Destra di Popolo.net

NON ANDRA’ TUTTO BENE

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

O VINCE IL VIRUS O VINCE LA CRISI: BISOGNA DECIDERE QUAL E’ IL MALE MINORE

Servirebbe che fossimo meno isterici, tutti quanti, compresi noi che inseguiamo e commentiamo notizie.
Siamo di fronte a un nemico formidabile, noi stretti all’angolo e il virus nella posizione win-win: o vince o vince (per ora).
Lo studio del Comitato tecnico scientifico, sulle cui proiezioni il premier Giuseppe Conte ha deciso per una riapertura blanda, prevede che, se il 4 maggio si procedesse con un caro saluto al lockdown, l’8 giugno si raggiungerebbe il picco dei contagi, con 151 mila malati in necessità  di terapia intensiva, e 430 mila in totale entro la fine dell’anno.
Di posti disponibili, in terapia intensiva, ne abbiamo circa diecimila. Fate voi la stima dei morti.
E però se non si riapre, o si riapre per quel poco che si può, il Pil va giù dell’otto, dieci, dodici, quindici per cento. Vuol dire milioni di disoccupati, meno risorse per l’assistenza sanitaria, per i sussidi, perdita di competitività .
La scelta del governo di restare a metà  strada, e limitare i danni di qui e di là , forse è quella giusta o forse no. Non lo sappiamo. Non avremo mai la controprova. Soprattutto, al contrario del virus, la posizione di Conte è lose-lose: o perde o perde. Se tiene chiuso si addosseranno a lui le colpe dell’impoverimento, se riapre gli si addosseranno quelle dell’ecatombe.
Li abbiamo visti, in questi mesi, quelli arrabbiati col mondo perchè si doveva sbarrare, poi arrabbiati perchè si doveva serrare, poi di nuovo arrabbiati perchè si era serrato fin troppo.
Le indecisioni del governo sono lì da vedere, ma dipendono anche dal facile, volatile e digrignante atteggiamento del resto del Paese.
Ma se ci mettessimo nella zucca una volta per tutte che stavolta non andrà  bene, andrà  comunque male, aiuteremmo chi deve prendere decisioni a prenderne, e di precise, anche se dolorose.
E aiuteremmo noi stessi ad affrontarle e a sopportarle. È tutto quanto di cui abbiamo bisogno.

(da “Huffingtonpost”)

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LA GRANDE ILLUSIONE: OGNUNO PENSA DI GOVERNARE LA CRISI, MA LA CRISI GOVERNA LORO

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

DALLE MINACCE DI RENZI ALL’IPNOSI DEL PD FINO AL VELLEITARISMO DI SALVINI

Dunque Renzi pensa, come un anno fa, di poter governare una crisi e di essere l’artefice di un nuovo governo o di un equilibrio più avanzato per il suo partito stritolato nel consenso dal protagonismo del premier.
E il Pd a sua volta pensa che non lo farà  perchè l’uomo più impopolare d’Italia pagherebbe un prezzo a tirare giù l’uomo più popolare d’Italia.
E che comunque non accadrà  perchè non ci starebbero i Cinque Stelle: dopo un governo con Salvini e uno con Renzi, sarebbe troppo anche per loro un Conte ter con i berlusconiani
Anche se ormai è evidente a tutti, lì dentro, che la conferenza stampa di Conte di domenica sera, segna un cambio di fase, l’attuale partito di maggioranza relativa sembra ipnotizzato dal consenso del premier.
L’alternativa, come evidente, non c’è, se addirittura Salvini propone, in questo contesto epidemiologico, di riempire le piazze, Berlusconi sogna il governo per il governo, la Meloni cresce nel consenso ma è come sterilizzato dall’assenza di progetto possibile di governo del paese.
È la fotografia di una grande illusione: l’illusione che ognuno abbia ancora il controllo della situazione e ne possa determinate lo sviluppo, nell’ambito di una gigantesca rimozione della straordinarietà  della situazione.
Tante piccole storie personali e politiche senza un grande disegno di ricostruzione del paese, nel momento in cui il Re è nudo: la fine del lock down disvela la fragilità  del governo nell’affrontare la “fase due”, a cui si arriva in modo incerto
Un morsa del diavolo stringe l’attuale assetto, per cui più di tanto non si può allentare ma se non si comincia ad allentare si rallenta la ripresa al limite di comprometterla.
Dicevamo, la politica. La sensazione è che siamo già  oltre, proiettati in un quadro più inquietante, di “separatezza” della discussione politica di fronte all’urgenza della questione italiana.
Di una realtà  più forte di un insieme di debolezze e di questo gioco di specchi, per cui nessuno è sufficientemente forte da imprimere un nuovo corso, nessuno così debole da rischiare l’estinzione, nessuno consapevole dei limiti del gioco parlamentare dopo che la pandemia ha chiuso il Parlamento.
Il Conte due, con i suoi annunci, il primato della comunicazione sulla politica, gli ultimatum di un alleato che parla come se fosse all’opposizione, assomiglia al Conte 1, prima del suicidio di Salvini: le parole raccontavano una crisi che mai si consumava perchè il gioco di specchi era funzionale alle parti in commedia.
Può andare avanti così in eterno o finirà  per collasso, se la cruda realtà  sancirà  il default della politica, già  visibile a bassa intensità .

