Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
LA PARTITA NON E’ ANCORA CHIUSA MA VA RICONOSCIUTO AL PREMIER UN INDUBBIO SUCCESSO DA COME SI ERA PARTITI… DOVREBBERO ESSERE CONTENTI TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE LE SORTI DELL’ITALIA
“Era quello che aspettavamo, un risultato impensabile solo fino qualche mese fa”. A Palazzo Chigi non si nasconde la soddisfazione per il piano Next generation Ue annunciato oggi da Ursula von der Leyen.
Un recovery plan da 750 miliardi di euro, di cui circa 172 destinati all’Italia. Era la svolta che Giuseppe Conte aspettava. Ai suoi collaboratori non ha nascosto la propria soddisfazione: “E’ in linea con le aspettative, quello per cui ci siamo battuti”.
Il premier ha ricordato a tutti da dove si era partiti, dalla contrarietà tedesca agli eurobond, scardinata pian piano fino ad arrivare al piano Merkel-Macron della scorsa settimana ulteriormente incrementato dalla Commissione europea.
Un punto di partenza molto utile anche per superare lo scoglio interno del Mes. Sentite uno dei più stretti collaboratori del premier: “Oramai è superato. Possiamo contare su più di 170 miliardi, di cui 80 a fondo perduto e pensiamo ancora al Mes, che tra l’altro è un prestito?”.
Ma Conte ha avvertito che la partita non è chiusa. Perchè ora parte la trattativa sul come, sulle possibili clausole e condizionalità su come spendere il tesoretto, e già nel primo pomeriggio a Palazzo Chigi si è guardato con una certa apprensione alle dichiarazioni di Angela Merkel, che dopo aver messo in chiaro che il Consiglio europeo di giugno non sarà risolutivo indicava un passo lungo per la chiusura della trattativa, indicando la fine dell’anno come deadline per rendere operativo il recovery fund.
C’è poi da superare la resistenza dei paesi cosiddetti frugali. Conte ha messo in guardia sulla difficoltà della trattativa, ricordando che nella telefonata di qualche giorno fa con Mark Rutte il primo ministro olandese non si è smosso di un millimetro dall’intransigenza delle sue posizioni.
Nonostante ciò il piano von der Leyen ha recepito quelle che fin dall’inizio sono state le posizioni italiane: “Un ottimo segnale da Bruxelles – ha twittato Conte – proprio nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perchè ci abbiamo creduto. 500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato e liberiamo presto le risorse”.
A Palazzo Chigi c’è anche soddisfazione per aver tolto un fortissimo elemento di propaganda alle opposizioni. “Se guardi le dichiarazioni di Salvini – osserva un parlamentare vicino al capo del governo – vedi le unghie che graffiano gli specchi su cui si arrampica”.
E in effetti il leader della Lega si è limitato a dire che “sono solo parole e ipotesi”, cercando di sviare l’attenzione su una presunta patrimoniale e un taglio delle pensioni che il governo avrebbe in serbo “passata l’emergenza”, senza poter dire una parola sulla sostanza delle misure.
Ma la partita europea non è affatto chiusa in maggioranza.
Di buon mattino al Foglio Roberto Gualtieri ha messo le mani avanti sul Mes: “Una linea di finanziamento decennale a tassi vicini allo zero, attivabile immediatamente e priva di alcuna condizionalità se non quella dell’utilizzo delle risorse per far fronte alle spese sanitarie dirette e indirette e a quelle di prevenzione del contagio, è una cosa positiva che di per se concorre a rafforzare la stabilità e la fiducia. Valuteremo insieme l’opportunità di un suo eventuale utilizzo″.
Il Partito democratico e Italia viva rimangono nettamente a favore dell’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità e proprio oggi i deputati Dem lo hanno evocato come risposta ai problemi sulle borse di studio dei medici specializzandi.
Anche l’ala sinistra dei 5 stelle dà timidi segnali d’apertura. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha osservato a Circo Massimo che “le condizionalità sono molto cambiate, le guarderemo meglio nelle prossime giornate quando avremo la documentazione necessaria. Sembra che ci sia un tasso molto basso su questi 36-37 miliardi”.
