Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
QUESTI MILIARDI NON SI PRENDONO DALLE RICCHEZZE REALI, MA STAMPANDO NUOVO DEBITO… FACILE, MA CHI LO PAGHERA’?
In questi giorni sembra di essere in una puntata di Casa di Carta. Dal cielo sembrano piovere soldi,
tanti, tantissimi soldi.
Il Governo, l’Unione Europea, la BCE, il G8 tutti hanno aperto i cordoni della borsa. Niente più patto di stabilità , parametri o austerità .
Migliaia di miliardi di nuovo debito saranno immessi nell’economia. Chiunque sta chiedendo aiuto ed a tutti si promette denaro contante. Imprese e lavoratori, famiglie e banche, enti locali, enti di ricerca, associazioni, proprietari ed affittuari di case ed uffici, chi ne ha bisogno e chi no, tutti chiedono ed a tutti si assicura che riceveranno il necessario.
Ma questi soldi da dove vengono? Vengono appunto da nuovo debito (che sia nazionale o europeo è importante ma non troppo). Nessuno parla di tasse anzi. Tutti dicono che le tasse saranno sospese, rimandate, annullate.
Il debito è per sua natura un obbligo di restituire nel futuro le cifre che spendi oggi. Quindi lo pagheremo noi. Non oggi ma nel futuro.
Per questo è fondamentale smetterla con la demagogia. Non tutti hanno diritto e non tutti devono essere salvati.
I soldi vanno spesi per cambiare l’economia non per conservarla. E poi le tasse vanno pagate da chi le può pagare.
Forse banale ma è necessario ricordarlo a chi crede che basti la bacchetta magica.
(da LiberaTV)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
REDDITO DI EMERGENZA A 500 EURO ANCHE PER I LAVORATORI IN NERO… BONUS FIGLI E 200-400 A COLF E BADANTI… VERSO PIL – 8% E DEFICIT + 8%… SOLDI A FONDO PERDUTO ALLE IMPRESE E 800 EURO AI SOLITI AUTONOMI
Il Consiglio dei ministri per il via libera a un nuovo scostamento del deficit viene rinviato. E il decreto vedrà la luce solo a fine mese. I soldi, quindi, a maggio.
In ogni caso, le norme del decreto vanno ancora scritte: ci sono ancora punti su cui si discute, come quello dei ristori alle imprese.
I 5 stelle e i renziani spingono per dare soldi freschi, a fondo perduto. Ma il titolare del Tesoro, Roberto Gualtieri, è su una linea più prudente, più incline a congelare le tasse.
Un decreto da 70 miliardi
La manovra sarà pari a circa 70 miliardi. Quaranta miliardi saranno risorse recuperate attraverso un nuovo aumento del deficit, che dal 3,2% sarà portato a circa il 5,5 per cento. Sono soldi che dovranno essere autorizzati da Bruxelles attraverso una nuova iniezione di flessibilità . Gli altri trenta miliardi sono garanzie statali per sostenere il decreto che dà prestiti alle imprese, quello approvato il 6 aprile.
Un reddito di emergenza da 500 euro anche per i lavoratori in nero. Non a chi ha già quello di cittadinanza
Ci sono cittadini che non hanno alcuna forma di sostegno al reddito. Il governo li ha quantificati in circa 3 milioni. A marzo non hanno ricevuto nè la cassa integrazione, data ai lavoratori dipendenti, nè il bonus conferito agli autonomi. Sono i precari, i lavoratori stagionali, chi rischia di non avere rinnovato il contratto. Riceveranno 500 euro. Lo stesso importo lo avranno anche i lavoratori in nero.
Chi prende il reddito di cittadinanza non lo avrà , neppure se l’importo del Rdc è inferiore a 500 euro. Il reddito di cittadinanza ha un valore medio di 500 euro: c’è chi prende il sostegno pieno, cioè 780 euro, ma anche chi prende meno di 500 euro.
Per colf e badanti un aiuto tra i 200 e i 400 euro
Ci sono anche loro tra i grandi esclusi del Cura Italia. Il governo non ha ancora deciso dove fissare l’asticella, ma la forchetta del sostegno mensile per aprile va dai 200 ai 400 euro.
Bonus figli una tantum
Il sostegno per le famiglie a marzo è stato circoscritto ai voucher baby sitter e a un’estensione dei congedi parentali. Ma con le scuole chiuse, e quindi i figli a casa, e con quasi tutti i lavoratori finiti in cassa integrazione, e quindi con meno soldi in tasca, l’intervento si è rivelato insufficiente. Allo studio, ora, c’è un bonus figli, probabilmente una tantum.
L’incognita dei soldi freschi alle imprese. Nella maggioranza non c’è ancora intesa.
La grande questione che si è aperta con l’approvazione del decreto che concede prestiti alle imprese è appunto che si tratta di prestiti e non di soldi a fondo perduto. È vero che c’è la garanzia dello Stato su questi prestiti, ma le imprese chiedono soldi freschi perchè i fatturati sono stati azzerati dalla chiusura. E le spese – dalle bollette agli affitti – sono rimaste lì. E le tasse sono state solo rinviate: si dovranno pagare dopo, ma si dovranno comunque pagare.
