Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile MES, SURE E BEI OPERATIVI DA GIUGNO… IL RECOVERY FUND DIVENTA URGENTE MA NORD E SUD RESTANO DIVISI SUL NODO CHIAVE: PRESTITI O SOLDI A FONDO PERSO?
Non è bastata la disponibilità di Angela Merkel a contribuire di più al bilancio pluriennale europeo, “l’unico
strumento” che Ursula von der Leyen ritiene possa ospitare il nuovo fondo europeo per la ripresa dopo la crisi Covid-19.
Al Consiglio europeo riunito in videoconferenza per oltre quattro ore, nord e sud Europa si dividono su una nuova direttrice: quanta parte dei fondi raccolti con bond comuni verrà erogata sotto forma di prestiti e quanta sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto.
E così i 27 leader europei non vanno oltre le aspettative: si mettono d’accordo sulla cornice, vale a dire creare il nuovo fondo, ma manca il quadro.
Va detto che questo risultato non era affatto scontato un mese e mezzo fa. Addirittura “impensabile”, lo definiscono da Palazzo Chigi dove Giuseppe Conte esulta per l’esito del vertice: “E’ passato il principio che il ‘recovery fund’ è uno strumento urgente e assolutamente necessario. C’era l’Italia in prima fila a chiederlo”.
Ma per la proposta della Commissione europea, che dovrà dettagliare la dimensione del fondo — von der Leyen si limita a parlare di “trilioni e non miliardi” – e cercare “l’equilibrio” tra prestiti e sovvenzioni, bisognerà aspettare la “seconda o terza settimana di maggio”, dice la presidente in conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Per la precisione, la data cerchiata in rosso è il 6 maggio. Inizialmente, la Commissione avrebbe dovuto presentare la proposta il 29 aprile. E dopo il 6 maggio, seguiranno le trattative tra gli Stati membri: nuovo Eurogruppo, nuovo vertice dei leader in videoconferenza per poi prendere la decisione finale con un summit a Bruxelles, cioè un incontro fisico tra i capi di Stato e di governo. Sempre quando la pandemia lo renderà possibile, di fatto questo è il metodo prescelto: la strada lunga, insomma.
Significa che c’è ancora tanto lavoro da fare.
La divisione tra gli Stati che chiedono più sovvenzioni a fondo perduto (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e i paesi firmatari della lettera a Michel per il burrascoso consiglio del 26 marzo scorso in cui si chiedevano “strumenti di debito comune”) e quelli che invece spingono per i prestiti (Olanda in testa al fronte del nord, come al solito) è fresca e tutta da passare al setaccio. Anche se la riunione di oggi non ha avuto le increspature del Consiglio di fine marzo.
Il premier olandese Mark Rutte ribadisce che per lui il fondo europeo di ripresa dovrebbe erogare “prestiti”, mentre le “sovvenzioni” dovrebbero rimanere prerogativa del bilancio, ma anche lui promette “un approccio costruttivo”.
Da parte sua, Michel promette che verranno “privilegiati i paesi più colpiti”, “l’Europa dovrà dimostrare all’Italia che il progetto è forte e solidale e lo faremo”, e guarda il bicchiere mezzo pieno: “Il fatto che siamo arrivati a discutere di modalità significa che almeno siamo d’accordo sulla cornice”
Conte chiede che il fondo abbia una disponibilità di “1.500 miliardi”, con sovvenzioni a fondo perduto e non solo prestiti — appunto — perchè solo così, spiega, “si preserva l’integrità dei mercati”. Ma è il fattore tempo che preoccupa di più: “I soldi devono arrivare entro l’estate”, chiede il premier.
Nessuno si fa illusioni sulla possibilità di raggiungere un accordo sul bilancio entro l’estate (a febbraio i leader hanno fallito, gettando alle ortiche un vertice durato due giorni). Al governo in Italia coltivano ancora la speranza. Però c’è un altro spiraglio: la possibilità di mettere in piedi una ‘soluzione ponte’ per erogare immediatamente i finanziamenti che servono a fronteggiare la crisi.
Ne parla von der Leyen: “Molti Stati lo hanno chiesto e noi come Commissione prenderemo in considerazione questa richiesta”. Ne parla il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, nel suo intervento davanti ai leader prima dell’inizio del summit, facendo l’esempio di quando il piano dell’ex presidente della Commissione Jean Claude Juncker fu legato “all’intervento ponte di garanzia offerto dalla Bei (Banca europea per gli investimenti, ndr.) per assicurare l’immediata operatività del fondo”. Ne parla anche la governatrice della Bce Christine Lagarde, presente al Consiglio.
