Destra di Popolo.net

AVETE MAI VISTO UN MAGISTRATO CHE SCRIVE A UN IMPUTATO NORMALE, ASSICURANDOGLI “UN PROCESSO GIUSTO E IMPARZIALE”?

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

LA TELEFONATA DEL GUP DI CATANIA A SALVINI PER RASSICURARLO VIENE FATTA ANCHE AI POVERI CRISTI?… E CHE GARANZIE DA’ UN PM CHE DOVREBBE SOSTENERE L’ACCUSA A SALVINI DI SEQUESTRO DI PERSONA QUANDO POTREBBE TRATTARSI DELLO STESSO CHE AVEVA CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE?… IL MINISTRO BONAFEDE NON HA NULLA DA DIRE?

Dopo la lettera di Salvini al presidente Mattarella in cui chiede che si faccia portavoce con la Procura di Catania, dove a ottobre si svolgerà  l’udienza preliminare che lo vede imputato di sequestro di persona aggravato, affinchè gli sia “garantito un processo imparziale” (neanche fossimo in un regime sovranista) oggi ci tocca leggere che il presidente dei gup di Catania Nunzio Sarpietro ha contattato l’imputato per dirgli: «Non si preoccupi, senatore Salvini. Avrà  un processo giusto, sereno e imparziale. Io sono un magistrato al di sopra di ogni sospetto”,
Siamo arrivati al punto che un magistrato si deve giustificare di fronte a un potente politico o forse la procura di Catania telefona a tutti, anche a chi ha rubato una gallina per rassicurarlo che avrà  un processo imparziale?
Se fosse vera la prima ipotesi è la premessa di un “giudizio sereno”?
Ma andiamo avanti.
E’ vero che il pubblico ministero, salvo sorprese, dovrebbe essere il sostituto procuratore Andrea Bonomo, ovvero colui che a conclusione delle indagini aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo?
L’esito dell’udienza (o delle udienze, se la trattazione del procedimento non dovesse esaurirsi in una sola giornata) non è per niente scontato.
Se Salvini non dovesse chiedere di essere giudicato con il rito abbreviato, le alternative sarebbero solo due: proscioglimento o rinvio a giudizio.
La Procura (guidata da Zuccaro), verosimilmente, insisterà  per il proscioglimento ma non è detto, ancora una volta, che il giudice si dica d’accordo, e quindi potrebbe ben accadere che l’ex ministro si veda rinviato a giudizio dinanzi ad una sezione penale del Tribunale di Catania, ossia quella competente in materia di reati contro la persona e il patrimonio.

(da agenzie)

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CATELLO MARESCA, IL MAGISTRATO ANTIMAFIA CHE PIACE A TUTTI E CHE FORZA ITALIA E M5S VORREBBERO OPPORRE A DE LUCA ALLE REGIONALI

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

BRAVO COMUNICATORE, IMPEGNATO NEL SOCIALE, CONTROCORRENTE, MODERATO, CON FANS CLUB SUI SOCIAL: UN PROFILO CHE PIACEREBBE A MOLTI PARTITI

