Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
MACRON: “SERVONO RISORSE NON PRESTITI”… IL PROBLEMA E’ SE FINANZIARLO CON SUSSIDI O PRESTITI
“Il disaccordo fra gli Stati permane”, dice Emmanuel Macron. “Abbiamo parlato in modo aperto e in spirito di collaborazione, non su tutto siamo della stessa opinione”, afferma Angela Merkel. Il Consiglio europeo non risolve il nodo più complesso, quello del Recovery Fund, definito però “necessario e urgente”.
L’accordo comune è di lavorare sul progetto, ed è stato dato l’incarico alla Commissione Ue di analizzare le necessità e di avanzare una proposta.
Quando arriverà questa proposta non è ancora chiaro. Su Facebook il premier Giuseppe Conte annuncia che “la Commissione lavorerà in questi giorni per presentare già il prossimo 6 maggio un Recovery Fund che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire soprattutto ai Paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socio-economico”.
Il premier italiano parla di “grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa […]: i 27 Paesi riconoscono la necessità di introdurre uno strumento innovativo, da varare urgentemente, per assicurare una ripresa europea che non lasci indietro nessuno”.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen si tiene però una finestra più ampia: la Commissione – fa sapere – punta a presentare le nuove proposte per il bilancio pluriennale Ue 2021-2027 per “la seconda o la terza settimana di maggio”.
Il nodo principale, del resto, non è ancora sciolto. Lo ha spiegato Merkel, dicendo che non si è stati ancora tutti d’accordo per ora su come finanziare il Recovery fund, “se con sussidi o prestiti”, ha detto, ma una cosa è chiara, e cioè che il fondo sarà collegato al prossimo bilancio europeo per i prossimi sette anni.
La videoconferenza dei leader Ue sulla risposta economica alla crisi del coronavirus, secondo quanto riferiscono fonti Ue, si è conclusa con l’avallo al pacchetto di misure dell’Eurogruppo – piano Bei, Sure e Mes – e al renderle operative per il primo giugno.
“C’è solo uno strumento che può portare questa ripresa ed è il budget Ue legato al Recovery fund”, gli “investimenti devono essere anticipati e deve esserci un giusto equilibrio tra sovvenzioni e prestiti”, ha detto la presidente von der Leyen al termine del vertice Ue. I
l budget – ha aggiunto – è adatto perchè ”è disegnato per la coesione, la convergenza e i programmi. E gli Stati membri hanno appoggiato questa posizione”.
I leader hanno “concordato” sulla necessità “di lavorare per un Recovery Fund di cui c’è bisogno ed urgenza, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “Il fondo deve essere di una grandezza sufficiente, per questo abbiamo dato mandato alla Commissione Ue di analizzare le necessità e di presentare una proposta commisurata alla sfida” della risposta economica al coronavirus.
“C’è un consenso sulla necessità di una risposta rapida e forte. E’ un passo avanti, nessuno contesta che abbiamo bisogno di una risposta fra i 5 e i 10 punti del nostro Pil. Ci sono disaccordi che restano sui meccanismi” spiega Macron. “Servono trasferimenti di risorse verso i Paesi Ue più colpiti da questa crisi, non dei prestiti” è la posizione del presidente francese.
Posizione che ricalca quella italiana. “L’emergenza sanitaria è diventata molto presto economica e sociale. Ma adesso stiamo affrontando anche un’emergenza politica” avrebbe detto Conte nel suo intervento.
“La dotazione del Recovery Fund dovrebbe essere di 1.500 miliardi e fornire prestiti a fondo perduto agli Stati membri”. Prestiti “essenziali per preservare i mercati nazionali, parità di condizioni e assicurare una risposta simmetrica a uno shock simmetrico”.
Per Conte la riunione ha portato “grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa”. La Commissione “lavorerà in questi giorni per presentare già il prossimo 6 maggio un “Recovery Fund” che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire soprattutto ai Paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socio-economico”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
GIANNINI NUOVO DIRETTORE DE LA STAMPA E MATTIA FELTRI ALLA GUIDA DI HUFFINGTON POST
Proprio nel giorno in cui la Federazione nazionale della Stampa (il sindacato dei giornalisti) e
l’associazione Articolo 21 mettono in atto un tweet storm in difesa di Carlo Verdelli, direttore di Repubblica, da tempo bersaglio di minacce di morte sui social per lettera , la casa editrice della Repubblica e della Stampa, la Gedi, ha deciso di sostituire Verdelli.