Però stavolta Merkel è in piena attività di mediazione, convinta che nessuno Stato possa prosperare se l’Ue non si regge, a cominciare dalla sua Germania. Anzi, a quanto si apprende da fonti diplomatiche, al vertice la cancelliera ha anche detto che bisogna “uniformare le politiche fiscali in Europa”.
E’ un colpo all’Olanda, paradiso fiscale nell’Ue, un segnale ai paesi del sud. Von der Leyen fa notare che intanto “3,3 trilioni di euro” sono stati messi in campo dall’Ue, con diversi strumenti tra cui l’intervento della Bei, il Mes, il piano Sure della Commissione di sostegno all’occupazione: questi tre, è stato deciso oggi, saranno operativi a giugno.
Ma invita i paesi ad aumentare la disponibilità del bilancio: va raddoppiata per almeno per i primi 2-3 anni, dall’1,2 per cento Pil Ue al 2 per cento, ovvero da 1000 a 2000 miliardi di euro.
Il ‘recovery fund’ è un progetto, non più un’idea. Ma ora servono i dettagli, che sono sostanza.
Dopo lo scontro nord-sud sulla discriminante ‘Mes-Eurobond’, ora c’è quello sempre nord-sud su ‘prestiti-sovvenzioni’, ‘loans-grants’ per usare il linguaggio internazionale. Non si presenta più semplice.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile PIL -8%, DEFICIT +10,4%, DEBITO AL 155,7%… PER IL DECRETO APRILE 55 MILIARDI DI SOLDI FRESCHI (IN DEFICIT)… ALCUNE MISURE SONO GIUSTE, ALTRE RISPONDONO SOLO A MARCHETTE ELETTORALI
A sera, dopo un lavoro durato tutto il giorno, i numeri vengono inseriti nelle tabelle. Quelle che fanno la radiografia all’economia.
Spetta ai tecnici del Tesoro dare forma alle decisioni maturate la notte prima, durante un vertice di maggioranza guidato da Roberto Gualtieri.
Eccoli i numeri del Documento di economia e finanza, la radiografia appunto: Pil -8%, deficit a +10,4%, rapporto debito/Pil al 155,7 per cento.
Questi numeri dicono che l’Italia è dilaniata dal virus. La nuova cura è pronta: sono i 55 miliardi del decreto aprile.
Ma è quel “parecchi mesi” che viene indicato nella bozza del documento come l’orizzonte temporale della crisi a dire che i danni sono già allo stato della stratificazione. E che servirà molto di più.
L’asticella per quest’anno, come si diceva, è collocata a -8 per cento. Ma bisogna mettere la lente di ingrandimento sull’andamento dei prossimi mesi per capire quanto è stretto il sentiero in cui sarà costretta a muoversi la strategia economica del governo. Perchè se a marzo si è registrato “il più forte calo congiunturale”, il lockdown sta facendo malissimo anche ad aprile. Il conto è impietoso. Ancora i numeri.
La contrazione del Pil tra aprile e giugno sarà del 10,5 per cento. Un’ecatombe. Il rimbalzo inizierà solo da luglio e comunque a fine anno, quando si tirerà la linea, il confronto con la già anemica crescita di dodici mesi fa sarà altrettanto impietoso. L’ultimo trimestre del 2020, infatti, si chiuderà con un livello inferiore del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Tradotti in soldi che andranno in fumo, la perdita di Pil sarà di oltre 126 miliardi.
E poi c’è una considerazione che non è numerica, ma che è altrettanto indicativa del fatto che la crisi morderà ferocemente nei mesi a venire.
Sempre la bozza del Def: “L’economia dovrà probabilmente operare in regime di distanziamento sociale e rigorosi protocolli di sicurezza per alcuni trimestri”.
Il rimbalzo positivo arriverà solo nel 2021, con il Pil a +4,7%, ma da qui al 2021 ci sono molte incognite.
A iniziare dalla possibilità di uno scenario avverso, quello di una seconda ondata di contagi dopo le riaperture. Se così fosse, l’inizio della ripresa slitterebbe al secondo trimestre del 2021 e un recupero maggiore arriverebbe solo nel 2022.