Per la coalizione, sostiene una fonte dai piani alti di Forza Italia, “sarebbe una speranza per tutti, una candidatura unitaria e un segnale di forte discontinuità ”. Un senatore della Lega vede “attorno a lui un favor ampio e trasversale”. E tutti concordano nel far notare che piace anche a Fratelli d’Italia.
Insomma, decidesse davvero di darsi alla politica militante, Catello Maresca, nella Campania che si appresta a nuove elezioni regionali, troverebbe già  pronto un campo in cui scendere.
Supportato dal centrodestra contro l’attuale governatore Vincenzo De Luca, sicuramente ricandidato – dopo l’abilità  anche mediatica con cui ha superato la prova dell’emergenza Covid – dal Pd e alleati.
Ma il pm antimafia, già  sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale Antimafia e oggi sostituto procuratore della Procura Generale di Napoli, non dispiacerebbe neanche al Movimento Cinque Stelle – “anche se non c’è stato alcun abboccamento”, si affrettano a chiarire i grillini napoletani.
E c’è pure chi pensa di riunire attorno al suo nome un grande schieramento civico moderato senza bandiere di partito, sul modello del primo de Magistris.
In un’intervista a fanpage.it, Maresca ha scandito: “Il politico di professione non lo farò mai”, aggiungendo (con l’augurio “che questo avvenga il più tardi possibile”): “Se si dovessero creare le condizioni per poter dare un contributo da uomo delle istituzioni in un palazzo diverso da quello di giustizia, allora valuterò”. Parole che hanno acceso le speranze di tanti dentro e fuori i palazzi della politica.
Quarantotto anni tra tre giorni, Maresca, napoletano di Portici – la città  limitrofa al capoluogo dove ha frequentato il liceo – ha molti ammiratori, come dimostrano le tante pagine, veri e propri fan club stile rock star, che lo sostengono su Facebook. “Ma ha anche tanti detrattori – sostiene una persona che ha lavorato al suo fianco – questione di carattere, non si è mai preoccupato di andare controcorrente”.
Di recente tra i protagonisti della scena nazionale per aver denunciato le scarcerazioni dei mafiosi causa coronavirus e sferrato un attacco frontale al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, il magistrato, che da dodici anni vive sotto scorta, era già  molto noto a Napoli e in Campania.
Grande tifoso degli azzurri, autore di articoli e libri contro le mafie, spesso ospite nelle scuole per promuovere la cultura della legalità , impegnato nel sociale e sul fronte della contrasto alla criminalità  anche con l’associazione “Arti e mestieri”, che si occupa del recupero di ragazzi a rischio.
Ripete sovente: “Io faccio politica tutti i giorni, stando vicino alla gente, nei quartieri difficili”. In realtà  – anche se non tutti lo ricordano – la politica militante l’ha già  fatta: aveva 21 anni, fu candidato con una lista civica ed eletto consigliere comunale a San Giorgio a Cremano, la città  di Massimo Troisi.
Una passione mai nascosta, quella per la politica, alla quale il magistrato controcorrente col pallino della comunicazione – “per criticarlo gli dicono che va spesso in tv, ma è per far sapere quello che fa lo Stato contro le mafie, per opporre il fascino della legge alla fascinazione della criminalità ”, precisa un amico – potrebbe decidere di tornare. Troverebbe sicuramente ad aspettarlo, si è detto, il centrodestra, in cerca di un candidato forte da opporre “al generale De Luca, che va destituito assolutamente” e diviso sul fatto che si riesca a raggiungere l’obiettivo puntando sull’ex Governatore Stefano Caldoro. Maresca gode di grande stima specie nei forzitalioti vicini a Mara Carfagna.
Tra loro, il deputato Paolo Russo, che del magistrato napoletano elogia la grande competenza professionale, sottolineando “il privilegio che abbiamo avuto di ascoltarlo su questioni di politica giudiziaria assai rilevanti, per esempio contro l’abolizione della prescrizione, e da ultimo, contro le scarcerazioni a go go”
Il pm antimafia accetterebbe il corteggiamento dello schieramento di cui farebbero parte anche Lega, Fratelli d’Italia e con buona probabilità  pure gli ex esponenti di Scelta Civica? Difficile ipotizzare una risposta.
Di certo Maresca è un moderato – fanno notare quelli che lo conoscono bene – come dimostra anche il fatto che la sua corrente in magistratura sia Unicost, per l’appunto la più moderata. Ha il profilo dell’uomo di legge del tipo che piace anche ai Cinque Stelle.
Al punto che, fa notare più d’uno tra i grillini napoletani, qualora il Pd rinunciasse a ricandidare De Luca, si potrebbe ragionare sulla possibilità  di puntare su di lui, uniti e dalla stessa parte.
E se Maresca decidesse, invece, di candidarsi al Comune? Maggio 2021, la data del rinnovo del Consiglio di Palazzo San Giacomo è lontana, l’ipotesi che il pm anticamorra possa replicare l’esperienza del magistrato due volte sindaco de Magistris, pure. Almeno per il momento. L’attenzione di tutti resta concentrata sulle regionali. E sulle mosse di Catello Maresca.