(da “Huffingtonpost”)

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SALVINI CRITICA LA MELONI: “NON BASTA ANDARE IN PIAZZA 15 MINUTI”. MA DUE GIORNI FA ERA LUI CHE VOLEVA ANDARCI

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

E BERLUSCONI AFFONDA IL COLPO: “RITARDI NEGLI AIUTI ALL’ITALIA PER COLPA DEI SOVRANISTI DEL NORD EUROPA”… TUTTI CONTRO TUTTI, ANCHE IL FRONTE SOVRANISTA NON ESISTE PIU’

‘Le manifestazioni di piazza sono belle solo quando le organizzo io’.
Sembra essere questa la sintesi del Salvini pensiero che, in diretta su Facebook, ha criticato la manifestazione di piazza Montecitorio organizzata da Fratelli d’Italia e andata in scena oggi davanti ai portoni della Camera dei deputati.
Secondo il leader della Lega — che nei giorni scorsi aveva parlato lui stesso di una mobilitazione con mascherine -, quel tipo di protesta è del tutto inutile.
Salvini contro FdI con il Centrodestra che, dopo le aperture di Forza Italia sul Mes, sembra essere sempre meno compatto.
La protesta simbolica di oggi di Fratelli d’Italia, con in prima linea i nomi di spicco come la segretaria Giorgia Meloni e la senatrice Daniela Santanchè, ha criticato il ricorso ai dpcm fatto da da Giuseppe Conte per la gestione dell’emergenza, con i vincoli di movimento e spostamento.
I parlamentari di FdI, si sono riuniti sotto Montecitorio con cartelli in mano a simboleggiare le categorie rimaste più danneggiate dalla crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria.
Ma, secondo il leader della Lega, non è questo il modo giusto per portare avanti proteste che, comunque, ritiene legittime: «I problemi ovviamente non si risolvono andando a manifestare per un quarto d’ora in piazza, lo dico alla politica. Massimo rispetto, invece, per i cittadini che si stanno organizzando».
Ma il leader della Lega non aveva invitato a manifestare?
Poco più di 24 ore fa, però, era lo stesso senatore del Carroccio a invitare a una manifestazione di massa e a scendere nelle strade e nelle piazze per chiedere il ritorno della libertà .
Il tutto, ovviamente, mantenendo le distanze di sicurezza e indossando le mascherine. Peccato che nel suo decreto sicurezza ci sia una norma, contenuta nell’articolo 6, che non consente manifestazioni con il volto coperto.
Berlusconi: “Ritardi aiuti per colpa dei sovranisti del Nord Europa” . “Dire no al Mes assurdo e insensato”
“Non mi sento di dare un giudizio tanto severo sull’Europa. Se vi sono state lentezze e ritardi nell’intervenire a favore dell’Italia, è stato proprio a causa delle resistenze dei partiti sovranisti forti in alcuni Paesi del Nord Europa”. Lo ha detto Silvio Berlusconi. Ma il sistema Europa, dopo qualche incertezza iniziale, sta rispondendo all’emergenza meglio del nostro governo”, ha aggiunto il leader di FI. “Dire no al Mes è assurdo e insensato”.
“Sarebbe assolutamente assurdo per noi rinunciare a 36 o 37 miliardi che ci verrebbero prestati a tasso zero e senza condizioni. Potremmo riqualificare gli ospedali, sovvenzionare le ricerca, assumere medici. Dire no mi pare un pregiudizio assurdo e insensato”, ha spiegato Berlusconi intervistato su Radio 24.

(da agenzie)

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CONFINDUSTRIA CHIEDE AIUTI A FONDO PERDUTO, SAREBBERO POCHI GLI 8 MILIARDI CHE IL GOVERNO DESTINERA’ ALLE PICCOLE IMPRESE

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

SAREBBERO ESCLUSE 2,5 MILIONI DI PICCOLE AZIENDE… POI UN GIORNO QUALCUNO CI SPIEGHERA’ PERCHE’ IL “RISCHIO D’IMPRESA” DEVE ESSERE A CARICO DELLO STATO NELLA NUOVA DECLINAZIONE LIBERISTA ALL’ITALIANA