Al suo posto arriverà il direttore della Stampa Maurizio Molinari che verrà sostituito a sua volta alla guida del quotidiano torinese da Massimo Giannini, storica firma di Repubblica e volto noto anche ai telespettatori.
Sempre dalla Stampa arriverà al giornale on line Huffington Post (pure di proprietà della Gedi) Mattia Feltri, che prenderà il posto di Lucia Annunziata, dimessasi da qualche settimana.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
ORA PER L’EDITORE DIVENTERA’ UN GROSSO PROBLEMA ECONOMICO
Libero non viene più venduto neppure in molte edicole di Napoli. Dopo quanto vi avevamo riferito in Calabria anche in Campania non hanno preso bene le offese del direttore Vittorio Feltri contro i Meridionali e molti edicolanti hanno deciso di attuare una protesta:
“Essendo meridionali inferiori non siamo in grado di comprendere gli arguti articoli di questa testata giornalistica indipendente! Ci voglia scusare il direttore Feltri!”, è il messaggio esposto su uno dei tanti cartelli affissi stamane che avvisa i clienti che il quotidiano Libero non è più in vendita per rifiuto.
Una decisione forte da parte degli edicolanti che vogliono salvaguardare la dignità propria e del territorio di appartenenza, che è stato insultato con frasi proprie della discriminazione territoriale da Vittorio Feltri.
A Napoli è stato un passaparola spontaneo, un sommovimento d’indignazione quello che ha portato a questa iniziativa quasi unanime della categoria.
Ecco che chi rifornisce le edicole ogni mattina si è visto costretto a sfilare le copie di Libero per via del rifiuto alla vendita. Questa decisione ha portato a non poche polemiche.
Soffermandoci sulla mera questione economica le copie in vendute tornano come reso a fine giornata provocando una perdita economica dell’editore, pertanto probabilmente la miglior protesta possibile potrebbe essere prendere il giornale e lasciarlo in bella mostra sullo scaffale senza venderne neppure una copia.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
COME FAI A INCENTIVARE LE CORSE PER DIMINUIRE GLI ASSEMBRAMENTI SUI BUS SE NON HAI SUFFICIENTI MEZZI ED AUTISTI? EVITIAMO DI RACCONTARE BALLE AGLI ITALIANI
C’è anche la possibilità di utilizzare la ‘leva tariffaria’ ovvero il diverso prezzo dei biglietti per evitare
ogni tipo di assembramento nel trasporto pubblico nella bozza di lavoro del ministero dei Trasporti alla cabina di regia della Fase 2 di cui ha dato conto l’Ansa. L’obiettivo è evitare ogni tipo di assembramento, e dunque, con una “eventuale applicazione di leve tariffarie per distribuire la domanda”, ovvero con tariffe diverse a seconda dell’orario.
Distanziamento, percorsi separati per ingresso e uscita dai mezzi pubblici e anche dalle stazioni, con la creazione di percorsi ‘a senso unico’, dispenser con igienizzanti, ma anche l’eliminazione il più possibile dei biglietti cartacei sostituiti da quelli elettronici: sono altri dei punti inseriti nella bozza di lavoro del ministero dei Trasporti alla cabina di regia.
Tra le novità si ipotizza l’obbligo per tutti i passeggeri negli aerei di tenere guanti e mascherina per tutta la durata del volo. Per tutti i passeggeri in partenza e in arrivo sarebbe poi prevista la misurazione della temperatura con il termoscanner, con l’ipotesi di farlo al terminal partenze e alla discesa del velivolo.
Nel caso dei treni e bus, invece, si prevede la possibilità di eliminare il controllo dei biglietti e la vendita a bordo (che in molte città già non esiste)
Tra le misure allo studio, annunci e cartelli che spieghino come si devono comportare i viaggiatori “con la prescrizione che il mancato rispetto potrà contemplare l’interruzione del servizio, per motivi di sicurezza sanitaria”.