I 5 stelle e Italia Viva spingono per un ristoro alle imprese. I pentastellati evocano il modello tedesco: niente burocrazia, soldi diretti. Ma al Tesoro, spiegano fonti di governo di primissimo livello, Gualtieri è per rafforzare la strategia della sospensione delle tasse. I grillini, però, tengono il punto. Appena giovedì, Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico in quota 5 stelle, ha annunciato l’arrivo di “misure di ristoro e indennizzo a fondo perduto”.
È stata fatta anche una mappatura: 4 milioni di imprese. Mille euro a testa significa che servono 4 miliardi, mentre ne servono 40 se si vuole portare il sostegno a diecimila euro. Ma la questione è aperta. Preme anche Italia Viva, che non intende mettere il rinvio delle tasse e i ristori sullo stesso piano. Dice Luigi Marattin, il frontman dei renziani, a Huffpost: “Il rinvio delle tasse e i ristori sul fatturato sono due cose diverse e per nulla alternative. Servono entrambe”.
La cassa integrazione prorogata fino al 31 luglio, il bonus per gli autonomi sale a 800 euro
Il Cura Italia ha previsto tre forme di sostegno: la cassa integrazione ordinaria, quella in deroga e il Fondo di integrazione salariale. Con percentuali diverse rispetto all’importo pieno dello stipendio sono stati tutelati i lavoratori che sono rimasti a casa e che non possono lavorare in smart working, ma anche quelli che sono visti diminuire le ore di lavoro. Il sostegno dello Stato sarà prorogato fino al 31 luglio.
Sale da 600 a 800 euro il bonus mensile per i lavoratori autonomi (partite Iva, professionisti, stagionali, autonomi dello spettacolo).
Il prezzo della crisi nel Def. Verso Pil a -8% e deficit +8%
Il Consiglio dei ministri che si terrà la settimana prossima, probabilmente mercoledì, approverà anche il Def, il Documento di economia e finanza che indica gli obiettivi della politica economica del governo e il relativo cronoprogramma. È importante anche perchè indica lo stato di salute di un’economia attraverso i principali indicatori macroeconomici.
Le caselle non sono state ancora riempite, ma il valore del Pil per quest’anno dovrebbe essere collocato a -8%, una previsione di poco migliore rispetto a quella del Fondo monetario internazionale, che ha fissato l’asticella a -9,1 per cento. Il deficit, invece, dovrebbe salire all′8 per cento.
(da agenzie)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
LE FORZE DELL’ORDINE SI MOBILITANO PER UNO CHE PRENDE IL SOLE MA NON VEDONO CENTINAIA DI PERSONE IN CORTEO
Ieri è morto Carmine Sommese, sindaco di Saviano e chirurgo in servizio nell’Ospedale Santa Maria la
Pietà di Nola, ex consigliere regionale eletto con la lista «Alleanza di Popolo» a sostegno di Stefano Caldoro. Sommese è stato stroncato dal Coronavirus ed era stato contagiato un mese fa.
E oggi molti video raccontano che c’era una gran folla nel Napoletano, lungo strada che porta al municipio, per il rito funebre. Almeno 200 persone, palloncini, e musica per un politico locale di spicco e sindaco molto apprezzato nella sua città : la gente ha voluto comunque tributargli un omaggio, scendendo in strada al passaggio del carro funebre e fregandosene della quarantena.
Il vicesindaco, Carmine Addeo, si è anche tolto la fascia tricolore per farla indossare alla moglie di Sommese.
Il carro funebre è stato accolto da un lungo applauso delle persone assiepate senza rispetto delle distanze di sicurezza, ripreso dalle immagini di molti cellulari, video che dimostrano l’esistenza di un assembramento, nonostante il divieto delle norme anticontagio per il Covid-19.
Nessuno tra le forze dell’ordine si è evidentemente accorto di niente.
Si tratta del secondo funerale in barba all’emergenza Coronavirus di cui si ha notizia in pochi giorni: il primo si era svolto a Messina. È stato il giornale La Gazzetta del Sud a pubblicare una serie di fotografie che hanno immortalato un assembramento creatosi durante il corteo funebre per Sparacio, fratello di un ex boss mafioso diventato collaboratore di giustizia.
Amici e parenti hanno percorso diverse centinaia di metri, a piedi o a bordo di auto e moto, per accompagnare il feretro al cimitero. Anche qui la polizia non si è accorta di niente.
Poi c’è Rimini. Dove il comune, sulla sua pagina facebook, ha pubblicato ieri una serie di video che mostrano droni e poliziotti in azione per sorvegliare la spiaggia: “Entrano in campo anche i droni per scoraggiare chi, in violazione alle direttive e alle misure emergenziali ministeriali e regionali, esce di casa per ragioni non consentite”, annuncia pomposamente il municipio confermando che l’emergenza Coronavirus ha come sua prima vittima ormai il senso del ridicolo.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
RIGUARDA I PRESTITI ALLE IMPRESE AGRICOLE STABILITI DAL GOVERNO… LA LEGA NON VUOLE CHE LE BANCHE FACCIANO LA VERIFICA ANTIMAFIA PRIMA CHE IL RICHIEDENTE INCASSI I SOLDI
“L’ impatto della crisi del Covid-19 nel settore agroalimentare non può lasciarci indifferenti. Sul fronte burocratico bisogna agire rapidamente per fare in modo che gli agricoltori ricevano fin da subito gli strumenti previsti dalla Pac, con l’anticipo delle liquidazioni e la sospensione dei controlli di Agea, invece di perdere tempo con le carte bollate”.