Ma nel Movimento Next generation Ue ha dato il là al definitivo disimpegno sul Mes. “Dopo oggi è chiaro che non ne abbiamo più bisogno – spiega una fonte ai vertici dei 5 stelle
Da Palazzo Chigi si ribadisce che una valutazione verrà fatta quando tutti gli strumenti messi in campo da Bruxelles avranno una cornice chiara, e che l’ultima parola spetterà al Parlamento. Ma oggi la von der Leyen gli ha fornito un ghiotto assist per motivare il no grazie dell’Italia.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
I PARTITI DI GOVERNO POTREBBERO CONVERGERE SU QUESTA IPOTESI, M5S DIVISO MA SI STA CONVINCENDO… LA REVOCA COMPORTEREBBE UNA PENALE MILIARDARIA (COME ERA CHIARO FIN DALL’INIZIO DELLA BUFFONATA)
C’è un messaggio che Giuseppe Conte ha consegnato più volte a quei ministri e ai capi delegazione
della maggioranza che ha riunito a metà mattina da palazzo Chigi in modalità videoconferenza: riserbo totale.
Autostrade, una delle grandi questioni che il premier si tira dietro da quasi due anni. Da quel 15 agosto 2018, quando all’indomani del crollo del ponte Morandi si recò a Genova e promise una mano pesantissima contro i Benetton. Così: “Avvieremo la procedura per la revoca della concessione”.
Ma la decisione non è ancora maturata. Neppure alla riunione odierna. Nel governo, che intanto ha cambiato composizione rispetto a quello gialloverde, deve ancora maturare la quadra.
Ma una schiarita c’è, c’è una proposta di mediazione. Dice così: niente revoca, ma Atlantia, controllata dai Benetton, deve scendere al 20-30% nel capitale di Autostrade.
Quella odierna era la prima riunione di Governo di peso su una questione ereditata come irrisolta dal precedente esecutivo.
Il lavoro del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, guidato da Paola De Micheli, che ha messo nero su bianco le responsabilità di Autostrade, si è concluso a gennaio, ma il dossier è rimasto chiuso sulla scrivania del premier fino ad oggi.
E da quell’istruttoria si è partiti al vertice per capire che direzione prendere.
Dentro quel dossier sono indicate tre soluzioni.
La prima: revoca totale della concessione.
La seconda: la concessione resta in capo ad Atlantia, ma la società deve scendere dall’attuale quota che detiene dentro Autostrade, pari all′80%, al 20-30 per cento. Cioè passare da essere l’azionista di maggioranza, praticamente quasi unico, alla minoranza. Ipotesi, questa, che contempla anche la possibilità di azzerare l’intera quota. In questo caso entrerebbero la Cassa depositi e prestiti e F2i, il maggiore gestore indipendente dei fondi infrastrutturali. In pratica lo Stato.
La terza: resta tutto così come è, quindi la concessione e la quota di Atlantia attuale, ma Autostrade deve mettere in campo un impegno imponente: calo delle tariffe, investimenti, manutenzione ordinaria e straordinaria della rete, ma anche pagare un indennizzo allo Stato e realizzare altre opere che servono al Paese.
Il posizionamento delle diverse anime della maggioranza è abbastanza definita, ma non è cementificata.
E per questo una decisione ancora non c’è.
Il Pd è più per la terza opzione, quella più soft, ma non ha problemi a sposare la seconda. I renziani, come ha annunciato Matteo Renzi su Repubblica, sono per la seconda soluzione.
I 5 stelle, da sempre sostenitori della linea più dura, quella della revoca, hanno archiviato da tempo l’idea massimalista, che comporta il rischio di un salasso miliardario per lo Stato e l’incapacità di sopperire in tempi brevi al cambio di gestore della rete autostradale.
Ma c’è una parte dei pentastellati che insiste per la revoca. Chi ha avuto modo di sondare gli umori dei grillini parla di una fronda che è diventata minoritaria, ma c’è.
La maggioranza, invece, sarebbe per la soluzione che piace ai renziani e anche ai dem.
Le posizioni emergono nel corso del tavolo, ma in maniera coperta.
I 5 stelle chiedono a De Micheli degli approfondimenti, ma non si espongono sulla decisione finale. E così fanno il Pd e Italia Viva.
Tutti colgono l’occasione del primo incontro per dire ci si può riaggiornare nei prossimi giorni. Non tra un mese.