Fra i possibili interventi sono inclusi anche sanificazione frequente, mascherine, guanti e tutte le protezioni per il personale viaggiante e per tutti i lavoratori che sono a contatto con il pubblico.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
“CONTRO I NOSTRI INTERESSI DICIAMO CHE UNA FASE 2 SENZA UN PIANO E’ PURA FOLLIA”
“Non saremo noi a fermare Fontana, ma con chiarezza e senza cerimonie al patto per lo sviluppo in Regione Lombardia abbiamo detto cose precise sulla fase 2. Purtroppo, in assoluta solitudine”. La denuncia della Legacoop lombarda è chiara: sono state fatte delle speculazioni in alcuni settori e tante, troppe cose non hanno funzionato con la chiusura delle aziende in Lombardia durante il lockdown.
Il presidente di Legacoop Lombardia Attilio Dadda spiega a TPI: “Lo dico chiaramente, nella Val Seriana l’impatto economico era troppo preponderante: per questo non sono state fatte le zone rosse. Come principali associazioni del movimento cooperativo, ci siamo esposti nel supportare Regione Lombardia verso scelte più coraggiose, purtroppo mai adottate. Pur comprendendo le difficoltà del momento abbiamo più e più volte esposto la nostra preoccupazione per la carenza e le criticità nell’approvvigionamento di DPI. A 50 giorni dalla zona rossa di Codogno non avere i DPI nella nostra regione, per ogni famiglia e per ogni lavoratore è un dato sconcertante insieme agli oltre 10.000 deceduti e tra questi amici e colleghi delle nostre imprese associate”.
Confcooperative e Legacoop Lombardia hanno anche scritto una lettera al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana: dopo le richieste di misure restrittive inascoltate il movimento cooperativo punta il dito sulla fornitura di DPI e l’insufficiente gestione dell’emergenza del comparto socio-sanitario esplosa con il caso delle Rsa.
“Non si tratta di una sterile polemica — continua Dadda — ma riteniamo che queste stesse carenze abbiano condotto alle criticità più volte sottolineate e denunciate nella gestione dell’emergenza nel comparto sociosanitario rispetto alle strutture ospedaliere. Le polemiche e le inchieste di questi giorni sulle RSA ci danno tristemente ragione”.
Poi l’attacco alla Regione Lombardia: “Se non fossimo in una situazione così tragica farebbero sorridere le dichiarazioni del Presidente di Confindustria Lombardia Bonometti sostiene che la causa del focolaio in Val Seriana siano gli allevamenti, o che si erge a paladino delle attività essenziali, mentre ad inizio marzo ha proposto ed ottenuto dalla Regione la sostanziale autoregolamentazione per il blocco delle attività , comunicata anche formalmente al Governo. Altro che runner o passeggiate, qui i contagi sono avvenuti perchè le aziende sono rimaste aperte!“, sottolinea Dadda.
Legacoop va contro i suoi stessi interessi chiedendo a gran voce maggiore prudenza per la riapertura, ma senza paura ha sempre detto la sua posizione al governatore Fontana: “A proposito di attività essenziali abbiamo assistito nelle ultime settimane a tristi vicende speculative da parte di esponenti di primo piano dell’industria lattiero casearia“.
Secondo il presidente di Legacoop, “non c’è peggior cosa che riaprire senza un piano, alla cieca. Il settore imprenditoriale è già in ginocchio e non si può ripartire e ‘poi vediamo come va’. Questo è già successo per le zone rosse e i lavoratori e le aziende non potrebbero mai permettersi altri errori così”. E sulle date? “Io non so se il 4 maggio — sostiene Dadda — sia il giorno giusto o meno. Chiediamo solo che siano garantite sicurezza e fattibilità : non bastano certo guanti e mascherina!”.
“Se abbiamo a cuore la ripresa rapida dell’economia — sottolinea Dadda — lavoriamo subito per definire al più presto una politica sanitaria di contenimento al contagio che si fondi sulla prevenzione e non solo sull’ospedalizzazione. Che garantisca, ad esempio, la somministrazione periodica dei tamponi”.