Lo scrivono in una nota i parlamentari della Lega Gian Marco Centinaio, Giorgio Maria Bergesio, capogruppo in Commissione Agricoltura a Palazzo Madama e Lorenzo Viviani, capogruppo in Commissione Agricoltura a Montecitorio.
“In un momento di difficoltà come questo che stiamo vivendo — osservano — i ritardi nell’erogazione degli aiuti causati dalle incombenze burocratiche, non sono assolutamente sostenibili per le nostre imprese. La Lega rinnova l’invito al governo e al ministro Bellanova di agevolare le procedure differendo l’accertamento antimafia sopra i 25 mila euro a dopo l’erogazione dei contributi”
La procedura a cui si riferiscono i parlamentari della Lega è quella per chiedere i prestiti fino a 25.000 euro e sarà operativa da lunedì prossimo (20 aprile, ndr). Partite Iva e piccole imprese potranno ottenere la liquidità , in poche ore, seguendo soltanto quattro passaggi: firmare il contratto di finanziamento, sottoscrivere la richiesta di accesso al Fondo di garanzia, presentare una copia di un documento di identità , compilare un’autocertificazione sui ricavi e le spese del personale. La banca dovrà effettuare solo la verifica antiriciclaggio e antimafia.
Lo ha spiegato ieri mattina, durante la trasmissione Radio Anch’io su Radio Rai1, il Segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, parlando dell’applicazione del decreto legge n. 23 dello scorso 8 aprile, che ha introdotto garanzie pubbliche per i prestiti alle imprese e alle Partite IVA.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
SQUALLIDA PROPAGANDA UTILIZZANDO UN SIMBOLO DELLE ISTITUZIONI ABBINATO A QUELLO DI PARTITO
L’ultima campagna istituzionale lanciata dal vicepresidente della giunta calabrese Nino Spirlì prevede
il simbolo della Lega — Salvini — Calabria su manifesti e poster che mostrano prodotti della Calabria.
La scelta, piuttosto “originale”, lo è ancora di più se si nota alla fine di ciascun manifesto il simbolo istituzionale della Regione.
Nino Spirlì, che qualche giorno fa su Facebook se la prendeva con “i figli di Satana” a cui “dà fastidio la sua fede”, mostra funghi, peperoncini e altri prodotti della campagna e li collega con lo slogan «Aiuta chi ci aiuta, scegli calabrese»: l’invito è evidentemente a consumare soltanto prodotti tipici della regione in nome dell’autarchia, ma il simbolo della Lega dona al tutto un tentativo evidente di buttarla in politica.
Naturalmente l’opposizione non l’ha presa bene: “A questo serviva l’ingresso della Lega nel governo della Regione Calabria? A usare i prodotti calabresi e il logo istituzionale della Regione per fare propaganda a un partito che, tra l’altro, ha sempre disprezzato noi e la nostra cultura? Se si vuole sostenere chi produce e chi consuma calabrese lo si faccia con atti concreti, non con ‘campagne’ che fanno emergere solo luoghi comuni e scarso senso delle istituzioni”, dice Pippo Callipo, capogruppo di “Io resto in Calabria” in Consiglio regionale, commenta su Facebook la campagna di comunicazione “Scegli calabrese” a cura della Vicepresidenza della Regione Calabria in cui si associa al logo istituzionale della Regione anche il simbolo della Lega.
“È inaccettabile che la Lega calabrese usi il simbolo della Regione per fare spicciola propaganda di partito. Mi auguro che la presidente Jole Santelli intervenga e imponga ai membri della sua maggioranza un maggior rispetto delle istituzioni pubbliche”, afferma invece la deputata del MoVimento 5 Stelle Federica Dieni “Tralasciando il significato della campagna ‘Scegli calabrese’, piuttosto grottesca dato che a sostenerla è un partito che ha sempre fatto solo gli interessi delle regioni del Nord — prosegue la deputata — è davvero inopportuno e politicamente scorretto che il simbolo del movimento di Salvini venga associato a quello della Regione, in quella che può apparire come una una sorta di leghistizzazione della principale istituzione della Calabria. La Lega e Spirlì, pertanto, dovrebbero avere il garbo politico di chiedere scusa e di non replicare mai più simili strumentalizzazioni delle istituzioni pubbliche”.
(da agenzie)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
IN VIAGGIO CON 59 MEDICI VOLONTARI PER AIUTARE I COLLEGHI SFINITI
Un gruppo di 59 medici è partito dall’aeroporto militare di Pratica di Mare di Roma alla volta di Bologna per poi da lì essere distribuito a operare nelle regioni più colpite dal Coronavirus.
Le telecamere di Fanpage.it hanno seguito la loro partenza, ha ascoltato le loro storie: “Abbiamo fatto un giuramento, non è retorica ma è una missione. Qualcosa che è giusto fare in questo momento”.
Si tratta di una parte dei circa ottocento tra dottori e infermieri volontari che sono stati selezionati tramite un bando della Protezione Civile a cui hanno risposto migliaia di sanitari.