I segnali che Autostrade ha lanciato negli scorsi giorni non permettono al governo di prendere troppo tempo. In ballo ci sono 14,5 miliardi di investimenti che sono stati congelati da Atlantia. Per questo nel governo la nuova dead line è stata fissata a metà giugno. Non oltre. Questo almeno è l’auspicio. Una cosa è certa: la questione è diventata totalmente politica.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL DINAMICO DUO PARLA D’ALTRO, MA COSA E’ SUCCESSO AI NOSTRI SOVRANISTI? NON SARA’ MICA CHE NON SANNO COSA DIRE?
Oggi la Commissione Europea ha presentato il piano europeo per la ripresa (European Recovery Plan) all’interno del bilancio Ue 2021-2027 metterà sul tavolo 1850 miliardi per sostenere la ripresa dell’economia dopo l’emergenza Coronavirus.
La proposta dovrà essere esaminata e approvata il 18 e 19 giugno dal Consiglio Europeo. L’Italia dovrebbe poter beneficiare di 172,7 miliardi di euro tra stanziamenti e prestiti di cui 81,8 miliardi come stanziamenti a fondo perduto e 90,9 miliardi come prestiti.
La cosa curiosa è che Giorgia Meloni e Matteo Salvini da quel momento hanno perso la voce.
Scorrendo la pagina di Salvini infatti possiamo ammirare un post che confronta gli stanziamenti per il turismo di Macron con quelli dell’Italia, uno sugli sbarchi, uno sull’intervento del Capitano a Fuori dal Coro in cui si è inventato la strategia Richard Benson del governo Conte, e uno sulla cassa integrazione che non arriva e che ovviamente sorvola sulla responsabilità delle Regioni nei ritardi.
Quella di Giorgia Meloni mette in fila un post sulla scuola, uno su un barman che si lamenta della colpa data ai gestori per gli assembramenti, uno sul bonus bici e monopattini (riproposto anche sulla pagina di Salvini) e uno sulla legge elettorale.
Per il resto c’è un silenzio di tomba.
C’è di peggio. Perchè, alla disperata ricerca di qualcuno da citare per fargli dire qualcosa che sia in linea con il partito, la pagina della Lega non ha trovato di meglio che prendere un articolo di Dagospia.
Nel frattempo, anche se sulla pagina non dice nulla, Giorgia Meloni ha affidato una dichiarazione alle agenzie di stampa: ” “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery Fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità . Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”.
Evidentemente per Giorgia 172 miliardi di euro sono pochi, e se ci fosse stata lei a trattare con Angela Merkel avrebbe di sicuro ottenuto molto di più.
Per il resto è un silenzio tombale. Interrotto solo dagli sfottò degli avversari politici
E dalle dichiarazioni imbarazzanti degli alleati europei contro gli aiuti all’Italia.
E allora non ci resta che fare un appello: Salvini e Meloni, dite qualcosa! Reagite!
Non vi sarete mica fatti mettere in mezzo proprio da Giuseppe Conte?
(da “NextQuotidiano“)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
ORGANIZZATA FUORI DAI PARTITI DA “I CONVOLTI” SULLE PAROLE DELLA CANZONE DI FABRIZIO DE ANDRE’
Porteranno con sè un metro ciascuno (per simboleggiare visivamente il distanziamento sociale) e
un cartello. L’appuntamento, come recita l’invito che sta diventando virale sui social, è per venerdì 29 maggio, alle 17.30. Davanti al Palazzo della Regione Lombardia. Meglio noto come Pirellone.
Gli intenti sono dichiarati: “Invitiamo la cittadinanza a manifestare contro l’operato dell’Assessore Giulio Gallera e dell’intera giunta di Attilio Fontana”. Firmato: I Coinvolti (icoinvolti@gmail.com).
Ovvero “Un gruppo di cittadini di ogni età e ceto sociale senza appartenenza partitica e senza insegne che si unisce nel desiderio di esprimere dissenso”.
Insomma, a quanto pare la coscienza civile che si sveglia, dice basta e scende in piazza. Indagando un po’ si scopre che dietro l’idea c’è la giornalista e insegnante Gea Scancarello, 40 anni, da venti milanese. Insieme con una decina di persone, fra amici e colleghi, sta dando vita al progetto.
Scancarello, perchè avete deciso di uscire allo scoperto?
Ero domenica scorsa al parco, e discutevamo con gli amici delle tante pecche della Regione Lombardia, che ci raccontiamo ogni giorno indignati sui social. L’indignazione è abusata, come parola, ma in questo caso non saprei trovare altra. Hanno sbagliato tutto: dai tamponi non fatti alle RSA; dai test sierologici ai dati non comunicati in modo esatto per quantità e soprattutto qualità . Per finire con quest’ultima pagliacciata di Gallera sull’indice di trasmissibilità .
