati spingono in avanti la cifra: al 6 aprile, secondo le ricerche più aggiornate, gli affetti da coronavirus sono stimati tra cinque e sei milioni.
Le parole di Borrelli erano confermate da uno studio accademico cinese di inizio marzo che, spostando l’attenzione sulla regione di Hubei, individuava proprio in quel rapporto – uno a dieci – quello da applicare nella Cina più colpita. Altri studi delle università cinesi parlano di uno a quattro. Ma il numero dei contagiati non avvistati, così importante sia per approntare politiche di contenimento che per comprendere a quali tempi le politiche devono riferirsi -, trova riscontro nel nostro Paese tra due studi lontani tra loro e approntati con metodologie diverse.
Il professor Carlo La Vecchia, docente di Statistica epidemiologica dell’Università di Milano, ha coordinato un’indagine Doxa sul Covid-19 che ipotizza un 10 per cento di italiani contagiati: sono sei milioni, “di cui un milione nella sola Lombardia”.
Bene, a questo lavoro, reso pubblico da La Stampa, ora si affianca un paper di dodici studiosi italiani, sottoposto in questi giorni a revisione internazionale, chiamato “The Covid-19, infection in Italy: a statistical study of an abnormally severe disease”.
Una malattia grave in maniera anormala. Bene, al 25 marzo scorso, con 74.300 mila casi positivi, gli infettati reali erano in un range tra 600 mila e 3,3 milioni.
Oggi, quindi, seguendo la curva della crescita, i positivi sarebbero 5,2 milioni. Lo studio “An abnormally severe disease”, coordinato dal professor Giuseppe De Natale, ribadisce le cifre – 5-6 milioni – dell’indagine Doxa del professor La Vecchia.
“Sono numeri sufficientemente alti per mettere a rischio i sani, troppo bassi per garantire l’immunità di gregge”, ha spiegato lo statistico della Statale. L’immunità di gregge prevede il 60-70 per cento di colpiti e, quindi immunizzati per consentire una tutela per tutti i residenti.
E’ interessante addentrarsi nel lavoro dei dodici studiosi (Cnr, Ingv, Università Federico II di Napoli e Università di Zurigo). La tesi è che i casi italiani sono “fortemente sottostimati” e si mette in comparazione la letalità specifica del nostro Paese – 12 per cento nel rapporto contagiati-deceduti, con percentuali maggiori in Lombardia – con quelle intorno al 4 per mille di Germania, Austria, Norvegia, Irlanda e Australia e una letalità media dell’1-2 per cento riscontrata negli Stati Uniti, in Danimarca, Belgio e Portogallo.
Lo studio italiano prende in esame il fatto che il 23 per cento dei connazionali sia fumatore, ma la media europea sale al 29 per cento; che l’area al di sopra del Po sia tra le più inquinate d’Europa, ma ve ne sono di altrettanto compromesse in zone industriali del continente; che la popolazione italiana sia la seconda più anziana al mondo – ma il Giappone, la nazione più vecchia, ha un indice di letalità più basso del nostro-, e ancora che abbiamo meno posti letto e terapie intensive, per esempio, della Germania.
La questione centrale, sostiene però “An abnormally severe disease”, non sono le sigarette, nè l’inquinamento, neppure la sanità tagliata. La questione è la forte sottostima del dato dei contagiati. E la controprova ci è data dall’unico caso in cui, ad oggi, un’intera comunità è stata sottoposta a tampone: sulla nave da crociera “Diamond Princess”, ormeggiata a fine febbraio nel porto di Yokohama, in Giappone.
Bene, delle 3.711 persone a bordo della “Diamondi Pricess”, 705 sono risultate positive al tampone e 7 sono decedute. Nel “caso perfetto”, perfettamente isolato e quindi ideale per uno studio statistico, il Covid è stato fatale all’un per cento dei presenti.
Quello è il riferimento: un morto ogni cento contagiati. Anche le statistiche italiane dovrebbero tendere a questa letalità . Un milione e mezzo di affetti, almeno, per salire a sei milioni di fronte a percentuali di letalità che in Italia possono essere comunque più alte (ma mai al 12 per cento oggi certificato).
Questi due lavori sono in linea, tra l’altro con lo studio europeo realizzato lo scorso 30 marzo dagli epidemiologi dell’Imperial College di Londra: l’università inglese attribuisce al nostro Paese un’infezione diffusa pari al 9,8 per cento medio (in una forchetta larga, compresa tra il 3,2 e il 26 per cento). Il dato medio corrisponde a poco più di sei milioni di italiani, ecco.
Vi sono, ancora, momitoraggi di società private che, con campioni ridotti, portano il livello del contagio al 38 per cento (la Meleam di Bitonto che ha cercato gli anticorpi Igm-Igg). Per fare statistica seria la base considerata è insufficiente. Si rende necessario, per approfondire questo passaggio fondamentale in vista della fase 2 della convivenza, uno studio del Consiglio superiore di Sanità , nazionale e su un campione rappresentativo. Lo assicurano pronto entro il mese di aprile.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2020 Riccardo Fucile
IL MINISTRO RAAB GLI SUBENTRA PER ESERCITARE LA SUPPLENZA
Il premier britannico Boris Johnson è stato trasferito stasera in terapia intensiva al St Thomas hospital dopo che le sue condizioni sono peggiorate in seguito al ricovero per il coronavirus.
Lo riferisce Downing Street precisando che il ministro degli Esteri Dominic Raab gli subentra per esercitare la supplenza.
“Fin da domenica sera – si legge in una nota diffusa stasera da Downing Street – il primo ministro è stato preso in cura dai medici del St Thomas Hospital, a Londra, dopo essere stato ricoverato per sintomi persistenti di coronavirus. Nel corso del pomeriggio le condizioni del Primo Ministro sono peggiorate e, su raccomandazione del suo team medico, è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale”.
“Il Primo Ministro – riferisce ancora Downing Street – ha chiesto al ministro degli Esteri, Dominic Raab, che è Primo Segretario di Stato, di sostituirlo per quanto necessario. Il Primo ministro sta ricevendo cure eccellenti e ringrazia tutto lo staff dell’Nhs (il servizio sanitario nazionale britannico) per il suo lavoro e la sua dedizione”.
(da agenzie)
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