(da “Huffingtonpost”)

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GLI INSULTI DEI BUONI CRISTIANI A MATTARELLA SULLA PAGINA SOCIAL DEI PRO VITA

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

UNA FOTO DI MATTARELLA CHE RIDE ACCOMPAGNATA DA   DUE RIGHE IN CUI UN GIORNALE SOVRANISTA LO ACCUSA DI NON AVER CELEBRATO LA “FESTA DELLA FAMIGLIA” SCATENA GLI INSULTI DEI SOLITI LEONI DA TASTIERA (TIMORATI DI DIO)

Ancora una volta i social si dimostrano lo specchio del Paese, o di parte di esso. E così accade che la Onlus Pro Vita & Famiglia condivide una serie di considerazioni in cui si attacca il governo e la Presidenza della Repubblica per non aver rilasciato dichiarazioni sulla Festa della Famiglia pubblicate su un giornale (nella giornata di ieri), e quel post inizia a raccogliere una serie di insulti a Mattarella.
Non tanto per il contenuto dell’articolo, ma per la foto scelta che mostra il capo del Quirinale ridere.
Insomma, la foto scelta — non da Pro Vita & Famiglia Onlus, ma dal giornale che ha riportato in un piccolo box le parole di Toni Brandi e Jacopo Coghe — ha, di fatto, aizzato i toni nei commenti degli utenti che seguono la pagina dell’associazione.
Il contenuto del pezzo, pochissime battute, è un’accusa alle istituzioni che non hanno rilasciato alcuna dichiarazione per la Festa della Famiglia mentre ne hanno lasciate per la giornata mondiale contro l’omofobia.
Ovviamente, per motivi di deontologia professionale, i nomi degli utenti (non possiamo parlare di persone dato che alcuni di loro commentano con profili palesemente fake, con nomi di fantasia e foto prese dal web) sono stati oscurati. Ma la mole di commenti e insulti a Mattarella è notevole.
Si tratta, per l’ennesima volta, di un attacco al Presidente della Repubblica, la carica più alta dello Stato. Accuse e insulti anche per la sua risata, decontestualizzata e che non ha nulla a che vedere con il contenuto di quell’articolo

(da Giornalettismo).

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IL CONCERTO DI PAUL MCCARTNEY ANNULLATO E AI FANS NON VENGONO RESTITUITI I SOLDI, GRAZIE AL GOVERNO

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

UN’ALTRA PAGINA IGNOBILE DELLA POSSIBILITA’ DI DARE UN VOUCHER INVECE CHE IL RIMBORSO, COME PER ALTRI SETTORI DEL TURISMO… NON SI ‘E MAI VISTO UNO STATO CHE LEGALIZZI L’APPROPRIAZIONE INDEBITA (INFATTI L’EUROPA CI HA INTIMATO DI REVOCARE LA NORMA ENTRO FINE MESE)