Altro che tetto del 3% o riduzione del debito. Il virus svela anche tutta la fragilità dei conti pubblici.
È vero che l’Europa ha congelato le famose regole del Patto di stabilità , ma vale qui la considerazione indicata per il Pil e cioè che lo strascico della crisi sarà pesante. Prendiamo il debito pubblico.
Nel Def si sottolinea che è “sostenibile”, ma il rapporto debito/Pil intanto sale al 155,7 per cento. E soprattutto sarà ricondotto verso la media dell’area euro nel prossimo decennio. Dieci anni, un orizzonte lunghissimo.
Il deficit, invece, sfonderà quota 10%, arrivando a +10,8 per cento.
È l’effetto dei soldi che sono stati impiegati per il Cura Italia di marzo e per quelli che saranno stanziati con il decreto di aprile, ma questo valore dice anche che il rigonfiamento sarà ancora più grande perchè già oggi si stima che serviranno tanti altri soldi per affrontare la crisi.
Il provvedimento conterrà 55 miliardi di risorse fresche. Sarà questo il numero che sarà inserito nella relazione di scostamento del deficit che sarà approvata al Consiglio dei ministri di venerdì mattina insieme al Def.
A questi 55 miliardi si aggiungono 30 miliardi per le garanzie statali sui prestiti alle imprese e 50 miliardi per il Fondo Cdp che servirà a proteggere e risollevare le aziende strategiche.
I soldi saranno utilizzati per una molteplicità di interventi, a iniziare dal rifinanziamento della cassa integrazione per i lavoratori dipendenti: sarà prorogata per altre nove settimane.
Il bonus per gli autonomi sarà portato da 600 a 800 euro: l’importo sarà garantito ad aprile e a maggio.
Per colf e badanti, escluse dal Cura Italia, ci sarà un’indennità : 200 euro se lavorano part-time, 400 euro se hanno un contratto full time.
I voucher per la baby sitter e i congedi parentali saranno anche loro rifinanziati.
Il reddito di emergenza avrà un importo medio di 500 euro.
Dopo il braccio di ferro tra i 5 stelle e Gualtieri, i ristori per le piccole e medie imprese danneggiate dal virus saranno pari a 8 miliardi. Da dare subito: saranno soldi a fondo perduto.
Altri due miliardi, sempre alle imprese, sotto forma di aiuti per bollette e affitti.
Ai Comuni e alle Province andranno 6,1 miliardi.
Quattro miliardi alla Protezione civile e alla sanità . Ci sarà anche il rinvio per la sugar tax e per la tassa sulla plastica.
Si decide anche di fermare le clausole di salvaguardia sull’Iva, quel macigno che dal 2011 grava su ogni manovra.
Sono impegni miliardari che finiscono per sottrarre risorse ingenti alle necessità del Paese reale.
Basta ricordare cosa è successo con l’ultima legge di bilancio, dove quasi tutti i soldi sono stati prosciugati proprio per sterilizzare le clausole.
Solo l’anno prossimo avrebbero avuto un peso di 20,1 miliardi. Si volta pagina: clausole cancellate per il prossimo anno e anche per quelli a venire.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile SENZA SELFIE E BAGNI DI FOLLA IL LEADER E’ NELL’ANGOLO… CON GIORGETTI E’ ROTTURA TOTALE: “GLI HO DETTO TANTE VOLTE CHE DEVE CAMBIARE SPARTITO, NON MI VUOLE SENTIRE: MENO TWEET E PIU’ SERIETA’, SONO STUFO”… L’ASSE GIORGETTI-ZAIA
Senza i selfie e i bagni di folla della piazza Matteo Salvini non incide più come una volta e allora non è certo
un caso se da qualche giorno più di uno fra i colonnelli di via Bellerio comincia a dubitare sul suo futuro.
Su cosa ne sarà del segretario che dal 4 per cento ha portato la Lega al 34 per cento. “Ha perso sette punti percentuali in due mesi”, lamenta un soldato leghista che conosce il suo generale.
Lo stesso che un attimo aggiunge una postilla che squaderna lo stato dell’arte di un partito che ribolle: “Se l’emergenza dovesse durare un anno ci ritroveremo al 4 per cento”. Sul tavolo del segretario della Lega i sondaggi che arrivano parlano chiaro.