Perchè avete scelto di chiamarvi “I Coinvolti”?
E’ una citazione da ‘La canzone del maggio’ di Fabrizio De Andrè, nel verso finale: ‘Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti’. Anche perchè il ritornello che sentiamo ripetere da loro è che tutto è andato e sta andando per il meglio. Non hanno sbagliato niente, secondo la loro narrazione.
E molti non la condividono.
Io ho provato due volte invano a fare tamponi e mi sono occupata spesso della vicenda Covid-19 per lavoro, ma un’amica che ha avuto problemi personali ben più seri li chiama assassini. Non voglio spingermi così in là , ma possiamo parlare senza ombra di dubbio di inefficienza. Chiediamo che intanto Gallera venga sollevato dall’incarico.
Siete “di ogni età e ceto sociale e senza appartenenza partitica”, ma par di capire che non siate neppure leghisti.
Personalmente no. Ma davvero questa vuole essere una manifestazione trasversale. Non ho neppure difficoltà a dire che mentre Gallera e Fontana hanno sbagliato tutto, Zaia in Veneto invece, ben supportato da Crisanti, si è comportato molto bene.
La promozione dell’evento di dopodomani, come la state gestendo?
Condividiamo sui social, da Facebook a Twitter, passando per Whatsapp. Ogni contributo è benvenuto.
Avete scelto uno strano hashtag: #movid19.
E’ l’ironica crasi fra Covid e movida. Perchè nel racconto dei signori della Regione Lombardia la colpa dei contagi è della gente che va a prendere l’aperitivo, non degli errori che hanno fatto loro. Sempre di altri. All’epoca del lockdown fu creato un clima di tale terrore che se ti allontanavi oltre i 200 metri da casa, ti insultavano dai balconi. Altra cosa incredibile.
Non è che adesso che le Sardine sono in ribasso, vi candidate a rimpiazzarle? O siete fuori gara per sopraggiunti limiti d’età ?
Questo è solo un moto di civismo. Non è prodromo a un partito o a nulla di simile. Se ci saranno, come penso, manifestazioni di altri parteciperò e inviterò la gente a partecipare.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
FORZE DELL’ORDINE SCHIERATE IN TENUTA ANTISOMMOSSA
Oltre 600 persone riunite sotto al sede della Regione Lombardia a Milano per chiedere il commissariamento di Palazzo Lombardia sull’emergenza coronavirus. Sono sindacati di base e centri sociali, chiedono di poter fare un corteo.
Di fronte a loro un cordone di polizia e carabinieri con caschi e scudi. Le misure di sicurezza per il contenimento al coronavirus al momento impediscono cortei consentendo solo presidi.
I manifestanti sono assembrati e vicinissimi alle forze dell’ordine a cui gridano: “Voi siete onesti fateci passare. Abbiamo il diritto di manifestare”.
Tante le bandiere in piazza, tra Cobas, Fronte popolare, Cub, ma anche lavoratori di alberghi, di Rsa, operatori sociali. Tra loro anche alcuni esponenti dei Carc, il partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo che ha rivendicato la scritta “Fontana Assassino” in zona Crescenzago. Per la loro presenza è stato chiuso il tratto di via Melchiorre Gioia fra via Galvani e via Pirelli.
Oltre alla gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia “chiedono spiegazioni di tagli alla sanità , della sicurezza sul lavoro, dei tamponi non fatti. Facciamoci sentire da Fontana che ha giocato sulla vita di migliaia di persone”, dicono gli organizzatori dal piccolo palco organizzato sulla piazza, che è presidiata anche da forze dell’ordine e polizia in tenuta antisommossa.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
“SIGNOR PRESIDENTE, QUESTI NON SONO NUMERI, SONO PARENTI, AMICI, VICINI DI CASA”
Il sindaco di Segrate, Paolo Micheli, pubblica nella sua paginale Facebook i nomi della 218 vittime
del coronavirus nel comune in provincia di Milano. Micheli, che sembra prendere spunto dalla pagina pubblicata dal New York Times di domenica, si rivolge così al presidente della Regione Attilio Fontana: “Ha dichiarato che ‘La Regione Lombardia non ha fatto errori’ nella gestione dell’emergenza sanitaria. Con tutto il rispetto, signor Presidente, qui a Segrate siamo passati da 98 decessi di marzo-aprile 2019 ai 218 dello stesso periodo del 2020. Quante campane a morto abbiamo sentito, quante sirene delle ambulanze, signor Presidente”.