Il periodo di servizio è di tre settimane, ma il ministro per gli Affari Regionali Boccia — che ha accompagnato i volontari nel viaggio verso l’Emilia — non ha escluso che possa essere chiesto al personale di prolungare la loro disponibilità per far fronte alla crisi. “Lo facciamo per curare i malati — spiegano le persone in partenza —, ma soprattutto per dare un cambio ai colleghi che da mesi si trovano a lavorare in condizioni estreme”. Paura? “Un po’, ma quando abbiamo scelto questa professione abbiamo fatto un giuramento ed è giusto rispettarlo”.
Una, tra i medici volontari, racconta di aver lasciato a casa un marito e un figlio piccolo: “La cosa più difficile è spiegare ai miei cari questa scelta, a mio figlio. Gli ho detto: ‘La mamma si sente di fare questa cosa qua perchè è importante’. Alla fine mio figlio l’ha capito e mi ha dato ancora più forza. Paura ne ha, però è contento perchè mi vede contenta e faccio una cosa che volevo fare con il cuore”.
Grande lucidità da parte dei professionisti della salute: “Non ci aspettiamo la gratitudine, ma vogliamo l’attenzione. L’attenzione deve essere sempre massima perchè finito questo periodo di pandemia, ci aspetterà un altro periodo in cui non possiamo lasciare indietro più nessuno”.
(da Fanpage)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
SOLDI AI PRIVATI, TAMPONI NON FATTI E OSPEDALI NUOVI NON UTILIZZATI
Viaggio nella sanità campana dopo un mese di epidemia da Covid 19. Come la narrazione di Vincenzo
De Luca si scontra con la realtà .
Tra meme e video ironici che amplificano il governatore, Fanpage.it è andata a verificare il funzionamento degli ospedali, le analisi dei tamponi, l’utilizzo dei fondi legati alla gestione dell’emergenza, la condizione dei cittadini che aspettano di essere assistiti, gli accordi con la sanità privata e il numero reale dei posti letto. Un quadro dettagliato di un disastro sanitario raccontato come “un modello di eccellenza nel mondo”
Dal 26 febbraio scorso, quando in Campania c’è stato il primo caso di contagio da Coronavirus, la gestione dell’emergenza ha avuto un solo deus ex machina, il presidente della regione Vincenzo De Luca.
Ha governato la fase di crisi dovuta alla pandemia globale attraverso videomessaggi su facebook, rassicurando e bacchettando. Le sue frasi hanno prodotto meme sui social, parodie, imitazioni, addirittura racconti animati. Dal “lanciafiamme” contro chi esce di casa alla guerra ai riders, dalla maschera “del coniglio Bunny” fino agli attacchi a Conte.
Ma mentre sui social arrivava nelle case dei campani la narrazione deluchiana della gestione dell’emergenza, la realtà faceva evidenziare una serie impressionante di criticità del sistema sanitario campano.
Dal raffronto tra la narrazione del governatore e la realtà che quotidianamente abbiamo raccontato in questo mese e mezzo di emergenza Coronavirus in Campania, nasce questo lavoro di approfondimento
I posti letto ed i numeri che non tornano: dove sono 300 terapie intensive?
E’ l’inizio dell’epidemia quando il governatore nel suo consueto messaggio settimanale senza contraddittorio sulla sua pagina Facebook annuncia: “Abbiamo 322 posti di terapia intensiva in Campania, stiamo lavorando per raddoppiarli, per arrivare a circa 500”. I numeri non possono mai essere approssimativi. Nel piano regionale ospedaliero approvato dalla giunta De Luca nel 2019, e parte integrante della relazione sul piano di rientro del debito sanitario inviava al Ministero della Salute e approvata a dicembre scorso, la Regione Campania comunica di avere negli ospedali pubblici 621 posti di terapia intensiva. Eppure ad inizio epidemia De Luca comunica che sono 322. Che fine hanno fatto gli altri 300 posti?
“C’è una situazione paradossale nella nostra regione — spiega a Fanpage.it Valeria Ciarambino, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Regione Campania — al Ministero risultano oltre 600 posti di terapia intensiva, ma questo è un dato che non esiste nella realtà della Campania”.
Per portare la dotazione dei posti letto di terapia intensiva ad un numero che quanto meno si avvicinasse a quello che aveva dichiarato al governo nel piano di organizzazione ospedaliero, De Luca usa i fondi che il governo nazionale mette a disposizione delle regioni per l’emergenza Covid 19.
Il 7 marzo viene varata la spesa di 28 milioni di euro per raddoppiare il numero di posti di terapia intensiva e arrivare a quasi 600, quelli che avrebbero già dovuto essere a disposizione degli ospedali campani. De Luca attacca frontalmente il governo, ma come chiarisce a Fanpage.it Vito Crimi, vice ministro dell’Interno, la questione è un’altra: “Se io leggo dei dati e c’è scritto che la Campania ha 600 posti di terapia intensiva e vedo che i pazienti ricoverati sono molto di meno, magari destino ad altri le strutture di terapie intensive che arrivano, questi numeri indicati sono pura fantasia, non esistono”. I
Altri 12 milioni di euro vengono spesi per acquistare 3 ospedali prefabbricati. Il più grande di questi, costato 7,1 milioni di euro, verrà realizzato nel parcheggio dell’Ospedale del Mare.
