Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
PD STABILE AL 22,9%, M5S AL 16,8% IN SALITA, CALA FORZA ITALIA AL 7,2%, MALE RENZI AL 2,6%
Il sondaggio dell’Istituto Ixe’ per Carta bianca di poche ore fa conferma il collasso della Lega che è sceso di un altro 0,7% in una settimana, posizionandosi al 24,9%, ben 9,4% in meno rispetto al risultato delle Europee.
Nel centrodestra risale dell’1,8% rispetto a sette giorni fa Fratelli d’Italia che si attesta al 13,8%, mentre Forza Italia perde lo 0,7% e scende al 7,2%.
Il centrodestra nel suo complesso arriva quindi al 45,9%.
Il M5S sale dello 0,4% e raggiunge il 16,8%, mentre rimane stabile il PD al 22,9%, ormai a soli due punti dalla Lega.
Gli altri partiti: La Sinistra 2,8%, Italia Viva 2,6%, + Europa 2,1%, Verdi 2%, Azione 1,1%.
La coalizione di governo arriva al 45,1%, se si allargasse a +Europa, Verdi e Azione arriverebbe al 50,3%
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
PREFERISCONO CHE GLI IMMIGRATI VENGANO SFRUTTATI DALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA… QUANDO SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI MANCHERANNO FRUTTA E VERDURA, COMPREREMO DALL’ESTERO COSI’ SOVRANISTI E POPULISTI CAZZARI SARANNO CONTENTI
È arrivato il momento dei sommersi. L’emergenza Coronavirus li ha fatti entrare finalmente in
scena poichè esclusi da ogni tipo di sussidio.
In queste ore si sta provando infatti a regolarizzare, già nel decreto maggio che approderà in Consiglio dei ministri tra mercoledì e giovedì, gli invisibili, i lavoratori stranieri in nero, agricoltori, colf e badanti, sfruttati e indispensabili per l’economica. Ma loro malgrado sono finiti al centro dell’ennesimo scontro politico all’interno della maggioranza con il Movimento 5 Stelle che sta provando in tutti i modi a far saltare l’accordo di massima raggiunto da Italia Viva, Partito democratico con il consenso del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Quest’ultima opta però per un inserimento graduale con numeri più contenuti. Circa 250-300mila al posto dei 600mila annunciati dal ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova. Il Movimento 5 Stelle rappresentato al tavolo dal ministro del Lavoro Nunzia Catalfo non ne vuole sapere, fonti grilline raccontano che si farà di tutto per far saltare questa norma e rinviarla il più possibile.
In una riunione infinita iniziata alle 13.30 si discute della platea e delle modalità : il ministro dell’Agricoltura Bellanova ipotizza che siano 600mila i beneficiari, agricoltori, colf badanti, resterebbero esclusi i lavoratori edili e del turismo. Ma la stima da diversi ministri, compreso il Viminale, viene considerata troppo alta. Pd e Italia viva in questa partita viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, mentre M5s è più in linea con la Lega e con Fratelli d’Italia piuttosto che con la maggioranza.
Come la ministra Bellanova anche il responsabile del Mezzogiorno Provenzano è per inserire non solo i lavoratori agricoli ma anche colf e badanti. Una fonte vicina al dossier spiega che i numeri saranno più bassi di quelli annunciati da Bellanova perchè non tutti i datori di lavoro faranno richiesta di regolarizzazione. Mentre si preparano le tabelle e si fanno i calcoli per le coperture economiche, non è escluso un incontro con il premier Giuseppe Conte che dovrà trovare un accordo nella maggioranza.
Rinviare tutto a un decreto ad hoc significherebbe rimandare sine die, come chiedono i 5Stelle pronti in ogni caso a bloccare tutto poichè, secondo Carlo Sibilia, le priorità sarebbero altre.