Da quando appunto è esplosa l’emergenza Coronavirus il fu Carroccio è passato dal 31 al 26-27 per cento. Ed il Capitano leghista è entrato nel pallone, ondeggiando fra una mano tesa al governo nel segno dell’unità nazionale e un affondo su facebook nel quale evoca un referendum sull’uscita dell’Italia dall’Europa. “Sarebbe comprensibile”, ringhiava solo qualche settimana ospite di Telelombardia.
E allora dentro il partito che fu fondata da Umberto Bossi succede quello che Edoardo Rixi, colonnello del salvinismo, dice a bassa voce, timidamente, quasi non volesse farsi sentire: “Matteo non può andare nelle piazze, nei territori e non riesce ad uscire dall’angolo”.
Galeotto fu il Covid-19 che ha messo in crisi la politica, ma soprattutto ha messo in crisi chi, come l’ex ministro dell’Interno, si ritrova senza più la campagna elettorale e senza più quelle elezioni regionali che nella sua narrazione sarebbero stato utili a dare la spallata definitiva al governo dell’avversario Giuseppe Conte.
Qualcuno come Giancarlo Giorgetti per settimane gli ha consigliato di cambiare spartito. “Gliel’ho detto in tutte salse, ma non mi ascolta”, si sarebbe sfogato nel giorno di Pasquetta con alcuni amici il Gianni Letta di via Bellerio, vale a dire Giorgetti.
Dalla ripresa delle festività pasquali i due non si parlano. Raccontano di un incontro/scontro che avrebbe segnato la discussione e avrebbe come oggetto il Mes, il meccanismo di europeo di stabilità che ha innescato la rottura nel centrodestra con Silvio Berlusconi che nel frattempo si è scoperto tifoso del Fondo Salva Stati ma senza condizionalità .
Da quel dì Giorgetti si sarebbe inabissato stufo di avere suggerito la strada della responsabilità ma senza trovare un riscontro. “Dobbiamo essere credibili, dobbiamo fare proposte, meno tweet più serietà . Basta con la gara a chi la dice più grossa”, insiste un deputato ascrivibile all’approccio giorgettiano
Le strade di Giorgetti e Salvini sembrano separarsi. Anche se, ricorda un senatore di via Bellerio, “questo è un partito leninista”.
Se il primo, Giorgetti, lavora e caldeggia a un governo di solidarietà nazionale a guida Mario Draghi che avrebbe l’arduo compito di far ripartire il Paese dopo l’emergenza sanitaria, il secondo, Salvini, fa un ragionamento che suona così: “Non faccio totonomi, non mi interessa chi ci sara’ dopo Conte. Noi stiamo lavorando adesso, abbiamo un’idea ben chiara dell’Italia dei prossimi anni e prima o poi si tornera’ a votare e verremo rimessi alla prova del governo”.
Anche perchè la paura di Salvini, nel caso nascesse un esecutivo di unità nazionale, sarebbe legata al fatto che la Meloni, l’astro nascente di una destra ex missina, non accetterebbe l’accordone e se ne andrebbe all’opposizione.
Salvini contro Giorgetti. Giorgetti contro Salvini. I rapporti sono tesi come non sono mai stati in passato.
“Il fatto — osservano — che Matteo abbia fatto parlare Bagnai in Senato sul Mes è un segnale”. D’altro canto, soltanto due mesi sembravano essere in bilico i ruoli del duo euroscettico, Claudio Borghi e Alberto Bagnai.
In un consiglio federale Salvini aveva annunciato la rivoluzione del partito e si era parlato di un nuovo approccio sull’Europa e sull’Economia, puntando su figure “moderate” come Guido Guidesi e Massimo Garavaglia. Lo stesso Garavaglia che solo qualche settimana fa si diceva favorevole ai Recovery Fund.
E se si nomina Garavaglia si torna a Giorgetti perchè Garavaglia è di stretta osservanza giorgettiana.
L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio immagina una lega moderata, di governo, che studia i dossier, che ha come bussola la crescita, non i tweet o le dirette facebook.
Una cosa non dissimile dalla Liga di Luca Zaia, il presidentissimo del Veneto che si è distinto ai tempi del Covid-19, che conosce le richieste dei territori, che ascolta gli imprenditori, e che, secondo alcune indiscrezioni, caldeggerebbe un governo di salvezza nazionale.
Ma Zaia non risponde al Capitano leghista. “Luca è un’altra cosa”, è il refrain dei leghisti a Montecitorio.