Lo scontro, secondo Dadda è diventato tra lavoro e salute. E quello che dice è allarmante: “Ci sono stati fior fior di manager che hanno fatto vera e propria resistenza culturale. Per loro il bilancio viene sempre prima di tutto. E i contagi non contavano davanti alle perdite che potevano avere con la chiusura. La stessa cosa vale per una riapertura allo sbando”. Per le cooperative non c’è dubbio: la salute va messa al primo posto. E per la Regione, è davvero lo stesso?
(da TPI)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
I PM VOGLIONO VEDERCI CHIARO: TRA I DEGENTI TRASFERITI CI SONO VITTIME SFUGGITE ALLE STATISTICHE
Ci sono i tanti anziani, oltre 200 solo a Milano dall’inizio dell’epidemia, deceduti nei reparti del Pio
Albergo Trivulzio. E poi ci sono i pazienti che sono stati trasferiti e sono morti negli ospedali della città , finora sfuggiti a ogni statistica sulle vittime nel polo geriatrico.
Ma tra le denunce che continuano ad arrivare in procura, ci sono anche quelle di parenti di ospiti che hanno visto i propri cari contagiarsi al Pat, con i classici sintomi del Covid ma senza una diagnosi di positività , e poi morire nelle strutture esterne.
L’ultimo caso la scorsa notte: una signora di 74 anni, ricoverata al Pat l’11 febbraio, trasferita al pronto soccorso dell’ospedale San Giuseppe il giorno dopo Pasquetta, e morta nella notte tra ieri e mercoledì.
Un altro caso era stato documentato da Repubblica lo scorso 6 aprile, quando la figlia di un’anziana 87enne aveva raccontato del trasferimento di sua madre all’ospedale di Garbagnate, dov’era in fin di vita dopo essere risultata positiva al Covid.
Altri sono di questi giorni: un signore che era al Pat con la moglie è stato trasferito al Fatebenefratelli, e lì è morto. Un paziente del reparto di fisioterapia finisce al San Carlo, viene trovato positivo al Covid, e anche lui muore.
I pazienti trasferiti
I casi di degenti trasferiti – quasi tutti in una situazione di insufficienza respiratoria – e morti in ospedale sono una decina. E anche su questi decessi, la procura vuole vederci chiaro.
Acquisendo le testimonianze delle famiglie e recuperando le cartelle cliniche negli ospedali di destinazione e i referti medici, comprendenti i verbali di dimissioni, custoditi al Pat. Materiale da aggiungere a quello già raccolto dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, che lavora all’inchiesta del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi.
In tutti i casi, la diagnosi di positività è arrivata solo in ospedale, dove poi il decesso è stato rubricato come causato dal coronavirus.
La Guardia di Finanza sta continuando a raccogliere le tante testimonianze di chi ha perso un proprio caro, al Trivulzio e nelle altre rsa milanesi. In un periodo in cui il rischio contagio è ancora alto, gli investigatori invitano i denuncianti a inviare un file audio con la propria storia, che poi verrà formalizzata in un esposto alla fine dell’emergenza, ma che permetterà da subito di far partire le indagini.
Il comitato
Intanto il comitato “Verità è giustizia per le vittime del Trivulzio” chiede che venga realizzata un’indagine epidemiologica all’interno della Baggina. «Serve per acquisire le prove scientifiche dei reali tassi di mortalità e di malattia dei pazienti, medici e infermieri, causati dall’epidemia del Covid-19 – dice Alessandro Azzoni, figlio di un’ospite del Pat e portavoce del comitato – . L’indagine dovrebbe essere estesa a tutti gli ospedali e alle Rsa della Lombardia in cui sono emerse criticità . Chiediamo aiuto alla scienza proprio perchè non vogliamo vendetta ma solo giustizia».
Uno strumento che servirebbe a capire meglio come il virus sia entrato all’interno della struttura, se a causa dei trasferimenti dagli ospedali o per altri motivi. Anche su questo sta lavorando attivamente la procura, che ha allargato gli accertamenti anche ai movimenti di pazienti arrivati a marzo al Trivulzio e nelle altre case di riposo, dove sono stati accolti anche malati non positivi per alleggerire gli ospedali.