Micheli pubblica quindi l’elenco con il nome e l’iniziale del cognome di tutte le persone morte a Segrate in due mesi, specificando poi nei commenti che 31 sono i morti ufficiali per coronavirus, ovvero i decessi di persone a cui era stato fatto il tampone ed erano risultate positive, gli altri sono un aumento di decessi insolito per la media degli ultimi anni.
E scrive: “Questo qui sotto non è solo un elenco, non sono solo numeri, sono parenti, amici e vicini di casa che sono morti”. Da qui l’elenco dei nomi.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL DELIRIO DI UN PRESIDENTE CHE SOLO GLI AMERICANI POTEVANO ELEGGERE
Per la prima volta Twitter corregge Donald Trump, per l’esattezza due cinguettii in cui il presidente evoca il rischio di frode elettorale dopo che il governatore della California ha introdotto la possibilità del voto per posta a causa del coronavirus.
E Donald Trump non perdona, arrivando a minacciare di “chiudere i social network” perchè colpevoli di “mettere totalmente a tacere le voci dei repubblicani”.
A scatenare le ire del presidente è stata la mossa con cui Twitter ha segnalato i due tweet presidenziali con l’avviso di “verificare i fatti” e un link in cui si spiega che le dichiarazioni del tycoon sono prive di fondamento, secondo la Cnn, il Washington Post e altri media.
“Twitter sta interferendo nelle elezioni presidenziali 2020. Stanno dicendo che la mia dichiarazione sul voto per posta, che porterà ad una massiccia corruzione e alla frode, non è corretta, basandosi sul fact-checking delle Fake News Cnn e del Washington Post”, ha twittato.
Non è tutto: “Faremo dei regolamenti oppure li chiudiamo, perchè non possiamo permettere che questo accada.”
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
IL DELINQUENTE CON LA DIVISA DA POLIZIOTTO NON E’ STATO ANCORA INDAGATO, AVEVA GIA’ SUBITO PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI
“Non respiro”, ha detto George Floyd, l’afroamericano soffocato da un agente che durante l’arresto
gli ha messo un ginocchio sul collo come mostra un video diventato virale. Oggi centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la violenza della polizia. Contro il razzismo, nel nome di Floyd. Ci sono stati scontri con gli agenti che hanno usato i gas lacrimogeni.
I manifestanti sono scesi per le strade con le mascherine, come richiesto dalla legge che neanche Trump rispetta più. I cartelli tra le mani con scritto “no giustizia, no pace”, “black lives matter” e “basta linciarci”. Hanno sfilato scandendo lo slogan “Non posso respirare”, dal luogo dove Floyd è stato ucciso fino al distretto locale di polizia. Qui sono intervenuti agenti in tenuta antisommossa che hanno usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla che aveva accerchiato il commissariato di polizia dei quattro agenti coinvolti, tutti licenziati in tronco dopo la pubblicazione del video. “Il licenziamento non è abbastanza”, ha detto la sorella del 46enne a Good Morning America della Abc.”Lo hanno ucciso”.
Sul caso oltre all’agenzia investigativa del Minnesota sta indagando l’Fbi, come ha richiesto anche il candidato presidenziale democratico Joe Biden. In migliaia si sono riversati nelle strade e dopo il commissariato, la folla si è data appuntamento davanti alla casa del responsabile dell’uccisione di Floyd: Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia. Lui è quello che ha premuto il ginocchio sul collo della vittima mentre i colleghi stavano a guardare, senza fare e dire nulla. Sarebbe stato altre volte coinvolto in sparatorie, uso eccessivo della forza e violazione delle regolari procedure.
Floyd, 46 anni, aveva figli ed è stato descritto come un dipendente modello dal proprietario del Conga Latin Bistro dove lavorava come guardia di sicurezza. Al momento dell’arresto-era disarmato ed è stato ammanettato faccia a terra quando l’agente gli ha messo il ginocchio sul collo
Dopo essere intervenuto ieri sera annunciando il licenziamento dei quattro agenti, il sindaco di Minneapolis Jacob Frey, democratico, oggi ha fatto un passo avanti, chiedendo al procuratore generale di consegnare i responsabili alla giustizia. “Perchè non è in galera – ha detto – Se io avessi fatto quello che ha fatto lui, sarei già dietro alle sbarre”.