Parliamo dei soldi alle imprese, quelli a fondo perduto, non i prestiti messi in campo dal governo fino ad ora. Arriveranno con il decreto in gestazione, ma a chi?
Ecco come i dettagli rischiano di generare scontenti.
I soldi – 8 miliardi – andranno solo a 1,6 milioni di microimprese, ma il bacino dei grandi esclusi è molto più vasto. Il dibattito è aperto dentro all’esecutivo perchè se le per le medio e grandi imprese si potrà  dire che ci sono quantomeno le garanzie, il problema si pone per 2,5 milioni di imprese individuali, con o senza dipendenti: commercianti, artigiani, coltivatori diretti, professionisti non iscritti alle Casse.
Più in generale, la sproporzione tra chi riceverà  soldi freschi e chi no si evince dal rapporto tra i beneficiari e il totale delle imprese.
Secondo l’ultima indagine dell’Istat in Italia ci sono 4 milioni e 398mila imprese. I soldi a fondo perduto, come si diceva, andranno solamente a 1,6 milioni di loro.
Quella dell’individuazione della platea dei beneficiari dei soldi freschi è solamente una delle grandi questioni che gravano su un decreto che è già  in ritardo.
Otto miliardi non possono bastare per tutti e, come si diceva, la grande preoccupazione di una parte del governo è che così si rischia di tagliare fuori una parte importante dei cosiddetti piccoli.
Chi ha un negozio piuttosto che chi ha una bottega, riceverebbe solo il bonus, portato dai 600 euro di marzo a 800 euro, ma non i soldi a fondo perduto.
I soldi che curano la crisi perchè il lockdown ha tenuto le attività  ferme, ma non le spese. Stefano Patuanelli, il titolare del dicastero dello Sviluppo economico in quota 5 stelle, ha individuato la platea di quello che ha denominato Fondo di solidarietà  nazionale per le micro e pmi.
Otto miliardi di contributi a fondo perduto, come si diceva, per le imprese fino a nove dipendenti con un importo medio intorno ai cinquemila euro. I beneficiari saranno 1,6 milioni.
Tutto rapidamente, almeno stando a quanto riferito sempre dal ministro, che parla di un accredito sul conto corrente tramite l’Agenzia delle entrate.
Ma non tutti, dentro al governo, sono su questa linea. Il rischio, come si diceva, è di tagliare fuori una fetta consistente dei piccoli che stanno soffrendo i colpi della crisi.
E nemmeno i due miliardi che saranno stanziati per il taglio delle bollette e per gli affitti, tra l’altro da dividere con altri, basterebbero a riequilibrare questa situazione.
In generale, il sostegno per i piccoli ma anche per le aziende di media dimensione rischia di rivelarsi insufficiente. Ecco perchè si lavora a una misura aggiuntiva, ma ancora da definire.
La abbozza sempre Gualtieri: un intervento per le piccole e medie imprese a “parziale assorbimento delle perdite” sotto forma di capitale pubblico che poi si trasformerebbe in soldi a fondi perduto a determinate condizioni. Ma il disegno deve ancora prendere forma, è appeso al “vedremo” del ministro.
Così come è ancora da disegnare il Fondo della Cassa depositi e prestiti da 50 miliardi per sostenere il capitale delle imprese medio-grandi performanti e però travolte dalla crisi indotta dal virus. Le grandi sono lì a chiedere liquidità . Marcella Panucci, il direttore generale di Confindustria, ha snocciolato i numeri dell’esigenza delle imprese poche ore prima di Gualtieri, sempre in un’audizione in Parlamento. Il fabbisogno di liquidità  è di 57 miliardi se la pandemia finisce a giugno, di ben 138 miliardi se l’orizzonte si sposterà  a dicembre. Soldi, non le garanzie statali sui prestiti già  previsti.
Il reddito di emergenza tra 500 e 700 euro. Ma i renziani dicono no ai lavoratori in nero
È una delle nuove misure che arriveranno con il decreto. L’obiettivo è dare un sostegno a chi non ne ha. Quindi precari, colf e badanti, ma anche i lavoratori in nero. L
‘importo sarà  pari a 500 euro, ma potrà  arrivare fino a 700 euro per le famiglie con figli. Il meccanismo terrà  cioè conto del quoziente familiare: più figli, più soldi. Non andrà  a chi percepisce il reddito di cittadinanza, nè ovviamente a chi ha altre forme di sostegno come il bonus o la cassa integrazione.
Manca però l’intesa politica. Italia Viva è contraria a dare questo sostegno ai lavoratori in nero, mentre Pd e 5 stelle spingono in direzione contraria, timorosi che si potrebbe generare una sorta di guerra tra poveri.
Per colf e badanti un contributo di 500 euro
Sono le grandi escluse dal decreto Cura Italia di marzo. In moltissime hanno dovuto sospendere l’attività  lavorativa dentro le abitazioni per via delle disposizioni in vigore. Riceveranno un sostegno pari a 500 euro, ma solo chi vive insieme alla famiglia presso cui presta il proprio servizio. Per le altre, che hanno continuato a lavorare, non è previsto un sostegno. È ancora in fase di valutazione la possibilità  di dare un sostegno di 200-400 euro per le colf e le badanti conviventi che assistono una persona disabile o gravemente ammalata.
Bonus 800 euro per gli autonomi ad aprile, anche a maggio ma con paletti
Il bonus per i lavoratori autonomi – circa 5 milioni – sarà  aumentato ad aprile da 600 a 800 euro. Il rinnovo sarà  automatico e Gualtieri indica un timing di pagamento rapidissimo: entro 24 ore. A maggio l’importo sarà  lo stesso, ma si sta studiando la possibilità  di introdurre dei paletti perchè a marzo molti hanno preso 600 euro pur non avendone bisogno. A marzo, infatti, non c’erano limiti di reddito. Il principio è quello della selettività , ma va definito con precisione per evitare ulteriori scontenti.