Molto affine a Lega e Fratelli d’Italia che minacciano le barricate in Parlamento “su ogni ipotesi di sanatoria”. Ed ecco sfogarsi un deputato Pd: “I grillini pensano ancora di governare con la Lega”. Nella chat ‘ristretta’ tra Vito Crimi e gli esponenti di governo grillini qualcuno ha invitato espressamente il capo politico del M5S a stoppare sul nascere la proposta Bellanova.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA STRADA MAESTRA SAREBBE QUELLA DI CONVOCARE IL MAGISTRATO DI MATTEO IN COMMISSIONE ANTIMAFIA PERCHE’ POSSA ARGOMENTARE LE SUE ACCUSE AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, MA PER FARLO BISOGNA AVERE LE PALLE E LA COSCIENZA PULITA
Mettersi tutto alle spalle. O mettere a tacere, a seconda dell’accezione che gli si vuol dare. Il Movimento 5 stelle deve archiviare al più presto la querelle che ha visto opposti Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede.
Uno scontro pazzesco, tremendo, tra un membro del Csm e il Guardasigilli, su un argomento che, se fosse preso sul serio, sarebbe ai prodromi di un secondo processo Stato-mafia. I pentastellati contano sull’effimero contemporaneo, per cui tutto viene lasciato alle spalle, e archiviata in tre o quattro giorni la polemica si passa a sbranarsi su quella successiva.
Per le identità dei due protagonisti, oltre alla lacerazione istituzionale di un pm che chiama una trasmissione in prima serata per accusare il ministro della Giustizia di essersi lasciato influenzare dai capi mafia nel non dagli una nomina, il problema è tutto interno al Movimento.
Perchè coinvolge un tetragono dell’ortodossia come Bonafede e un santino delle battaglie giustizialiste di anni quale Di Matteo. Le chat sono infuocate, i sostenitori del magistrato sono una minoranza ma ben nutrita, ma i parlamentari sono stati invitati al silenzio.
Dopo una giornata di videoconferenze, messaggi e telefonate, e diversi contatti tra il ministro e Giuseppe Conte, lunedì sera sono uscite in batteria, i vertici, premier compreso, hanno rotto un silenzio di ore. Con due costanti, in tutte le dichiarazioni e le note: la difesa del titolare della Giustizia e la rimozione totale del nome di Di Matteo.
Un membro dell’esecutivo ragiona: “Alfonso è totalmente dalla parte del torto, ma questa storia ha un duplice aspetto potenzialmente esplosivo: risveglia antiche inimicizie contro uno che per anni è stato fedele a Di Maio, e vede come controparte uno che il nostro mondo non può attaccare”.
Sono un’estrema minoranza (ma ci sono) quelli che dicono non a torto che “se fosse stato di un altro partito saremmo già in piazza a protestare violando i dpcm”.
Ha riscosso un enorme successo, perlomeno di condivisioni, l’editoriale mattutino di Marco Travaglio, che ha plasmato i termini delle discussioni fra onorevoli e senatori per tutto il giorno: la destra non può permettersi di difendere uno come Di Matteo che ha sempre attaccato; tra i due è stato solo un malinteso.
Una decisione politica, dunque, quella di poche, concentrate nel tempo e stringate dichiarazioni di sostegno e poi più il nulla. Ma si vocifera – notizia che non trova conferme ufficiali – che ci sia stato anche un discreto lavorio dal Quirinale per sminare il campo periglioso, con uno scontro al fulmicotone tra il ministro di Giustizia e un componente di quel Csm di cui Mattarella presiede. Il Csm stesso, fatto salvo per una dichiarazione dei tre laici eletti in quota Csm, si è ritirato in una torre d’avorio di silenzio.
Italia viva si è tenuta ben lontana dal reiterare le minacce di sfiducia individuale. I renziani hanno sì chiesto che Bonafede riferisca in Parlamento, ma negano con convinzione di voler percorrere una simile strada.
Bonafede è entrato nel meccanismo perverso alimentato per anni dal grillismo, quel clima per cui Leonardo Pucci, vice capo di Gabinetto del ministro, si sente in dovere di dire all’Adnkronos di non essere stato sponsor di Basentini all’epoca della nomina che lo preferì a Di Matteo, come se il compito dello staff apicale di un ministero non fosse anche quello di consigliare il ministro.
Una situazione paradossale, dalla quale l’unico che sembra difendere Bonafede tout court è il Pd. In tanti si sono espressi in questa direzione, uno per tutti il vicesegretario Andrea Orlando: Non si dimette un ministro per un dibattito in tv, Bonafede si è detto disposto a riferire in Parlamento”.