I poliziotti non solo non ascoltavano le grida dell’uomo ma neanche quelle dei passanti che chiedevano di togliere il ginocchio dal collo dell’uomo. All’inizio la polizia ha detto che l’uomo aveva “opposto resistenza all’arresto”. Neanche Frey ha accettato la spiegazione dicendo che “è apparso chiaro, la prima dichiarazione non era accurata”. “Per cinque minuti abbiamo visto un agente bianco che premeva il suo ginocchio sul collo di un uomo nero indifeso”, ha detto il sindaco spiegando che il coinvolgimento dell’Fbi è dovuto di fronte ad un fatto di questo genere.
Ma le proteste non sono solo a Minneapolis. Per l’ex giocatore Nba Stephen Jackson, Floyd era un “fratello”. Erano cresciuti insieme in Texas. “Tutti sanno che ci chiamavamo l’un l’altro ‘gemello’. Era andato in Minnesota per cambiare la sua vita guidando camion, gli avevo mandato due o tre scatole di vestiti, stava facendo la cosa giusta. E voi avete ucciso mio fratello. Ora andrò a Minneapolis, farò tutto ciò che mi è possibile per non far passare la vicenda sotto silenzio”. ha scritto Jackson su Instagram.
Anche LeBron James ha postato sulle sue storie di Instagram il video dell’episodio e poi ha pubblicato una foto in cui ci sono una di fianco all’altra l’immagine del poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd e quella di Colin Kaepernick inginocchiato durante l’inno nazionale per protesta contro la brutalità della polizia nei confronti delle minoranze. Il tutto scrivendo: “Adesso capite? O siete ancora confusi? #StateAllerta”. Anche Steve Kerr, capo-allenatore dei Golden State Warriors, su Twitter ha ripostato il video scrivendo “Questo è un omicidio. È disgustoso”.
Ci sono stati scontri tra manifestanti e la polizia durante le proteste a Minneapolis per la morte di George Floyd, afroamericano che è stato ucciso da agenti di polizia che lo stavano arrestando: uno di questi ha premuto il suo ginocchio contro il suo collo fino a soffocarlo.
Centinaia di persone sono scese per le strade per protestare contro la violenza della polizia. Il sindaco della città Jacob Frey ha fatto sapere che i quattro poliziotti coinvolti nell’arresto di Floyd sono stati licenziati. L’Fbi sta investigando sull’accaduto, ma ancora non è stato formulato nessun capo d’accusa.
I manifestanti si sono radunati nel luogo dove Floyd è stato arrestato, cantando vari slogan, tra cui “I can’t breathe”, cioè la frase che stava rivolgendo Floyd ai poliziotti prima di morire. La tensione si è alzata quando la polizia ha deciso di disperderli attraverso l’uso di lacrimogeni e proiettili di schiuma. Alcuni hanno danneggiato le auto della polizia parcheggiate li vicino.
Una delle richieste delle persone che hanno partecipato alla protesta è quella di rivelare i nomi dei quattro agenti licenziati. “Per cinque minuti abbiamo visto un agente bianco che premeva il suo ginocchio sul collo di un uomo nero indifeso per cinque minuti, non si è trattato di una cattiva decisione di pochi secondi”, ha detto il sindaco Frey.
La famiglia ha chiesto di incriminare i quattro poliziotti: “Lo hanno trattato peggio di un animale. Devono pagare per quello che hanno fatto”, ha dichiarato il fratello alla Cnn.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2020 Riccardo Fucile
DOVE SONO I SOVRANISTI E I LEONI DA TASTIERA CHE COMBATTONO “I COMUNISTI” SORSEGGIANDO APERITIVI?… UNA VOLTA LA DESTRA VERA SI SAREBBE MOBILITATA PER DIFENDERE LA LIBERTA’ DI UN POPOLO
All’uscita della metropolitana di Causeway Bay la visibilità è pari a zero. Una coltre di fumo denso – fumo dei gas lacrimogeni, che fa lacrimare terribilmente gli occhi – impedisce la vista.