(da “Huffingtonpost”)

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L’INFETTIVOLOGO IMBARAZZANTE CHE FA DA TESTIMONIAL PER L’HOTEL DI GENOVA CHE APPARTIENE ALLA MOGLIE

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

MATTEO BASSETTI, PRIMARIO DI SAN MARTINO, SPONSOR SULLA SANIFICAZIONE DELL’ALBERGO: “HO LA MIA POPOLARITA’ E NE FACCIO QUELLO CHE VOGLIO. LO FANNO I CALCIATORI CON LE PIZZERIE, LO POSSO FARE IO CHE SONO DOCENTE UNIVERSITARIO

Città  vuote, autocertificazioni da collezione, persino infettivologi testimonial.
Cose che capitano, nel mondo capovolto ai tempi del Covid. È anche così, del resto, in un’Italia dove le conferenze stampa governative animano i sabati sera e le certezze scarseggiano, che si spiega la nuova polemica che ha coinvolto in questi giorni il primario di Malattie Infettive del San Martino di Genova, Matteo Bassetti, tra i medici in prima fila ( in corsia, come in tv) sin dall’inizio dell’emergenza coronavirus.
Ospite fisso nei talk show del momento, molto seguito e talvolta discusso sui social, da qualche giorno il suo volto compare in bella mostra sul certificato di sanificazione che un albergo cittadino, il Rex Residence di Albaro, espone su vetrate d’ingresso e siti web.
Quasi un “marchio di qualità “, — “certificato rilasciato secondo le direttive del professor Bassetti”, recita il documento — che ha creato più di un mal di pancia in città . Ma che ha pure una sua spiegazione, anche più semplice del previsto.
Oggetto di critiche e segnalazioni di colleghi medici («sfrutta il momento per farsi pubblicità », l’accusa più gentile) e non solo (a protestare anche le aziende concorrenti di quella coinvolta nella sanificazione nell’hotel), a far capire di più è infatti la stessa titolare del Rex, Maria Chiara Milano Vieusseux, che di Bassetti — sorpresa — è anche e soprattutto la moglie.
« Il nostro settore è in ginocchio, ho perso il 90 per cento del fatturato in due mesi, e io devo preoccuparmi degli invidiosi? Rendere sicure le nostre stanze costa un sacco di soldi, — è la spiegazione — che almeno mi si lasci usare il volto di mio marito, già  che ce l’ho in casa, per rendere più visibile il lavoro di sanificazione ».
« Inopportuno? Ma perchè mai, ho la mia popolarità  e ne faccio quello che voglio — è la risposta dello stesso Bassetti —. Lo fanno i calciatori con le pizzerie, lo posso fare io che sono professore universitario».

(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA AL PROF. COPPI: “I DIRITTI VALGONO ANCHE PER I MAFIOSI”

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

“SE IN PRIGIONE NON SI PUO’ ESSERE CURATI, SI DEVE USCIRE; LA COSTITUZIONE IMPEDISCE LA DISUMANITA’. C’E’ ANCHE LA GRAZIA”