Si notino bene le parole: in Parlamento. Perchè il tentativo è quello di disinnescare un’informativa in aula, magari in diretta tv. E’ pendente una richiesta di convocazione in commissione Antimafia per Bonafede, avanzata un mesetto fa, nelle ore delle rivolte delle carceri. Proprio la settimana scorsa il presidente Nicola Morra ha annunciato la disponibilità del ministro a essere audito.
Un intervento in commissione, che inglobi oltre alla specifica difesa sul punto una relazione completa delle attività delle ultime settimane sarebbe assai meno dirompente. Oltre a evitare una casuale ma pericolosa saldatura con le istanze in queste ore sbandierate da Matteo Salvini.
“Bonafede aveva il rapporto del Gom sul tavolo già il 9 giugno – spiega una fonte Dem che ha studiato il dossier – Di Matteo lo ha incontrato il 18. Dire che abbia cambiato idea per quel rapporto è indimostrabile, una pura illazione”. La conclusione, che è anche un auspicio: “Finirà tutto in una bolla di sapone”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
55 MILIARDI COSI’ DESTINATI: 14 PER FINANZIARE LA CASSA INTEGRAZIONE, 7 AGLI AUTONOMI, 10 DI REGALIE ALLE IMPRESE, 4 AI COMUNI, 3 ALLA SANITA’ E 10 PER PAGARE I DEBITI DELLA P.A…. DA DEFINIRE I TERMINI DEL REDDITO DI EMERGENZA
Sono 55 i miliardi che il decreto metterà in campo per i nuovi aiuti, a cui si sommeranno i
40-50 miliardi che la Cassa depositi e prestiti avrà a disposizione per salvare le imprese medio-grandi colpite dal virus.
La suddivisione dei 55 miliardi è quasi completata.
Alla cassa integrazione, che sarà prolungata per altre nove settimane, andranno 14 miliardi, mentre 6-7 miliardi saranno destinati al rifinanziamento dei bonus per i lavoratori autonomi.
Dieci miliardi, come si diceva, andranno alle imprese.
Altri quattro miliardi ai Comuni e alle province.
Ci sono poi i 3,32 miliardi per la sanità e arriveranno dei soldi anche per sostenere il turismo.
E poi ci saranno tra i 10 e i 12 miliardi per i pagamenti dei debiti della Pa.
Il conto è fatto, ma bisogna quantificare con precisione il reddito di emergenza. E per farlo bisogna prima identificare la platea.
Un dettaglio che ha il peso di una questione politica dentro la maggioranza ancora da risolvere.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
PREVISTO ANCHE IL TAGLIO DELLE BOLLETTE, ANCHE QUESTE PER TRE MESI… I DIPENDENTI A CARICO DELLO STATO CON LA CASSA INTEGRAZIONE, L’AFFITTO PAGATO, SCONTI SULLE UTENZE, PRESTITI A TASSO ZERO E 10 MILIARDI A FONDO PERSO: E HANNO ANCORA IL CORAGGIO DI LAMENTARSI
Il governo, dopo il pacchetto lavoro da 25 miliardi, spinge l’acceleratore anche sul versante imprese del decreto “aprile-maggio” a sostegno dell’economia.
Lo stesso ministro del Tesoro Gualtieri, ieri in audizione presso la Commissione Finanze della Camera, ha annunciato il provvedimento per la metà di questa settimana.
Da Gualtieri è arrivata la conferma dell’attesa misura affitti-bollette da 2,3 miliardi (1,7 affitti e 600 bollette): «L’idea è quella di varare un ristoro integrale del costo sopportato per tre mesi per l’affitto di tutte le imprese, di qualsiasi natura e dimensioni, che abbiano subito un calo del fatturato». Il rimborso dovrebbe prendere la forma di un credito d’imposta al 100%.
C’è anche la conferma dello sconto sulle bollette: il ministro ha parlato di «eliminazione degli oneri fissi», in pratica si tratterebbe nella equiparazione delle utenze commerciali sopra i 3Kw a quelle domestiche per aprile, maggio e giugno.
Punti di possibile intesa, all’interno del provvedimento, anche l’aumento da 13 a 14 miliardi per la cassa integrazione,
Vi sarà anche un contributo a perdere di circa 10 miliardi per le imprese.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA SOLUZIONE CONSIGLIATA: AUMENTO DEI TAMPONI E SISTEMI DI TRACCIAMENTO
La Fase 2 ci consegna un’Italia diversa e più sicura rispetto all’epidemia di coronavirus?