La gente scappa cercando rifugio nella stazione, tossendo e coprendosi gli occhi in qualche modo, con le magliette che indossa o con i fazzoletti, salvo poi tornare indietro precipitosamente quando, nell’area di fronte ai tornelli, si trova davanti un muro di poliziotti in assetto antisommossa, che picchiano e caricano senza guardare in faccia nessuno.
Fuori, in strada, a qualche centinaio di metri di distanza, un altro muro, questa volta di gente di ogni tipo: manifestanti in nero, ma anche tante persone qualunque, normali, che urlano insulti alla polizia e gli slogan tipici della protesta.
Che in questi ultimi giorni, però, sono cambiati, radicalmente cambiati rispetto a quelli dei primi tempi, ormai a un anno fa, che dicevano: “Se noi bruciamo, bruci con noi!”, “Liberate Hong Kong!”, “Non potete ucciderci tutti!”.
Adesso la gente di Hong Kong, esasperata — e anche impaurita – dalla minaccia incombente rappresentata dalla nuova legge sulla “Sicurezza nazionale” che il governo di Pechino pare fermamente intenzionato a imporre all’ex colonia, urla proprio quella parola che suona come un bestemmia laica, alle orecchie dei dirigenti del PCC, il Partito Comunista Cinese, che sta per abbattere sulla città un pugno di ferro mai visto prima: “Indipendenza!”: la gente grida “l’unica soluzione è l’indipendenza!
Venti minuti di botte da orbi, poi la polizia si ritira e a terra restano in due, mentre gli agenti schiacciano i loro volti sull’asfalto per tenerli fermi e ammanettarli. Quando li portano via, uno ha il volto insanguinato, l’altro sta zitto, i lunghi capelli neri, dritti, così cinesi, gli ricadono sul volto infantile.
Gli occhi di entrambi però sono indomiti, pieni di odio verso i poliziotti, che per loro incarnano tutta l’esecrabilità della prepotenza del potere cinese.
Sono i simboli del potere schiacciante di Pechino, che nel corso degli ultimi vent’anni, dopo il ritorno alla Cina dell’ex-colonia britannica, si è guadagnato un crescendo di risentimento ormai tramutatosi apertamente in odio.
Causeway Bay è un quartiere piuttosto elegante, diciamo pure lussuoso, pieno di negozi costosi e frequentato dalla borghesia medio alta di Hong Kong. Da molti mesi ormai è anche il teatro — uno dei teatri — delle proteste anti-Pechino, inizialmente pacifiche, oceaniche, poi man mano sempre più dure, violente, disperate.
Una sorta di “guerriglia urbana” che cerca di prendere di sorpresa la polizia con una tattica che si potrebbe definire di “guerriglia-flash mob”; gruppetti di manifestanti che si riuniscono muovendosi con rapidità in punti diversi della città . Si tengono al corrente su dove spostarsi attraverso una app che usa gli hot spot wifi disseminati ovunque a Hong Kong e anche utilizzando i singoli Bluetooth dei telefonini.
Tutti lasciano i loro Bluetooth “aperti” ai messaggi in arrivo, che in questo modo si spargono a macchia d’olio da uno smartphone all’altro, evitando di venire bloccati o disturbati dalla polizia e dalla censura governativa, come è accaduto in passato con la rete internet.
Oggi la gente – studenti e sindacati – sono tornati di nuovo in strada per bloccare l’iter, “la seconda lettura”, della legge contro il vilipendio dell’inno cinese, che prevede multe salate e la detenzione fino a tre anni per chi insulta o fa un uso “irrispettoso o improprio” della “Marcia dei Volontari”.
Direttive specifiche verrebbero anche imposte alla scuola e all’intero settore dell’istruzione. Ma le sanzioni contro il vilipendio dell’inno sarebbero poca cosa rispetto a ciò che potrebbe fare Pechino — in termini di repressione del dissenso e delle libertà fondamentali — dopo l’entrata in vigore della proposta di legge liberticida sulla “Sicurezza nazionale”, il cui iter approvativo procede spedito al Congresso del Popolo in corso a Pechino.