In buona sostanza viene costruito un nuovo ospedale nel parcheggio del più nuovo ospedale della Campania costato 400 milioni di euro nel quale, ancora oggi, ci sono due piani con i reparti attrezzatissimi e completamente inutilizzati.
“Il senso dell’acquisto degli ospedali modulati ci è oscuro — spiega a Fanpage.it Marco D’Acunto della Cgil Sanità Privata della Campania — la Campania è piena di ospedali con reparti chiusi da poter usare, come lo stesso Ospedale del Mare, i cui reparti chiusi potevano essere utilizzati in questa emergenza”.
Come se non bastasse la piena attivazione di queste strutture, che porteranno 120 posti di terapia intensiva, arriverà alla fine del mese di aprile, quando, secondo le stime indicate dallo stesso presidente della Regione Campania, il picco dell’epidemia sarà ormai passato
Ospedali cluster del contagio: Boscoreale, Pozzuoli e Ariano Irpino
L’organizzazione della sanità campana per fronteggiare il Coronavirus si fonda sulla creazione di “Covid Hospital” disseminati in tutta la Regione.
Non si decide di concentrare tutti i pazienti Covid in poche strutture, ma vengono creati diversi ospedali dedicati. Il 26 marzo entra in funzione quello di Boscotrecase che deve servire tutta la Asl Napoli 3.
Dopo appena 6 giorni la Procura della Repubblica di Torre Annunziata apre un’inchiesta. L’ipotesi dei magistrati è che quell’ospedale sia una scatola vuota. Infatti, come raccontano le testimonianze del personale sanitario a Fanpage.it, l’ospedale viene attivato accogliendo i pazienti Covid quando ancora i lavori di riadattamento non sono ultimati.
“Mancano le attrezzature per le terapie intensive, mancano i farmaci, i pazienti sono in degenza in pronto soccorso perchè i lavori nei reparti non sono finiti” raccontava una dottoressa a Fanpage.it. Ma la cosa più grave è che proprio in quell’ospedale, che in soli 3 giorni aveva fatto registrare 5 decessi per Coronavirus, non venivano rispettati i percorsi tra pazienti Covid e non Covid.
“Se io vado in un ospedale e non ho il percorso per il paziente Covid e quello per il paziente non Covid, creo potenziali luoghi di contagio e in questo modo non contengo il virus ma lo dissemino” spiega Di Silverio dell’ANAOO.
Ed è esattamente quello che è successo negli ospedali campani. A Boscotrecase come all’Ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli dove sono state contagiate 23 persone del personale sanitario e 16 pazienti.
Un vero e proprio disastro come ha raccontato uno dei contagiati a Fanpage.it : “Il paziente arriva giù al pronto soccorso ma i percorso giù è completamente sbagliato, perchè i sospetti vengono mischiati già insieme ai positivi, e questo è molto grave perchè se uno è solo sospetto e viene già trattato insieme ai positivi al Covid, se non era positivo lo diventa. Il pronto soccorso diventa così un luogo di contagio per chi ci arriva”.
Una situazione simile si è verificata anche ad Ariano Irpino, comune in provincia di Avellino che De Luca ha messo in quarantena dal 15 marzo. “Non puoi isolare e abbandonare al proprio destino quel territorio — spiega a Fanpage.it Stefano Caldoro, ex governatore e attuale consigliere regionale di Forza Italia — perchè così crei il panico. Cosa è successo? Che tutti si sono spaventati e si sono messi in macchina e si sono riversati sul pronto soccorso dell’ospedale Frangipane, e sono arrivati sia i contagiati che i non contagiati, in questo modo con la commistione create in ospedale, il Frangipane è diventato uno dei luoghi di maggiore contagio”.
L’isolamento arriva per decreto, uno degli innumerevoli fatti dal presidente della Regione Campania in questo mese e mezzo, ed arriva all’improvviso senza altre comunicazioni.
“Non puoi impostare l’isolamento in questo modo — sottolinea Caldoro — tu prima devi potenziare l’ospedale, mandare più medici, raddoppiare le ambulanze, questo è stato l’unico caso in Italia e in Europa dove è stato fatto un isolamento senza prima definire queste condizioni”.
Ultimi per tamponi, i laboratori universitari pronti e mai usati
“La questione dei tamponi l’abbiamo posta dal primo momento rilevando la lentezza abnorme con cui venivano fatte le analisi — racconta Valeria Ciarambino.
“La sanità campana è come una casa bombardata su cui nell’ultimo mese e mezzo si è abbattuto uno tsunami — sottolinea la Ciarambino — negli ultimi 10 anni si sono tagliati ospedali ma anche reparti, sono state bloccate completamente le assunzioni, portando ad un depauperamento significativo dell’offerta sanitaria in Campania”.
Ed infatti De Luca, sul tema, non può che ammettere la criticità : “Abbiamo una difficoltà con i tamponi, perchè avevamo un solo laboratorio disponibile, quello del Cotugno” dice in uno dei suoi videomessaggi.
All’inizio del mese di aprile la Regione Campania chiude un accordo con un laboratorio di analisi private per 750 mila euro per processare i tamponi. La Procura della Repubblica di Napoli ha aperto un fascicolo sull’affidamento. La domanda che ci siamo posti è semplice: possibile che in tutta la Campania non ci fossero altre strutture pubbliche in grado di analizzare gratuitamente i tamponi?