Mentre Attilio Fontana, il presidente della Lombardia che è stato travolto dal Coronavirus, è l’altra faccia del salvinismo. “Gratti Fontana e trovi Salvini”, ironizzano dal Pirellone. Come se i due fossero la stessa cosa. Non a caso dalle parti di via Bellerio si spiega anche così la crisi del Capitano: “Non ha più le piazze, non ha più la campagna elettorale, e prima o poi dovrà spiegare ai cittadini lombardi cosa è successo nella sua Regione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile I CONCITTADINI INFURIATI: “NON E’ VERO, LE ABBIAMO COMPRATE TUTTI NOI”… INSIEME AI CITTADINI HA CONTRIBUITO LA LOCALE CASSA DI RISPARMIO
Dario Tallone, sindaco di Fossano, oggi compie gli anni e sulla pagina facebook di Matteo Salvini lo festeggiano annunciando una donazione di 30mila mascherine
“comprate i militanti leghisti”.
Ma c’è un piccolo problema: non è vero.
O meglio, ci saranno state donazioni anche da parte di militanti leghisti, ma lo stesso sindaco nelle dirette facebook ha parlato di altri donatori. Ad esempio in un video lo stesso sindaco parla di un iban del comune messo a disposizione per le donazioni e di una donazione della Cassa di Risparmio di Fossano.
E infatti proprio sul profilo facebook del sindaco, dove lui ha condiviso lo status della Lega, i cittadini sono piuttosto attivi nel ricordarglielo
Anche in un altro video il sindaco parla di donatori senza citare i militanti leghisti.
Ma allora perchè sulla pagina della Lega si parla solo di loro?
E intanto proprio lì arrivano i primi cittadini a lamentarsi
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile MA A UN MAGGIORE DELL’ESERCITO NON HANNO INSEGNATO IL RISPETTO PER GLI AVVERSARI, CHIUNQUE ESSI SIANO?… CHI PUBBLICA MESSAGGI D’ODIO E’ INDEGNO DI FAR PARTE DELLE FORZE ARMATE, CHE SIA DI DESTRA O DI SINISTRA: IMPARATE A CRESCERE
“Se anziani partigiani (più anziani sono e meglio è) e altri esponenti Anpi vogliono radunarsi per celebrare
nonostante il virus perchè fermarli? Anzi, andrebbero incoraggiati a farlo”, “ovviamente se poi dovessero ammalarsi dispiacerebbe molto a tutti ma è un rischio che va corso per qualcosa di più importante. E’ un rischio che dobbiamo assolutamente correre. Ne va del bene della nostra gente”.
A scriverlo su Facebook (in un post che non risulta più visibile) è Francesco Lasaponara, barese di nascita e forlivese di adozione, consigliere comunale leghista a Forlì, maggiore dell’Esercito, come si legge nel suo curriculum vitae, e insegnante nei corsi dell’European personnel recovery centre.
E’ stato capitano nella Brigata Aeromobile Friuli di Bologna; precedentemente ha appartenuto al 66° reggimento aeromobile di Forlì, e ha preso parte fra 2011 e 2012 all’operazione Isaf in Afghanistan.
Lo scrive a ridosso delle celebrazioni del 25 aprile, condendo il suo testo con hashtag ingiuriosi e altri irriferibili.
Per Miro Gori, presidente dell’Anpi di Forlì, le frasi di Lasaponara sono “inqualificabili, non possiamo esimerci, a questo punto, dal chiedere le dimissioni del consigliere, e dal segnalare il fatto per gli opportuni provvedimenti, al Sindaco di Forlì e alla Presidente del Consiglio Comunale, al segretario della Lega e al comandante del reparto in cui presta servizio”.
Anche secondo Silvia Piccinini, eletta per il M5s in Regione, Lasaponara “deve dimettersi. È inconcepibile che personaggi del genere continuino ad essere dei rappresentanti delle istituzioni, a qualsiasi livello. Purtroppo si tratta dell’ennesimo episodio di intolleranza che arriva da un esponente della Lega.”
“Parole vergognose” anche per Marco Di Maio (Iv): “Mi auguro che il suo partito e il ministero di cui è dipendente vogliano non solo prendere le distanze, ma assumere provvedimenti”.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile “LE SPIAGGE LIBERE NON SONO ESSENZIALI, GLI STABILIMENTI HANNO BISOGNO DI RIPARTIRE”: QUESTO SAREBBE IL PARTITO DEL POPOLO?