Raggiunto in audio via Whastapp dall’Italia, Vince — un caro amico che conosco da anni, e che so essere uno dei “leader” della rivolta (anche se lui preferisce dire che la rivolta “è della gente di Hong Kong, e non ha leader”) — dopo avermi ricordato di non usare mai il suo vero nome quando lo cito nei miei articoli, e dopo avermi raccontato gli scontri di oggi a Causeway Bay, con un filo di voce mi chiede: “ma in Italia la gente parla di noi?” “Secondo te l’Unione Europea prenderà una posizione contro la Cina su questa legge?” “Tu sei un po’ di Hong Kong ormai, e lo sai che se passa questa legge per la città sarà la fine…”
Vince è uno dei tanti “insospettabili” che formano la massa umana che si oppone a Pechino nell’ex colonia britannica. Uno dei tanti che si toglie il vestito scuro e la cravatta che indossa ogni giorno per lavorare nella “city” di Hong Kong e indossa maglietta e jeans neri, protezioni e maschera antigas e si unisce agli altri.
Non c’è risposta da dargli, perchè l’Unione Europea appare molto lontana dal prendere una posizione decisa sulla vicenda. E persino il governo britannico, che sarebbe diretta parte in causa, in quanto firmatario degli accordi con la Cina che regolamentano il ritorno di Hong Kong sotto la sovranità di Pechino nel 1997, appare afono.
Unica reazione odierna a Londra, quella dell’Ofcom, l’autorità indipendente che regola le società di comunicazione nel Regno Unito, secondo la quale il network CGTN, il notiziario in lingua inglese controllato dal governo cinese, non ha riportato oggettivamente i fatti di Hong Kong violando le norme locali.
L’emittente si è giustificata ammettendo il suo imbarazzo nel coprire le proteste, in quanto media statale, e adesso potrebbe andare incontro a sanzioni amministrative e forse alla sospensione del servizio oltremanica. Un dettaglio da poco, comunque, nella lunga marcia dei media cinesi per la diffusione della propaganda di Pechino all’estero.
“Pechino a Hong Kong non cederà mai su una cosa: la democrazia. Al governo questa parola la temono e soprattutto temono che — se lasciata libera di “espandersi” nell’ex colonia- questa che per loro è un’”infezione”, contagerà la Cina più del virus del Covid-19” dice all’HuffPost Padre Bernardo Cervellera, direttore dell’Agenzia di Stampa cattolica “Asia News” e grande conoscitore del continente-Cina e di Hong Kong in particolare.
Già , ma il Vaticano, Papa Francesco – sono in tanti a domandarselo – sempre così attento alle istanze dei popoli, alle garanzie di libertà e rispetto degli individui, perchè non fa sentire la sua voce alta e chiara su quanto sta facendo la Cina a Hong Kong? gli chiedo: “Papa Francesco sa bene che Hong Kong è un “punto dolente” nei rapporti con Pechino” risponde Padre Bernardo, “per il Papa evangelizzare la Cina è importante, perchè significa portare spiritualità in una società basata su una economia fortissima, e fortissimamente materialista. Inoltre, sul piano internazionale, Francesco ha una visione geopolitica che si potrebbe definire “multipolare”, dove non ci dovrebbe essere una singola potenza che prevale sulle altre. E poi, in ogni caso” conclude Padre Cervellera, “lui è abituato a delegare e a lasciare libertà all’iniziativa e alle scelte dei singoli, infatti, il movimento ha visto il sostegno forte dell’amministratore apostolico a Hong Kong, fin da subito, lo scorso anno”.
Intanto Xi Jinping e i suoi, riuniti a congresso, vanno avanti spediti, apparentemente incuranti delle voci critiche che si alzano — timide — dal mondo occidentale. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha reagito duramente, dicendo tra l’altro: “Gli Stati Uniti hanno decine di leggi per proteggere la propria sicurezza nazionale, ma vogliono interferire. Questa doppio standard dimostra le sinistre intenzioni degli Usa”
Trump, per tutta risposta, ha annunciato “qualcosa di molto potente” contro la Cina. Ma le sue dichiarazioni suonano, come al solito, più proclami elettorali che minacce reali in grado di impensierire Pechino. Troppi, infatti, i legami a doppio filo tra le due economie più forti del Mondo, troppi gli interessi globali che vedono coinvolta la Cina e che rischiano di trasformare in un pericoloso boomerang qualsiasi azione decisa nei suoi confronti…
C’è un detto cinese – attribuito a volte al fondatore del taoismo, Laozi, a volte a Confucio – che recita: “Nel momento in cui vedi una zanzara posarsi sui tuoi testicoli, ti rendi conto che ci sono mezzi diversi dalla violenza per risolvere i problemi”. Lo conoscerà Trump?
(da Huffingtonpost”)
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