Arrabbiati con gli organizzatori dei due attesissimi concerti italiani di Napoli e Lucca, cancellati il 18 maggio scorso, i fan italiani le cantano chiare a Sir Paul McCartney, ma lo fanno educatamente, in richiesta di un suo aiuto.
Il brano si intitola YesterPay – No voucher please – Paul, help us! e riprende chiaramente la melodia di Yesterday dei Beatles: “Paul, ho la metà  dei soldi in banca che avevo prima/ Mi dicono che posso andare da un’altra parte ma non dicono dove/ Ho pagato per te Paul ma ora vorrei tanto essere rimborsato”.
Il video mostra i fan dell’ex Beatle con in mano i tagliandi acquistati in prevendita e ormai inservibili, con accanto le cifre spesso ingenti, spese per assicurarsi un posto in platea. Giovani, anziani, ragazzi alla prima esperienza live con il grande Macca, mostrano anche gli album della loro collezione, forse gli stessi che avrebbero portato con loro con la speranza, forse, di un autografo.
Gli organizzatori intanto rispondono così alle critiche che arrivano da associazioni dei consumatori e dai tanti fan delusi. Sostenendo la loro posizione su quanto prevedono i decreti del governo a proposito dei voucher, i promoter italiani di McCartney D’Alessandro & Galli, scrivono: “Il voucher è di fatto un rimborso. È   lo strumento introdotto dal Governo con appositi provvedimenti normativi per dare concreto supporto alle imprese del settore martoriate dalla sospensione dell’attività ”.
Poi D’Alessandro e Galli sottolineano le difficoltà  che la pandemia e il successivo lockdown ha determinato per l’industria della musica dal vivo: “Tutta la filiera della musica live, che annovera più di 400.000 lavoratori tra le sue fila, ha dovuto subire la decisione della chiusura e della sospensione con danni incalcolabili. Ai consumatori viene assicurato il controvalore economico di una prestazione divenuta ahimè impossibile, non certo per una scelta nostra, ma in forza di disposizioni di legge necessarie per fare fronte ad una emergenza senza precedenti”
Intanto, il Codacons pensa ad una class action europea contro il ricorso ai voucher. In una nota sottolinea come “dal Lucca Summer Festival all’Arena di Verona, fino a tantissimi altri live” sono stati annullati a causa del coronavirus, e chiede quindi “l’immediata restituzione di quanto pagato dagli utenti per eventi e concerti saltati, e le dimissioni del Ministro della cultura Dario Franceschini”.
All’associazione sono arrivate le richieste di aiuto di migliaia di spettatori che si sono visti cancellare concerti e altri spettacoli previsti per i prossimi giorni.
Il Codacons sta per questo pensando ad un ricorso alla Commissione Europea: “In questo momento i diritti dei consumatori sono calpestati sia dal Governo, che col Decreto rilancio ha introdotto la misura dei voucher come forma di rimborso di eventi annullati, sia dagli organizzatori degli spettacoli, che pur consapevoli che i concerti di alcuni artisti non saranno più replicati, rifiutano di restituire quanto pagato dagli spettatori, concedendo solo buoni da spendere per altri spettacoli” ha spiegato il presidente Carlo Rienzi.
“E’ un po’ come se un consumatore acquistasse una automobile, e al suo posto gli venisse concesso un buono per acquistare una barca, nonostante l’acquirente non sappia nuotare o non ami il mare. Di fronte a tale situazione il Ministro della Cultura Franceschini farebbe bene a dimettersi”.
Di qui l’esposto alla Commissione Europea affinchè apra una procedura di infrazione contro l’Italia per aver introdotto l’illegale strumento del voucher come unica forma di rimborso, e una azione collettiva contro gli organizzatori di eventi da parte degli spettatori che hanno acquistato i biglietti per spettacoli annullati.
“Da oggi possono scaricare sul sito dell’Associazione il modulo di diffida da inviare per ottenere il rimborso in denaro”, fa sapere il Codacons, “siamo disponibili anche a dare informazioni su come compilare il documento”.

(da agenzie)

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250 BRACCIANTI DAL MAROCCO ALL’ABRUZZO IN AEREO PER SALVARE IL RACCOLTO: “INSOSTITUBILI, DA NOI NON C’E’ MANODOPERA QUALIFICATA”