“Nessuna isteria, nessuna emotività  ma princìpi che vanno applicati nei confronti di tutti”. Nei giorni del coronavirus succede anche questo: Pasquale Zagaria, super boss della Camorra esce dal carcere per motivi di salute, a casa pure il capomafia di Palermo, Francesco Bonura.
Su questo tema ascoltiamo il parere di Franco Coppi, professore emerito di diritto penale, nonchè illustre avvocato di imputati come Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi.
“Per me – continua – lo Stato forte si dimostra tale nell’amministrare la giustizia con equanimità  e senza lasciarsi condizionare dalla isteria del momento. Ripeto, ci sono dei princìpi che vanno applicati nei confronti di tutti”.
Professore Coppi, dunque ci sono delle regole generali che garantiscono la salute di tutti i detenuti. Ma qui il punto è: è giusto o non è giusto che anche capi della mafia o della camorra usufruiscano di queste garanzie?
Certo che è giusto, non c’è una limitazione sotto questo punto di vista alla eventuale gravità  dei reati commessi o meno. E’ un principio di carattere generale. D’altra parte, non deve dimenticare l’articolo 27 della Costituzione che stabilisce che la pena non può consistere in trattamenti contrari al senso dell’umanità . Ora lasciare in carcere una persona che è affetta da malattia, che nel carcere non può essere curata, e potrebbe portare alla morte, trasformerebbe quella pena in un trattamento disumano. Quindi si deve tener conto di questi princìpi fondamentali. E lo stesso ordinamento penitenziario vuole che vengano rispettati i diritti fondamentali dell’imputato detenuto, e fra i diritti fondamentali c’è il diritto alla salute. Anche se può dispiacere che un boss di quel calibro possa riavere “la libertà ” sta di fatto che la legge è questa e va rispettata nei confronti di tutti
Però il 41 bis prevede che si possa anche fare in un regime ospedaliero. Non a caso c’è una frase presente nell’ordinanza dei giudici di sorveglianza di Sassari, che hanno consentito l’uscita dalla prigione sarda di Zagaria, che ha sollevato polemiche: “Il tribunale ha chiesto al Dap se fosse possibile individuare altra struttura penitenziaria sul territorio nazionale, […], ma non è pervenuto alcuna risposta, neppure interlocutoria”. Dunque, la colpa è del capo del Dap, Francesco Basentini?
Il problema è di verificare se correvano le condizioni per adottare il provvedimento. Se ricorrevano le condizioni, doveva essere adottato il provvedimento e non vedo perchè possano essere affermate responsabilità  di questo o di quello.
Nel frattempo il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si dice pronto a intervenire per correre ai ripari, e Nicola Morra, presidente della Commissione antimafia, rincara la dose: “Stiamo tutti piangendo la morte a Napoli di un agente di polizia morto sul dovere. […] Ma è devastante assistere alla scarcerazione di boss mafiosi contemporaneamente oggi con la morte di   agenti di polizia”. Si tratta di una reazione emotiva di un certo tipo di giustizialismo che continua a portare voti e soffia forte nel Paese
Bene, queste sono quelle cose che si possono dire sotto la spinta dell’emozione del momento. Bisogna ragionare a mente fredda. Se anche un boss mafioso sta morendo in carcere perchè lì non ci sono le condizioni per poterlo curare, a quel punto va trasferito in un posto dove essere curato. Comunque la detenzione può essere trasformata in detenzione ai domiciliari per il periodo necessario a che lui recuperi un grado accettabile di salute.
Anche alcuni magistrati, tra cui Nino Di Matteo e Cafiero De Raho, sbottano: “Lo Stato è debole e cede ai ricatti dei mafiosi”.Qualcuno arriva a paventare una pax tacita tra lo Stato e la mafia.
Lo Stato dimostra la sua forza proprio anche nell’amministrare la giustizia con equanimità . Lo Stato non è lì per vendicarsi o per castigare ciecamente. Il suo distacco e la sua distanza dal delinquente sta proprio nel trattare quest’ultimo come essere umano. E in questo sta proprio la grandezza dello Stato. E’ la stessa ragione per la quale non si applica la pena di morte all’assassino: il rispetto per la vita è tale che lo Stato lo tutela perfino nei confronti di chi ha tolto la vita ad altri. Questo è il princìpio.
Così facendo però si reinserisce nel suo ambiente originario un super boss. Non crede che siano necessarie delle misure di sorveglianza e cautela per la tutela della popolazione?
Certo poi il giudice può disporre delle eventuali misure, penso allo stesso braccialetto elettronico che permette di controllare gli spostamenti.
Quando si parla di 41 bis i detenuti sono tutti uguali, o si fanno delle distinzioni fra chi ha commesso crimini sanguinari e chi ha comportamenti meno efferati? Zagaria è uguale a Cutolo?
Il problema è che uno, Zagaria, è affetto da una malattia e da uno stato di salute incompatibile con il regime carcerario rispetto a Cutolo o altri che non si trovano in questa situazione. Ecco per loro i rimedi per porre i termini a una carcerazione che sia particolarmente lunga, rispetto alla quale non ha più una senso una prosecuzione, ci sono. Ad esempio, si potrebbe pensare al rimedio della grazia. Non è scritto da nessuna parte che a un certo momento una persona non possa ottenere una riduzione della pena. O un provvedimento favorevole. Qui, nel caso di Zagaria, stiamo parlando sì di un superboss ma che si trova in uno stato di salute non compatibile con il regime carcerario.
Insomma dopo quaranta anni di carcere anche uno come Raffaele Cutolo, capo della “Nuova Camorra Organizzata”, ha   chiuso la partita con lo Stato?
Senta, io con riferimento a casi specifici non mi pronuncio. La pena deve tendere alla rieducazione. Sono dell’idea che nella misura in cui fosse riconosciuto il raggiungimento di questa finalità , la pena non avrebbe più ragione di essere eseguita. Mi rendo conto che sono valutazioni molto difficili, molto delicate, è scritto nella Costituzione che la pena deve tendere a quel risultato. Se lo ha raggiunto, è legittimo chiedersi se ha un senso la prosecuzione della pena.
All’inizio dell’emergenza Covid ci sono state le rivolte carcerarie. Ecco, quale ruolo possono avere avuto? Qualcuno paventò una regia.
Spero che non abbiano avuto nessuna influenza.

(da “Huffingtonpost”)

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QUANTO CI PERDONO I DIPENDENTI CON LA CASSA INTEGRAZIONE?