Per analizzare i tamponi sono necessari dei macchinari che si chiamano termociclatori che eseguono un processo che si chiama PCR, reazione a catena della polimierasi, che serve ad estrarre l’RNA per analizzarlo. Quante strutture pubbliche avevano i PCR e potevano analizzare i tamponi gratuitamente? E’ il caso della stazione Anton Dohrn, come spiega Mauro Borra, capo del dipartimento infrastrutture: “Noi siamo perfettamente attrezzati per analizzare i tamponi — spiega a Fanpage.it — ma la Regione Campania non ce lo ha chiesto. Potevano risolvere il problema legato al prelievo del tampone e dirci vi diamo 200 tamponi al giorni e vogliamo che ce li analizzate in 48 ore. Avremmo detto sì lo facciamo”.
Stesso discorso per i laboratori universitari, come quello della facoltà di farmacia, che è in grado di analizzarli come conferma a Fanpage.it la direttrice Angela Zampella e come il laboratorio della facoltà di biologia, come ci conferma Ezio Ricca direttore del dipartimento.
Insomma i laboratori non medici erano pronti e disponibili per analizzare i tamponi dei cittadini campani, ed a confermarlo è anche il Ministro dell’Università Gaetano Manfredi: “Si sarebbero potuti fare anche più test se si fosse scelto di andare anche su laboratori non di area medica”.
Al momento la Regione Campania è ultima nel numero di tamponi fatti in base al numero degli abitanti: su 5.772.625 abitanti, sono stati fatti 39.534 tamponi, pari allo 0,0068% della popolazione. Meglio di noi, non solo Lombardia e Veneto, ma anche Molise, Abruzzo, Calabria e Basilicata che hanno un numero di abitanti enormemente inferiore rispetto alla Campania.
Non ci sono mascherine, protetti con panni swiffer
“Per circa un mese e mezzo abbiamo lavorato senza le protezioni adeguate — sottolinea Pierino Di Silverio di ANAOO Assomed — ad un certo punto ci arrivano delle mascherine, che non erano mascherine ma erano dei panni swiffer”.
Il caso fu sollevato proprio da Fanpage.it, le mascherine in questione erano dei banali panni antipolvere che furono dati in dotazione a medici e infermieri dell’ospedale San Paolo di Napoli. Proprio il sindacato dei medici, che aveva già da settimane denunciato l’assenza dei DPI, dispositivi di protezione individuale, per il personale sanitario a contatto con i pazienti malati di Covid 19, solleva la questione.
“In Campania il 12% dei contagiati appartiene al personale sanitario — dice Di Silverio — che è un dato al di sopra della media nazionale”. Nel solo ospedale Cardarelli di Napoli, a marzo si sono registrati 15 contagiati nel personale medico sanitario. E questo prima del disastro di Pozzuoli con il contagio diffuso tra i medici. Ma torniamo alla mascherina “panno swiffer”.
Dopo quasi 15 giorni, De Luca nel suo consueto messaggio del venerdì, da vita ad un vero e proprio show. Mostra la mascherina in questione e dice: “La Protezione civile ci ha dato queste mascherine, ci vuole fantasia a chiamarle mascherine, a meno che non parliamo delle mascherine che i nostri nipoti usano a carnevale, ecco questa sarebbe la maschera di Bunny il coniglietto”.
L’espressione colorita fa il giro del web, meme e video ironici si sprecano sui social. De Luca si era accorto solo dopo 15 giorni che i medici e gli infermieri campani erano protetti dal Coronavirus dalla “mascherina di Bunny”.
Ma cosa accade dopo? A raccontarcelo è sempre Di Silverio: “Dopo 15 giorni il governatore dice che non vanno bene, da quel momento in poi uno si aspetta che le cose cambino, ma dopo una settimana eravamo esattamente nelle stesse condizioni”. Quelli che vengono chiamati “eroi”, gli angeli che salvano vite, ovvero medici e infermieri, in Campania combattono il virus con mascherine inadeguate e scarse protezioni
Il regalo ai privati: pazienti trasferiti nelle cliniche
La Regione Campania ha stipulato un accordo con l’AIOP, l’associazione di categoria della sanità privata, che prevede l’utilizzo dei posti letto delle strutture ospedaliere private. Nonostante il numero più alto di pazienti ricoverati in terapia intensiva in Campania sia stato di 123 persone, ben presto le cliniche private vedono riempirsi i propri posti letto con pazienti Covid.
L’accordo tra De Luca e i privati prevede un pagamento di 700 euro al giorno per ogni posto di terapia subintensiva e 1200 euro al giorno per ogni posto in terapia intensiva. In buona sostanza non esiste un crisi di posti letto nelle strutture pubbliche, ma nonostante questo i posti letto delle cliniche private si riempiono.
“Abbiamo diversi casi in cui i pazienti ammalati di Covid19 vengono trasferiti da ospedali pubblici alle cliniche private — spiega a Fanpage.it Marco D’Acunto della Cgil Sanità Privata — e questo avviene in territori che non hanno saturato i posti nelle strutture pubbliche come ad esempio le Asl Napoli 1 e Napoli 2”. E’ il caso ad esempio di Villa dei Fiori ad Acerra, una clinica privata in cui sono ospitati 10 pazienti malati di Coronavirus e tutti e 10 provengono da ospedali pubblici. Simile il caso del Campolongo Hospital di Eboli, clinica privata in cui sono stati ricoverati i pazienti Covid provenienti dall’ospedale di Sala Consilina, comune in provincia di Salerno, che dal 15 marzo è stato posto in quarantena assoluta dal governatore.