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’assessore all’Ambiente del municipio di Ostia, Alessandro Ieva, ha dichiarato che “le spiagge libere del litorale non sono essenziali” al contrario degli stabilimenti, che hanno bisogno di lavorare e di ripartire, “seppure con una serie di restrizioni”.
In questo modo si vìola ogni norma nazionale ed europea a garanzia della libera fruizione del mare, ma poi si opera anche un’intollerabile discriminazione nei confronti di chi vive differenti situazioni sociali ed economiche: chi riuscirà a salvarsi senza troppi danni dalla crisi a seguito del lockdown potrà dunque frequentare le spiagge, dal momento che sarà in grado di permettersi di pagare l’accesso agli stabilimenti.
Chi invece non avrà questa possibilità , si vedrà negato il diritto sacrosanto di andare al mar
Sorvegliare le spiagge libere non è facile? E la polizia locale che la si paga a fare?
Altri sindaci stanno valutando diverse opzioni.
Secondo il sindaco di Gaeta, le spiagge potrebbero essere sorvegliate da sentinelle o controllori: “L’idea è che gli stabilimenti balneari dovranno dotarsi di una figura preposta, una sorta di sentinella o controllore, incaricata di vigilare sull’arenile, con il compito di sensibilizzare le persone in spiaggia a rispettare il distanziamento sociale e le altre misure che saranno individuate per evitare la diffusione del contagi”.
Per il sindaco di Ventotene, invece, si potrebbe pensare a orari diversi per andare in spiaggia per anziani e giovani: “Assicurare una permanenza in spiaggia in sicurezza è molto difficile, perchè di per sè è un luogo di assembramento. Una proposta però potrebbe essere l’ingresso a fasce orarie, suddiviso per età . Gli anziani, ad esempio, potrebbero andare in spiaggia dalla mattina presto fino alle 11, per poi lasciare spazio ai giovani, ai quali potrebbe essere concesso di arrivare da mezzogiorno in poi”.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile SECONDO LE STATISTICHE UFFICIALI I CONSUMI ALIMENTARI SONO AUMENTATI DELL’8%, ALTRO CHE CRISI… LA CARREFOUR APPROFITTA DEL FATTO CHE IL GOVERNO PAGA STUPIDAMENTE LA CASSA INTEGRAZIONE A TUTTI, COSI’ SCARICA SULLO STATO I COSTI E AUMENTA I PROFITTI
Gli “eroi dei supermercati”, quelli che qualcuno definiva come gli eroi di serie B perchè non lavoravano nelle
corsie degli ospedali ma in mezzo agli scaffali, finiscono in cassa integrazione.
Hanno garantito l’apertura nei giorni dell’emergenza Covid e del lockdown, esponendosi al rischio del contagio. Ora iniziano ad arrivare ai sindacati le richieste di cassa integrazione da parte delle catene della grande distribuzione.
La prima è Carrefour che ha deciso di approfittare della cassa in deroga prevista dal decreto Cura Italia e ha chiesto l’ammortizzatore sociale per 4.472 dipendenti concentrati nelle regioni del Nord Italia. In particolare Piemonte e Lombardia: nella prima 1.762 dipendenti, nella seconda 1.449. Poi le altre.
Carrefour nella lettera ai sindacati di richiesta della Cassa denuncia un calo di fatturato provocato dalla crisi coronavirus e chiede di accedere allo strumento, anche perchè il settore non può approfittare degli strumenti ordinari.
E il gruppo francese calibra tutte le misure messe a punto dal governo, così da poter fare il massimo di cassa previsto.
La cassa inizierà lunedì prossimo e andrà avanti fino al 31 agosto. Periodo massimo di nove settimane per gli ipermercati di Piemonte, Valle d’Aosta, Toscana, Lazio e Sardegna. Tredici settimane per gli ipermercati di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna
Peccato che i dati ufficiali dicano che le spese alimentari degli Italiani, durante il periodo Coronavirus, non siano affatto diminuiti, anzi sono aumentati dell’8,5%.