Sembra essere questa la percezione dei cittadini italiani che, sebbene con le dovute prudenze, si sono rimessi in moto a partire dal 4 maggio: 4,7 milioni di lavoratori sono tornati sulle strade del nostro Paese, mentre è stato dato il via libera a passeggiate e ad attività fisiche anche in luoghi pubblici distanti dalla propria abitazione.
Non dobbiamo dimenticare la possibilità delle visite ai congiunti che causerà nuove occasioni di incontro e di contatto sociale.
Per questo motivo, l’Imperial College di Londra, uno dei più prestigiosi a livello mondiale che si occupa di virologia, ha pubblicato una nuova indagine sull’Italia e sulle misure di contenimento che fino a questo momento sono state adottate.
Lo studio è stato condotto da Samir Bhatt, Ilaria Dorigatti, Michaela Vollmer e Seth Flaxman.
«Nonostante l’alto numero di decessi — si legge nel documento -, la percentuale della popolazione che è stata infettata da SARS-CoV-2 (il tasso d’attacco) è lontana dalla soglia dell’immunità di gregge in tutte le regioni italiane, con il più alto tasso d’attacco osservato in Lombardia (13.18% [10.66%- 16.70%]). L’Italia andrà a rilassare le attuali misure di contenimento a partire dal 4 Maggio 2020. Visto il controllo ottenuto ad oggi tramite l’implementazione dagli interventi non-farmaceutici, prendiamo in considerazione tre scenari per le prossime 8 settimane: uno scenario in cui la mobilità rimane la stessa della quarantena, uno scenario in cui la mobilità ritorna al 20% dei livelli pre-quarantena, e uno scenario in cui la mobilità ritorna al 40% dei livelli pre-quarantena».
Anche nel secondo caso, quello che sembra attualmente più plausibile, i rischi per la popolazione continuano a essere molto importanti, soprattutto se non accompagnati a efficaci misure di tracciamento.
«Troviamo che — si legge nella ricerca -, in assenza di ulteriori interventi, anche un ritorno del 20% ai livelli di mobilità pre- quarantena potrebbe causare un aumento dei decessi molto maggiore di quanto si sia verificato nell’attuale ondata, in diverse regioni». Un dato che, tra l’altro, non potrà essere verificato semplicemente con l’andamento giornaliero fornito dalla protezione civile: effetti di questo aumento della mobilità potranno essere osservati solo dopo due-tre settimane dall’allentamento delle misure di contenimento, quando probabilmente l’Italia le avrà ancor di più allargate (il 18 maggio è prevista la riapertura di negozi diversi da quelli di generi alimentari, mentre il 1° giugno sarà la volta di parrucchieri, bar e ristoranti).
Qual è dunque la soluzione che l’Imperial College di Londra suggerisce per evitare che l’epidemia si diffonda in maniera incontrollata con l’inevitabile riapertura delle attività ? «L’adesione — si legge nel paper — alle misure di distanziamento sociale raccomandate insieme ad una sorveglianza intensificata della trasmissione nella comunità con tamponi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento tempestivo degli infetti sono di fondamentale importanza per ridurre il rischio di ripresa della trasmissione». I tamponi e il tracciamento come unica soluzione per la fase 2.
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
IL NUOVO QUOTIDIANO DI DE BENEDETTI SCEGLIE L’EX VICE-DIRETTORE DEL “FATTO QUOTIDIANO”
La direzione del nuovo quotidiano fondato dall’Ingegnere sarà affidata all’ex vicedirettore del Fatto quotidiano, un giovane di 35 anni, come aveva anticipato Open
È nata ufficialmente la nuova avventura editoriale di Carlo De Benedetti, con la costituzione dal notaio della società “Editoriale Domani spa”, che sarà posseduta da due società con l’Ingegnere come azionista unico. A presiedere l’azienda che darà vita al nuovo quotidiano ci sarà il senatore del Pd Luigi Zanda, che proprio oggi si è dimesso da tesoriere dem, mantenendo il seggio in Senato.