“Siamo davanti ad un vero e proprio regalo fatto alle strutture private — sottolinea D’Acunto — e sono soldi, sono tanti soldi”. Sarà possibile solo tra qualche mese quantificare esattamente quanti soldi sono andati nelle tasche delle cliniche private per gestire l’emergenza Coronavirus, ma senza dubbio stiamo parlando di cifre importanti
“Restate a casa”. Con il rischio di non riceve assistenza
Ne abbiamo raccontate tantissime di storie incredibili in questo mese e mezzo su Fanpage.it. dal caso della donna morta da 24 ore di Coronavirus e del fratello disperato che ha girato un video pubblicato su Facebook per essere sottoposto a tampone; al caso della ragazza rimasta orfana con padre e madre morti di Coronavirus che ci ha spiegato le mille peripezie per sottoporre la madre a tampone combattendo con la negligenza della sanità campana; fino al caso dell’uomo che ha aspettato per quasi un mese che gli venisse fatto un tampone nonostante la febbre alta ed i sintomi evidenti.
E’ questo lo scenario di un sistema sanitario dove l’assistenza domiciliare è stata depotenziata, dove la rete dell’emergenza-urgenza non era in grado di fronteggiare un’epidemia di questo tipo, basti pensare al fatto che abbiamo 24 ambulanze in meno rispetto al fabbisogno.
“Quello che sta accadendo è che le persone muoiono abbandonate a casa — dice la Ciarambino — dire alle persone che hanno sintomi, che hanno febbre, di restare a casa, non andare in pronto soccorso, non può significare di fatto abbandonare a casa le persone”. E
d è proprio quello che abbiamo documentato in questo pandemia in Campania. Il governatore ha condito i suoi messaggi di intimazioni, di ammonimenti, come se “restare a casa” fosse la sola ed unica cura contro il Coronavirus. Ma per aiutare i cittadini, oltre al sacrosanto e fondamentale rispetto delle regole e delle limitazioni, serve un sistema sanitario capace di curare le persone, dargli assistenza. E non serve il “lanciafiamme”, basterebbe una migliore organizzazione
L’importanza di dire la verità
La Campania riceve ogni anno circa 10 miliardi di euro per finanziare la sua sanità dal governo nazionale, ben 9 miliardi in meno della Lombardia.
Dal 2009 è stata commissariata, insieme ad altre 4 regioni, per un eccessivo indebitamento della spesa sanitaria, pari a 2 miliardi di euro. Da allora non si possono fare assunzioni, investimenti e si è operato su una serie di tagli lineari.
“La media nazionale è di 3.7 posti letto ogni mille abitanti — precisa Di Silverio — la Campania viaggiava al di sotto, a 3.2 già prima del virus. I tagli lineare che ci hanno costretto a fare, ci hanno fatto uscire dal commissariamento per i conti in ordine, ma poi non siamo in grado di garantire i LEA, i livelli essenziali di assistenza, abbiamo una mobilità passiva, cioè persone che si vanno a curare al Nord, un fenomeno che ci ha fatto perdere più di 300 milioni di euro”.
Eppure Vincenzo De Luca è andato avanti per mesi affermando che: “In poco tempo saremo la migliore sanità d’Italia e d’Europa, un modello da seguire”. Anche se questa emergenza sembra mostrare altro.
“Se dici che hai la migliore sanità del mondo, che hai già risolto tutto tu, non si capisce perchè il governo dovrebbe aiutarti e darti più fondi o più assunzioni — conclude Caldoro — il problema è sempre dire la verità , chi la nasconde e ci racconta una storia che non c’è, che qui va tutto bene, penalizza due volte, perchè nessuno si adopererà per migliorare le cose e per chiedere più soldi”.
(da Fanpage)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
LA RSA SAN RAFFAELE E’ PROPRIETA’ DELLA TOSINVEST CHE FA CAPO AL DEPUTATO DI FORZA ITALIA ANGELUCCI, EDITORE DI “LIBERO” E “IL TEMPO”
Quella di Rocca di Papa è l’ultima delle stragi silenziose di anziani che stanno avvenendo nelle residenze RSA di tutta Italia a causa del Coronavirus: sono almeno 85, di cui 5 deceduti, i casi di Covid-19 individuati all’interno della Rsa San Raffaele, alle porte di Roma. Sessantanove sono pazienti, sui 120 totali ospitati nella struttura. Più della metà . Gli altri sono operatori sanitari.
Questi dati hanno costretto la Regione Lazio e la Asl Roma 6 ad istituire attorno alla clinica una “zona rossa” controllata da esercito e Nas fino al 28 aprile.
Ma la vicenda si complica anche sul lato giudiziario: le misure di prevenzione adottate “non risultano efficaci” e la Regione Lazio sostiene che il direttore sanitario, Gianni Rocchi, “risulta sprovvisto di specializzazione”.
Il primo paziente positivo è stato diagnosticato il 5 aprile, poi la situazione ha iniziato a peggiorare rapidamente. I casi sono aumentati giorno dopo giorno.