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

DA 30 ANNI NEL DISTRETTO AGRICOLO DEL FUCINO SONO FONDAMENTALI I FLUSSI DEGLI STAGIONALI STRANIERI

Senza la manodopera specializzata proveniente in particolare dal Marocco, bloccata dal lockdowm, il distretto agricolo del Fucino è andato in forte difficoltà . Qui si coltivano patate, finocchi e spinaci e da almeno tre decenni i flussi di lavoratori stagionali dall’estero sono fondamentali per questo comparto produttivo.
In tutto sono 250 i braccianti arrivati regolarmente a bordo di due aerei, con un “corridoio verde” organizzato per andare a lavorare nei campi della zona.
Siamo in Abruzzo, nella zona del Fucino, dove un intero distretto agricolo è andato sofferenza per il mancato arrivo dei lavoratori stagionali provenienti da paesi extracomunitari, che qui garantiscono la mano d’opera specializzata nella stagione della raccolta, a causa dell’epidemia di coronavirus che ha fermato i flussi di lavoratori regolari in arrivo.
Sono ormai almeno tre decenni nel Fucino, dove l’agricoltura è caratterizzata dalla coltivazione di spinaci, patate e finocchi da parte di aziende di piccole e medie dimensioni, va avanti con l’apporto fondamentale dei lavoratori stagionali, in particolare dal Marocco.
Ieri all’aeroporto di Pescara sono scesi i primi 125 stagionali atterrati con un volo charter partito da Casablanca. Altrettanti ne arriveranno oggi.
Un “corridoio verde” come è stato ribattezzato, attivato da Confagricoltura Abruzzo con la collaborazione dell’ambasciata italiana a Rabat.
La maggior parte dei lavoratori scesi non era la prima volta che veniva a lavorare qua, tanto da diventare nel tempo una parte essenziale del tessuto produttivo.
“Sono trent’anni che vengo qua. Lavoro tutti i giorni per 1000/1200 euro al mese nella raccolta degli spinaci, ormai è la mia seconda casa”, racconta uno di loro.
C’è chi torna anche da meno tempo, ma conoscono tutti perfettamente il lavoro che stanno andando a svolgere. Un lavoro stagionale i cui flussi si sono ormai stabilizzati, con un rapporto di fiducia tra imprese e braccianti, che sanno esattamente a chi affidarsi.
Un’emergenza quella del lavoro agricolo che ha portato il governo a introdurre una regolarizzazione a tempo dei lavoratori impegnati nelle campagne.
Una sanatoria da molti ritenuta insufficiente e parziale, tanto che ieri i braccianti organizzati dall’Unione Sindacale di Base hanno scioperato, dando vita a manifestazioni la più importante delle quali nel Foggiano.
A differenza che altrove qua la percentuale di lavoro nero nei campi è bassissima e da tempo si è trovato un equilibrio tra la domanda e l’offerta di lavoro, con un fenomeno come quello del capolarato che, seppur grave, rimane marginale rispetto ad altri distretti agricoli dello stesso Abruzzo.
Quando gli ingressi si sono fermati a causa del lockdown hanno provato a trovare mano d’opera specializzata sul territorio, ma hanno incontrato grosse difficoltà .
“Il lavoro è andato molto a rilento perchè non avevo mano d’opera, solo due persone residenti in Italia — spiega Marco, un agricoltore della zona — Per la semina della patata ho dovuto far venire mia moglie ed altri parenti. Poi ai primi di maggio ho cominciato a raccogliere lo spinacio e ho avuto di nuovo problemi con la mano d’opera, ho preso diversi lavoratori ma non erano specializzati, e visto che la raccolta è per lo più meccanizzata non è stato semplice”.
I duecentocinquanta braccianti agricoli sbaracati osserveranno un periodo di quarantena, poi potranno cominciare a lavorare.
E a chi, come il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, ha proposto l’utilizzo dei percettori del reddito di cittadinanza nei campi, risponde indirettamente Stefano Fabrizi di Confagricoltura Abruzzo, spiegando che non basta prendere qualcuno e metterlo a lavorare tra trattori e raccolti da un giorno all’altro: “Sul nostro territorio mancano 3000/3500 lavoratori, questa è veramente una piccola aliquota. Le nostre aziende hanno assunto un centinaio di lavoratori, quasi tutti italiani, non c’è ovviamente nessun discrimine. Soltanto che occorre anche chi a questi italiani gli insegni la pratica. Speriamo che questa operazione possa funzionare perchè siamo convinti che bisogna in qualche modo vincere la resistenza da parte degli italiani di andare a lavorare in campagna, perchè non c’è nulla di disdicevole”.
“Perchè importiamo mando d’opera dall’estero? Perchè sono persone valide che conoscono il lavoro”, gli fa eco un altro piccolo imprenditore.

(da Fanpage)

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INTERVISTA A DON CIOTTI: “LA MAFIA SI COMBATTE ANCHE CON LA REGOLARIZZAZIONE DEI MIGRANTI”

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

“LA DIGNITA’ DELLA PERSONA NON E’ UN VALORE “STAGIONALE” RIDUCIBILE A LOGICHE DI MERCATO, E’ IL FONDAMENTO DELLA DEMOCRAZIA”