La società parte con un capitale di 10 milioni e avrò nel Consiglio di amministrazione, oltre Zanda, Giovanni Canetta, Federica Mariani, Virginia Ripa di Meana, Massimo Segre e Grazia Volo. Sia Zanda che il padre di Virginia Ripa di Meana erano stati per diversi anni nel Cda de l’Espresso, quando era ancora di proprietà proprio di De Benedetti.
Come anticipato da Open, la direzione del nuovo quotidiano nato per sfidare la Repubblica era sin dall’inizio orientata su un giovane. E la scelta, secondo Prima comunicazione, sarebbe caduta sull’ex vicedirettore del Fatto quotidiano, il 35enne Stefano Feltri, oggi alla guida di ProMarket.org e collaboratore dell’economista Luigi Zingales.
Un profilo da giornalista economico, una carriera rapida e brillante. Prima al Foglio di Giuliano Ferrara e al Riformista di Antonio Polito, quotidiani garantisti, oggi negli Stati Uniti con il professor Luigi Zingales, l’economista liberista che piaceva molto alla candidata vicepresidente Sarah Palin.
Giovane e brillante, liberale e manettaro, populista e antipopulista. Ora la svolta a sinistra di Repubblica, con l’idea di rubare una fetta di pubblico al giornale fondato da Eugenio Scalfari. Un’area potenzialmente florida, ma non facile da conquistare. Chi conosce bene Stefano Feltri non ha dubbi sulla sua bravura, semmai sull’operazione: «Il mondo di riferimento di questo giornale potrebbe non riconoscerlo come uno di loro. Rischierebbe di essere un pesce fuor d’acqua. Lo considererebbero quasi di destra».
(da agenzie)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
12,3 MILIONI DI CONTROLLI, VERIFICATI ANCHE 4,8 MILIONI DI ESERCIZI COMMERCIALI
Dopo 54 giorni è finita la fase uno dell’emergenza Coronavirus, quella del lockdown (non
totale, ricordiamo). E il Viminale fornisce i dati sui controlli effettuati in questi quasi due mesi. In totale sono state denunciate 424mila persone, su un totale di 12,3 milioni di controlli. Nel complesso, quindi, il tasso di denunce è del 3,4%.
I calcoli prendono in considerazione il periodo che va dall’11 marzo fino al 3 maggio, ultimo giorno prima dell’avvio della fase due. Il giorno in cui si sono registrate più trasgressioni è stato quello di Pasquetta, con ben 16.545 denunce, contro una media quotidiana al di sotto della metà di questo dato.
In totale, durante la fase uno, sono state denunciate 418.222 persone per aver infranto il divieto di spostamento. Le sanzioni sono arrivate soprattutto nei primi giorni della fase uno, tanto che le denunce sono state più di 300mila fino al 25 marzo e poi altre 115mila da questa data al 3 maggio.
Tra le denunce ce ne sono 5.280 per falsa attestazione e 886 per violazione del regime di quarantena.
Ogni giorno sono state controllate mediamente 228.893 persone, con una media di 7.748 sanzionati quotidianamente.
I dati variano molto da giorno a giorno: si passa da un minimo poco al di sopra dei mille, al picco di Pasquetta, con dati molto alti anche nelle giornate precedenti alla Pasqua e il 25 aprile. I controlli sono stati da un minimo di 108mila al giorno (l’11 marzo), a un massimo di più di 300mila controlli il 10 aprile.
I dati del Viminale sottolineano come siano stati effettuati controlli su 4,8 milioni di negozi. Sono stati denunciati 8.260 titolari: anche in questo caso la maggior parte delle denunce è arrivato prima del 25 marzo, con più di 5.600 casi. I provvedimenti di chiusura emanati sono stati 1.421. I titolari sanzionati sono lo 0,17% del totale dei controllati, con una media giornaliera di 88.852 verifiche.
Il record dei controlli quotidiani — circa 117mila — è stato registrato a metà marzo. Con un dato comunque stabile, salvo qualche eccezione giornaliera nei weekend.
L’ultimo giorno di fase uno, domenica 3 maggio, ha fatto registrare i controlli delle forze dell’ordine su 221.409 persone e su 77.925 attività commerciali.
Sono state sanzionate 5.325 persone per aver infranto il divieto di spostamenti, a cui vanno aggiunte 31 denunce per false dichiarazioni e due per violazione della quarantena. Per quanto riguarda i negozi, le sanzioni ai titolari sono state 89, mentre i provvedimenti di chiusura 27.