Malati che, in assenza di tampone, hanno avuto una semplice diagnosi di polmonite. Intanto, la lettera sottoscritta dai medici, infermieri e tecnici del Trivulzio contro i vertici è stata inviata alle istituzioni, tra cui il ministero della Salute e il sindaco di Milano Giuseppe Sala, per ribadire come «la triste verità è che a fronte della situazione della diffusione del virus all’interno del Pat siamo stati lasciati completamente soli, e senza direttive univoche sul trattamento dell’epidemia».
(da “La Repubblica”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
“URGENTE RIVEDERE LE MODALITA’ IN CUI QUESTE STRUTTURE OPERANO”
Una tragedia inimmaginabile. Queste le parole con cui il direttore regionale dell’Oms Europa, Hans Kluge, ha definito il fatto che «quasi la metà dei morti in Europa erano nelle case di cura». L’affermazione è data dalle «stime che arrivano dai Paesi europei» e che confermano un «quadro su queste strutture è profondamente preoccupante».
«Secondo le stime che arrivano dai Paesi europei la metà delle persone che sono morte di Covid-19 erano residenti in case di cura. E’ una tragedia inimmaginabile»: queste le parole pronunciate in conferenza stampa dal numero uno dell’Oms Europa.
Mentre Giulio Gallera ha affermato che ancora firmerebbe la delibera sulle Rsa, difendendo la scelta fatta all’epoca, il quadro sulle case di cura si fa sempre più chiaro. E non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa. I dati chiariscono come, riferisce Hans Kluge, ci sia «un urgente ed immediato bisogno di ripensare il modo in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire»
Il direttore regionale dell’Oms Europa ha anche sottolineato come «le persone compassionevoli e dedicate che lavorano in quelle strutture — spesso sovraccaricate di lavoro, sotto pagate e prive di protezione adeguata — sono gli eroi di questa pandemia». A tutto il personale sanitario che continua a lavorare senza sosta in queste strutture va il nostro massimo riconoscimento, quindi, considerato che più si va avanti più i dati chiariscono che le situazioni peggiori si trovano proprio nelle case di cura per anziani.
In Italia di questa situazione se ne parla già da un tempo. Gli ultimi dati del rapporto Iss diffuso qualche giorno fa parlano di 6.773 decessi tra i residenti delle case di riposo italiane dal 1° febbraio al 14 aprile.
Tra questi, nel 40,2% dei casi le morti sono frutto accertato del Covid-19 o sono avvenute per manifestazioni simil-influenzali.
(da agenzie)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
SONO I DECEDUTI IN CASA CHE HANNO RINUNCIATO A FARSI OSPEDALIZZARE
Il bilancio Istat dei decessi di marzo e aprile certiï¬ca che la strage del Coronavirus SARS-COV-2 e di
COVID-19 potrebbe essere stata di proporzioni maggiori rispetto ai dati ufficiali. Uno studio diffuso ieri da un gruppo interdisciplinare di scienziati, tra cui i fisici Giorgio Parisi, Enzo Marinari, Federico Ricci-Tersenghi, Luca Leuzzi e il biologo Enrico Bucci, che ha preso in esame i dati della mortalità in Italia nel periodo 22 febbraio – 4 aprile così come sono stati forniti dall’Istat e illustrato da Repubblica spiega che, comparando i dati con quelli degli anni precedenti relativi alle stesse settimane, gli scienziati hanno osservato che in molti comuni delle regioni più colpite dalla pandemia il numero di decessi, non solo è stato sensibilmente più alto rispetto alla media stagionale degli anni precedenti, ma che lo scarto è assai superiore al numero di decessi certificati dalla Protezione Civile come dovuti al Covid-19:
In Lombardia, per esempio, negli anni scorsi morivano in media nello stesso periodo dell’anno circa 11 mila persone. Tra il 22 febbraio e il 4 aprile 2020, nel pieno dell’emergenza coronavirus, i decessi sono stati invece 27 mila, con un eccesso dunque di 16 mila morti, ma di questi solo 9 mila sono stati riconosciuti ufficialmente come causati dal Covid-19.
E i rimanenti 7mila? Stesso interrogativo per i 1.100 decessi in eccesso e non certificati Covid dell’Emilia Romagna, o i quasi 400 della Liguria.