“La regolarizzazione dei migranti è uno strumento essenziale per combattere le mafie e tutte quelle connesse forme di corruzione e illegalità “. Alla vigilia dell’anniversario del 23 maggio e della Strage di Capaci, in cui Giovanni Falcone perse la vita in un attentato mafioso, Don Luigi Ciotti torna a parlare dopo il lockdown.
Da qualche giorno è in libreria “L’amore non basta” (Giunti), volume in cui il sacerdote fondatore del “Gruppo Abele” e di “Libera”, due realtà  che da molti anni fanno parte della storia migliore di questo paese, racconta la sua esperienza biografica e il suo impegno sociale, attraverso la fede.
Con l’aiuto di Cecilia Moltoni, che lo ha seguito negli ultimi anni nelle sue iniziative, “L’amore non basta” non è specificatamente un romanzo nè una biografia, bensì la storia vivida, talvolta riservata, sempre appassionata e sempre sincera di un uomo che lotta “nel nome di tutti”.
Come ha vissuto il lockdown e come sta vivendo il distanziamento fisico?
Ovviamente con fatica, tanto più che la mia vita è una storia tutta scandita e costruita sui concetti di prossimità , incontro e relazione. Ho quindi cercato — come tanti immagino — di fare di necessità  virtù, alimentando sia pure a distanza il sentimento della relazione e della prossimità . Cosa più facile se gli “altri” li riconosci dentro di te e non solo fuori, davanti e attorno a te. Il mio “io” si è sempre espresso e manifestato all’interno di un “noi”, come credo si evinca anche dal libro, una “autobiografia collettiva”.
“L’amore non basta” è un atto d’amore verso un ideale di giustizia sociale. Quando la pandemia sarà  passata, resteranno nuove e più profonde ingiustizie. Da cosa dovremo ripartire?
Infatti l’amore è declinato nel libro come sentimento inseparabile dall’empatia, dalla capacità  di mettersi nella pelle e nei panni degli altri, premessa dell’impegno sociale. Passata la pandemia la prima cosa a cui dovremo resistere è la tentazione di ritornare a una normalità  che era già  malata ben prima dell’arrivo del virus. Le attuali ingiustizie hanno una storia lunga e remota, che affonda le radici nel collasso etico e politico di una società  — non solo la nostra — che ha tradito l’idea di uguaglianza, di diritto, di bene comune. Una società  disgregata da un’economia selettiva che, con la complicità  di gran parte della politica, ha posto il profitto come valore guida permettendo monopoli e abnormi concentrazioni di potere e ricchezza.   Il risultato è sotto gli occhi di tutti: beni comuni trasformati in beni di consumo e di mercato, e distanze sempre maggiori tra una minoranza di super ricchi e masse di poveri, disoccupati, sfruttati, comunque disperati. La ripartenza richiede allora un nuovo paradigma politico, economico ma innanzitutto sociale e culturale. Bisogna ripensare il concetto di libertà , corrotto dal “liberismo” imperante e irresponsabile. E anche il concetto di limite, senza il quale la libertà  diventa abuso, prevaricazione, sfruttamento indiscriminato delle risorse, come dimostra la distruzione ecologica, lo scempio che è stato fatto del nostro pianeta.
Il volume è anche una sorta di storia del nostro Paese dalla prospettiva degli esclusi, degli invisibili. Un compendio di fragilità  che ci restituisce la vera essenza di cui siamo fatti: siamo fragili e poco o nulla possiamo. Possiamo però rimediare all’ingiustizia. In questo, quanto è importante per lei ancora la fede?
La nostra fragilità  non è contingente perchè fragile è la condizione umana. Ma proprio la coscienza di questa fragilità  può essere il nostro punto di forza. Se gli esseri umani non si fossero riconosciuti nel corso delle epoche come fragili, come mortali, non credo che si sarebbero organizzati in gruppi, comunità  e infine società  dove al limite di uno può sopperire la forza e la capacità  dell’altro. E dove la stessa morte è meno angosciante nella consapevolezza che la memoria di chi se ne va è custodita dall’affetto e dall’impegno di chi rimane. Sono la condivisione e la corresponsabilità  le basi per lottare contro l’ingiustizia e per costruire giustizia. Quanto alla fede, per me è importante, essenziale proprio come spinta a saldare il Cielo e la Terra, il verticale e l’orizzontale, la spiritualità  e la storia. Il credere in un al di là  di giustizia, misericordia e amore e l’impegno per costruire già  a partire da questo mondo le condizioni per cui ogni persona sia riconosciuta nella sua dignità , libertà , diversità .
Da responsabile del Gruppo Abele e Libera, che clima avverte nel Paese? Come può il variegato mondo del terzo settore, del volontariato e dell’azione sociale tornare a incidere sull’agenda della politica?
Innanzitutto ricostruendosi anch’esso come “noi” cioè unità  nella diversità , perchè come giustamente dici è un mondo variegato, differente per competenze, storie, riferimenti culturali, ma che dovrebbe condividere un medesimo orizzonte d’impegno: la giustizia sociale e la democrazia, cioè la dignità  e la libertà  delle persone. Come altrove anche nei nostri mondi ci sono state chiusure, egoismi, personalismi e questo ha giocoforza ridotto il nostro peso politico. Da sempre dico che l’azione sociale non è cosa per “navigatori solitari”: i problemi sociali sono di tale portata che li si può affrontare solo lottando e costruendo insieme. “Camminare insieme” è del resto il titolo profetico di una Lettera pastorale di un grande uomo di Chiesa che mi è stato “padre” e maestro. Padre — così voleva essere chiamato — Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino dal 1965 al 1977.
Cosa risponde a coloro che, nel dibattito mercantile sulla regolarizzazione dei migranti-braccianti, parla di favore alle mafie con la regolarizzazione di queste persone?
Rispondo che la regolarizzazione è uno strumento essenziale per combattere le mafie e tutte quelle connesse forme di corruzione e illegalità  che traggono profitto proprio dal mercato nero, dalle zone grigie, dalle commistioni di legale e illegale. Sono dunque obiezioni di chi non sa o finge di non sapere. Quanto alla regolarizzazione dei lavoratori del comparto agricolo e della cura della persona è certo un inizio, un primo passo a cui devono però seguire altri passi per potersi definire una “svolta”. Alcune misure sono ancora insufficienti per estensione e durata. La dignità  della persona non è un valore “stagionale”, riducibile a logiche o convenienze di mercato. È l’essenza di una vita libera e responsabile, ed è il fondamento della democrazia.