(da Fanpage)
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Maggio 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA MULTINAZIONALE USA AVEVA CHIESTO LA CASSA INTEGRAZIONE PER 10.000 LAVORATORI… I LAVORATORI DOVRANNO CONTINUARE A ESSERE PAGATI DALL’AZIENDA
Amazon France chiede la cassa integrazione per 10mila lavoratori di sei diversi siti. Ma Parigi risponde picche.
Per il ministero del lavoro, la chiusura degli impianti non è dovuta all’impatto del coronavirus che, anzi, ha incrementato le vendite online. Ma è piuttosto legata a doppio filo con la scarsa sicurezza sui luoghi di lavoro.
Un brutto colpo per la multinazionale statunitense che anche in Italia è finita nell’occhio del ciclone proprio per via di quelle che Oltralpe i sindacati hanno definito “condizioni di lavoro inaccettabili” e a rischio contagio. Dovrà continuare a pagare i lavoratori di tasca sua, anche se le attività sono ferme.
Mentre in Italia le organizzazioni di categoria hanno fatto appello agli ammortizzatori sociali, Oltralpe invece sono stati proprio i sindacati a soffiare sul fuoco definendo “indecente” la richiesta di Amazon.
Il motivo? L’intera storia risale agli inizi di aprile. Dopo essere stata messa cinque volte in mora dall’ispettorato del lavoro, Amazon è finita nel mirino della magistratura francese. In una sentenza dello scorso 14 aprile, i giudici hanno evidenziato come l’azienda avesse “in modo evidente violato gli obblighi di sicurezza e di prevenzione della salute dei suoi dipendenti”.
Per questa ragione, tenuto conto dell’emergenza sanitaria, avevano imposto all’azienda una valutazione dei rischi assieme ai rappresentanti dei dipendenti. Intanto avevano obbligato l’azienda a limitarsi alla vendita di beni essenziali come “prodotti alimentari, medicali e per l’igiene” ipotizzando un’ammenda da un milione di euro per ogni infrazione contestata (ridotta poi a 100mila in appello). Secondo Amazon France, restare aperti avrebbe comportato il rischio di una sanzione fino ad un importo di un miliardo a settimana.
All’indomani della sentenza, confermata in appello lo scorso 24 aprile, il gruppo americano si è dichiarato “perplesso” evidenziando di aver da tempo già messo in campo misure di sicurezza come lo scanner per rilevare la temperatura corporea, mascherine e distanziamento fra i lavoratori.
Fonti ufficiali hanno poi spiegato che sarebbe stato comunque impossibile riorganizzare lo smistamento nel giro di 24 ore non avendo peraltro una sorta di lista ufficiale dei prodotti considerati “essenziali”. “Abbiamo un catalogo di 250 milioni di prodotti. Come si fa ad applicare concretamente la sentenza in modo operativo senza rischi?” ha spiegato un portavoce di Amazon all’agenzia di stampa AFP. “Un tagliaunghie, ad esempio entra nella definizione di prodotto essenziale?”.
Così, di fronte al rischio di una ammenda rilevante, Amazon ha deciso di chiudere provvisoriamente i siti di smistamento.
Secondo quanto riferisce il sindacato francese CGT, il comitato interno dei lavoratori Amazon ha votato in favore della chiusura di tutti i siti per cinque giorni a partire dal 18 aprile. L’operazione doveva ufficialmente servire “per sanificare i siti e valutare i rischi”. Ma il gruppo non ha indicato una data per la ripresa delle attività .
Al ministero del lavoro è arrivata invece la domanda di cassa integrazione per i lavoratori dei sei siti. Una misura che riguarda attualmente undici milioni di francesi garantendo l’84% dello stipendio netto.
Ma la risposta del ministero è stata negativa. “La chiusura dei siti dell’azienda non è legata ad un ribasso dell’attività , ma ad una sentenza giudiziaria. E la cassa integrazione non è prevista per questi casi”, hanno spiegato dallo staff del ministro del lavoro, Muriel Pènicaud. I lavoratori Amazon dunque continueranno ad essere pagati dall’azienda. Mentre va avanti la vera e propria guerra che da tempo il governo francese ha ingaggiato con i giganti statunitensi del web.
(da agenzie)
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