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

IN MEDIA IL 36% DELLO STIPENDIO, CIRCA 472 EURO … LA DECURTAZIONE VA DAL 25% PER LE PROFESSIONI MENO QUALIFICATE AL 45% PER QUELLE DI ELEVATA SPECIALIZZAZIONE

Circa 472 euro, ovvero il 36% dello stipendio medio: questa è la perdita media mensile in busta paga dei lavoratori italiani che beneficeranno di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, per l’emergenza Coronavirus.
Una perdita che tende a salire più è alta la retribuzione del lavoratore interessato dal trattamento. Si va, dunque, da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate ad una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione.
I calcoli sono stati forniti nel nuovo studio “Cassa integrazione: quanto ci rimettono i lavoratori” elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, a partire dai dati Istat — Indagine sulle Forze Lavoro.
Stando ai dati, il quadro risulta molto differenziato anche da un punto di vista territoriale: con un “taglio” medio della busta paga che va dal 37% al Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), per arrivare poi al Sud con una perdita pari al 33% (396 euro).
L’analisi conferma dunque la criticità  dell’attuale situazione economica, in cui si trovano tanti lavoratori dipendenti che, stando agli ultimi dati Inps diffusi il 27 aprile 2020, sono circa 7,3 milioni.
A farne le spese saranno soprattutto le professioni ad elevata specializzazione (764 euro in meno rispetto alla retribuzione netta di base); figure tecniche (646 euro in meno, pari a una riduzione del 41%); professioni esecutive nel lavoro d’ufficio (428 euro in meno, pari a una riduzione del 33%).
Stando ai dati contenuti nell’indagine, il quadro risulta molto differenziato anche da un punto di vista territoriale, rispecchiando le caratteristiche di una struttura occupazionale che varia nella geografia nazionale.
Con un “taglio” medio della busta paga che va dal 37% al Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), per arrivare poi al Sud dove la maggior concentrazione di lavoratori con profili professionali e retributivi medio-bassi porta ad un taglio pari al 33% (396 euro).
L’analisi conferma la criticità  dell’attuale situazione economica, in cui si trovano tanti lavoratori dipendenti. Ovvero, stando agli ultimi dati Inps diffusi il 27 aprile 2020, sono circa 7,3 milioni i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali (Cig e assegno ordinario) che, dopo aver atteso a lungo per avere il sostegno al reddito, finiranno per percepire un assegno di molto inferiore alla propria retribuzione netta.
Si tratta di una decurtazione che interesserà  tutti, anche quei redditi da lavoro già  bassi, a cui saranno chiesti ulteriori sacrifici e che prevedibilmente non avranno neanche dei risparmi sufficienti per sopperire alle mancate entrate.
A fronte di una spesa importante dello Stato (6,2 mld) per sostenere e supportare i tanti lavoratori italiani colpiti dall’emergenza economica conseguente a quella sanitaria, non va scordato che a questa platea di lavoratori verranno a mancare circa 3,5 miliardi al mese. Insomma, un volume molto importante di risorse.

(da “NextQuotidiano”)

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“LA SECONDA ONDATA, IL NOSTRO TIMORE PIU’ GRANDE”