(da Fanpage)

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ASSURDO: LO STATO DEVE SCHIERARE PIU’ DI MILLE AGENTI A ROMA PER CONTROLLARE LA MOVIDA NEL FINE SETTIMANA

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

QUANTO COSTA AGLI ITALIANI DOVER CONTENERE UNA MINORANZA DI COGLIONI CHE NON RISPETTANO LE NORME SU ASSEMBRAMENTI E OBBLIGO DI MASCHERINA?

La ‘movida’ è bandita, lo ha detto anche Conte: non è questo il tempo di uscire a divertirsi, ma di essere prudenti e sperare che vada tutto bene.
Le immagini delle persone in strada, spesso senza mascherina, preoccupano non poco gli scienziati e Roma si regola di conseguenza.
La Capitale rafforza i controlli nelle zone della movida per il primo week end post lockdown. Saranno impiegati nel fine settimana circa mille agenti delle forze dell’ordine nei luoghi della movida capitolina per evitare assembramenti e verificare il rispetto delle norme anti-Covid.
Sotto la lente già  da stasera da San Lorenzo a Trastevere, da Ponte Milvio a Campo de’ Fiori, dal Pigneto a Testaccio. Pronto il piano di sicurezza della Questura per il weekend che prevede controlli anche sul litorale, nelle zone dei laghi e dei parchi.
Quanto costa ai contribuenti italiani pagare gli straordinari alle forze dell’ordine per contenere una minoranza di imbecilli che non rispetta le norme su assembramenti, distanze e obbligo di mascherina?
Pare inevitabile: come allarghi le maglie, gli ignoranti ne approfittano, così l’epidemia torna a diffondersi.

(da agenzie)

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ZANGRILLO: “L’OSPEDALE IN FIERA? INUTILE, ME NE ANDAI VIA SBATTENDO LA PORTA”

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

IL PRIMARIO DI RIANIMAZIONE DEL SAN RAFFAELE: “UNA RIANIMAZIONE NON PUO’ ESSERE SVINCOLATA DA UNA STRUTTURA OSPEDALIERA”