Questo è il risultato di concedere a tutti la cassa integrazione, anche a quelli che ne aprofittano per diminuire i costi e aumentare i profitti
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile IERI L’ANNUNCIO CHE SAREBBE ANDATO IN ONDA, MA POI SPARISCE… LA DENUNCIA DI UN PARLAMENTARE M5S: “FONTANA HA INVIATO UNA DIFFIDA PER BLOCCARNE LA MESSA IN ONDA”
“Il servizio delle Iene sull’ex ospedale di Legnano non è andato in onda perchè il Presidente Fontana ha inviato una diffida a Mediaset per bloccarne la pubblicazione”: a dirlo in una nota inviata ai media è l’onorevole del MoVimento 5 Stelle Riccardo Olgiati, che si riferisce al filmato “scomparso” di Luigi Pelazza che era stato anche annunciato sulla pagina facebook della trasmissione di Mediaset.
Annunciando la cancellazione del servizio le Iene avevano parlato di precisazioni di Regione Lombardia in arrivo sull’argomento, senza però fare accenno a diffide inviate dal Pirellone.
Nella presentazione si annunciava che si sarebbe parlato di un ospedale dismesso dieci anni fa, a meno di 15 minuti dalla nuovissima struttura di terapia intensiva voluta da Regione Lombardia in Fiera. Se molti dei pazienti che uscivano dagli ospedali fossero stati portati subito a Legnano invece che nelle case di riposo, si sarebbero potute risparmiare vite umane?
Luigi Pelazza visita la struttura che secondo l’assessore al Welfare della regione Lombardia Giulio Gallera non sarebbe stata pronta prima di 6-12 mesi.
Peccato però che, a quanto avrebbe scoperto Luigi Pelazza, la relazione ricevuta da Gallera facesse riferimento solo a una parte dell’ex ospedale di Legnano dimenticandone un’altra già in parte o del tutto agibile, potenzialmente idonea e pronta dopo i dovuti interventi.
La Iena decide allora di andare a chiedere spiegazioni al governatore lombardo Attilio Fontana, che risponde: “Non sapevo di questi ambienti. Quelle trenta camere che lei mi ha fatto vedere, mi era stato detto che non era possibile utilizzarle. Forse avrei usato soltanto quelle”.
Eppure il servizio sull’ospedale è scomparso e l’onorevole Olgiati ci tiene a far sapere che la Regione aveva già motivato il suo no con argomenti però non solidissimi: “L’assessore Gallera a suo tempo aveva risposto sventolando una relazione tecnica della ASST che ne certificava l’inagibilità se non in tempi molto lunghi, troppo per l’urgenza che stiamo affrontando. Ho la netta sensazione che quella relazione (che ho chiesto più volte all’assessore ma che non ho mai ricevuto) si riferisca solo al monoblocco, la parte più vecchia all’interno dell’area. E su quella parte non fatico a credere che sia troppo malandata per essere recuperata in poco tempo e con pochi soldi. Ma all’interno dell’area dell’ex Ospedale forse Fontana e Gallera non sanno che ci sono aree di più recente costruzione ed altre ancora in fase di restrutturazione che potrebbero essere sfruttate, magari con un semplice cambio di destinazione d’uso se ad oggi non fossero destinate a spazi sanitari. Il condizionale è d’obbligo perchè io la dentro non ci sono mai stato e non posso avere certezza. Per questo motivo ho sempre insistito per un sopralluogo”.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile LA MELONI E’ COMPLICE DI CHI HA UCCISO LA DESTRA ITALIANA
“Feltri? Beh non condivido ma lo conosco abbastanza bene da sapere che una persona della sua cultura e
intelligenza non intendeva quello… sono certa che si riferisse alle disparità economiche tra nord e sud come lui stesso ha chiarito”.
Incalzata sulle vergognose dichiarazioni di Feltri contro il Sud, Meloni ha risposto così: difeso a spada tratta.
Coperto, protetto, giustificato.
Là dove persino esponenti di Forza Italia si sono imbestialiti chiedendo anche a Mediaset provvedimenti, Giorgia Meloni dimostra invece un’altra volta cosa significa non avere decenza.
Dimostra a che livello di bassezza ha portato la destra italiana. Una destra che giustifica in questo modo un razzismo evidente, che applaude a chi vuole dividere l’Italia invece che unirla.
Per essere chiari: Feltri era così anche quando Giorgia lo voleva ufficialmente alla presidenza della repubblica.
C’è una sola definizione per tutto questo: la Meloni è complice, complice di chi ha ucciso ogni speranza di buona politica, ogni speranza di decoro pubblico.
Complice di chi ha spento ogni barlume di patriottismo.
Filippo Rossi
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