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

LA PREOCCUPAZIONE COMUNE DEI VIROLOGI PREGLIASCO, LOPALCO E GALLI

C’è un non detto al fondo delle parole con cui il premier Giuseppe Conte ha presentato il piano d’azione per la fase 2, dietro le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico e le scelte del Governo per gestire la riapertura del Paese dopo il lockdown ed è il timore di una seconda ondata del virus.
L’Organizzazione mondiale della Sanità  ha avvertito – “Allentare le restrizioni non rappresenta in nessun Paese la fine dell’epidemia” – e l’Italia sembra aver recepito il messaggio.
Cosa sottendono, per esempio, la decisione del Governo di continuare a limitare gli spostamenti e quella di non riaprire le scuole se non la paura che il Covid19 torni a circolare liberamente, accendendo nuovi focolai da Nord a Sud? Gli scienziati sono stati chiari, il virus non se n’è andato e non lo farà , fino all’arrivo del vaccino bisognerà  conviverci e una seconda ondata di infezione e contagi è ipotesi tutt’altro che remota.
“È il nostro timore più grande – sospira il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore all’Università  Statale di Milano – sicuramente ci saranno dei nuovi focolai, il virus proverà  a riaccendere i fuochi del contagio. Tutto dipenderà  dal nostro comportamento, in questa fase resta fondamentale la responsabilità  individuale di ciascuno”.
Meno certezze, invece, sui tempi. L’opinione più diffusa è che la riesplosione possa verificarsi in autunno – in coincidenza con l’arrivo della stagione influenzale – con le temperature più basse e gli spazi di vita più ristretti ad acuire i rischi di diffusione del contagio. Ma non è detto. “In termini teorici potremmo averla anche tra un mese, se prendiamo sotto gamba le misure”, ha detto ieri il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità , Silvio Brusaferro. In estate, con il caldo umido, il virus potrebbe attenuarsi, ma non ci sono evidenze largamente provate. E guardando al passato, alla pandemia precedente, “nel 2009 – ricorda Pregliasco – il virus dell’influenza suina, che aveva provocato effetti decisamente meno pesanti di quelli del Covid19, ebbe un nuovo picco proprio nei mesi estivi”.
Azzardare previsioni lascia il tempo che trova, fa notare l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco. “Il timore di una seconda ondata c’è, il rischio che arrivi è alto, ma l’importante, adesso – scandisce il responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche dell’Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale della Regione Puglia – è lavorare per prevenirne gli effetti”. Serve, dunque, un’azione molto forte sul territorio, per individuare e isolare subito i casi, spezzando le catene di contagio e contestualmente individuare strutture con posti dedicati a coloro che si ammaleranno”. Perchè “convivere con il virus – chiude Lopalco – significa accettare di essere infettati”.
Una possibile seconda ondata “è il timore principale” anche per l’infettivologo Massimo Galli. “L’alternativa del diavolo è tenere tutto chiuso per la paura che il Covid19 torni a diffondersi oppure aprire con tutte le precauzioni necessarie, assolutamente indispensabili”, precisa il direttore del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano.
“La mia preoccupazione è che si finisca col dire: “Mascherina, guanti, distanza di sicurezza e passi lunghi e ben distesi”, perchè non si riesce a fare tutto ciò che si dovrebbe per tenere a bada il virus. Sarebbe molto pericoloso – aggiunge Galli – Bisognerebbe, invece, sfruttare quanto abbiamo a disposizione sul piano diagnostico, penso per esempio ai test rapidi cui sottoporre chi torna al lavoro, per capire quanti hanno avuto contatti col virus e fare il tampone a coloro che risultano positivi. In questo modo, si individua una fetta di persone che circolano con il virus addosso. Insomma, la ripartenza delle persone va seguita. Anche perchè se in un’azienda o in una città  riesplode un focolaio si deve richiudere o proclamare nuove zone rosse. Dobbiamo inventarci sistemi specifici per limitare al massimo il rischio dell’esplosione diffusa di nuovi contagi”, anche perchè “se aspettiamo l’infezione zero facciamo in tempo a vedere sprofondare il Paese nell’inedia”.
Quanto ai tempi di arrivo di una possibile seconda ondata “il virus è nuovo, la realtà  è nuova, nessuno può avanzare questa previsione. Il virus potrebbe non andarsene proprio. Il punto è non abbassare la guardia.
Ricordando che questo maledetto affare è arrivato da noi dalla Germania per una sola penetrazione e ha fatto quello che ha fatto nel giro di quattro settimane. Significa – conclude Galli – che se noi tutti non saremo disciplinati e il virus riuscirà  a liberarsi di nuovo a circolare anche solo per un’altra settimana, ricominceremo daccapo”.

(da “Huffingtonpost”)

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COME IN GERMANIA E IN GIAPPONE L’ALLENTAMENTO DEL LOCKDOWN HA FATTO RISALIRE I CONTAGI