Estendendo a tutta la Penisola questo approccio, gli autori dello studio arrivano a stimare quante sono le morti totali in Italia sfuggite ai conteggi della Protezione Civile: «Al 4 aprile 2020», scrivono, «il numero reale di decessi in eccesso dovuti all’epidemia (in modo diretto ed indiretto) era circa 25.000».
E il 4 aprile il bollettino ufficiale delle 18 registrava invece un numero totale di morti pari a 15.362. Ci sarebbe dunque una differenza di 10 mila decessi non certificati.
Come sono morti? La risposta è in quella parentesi: in modo diretto ed indiretto.
Le ipotesi, infatti sono due, secondo gli autori dello studio.
«Possono essere morti da coronavirus avvenute fuori dagli ospedali e dunque non certificate per questo motivo. Oppure si potrebbe trattare di decessi causati indirettamente dall’epidemia: molte persone, che avrebbero avuto bisogno di cure per altre patologie o incidenti, hanno rinunciato a rivolgersi alle strutture sanitarie perchè le sapevano al collasso, o se lo hanno fatto non sono state assistite».
Il caso di Bergamo è esemplificativo: oltre all’altissimo numero di vittime ufficiali (2.425) ce ne sono altre 3.000 non conteggiate e che probabilmente hanno a che fare con il collasso degli ospedali cittadini.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 23rd, 2020 Riccardo Fucile
LA RIVOLTA DI MOLTI EDICOLANTI DEL SUD RACCOGLIE MIGLIAIA DI ADESIONI SUI SOCIAL
Dopo l’ultimo numero sui meridionali inferiori da Mario Giordano, Vittorio Feltri si è preso le ennesime minacce di denuncia da parte dell’Ordine dei Giornalisti e anche una minaccia di boicottaggio che sarebbe comunque un buon modo per iniziare la giornata. Tiziana Marchese, titolare di una libreria edicola in quel di Montalto Offugo in provincia di Cosenza lo annuncia su Facebook:
“Mi permetto di scrivere direttamente poiche’ sentir parlare il ‘Dottor’ Vittorio Feltri di noi del SUD utilizzando certi termini è scandaloso. Con tutto il rispetto per la liberta’ di stampa e di opinione, mi pare che qui si tratta di un atteggiamento razzista proclamato da un personaggio pubblico molto influente.
SONO UNA PICCOLA LIBRAIA AFFILIATA AL GRUPPO MONDADORI CON SEDE A MILANO, CITTA’ APERTA, ACCOGLIENTE E LABORIOSA, MA ARRICCHITA DA TANTI MERIDIONALI CHE HANNO SEMPRE COLLABORATO A QUESTA CRESCITA. TANTI GLI STUDENTI MERIDIONALI CHE STUDIANO NELLE VARIE UNIVERSITA’, TANTE PRESENZE MERIDIONALI CHE OCCUPANO POSTI DI PRESTIGIO IN LOMBARDIA E CONTRIBUISCONO ALLA CRESCITA STESSA .
ESSENDO LA MIA LIBRERIA ANCHE EDICOLA, DA OGGI INFORMERO’ I MIEI CLIENTI, GENTE DEL SUD E NON SOLO, CHE IL GIORNALE ‘LIBERO’ NON VERRà€ PIÙ VENDUTO DA ME, PERCHà‰ NON È GIUSTO ARRICCHIRE GENTE CHE NON CI PORTA RISPETTO.
Lo scrittore Maurizio De Giovanni invece fa notare su Facebook che la raffinata strategia di Feltri potrebbe far parte di un tentativo di buttarla in caciara per far dimenticare la gestione dell’emergenza COVID-19 da parte della Regione Lombardia:
“Il punto è che è necessario che il cittadino (e l’elettore) lombardo non si chieda come sia potuto accadere, e non faccia due più due, e se la prenda invece col meridionale e con l’immigrato, brutto sporco e cattivo, perchè nulla unisce quanto un comune nemico, e nulla distrae come un urlo disarticolato e scomposto di un folle.”
E Feltri? Ieri ha tentato l’ennesimo dietrofront, inventando che si stava riferendo alle condizioni economiche dei cittadini del Sud: non ci hanno creduto in molti, anche perchè nel video non usa l’avverbio “economicamente” e non sta parlando di economia. E poi se è l’economia ad essere inferiore, cosa c’entrerebbero le persone?
(da agenzie)
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