Tra loro ci sono operatori sanitari, degenti e persone ricoverate nella clinica. Dalla ricostruzione cronologica fornita a TPI dalla Rsa emerge che i primi sintomi sono comparsi in un paziente del reparto di lungodegenza venerdì 3 aprile. Il giorno successivo, il 4 aprile, su indicazione della Asl, la direzione ha inviato il tampone al laboratorio analisi del Campus Biomedico e il 5 aprile è stato trasmesso alla casa di cura l’esito positivo del tampone. Ma a quel punto, sostiene la Rsa, “solo dopo tre giorni sono stati comunicati dalla Asl Roma 6 gli esiti, anch’essi positivi”. I controlli a tappeto che ne sono seguiti, all’interno dell’indagine epidemiologica avviata dalla Regione Lazio, hanno portato allo scenario attuale.
Il primo problema sono le misure di prevenzione che, secondo la Asl Roma 6, “non risultano efficaci non essendo state rispettate le disposizioni impartite sin dal febbraio scorso”.
Ma non finisce qui. Come se non bastasse il disastro sanitario in cui è finita l’RSA, spunta anche la vicenda che riguarda il direttore del San Raffaele di Rocca di Papa, Gianni Rocchi. Secondo la Regione Lazio, non avrebbe avuto i titoli per ricoprire quel ruolo, per questo è stato sostituito, il 16 aprile, da Domenico Damiano Tassone.
A dare l’ufficialità della notizia è la stessa Regione che, sui propri canali social, spiega come nella struttura le misure di prevenzione adottate dalla casa di cura siano state inefficienti e non in linea con le direttive regionali.
“È stato diffidato mercoledì il legale rappresentante della casa di cura San Raffaele di Rocca di Papa perchè il direttore sanitario che sta gestendo dal 1° marzo tutta questa fase risulta sprovvisto di titolo di specializzazione. Sono state pertanto avviate le procedure previste dalla norma che prevedono in caso di inadempienza la sospensione dell’autorizzazione”, si legge nel post pubblicato sulla pagina Facebook e Twitter di Salute Lazio.
“E’ un fatto grave — continua la Regione — che la gestione sanitaria di un presidio così importante sia stata affidata ad un medico sprovvisto del titolo di specializzazione la diffida è stata anche notificata all’Ordine dei Medici di Roma e inviata ai Carabinieri dei NAS”.
Secondo i documenti in possesso di TPI, nel 2015 Rocchi era stato validato dalla Asl Roma 5 come direttore sanitario della clinica Villa Luana di Tivoli. Il provvedimento era stato firmato dal governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Successivamente, aveva ricoperto lo stesso incarico presso la casa di cura Villa Fulvia di Roma. Noi di TPI abbiamo provato a contattare il dottor Gianni Rocchi, senza ricevere però risposta.
La RSA San Raffaele è di proprietà di Tosinvest Spa che fa capo al deputato di Forza Italia, Antonio Angelucci, editore anche dei quotidiani Libero e Il Tempo.
Del gruppo San Raffaele fanno parte diverse strutture per anziani del centro sud e il caos Coronavirus non travolge solo Rocca di Papa: nei siti di Cassino, Sulmona e Troia dall’inizio dell’emergenza si sarebbero registrati in totale altri 80 casi.
(da TPI)
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Aprile 18th, 2020 Riccardo Fucile
UNA STRUTTURA EVACUATA PERCHE’ TUTTI GLI OSPITI ERANO POSITIVI
Anche in Friuli Venezia Giulia le residenze sanitarie assistenziali si confermano terreno fertile per il
Coronavirus.
A Trieste, 41 anziani nella casa di riposo Hotel Fernetti sono risultati positivi al virus. Due di loro, scrive il giornale locale Il Piccolo, sono deceduti poco dopo.
Ma il totale di anziani morti a causa del Covid-19 nella Rsa potrebbe essere più alta: altri cinque ospiti sono morti nelle settimane precedenti senza essere stati sottoposti a un test.
Non è da escludere che, come è avvenuto in diverse Rsa nella Regione Lombardia, anche nel caso dell’Hotel Fernetti, gli operatori sanitari siano stati veicoli inconsapevoli del virus. Tra gli operatori, infatti, dieci sono attualmente in malattia.
Non ci sono però informazioni ulteriori che fanno pensare che, come nel caso dell’Albergo Trivulzio di Milano, siano venute meno le precauzioni essenziali in materia di profilassi sanitaria all’interno della Rsa.
Non si tratta di un caso isolato per il capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Nei giorni scorsi un’altra struttura, La Primula, era stata evacuata dopo che tutti gli ospiti, circa quaranta in totale, sono risultati positivi al virus. La Procura ha aperto un’inchiesta sulla sua gestione. Un numero simile di contagi è stato registrato anche nella casa Emmaus, che ospita in totale circa 110 persone.
Casi simili si sono verificati anche in altre strutture residenziali per anziani della città e in altri territori del Friuli Venezia Giulia, come a Paluzza (Udine), dove oltre 60 ospiti sono risultati positivi al virus e 12 persone sono morte a causa del Covid. Si tratta di una proporzione considerevole, se teniamo conto che, stando ai dati della Protezione civile di ieri, sono 1.027 i casi positivi nella Regione e 220 le persone morte a causa del virus in Friuli Venezia Giulia.
(da agenzie)
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