Aprile 28th, 2020 Riccardo Fucile

IL TASSO DI CONTAGIO E’ SALITO IN ENTRAMBI I PAESI

Il tasso di contagio da Coronavirus in Germania è tornato a salire dopo l’allentamento delle misure di lockdown: da marzo, per la prima volta, una persona ne contagia un’altra. Il Robert Koch Institut ha fatto sapere che nel paese sono registrati 156.337 casi di contagio e 5.913 vittime. Esattamente come paventava Angela Merkel nel video in cui spiegava come funziona la curva del contagio.
Nel frattempo anche il tasso di mortalità  per la malattia è aumentato di giorno in giorno. Secondo i dati dell’RKI, ieri ha raggiunto il 3,8 per cento, che rimane ben al di sotto di alcuni Paesi vicini come la Francia.
Il governo federale di Berlino e le regioni — che hanno concordato l’allentamento delle restrizioni già  attuato — hanno in programma per giovedì nuove consultazioni destinate a preparare la strada a possibili ulteriori revoche delle norme di confinamento. Nuove decisioni in materia potrebbero essere prese il 6 maggio. I decessi risultano 110 in un giorno a un totale di 5.750. Sono inoltre 114.500 i pazienti guariti, con un aumento di 2.500 circa rispetto al precedente rilevamento.
Lothar Wieler, direttore del Robert Koch Institute, ha fatto un appello ai suoi connazionali: “Non vogliamo che il numero di casi aumenti di nuovo. Non vogliamo che il sistema sanitario venga sopraffatto. Non vogliamo che più persone muoiano di Covid 19”. “Continuiamo a rispettare le restrizioni nei contatti, a tenere almeno 1,5 m di distanza l’uno dall’altro e indossare una copertura su naso e bocca nei trasporti pubblici e nei negozi”.
Mentre il paese entra nella fase 2 dell’allentamento delle restrizioni, l’indice di contagio risale dallo 0,9 all’1 per cento. A differenza di altri paesi, la Germania è stata finora in grado di tenere la diffusione sotto controllo con grande successo. “Vogliamo difendere questo successo.” Wieler ha poi sottolineato come l’indice di contagio non vada mai estrapolato dal contesto e considerato a sè ma sempre in parallelo con gli altri dati.
La Germania ha visto il suo primo caso accertato di Coronavirus il 27 gennaio scorso, prima dei due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani il 30 marzo. Il 22 marzo il governo ha chiuso le scuole ma ha lasciato aperte le industrie e non ha costretto alla quarantena i suoi cittadini.
La riapertura delle attività  commerciali di non oltre 800 metri quadri è ripartita ad aprile (ma nel frattempo la corte costituzionale tedesca ha giudicato incostituzionale il divieto per quelle più grandi) mentre dal 22 aprile sono possibili gli “assembramenti” (tipo quelli di Conte) di non più di 20 persone.
L’obbligo di mascherine risale a ieri, mentre è programmata per il 4 maggio la riapertura delle scuole e dei parrucchieri. Gli eventi all’aperto e le messe non potranno avere più di 50 partecipanti, mentre si è programmata per il 15 giugno la riapertura di bar e ristoranti.
E nel frattempo è intervenuta la polizia per le ripetute minacce di morte al volto più conosciuto dei virologi tedeschi, Christian Dorsten, direttore dell’istituto di virologia presso la clinica universitaria della Charitè di Berlino.
È quanto ha reso noto lui stesso in un’intervista a The Guardian, ripresa dalla testata tedesca Die Welt e da Dpa. Per molti tedeschi Drosten rappresenta “il cattivo” che danneggia l’economia e costringe a casa i cittadini, ha detto il virologo.
Già  sul suo podcast in onda sull’emittente Ndr (Norddeutschen Rundfunk) si era lamentato delle molte minacce di morte ricevute. Nell’intervista lo scienziato parla di un “paradosso della prevenzione” in Germania: la gente vede che gli ospedali sono in grado di far fronte alla situazione e quindi non capisce la chiusura delle attività , dai negozi alle scuole. Secondo il medico invece è proprio per l’effetto della prevenzione e dei tanti test che nel Paese non si sono verificate al momento situazioni paragonabili alla Spagna o agli Stati Uniti.
Il caso del Giappone
E non è tutto. Perchè intanto anche l’isola di Hokkaido, la prima area del Giappone a dichiarare lo stato di emergenza per l’epidemia di coronavirus, è di nuovo sotto i riflettori come caso di studio per il rischio che un lockdown troppo breve possa condurre a una seconda ondata di contagi.
Hokkaido aveva dichiarato lo stato di emergenza il 28 febbraio, dopo che nella regione erano stati accertati 66 casi di Covid-19. Le autorità  locali avevano chiesto la chiusura di scuole, ristoranti ed esercizi commerciali e di evitare gli assembramenti. Le prime misure avevano dato risultati incoraggianti, tanto che i nuovi casi di contagio giornalieri erano crollati, e già  a metà  marzo il governo locale aveva deciso di revocare le restrizioni.
La prefettura aveva permesso il ritorno degli studenti a scuola a partire dall’inizio di aprile, negli stessi giorni in cui il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, dichiarava lo stato di emergenza per Tokyo, Osaka e altre cinque prefetture, preludio allo stato di emergenza a livello nazionale.
La lezione di Hokkaido, ha spiegato alla Bbc Kanji Shibuya, direttore dell’Institute for Population Health del King’s College di Londra, è che è relativamente facile controllare i singoli focolai di infezione, come avvenuto a Daegu, nel sud-est della Corea del Sud, ma il governo di Tokyo non ha agito con la stessa tempestività  di quello di Seul nella fase successiva, estendendo i test per il coronavirus tra la popolazione.
La paura di ingolfare gli ospedali e l’impossibilità  delle autorità  sanitarie locali di effettuare test di massa hanno rallentato la risposta del Giappone all’epidemia. “La lezione più grande da apprendere da Hokkaido”, ha spiegato Shibuya, “è che anche se hai successo nel contenimento la prima volta, è difficile isolare e mantenere il contenimento per un lungo periodo. A meno che non espandi la capacità  di fare test, è difficile identificare la trasmissione all’interno della comunità  e degli ospedali”.
Il Giappone, nell’opinione del ricercatore, ha poche possibilità  di evitare che la seconda ondata di contagi si protragga a lungo. Al quadro sanitario si aggiungono i danni economici: Hokkaido, largamente dipendente dall’agricoltura e dal turismo, ha visto andare in bancarotta almeno 50 aziende del settore alimentare e crollare il numero di turisti, dopo il divieto di ingresso in Giappone per chi arriva da Stati Uniti, Europa e da altri Paesi asiatici. E pensare che c’era chi diceva che il Giappone aveva sconfitto il Coronavirus grazie ad Avigan. E qualche fesso di governatore gli ha pure creduto.

(da agenzie)

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