Questa volta sta ben attento a non farsi sfuggire neppure una parola contro l’ospedale alla Fiera di Milano, 21 milioni per 21 pazienti.
Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazione al San Raffaele di Milano, non vuole fare polemiche: “Basta critiche. Voglio essere propositivo, voglio indicare una via”.
Ma in Regione si ricordano bene quando se ne andò sbattendo la porta, durante una delle prime riunioni sull’ospedale per le terapie intensive da impiantare in Fiera. Un’operazione inutile, disse al presidente Attilio Fontana e all’assessore Giulio Gallera: perchè prevedeva che quando la struttura sarebbe stata pronta, la curva di ricoveri in terapia intensiva sarebbe stata in calo, e così è stato; e perchè riteneva, e continua a ritenere, che “una rianimazione non possa essere svincolata, anche in termini di spazi, da una struttura ospedaliera”.
Non gli hanno dato retta. L’ospedale in Fiera era lo spot da esibire in mancanza di tutto il resto: tracciamento, medicina territoriale, protezioni per medici e infermieri, tamponi, test sierologici. Oggi, volendo “essere propositivo”, il professor Zangrillo comincia non andandoci giù leggero: “Sono in completo disaccordo con chi mette al primo posto, negli interventi per adeguare il servizio sanitario, il rafforzamento delle terapie intensive. Lo ripeto: fa di più un infermiere ben preparato che cento ventilatori da terapia intensiva. Bisogna rafforzare invece i presidi medici territoriali”.
Zangrillo snocciola qualche cifra: “In Italia abbiamo 8,8 posti di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. In Germania sono 24, anche se loro contano pure le terapie sub-intensive. Per adeguarci ci vogliono molti soldi e tempo. Ma subito possiamo e dobbiamo fare un’altra cosa: migliorare quello che già  c’è. La terapia intensiva è l’ultima opzione. Prima si deve intervenire sul processo di presa in cura del paziente, prima di essere costretti alla terapia intensiva. Bisogna intervenire tempestivamente innanzitutto nell’assistenza domiciliare, che nella prima fase della pandemia da Cavid-19 non c’è quasi stata. Poi si deve intervenire, sempre con tempestività , nella fase ospedaliera, quando questa è necessaria: in questi mesi molti pazienti arrivavano in ospedale troppo tardi. Infine c’è la terapia intensiva: è l’ultima fase”.
Poi Zangrillo prova a fare una previsione: “Sono sicuro che tra 10, 15 giorni sul carro di coloro che sostengono che il virus stia diventando meno cattivo ci saranno solo posti in piedi”.
E se invece ci sarà  una nuova ondata di contagi? “Dobbiamo sperare che non accada, ma farci trovare pronti se accadrà ”

(da agenzie)

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“IL PROFITTO PRIMA DELLA SALUTE, COSI’ IL SISTEMA LOMBARDIA E’ CROLLATO”

Maggio 22nd, 2020 Riccardo Fucile

IL SEGRETARIO DEL SINDACATO USB: “SUI MALATI TRASFERITI NELLE CASE DI RIPOSO IL MASSIMO DELLA STUPIDITA'”

“Sicuramente c’è stata un’impreparazione sul piano politico: 13 mila morti nelle rsa lombarde, è vero che nelle Rsa di tutto il mondo c’è stato il maggior numero di morti, ma un numero come quello della Lombardia non ha paragoni in nessuna parte del mondo”. Pietro Cusimano, rappresentante legale Usb (Unione sindacati di base) per la Lombardia e dipendente dell’asp “Golgi Redaelli”, sottolinea quelli che sono stati, a suo parere, gli errori commessi nella gestione del virus in Lombardia.
“Sicuramente c’è stata impreparazione sul piano politico. Credo che sia risultato evidente a tutti. Si è partiti immediatamente con le difficoltà  che ricordiamo tutti legate alla mancanza di dispositivi sanitari. Così i sanitari sono diventati i vettori del contagio all’interno degli ospedali. Peggio ancora è andata alle Rsa, lasciate al margine anche perchè il sistema lombardo è assolutamente fuori controllo, in mano a soggetti privati che fanno della speculazione il centro della loro attività “.
Secondo Cusimano, le cause del disastro in Lombardia sono quindi da ricercare nelle politiche di privatizzazione che hanno caratterizzato la sanità  lombarda negli ultimi vent’anni: “Mettendo al centro dell’agire non la salute, ma il profitto e i guadagni, è chiaro che il sistema è crollato”.
Ancora più duro il giudizio sulla delibera di regione Lombardia dell’8 marzo, che invitava le Rsa ad ospitare i pazienti contagiati che non riuscivano a trovare più posto negli ospedali: “Questo è stato il capolavoro di stupidità  di un’amministrazione che non si è mai dimostrata all’altezza della situazione. È un sistema che si avvita su se stesso, il sistema delle nomine politiche”, ha detto il sindacalista, “così è stato innalzato il numero dei decessi”.

(da Fanpage)

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